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Le fonti della disciplina pubblicistica

3. Il diritto pubblico ed il gioco

3.4 Le fonti della disciplina pubblicistica

La disciplina amministrativistica in materia di giochi è caratterizzata da eterogeneità e frammentarietà. Le regole sono sparse all’interno di una miriade di fonti primarie e secondarie non coordinate frutto, molto spesso, di primarie esigenze legate all’incessante fabbisogno finanziario statale. A causa del preminente interesse erariale la materia è interessata da un continuo e costante (se non crescente) e farraginoso intervento statale che obbliga gli interpreti a districarsi tra innumerevoli norme di carattere sia normativo che regolamentare emesso dagli organi più svariati (Parlamento, Governo, Ministero dell’economia, Agenzia delle entrate, AAMS, Autorità garanti, soggetti privati).

Tale situazione è stata più volte denunciata sia dalla dottrina che dalla stessa giurisprudenza costituzionale136 .

L’importanza delle fonti primarie è la logica conseguenza della natura dei particolari interessi tutelati sottesi al settore dei giochi (ordine pubblico e pubblica sicurezza); per cui lo Stato ha legislazione esclusiva nella materia posto che con riferimento:

- al gioco d’azzardo – vietato dall’art. 718 c.p. – trova applicazione l’art. 117, lettere l) Cost. sia in considerazione dell’aspetto penale che di quello dell’ordine pubblico che involge la materia;

135 SBORDONI S., Giochi concessi e gioco on line, op. cit., p. 118.

136 Nella Corte Cost., 24 giugno 20047, n. 185, il giudice delle leggi ha evidenziato come «del resto la

stessa giurisprudenza costituzionale ha richiamato la necessità di una disciplina organica e razionalizzatrice della materia, sollecitando il legislatore nazionale a provvedere in tal senso».

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- ai giochi autorizzati trova applicazione l’art. 117, lettere h) Cost. in quanto rileva l’aspetto legato alla pubblica sicurezza.

Tuttavia, nei fatti la preminenza delle fonti primarie viene notevolmente ridimensionata a vantaggio delle fonti secondarie e in particolar modo dei provvedimenti emessi dall’organo titolare delle funzioni in materia di giochi: l’AAMS. Come avremo modo di illustrare all’interno della trattazione, non si può non vedere come il legislatore abbia di fatto delegato la sostanziale disciplina della materia all’Amministrazione autonoma dei monopoli statali tramite vere e proprie deleghe in bianco.

A questi si aggiungono i provvedimenti delle questure alle quali la normativa attribuisce:

- la potestà di rilasciare le licenze di cui agli artt. 86 e 88 del T.U.L.P.S.;

- nonché l’onere di individuare i giochi da vietare nel pubblico interesse ai sensi dell’art. 110 del T.U.L.P.S..

Volgendo lo sguardo agli atti normativi, è tuttavia possibile rinvenire la base della disciplina sui giochi nei seguenti provvedimenti:

- in primis nel decreto legislativo 14 aprile 1948, n. 496 e nel relativo regolamento di esecuzione, D.P.R. 18 aprile 1951, n. 581, per quanto riguarda l’organizzazione e l’esercizio dei giochi di abilità e dei concorsi pronostici. La normativa nasce dall’esigenza di disciplinare le nuove attività di gioco che si erano venute sviluppando, limitare i profitti dei privati, incamerandoli allo Stato mediante un nuovo tributo, anche per attenuare la concorre al Lotto pubblico137;

- nell’art. 88 del Regio decreto del 18 giugno 1931, n. 733 (T.U.L.P.S.), per quanto riguarda le scommesse in genere;

- negli artt. 718 c.p. e ss. per ciò che attiene i giochi d’azzardo;

- nella legge 13 dicembre 1989, n. 401 per gli aspetti penali dei giochi pubblici in generale;

137 Così REPACI F. A., L’imposta unica sui giochi di abilità e sui concorsi pronostici, in Rivista di dir. fin. e sc. delle fin., 1952, Vol. XI, I, p. 209.

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- nella legge 2 agosto 1982, n. 528, recante norme per l’ordinamento del gioco del Lotto, e nel D.P.R. 16 settembre 1996, n. 560, che ne costituisce il regolamento di esecuzione;

- nella legge 4 agosto 1955, n. 722 e nel D.P.R. 20 novembre 1948, n. 1677 per ciò che riguardano le lotterie nazionali e locali;

- nell’art. 22, comma 6 del decreto legge del 1° luglio 2009, n. 78, convertito in legge dall’art. 1, comma 1, della legge 3 agosto 2009, n. 102 che sancisce che la gestione e l'esercizio delle lotterie nazionali ad estrazione differita restano in ogni caso riservati al Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, che vi provvede direttamente ovvero mediante una società a totale partecipazione pubblica; - nel D.P.R. 26 ottobre 2001, n. 430 per quanto concerne i concorsi e le

operazioni a premio, le tombole e le pesche; - nell’art. 3, comma 229, della L. 549/95;

- nell’art.3 della L. 23 dicembre 1996, n. 662 in base al quale l’organizzazione e la gestione dei giochi e delle scommesse relativi alle corse dei cavalli sono riservate ai Ministeri delle finanze e delle risorse agricole, alimentari e forestali. Con particolare riferimento alle scommesse l’art. 4 del D.P.R. n. 169/98 vieta qualunque forma di scommessa non contemplata nello stesso decreto presidenziale.

Comunemente nella maggior parte degli scritti che hanno ad oggetto il fenomeno ludico la riserva dello Stato in materia di giochi viene fatta risalire all’art. 1 del D.Lgs. n. 496/98. Tuttavia, il dato testuale non consente a prima facie di fondare su tale norma il monopolio statale sui giochi. Infatti, la lettera della norma si riferisce esplicitamente ai giochi di abilità ed ai concorsi pronostici. Non vengono richiamate le scommesse. Pertanto, l’ambito applicativo della norma va individuato mediante un’interpretazione sistematica che tenga conto delle disposizioni in materia di giochi. In particolare, l’ipotesi per cui la norma involga tutte le tipologie di gioco, che non tenga conto dei diversi concetti che possono assumere i giochi e le scommesse, sembra potersi rinvenire implicitamente dalle disposizioni che richiamano tale disposizione. Tra le tante:

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- art. 1, comma 64 della L. n. 220/10 che nell’indicare le ragioni sottese a determinate innovazioni introdotte in materia di giochi e scommesse, fa riferimento al generale monopolio statale in materia di giochi di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 14 aprile 1948, n. 496;

- art. 1, comma 77 della L. n. 220/10 che nel disporre l’aggiornamento delle dello schema-tipo delle convenzioni accessive alle concessioni richiama indistintamente il monopolio statale in materia di giochi di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 14 aprile 1948, n. 496;

- tutti i decreti direttoriali che nel proprio preambolo riportano pressoché costantemente la dicitura: “visto il decreto legislativo 14 aprile 1948, n. 496, e successive modificazioni, concernente la disciplina delle attivita' di gioco”. Inoltre, a mio sommesso parere ritengo che la locuzione “concorsi pronostici” sia da assimilare al termine scommesse. Tale conclusione è il frutto di considerazioni sia letterali (il concorso pronostico non è altro che una scommessa plurima ovvero su più eventi) che sistematiche. A tal proposito l’art. 3, comma 229, della L. 549/95, nel consentire che «l'organizzazione e l'esercizio delle scommesse a totalizzatore e a quota fissa riservate al CONI sulle competizioni sportive organizzate o svolte sotto il proprio controllo può essere affidata in concessione a persone fisiche, società ed altri enti che offrano adeguate garanzie», di fatto implicitamente assimila tutte le scommesse (sia a totalizzatore che a quota fissa) ai concorsi pronostici. Ciò è evidente se si considera che le uniche attività riservate al CONI sono, ai sensi dell’art. 6 del D.Lgs. n. 496/48, quelle di cui all’art. 1 del medesimo decreto legislativo ossia i giochi d’abilità e i concorsi pronostici connessi con manifestazioni sportive organizzate o svolte sotto il controllo dell’ente stesso.

Un caso a parte rappresentano le case da gioco. Nel nostro ordinamento non esiste un provvedimento normativo a carattere generale che ne regolamenti la disciplina. La loro legittimazione è lasciata a singoli provvedimenti legislativi che derogano al generale divieto dell’esercizio del gioco d’azzardo sancito dall’art. 718 c.p.. In particolare, il casinò di:

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- Campione d’Italia è stato aperto in virtù del r.d.l. 2 marzo 1933, n. 201; - Venezia trova fondamenta nel r.d.l. 16 luglio 1936, n. 1404;

- San Vincent si basa su un particolare quanto discusso d.p. della Calle d’Aosta 3 aprile 1946, n. 241/3.

3.5 (Segue) La natura dei decreti direttoriali AAMS.

In materia di giochi e scommesse un ruolo fondamentale assumono i decreti direttoriali emanati dall’AAMS. Infatti, in virtù del tecnicismo che involge la materia e del grado di dettaglio occorrente per la regolamentazione dei giochi, è costante l’intervento dell’AAMS nel disciplinare i vari aspetti organizzativi, contrattuali ed amministrativi in generale.

Ciò ha ingenerato forti dubbi circa la legittimità dei provvedimenti emanati dall’AAMS.

Con particolare riferimento alla regolamentazione dei giochi a distanza, gli operatori del settore hanno dubitato della legittimità dell’AAMS ad assumere atti regolamentari di disciplina dei rapporti tra la stessa ed i concessionari, nonché tra questi e i punti di commercializzazione, lì dove un siffatto potere parrebbe privo di una copertura legislativa, con conseguente lesione della riserva di legge relativa prevista dall’art. 41 della Costituzione in subjecta materia.

Sul punto si è espresso il Consiglio di Stato con sentenza del 12 maggio 2010, n. 2841.

In tale occasione i giudici amministrativi hanno evidenziato l’esistenza di una serie di disposizioni di rango primario che conferiscono ad AAMS il potere di definire, con atti regolamentari o comunque con provvedimenti a contenuto sostanzialmente normativo gli aspetti relativi all’assetto organizzativo dei giochi e alle modalità di distribuzione degli stessi. In particolare, il Consiglio di Stato ha fatto riferimento ai seguenti provvedimenti:

- il D.L. n. 138/2002 che all’art.4 attribuisce ad AAMS una generale ed esclusiva competenza in materia di organizzazione ed esercizio dei giochi, delle scommesse e dei concorsi pronostici;

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- la legge n. 311 del 2004 che all’art.1 comma 287 demanda ad AAMS l’attuazione di nuove modalità di distribuzione delle scommesse a quota fissa su eventi diversi dalle corse dei cavalli e su eventi non sportivi, da adottare nel rispetto della disciplina comunitaria e nazionale;

- la legge 2 dicembre 2005 n. 248 che all’art.11 quinquiesdecies espressamente delega AAMS a regolamentare e comunque disciplinare la raccolta on line dei giochi e delle scommesse;

- il D.L. n. 223 del 2006, convertito nella legge n.248/2006 (c.d. decreto Bersani) che all’art.38 al fine di contrastare la diffusione del gioco irregolare ed illegale, l’evasione e l’elusione fiscale nel settore del gioco, nonché di assicurare la tutela del giocatore, delega l’AAMS ad emanare i regolamenti di cui all’art.16 comma 1 della legge 13 maggio 1999 n. 133 per disciplinare particolari aspetti.

A parere dei Giudici quelle testé riportate costituiscono le disposizioni con cui il legislatore nazionale ha conferito ad AAMS il potere di regolamentare la raccolta a distanza delle scommesse, del gioco del Bingo, delle lotterie istantanee e differite e la presenza di siffatte prescrizioni di rango primario legittima, con le finalità di perseguimento di interesse pubblico ivi espressamente indicate, l’Amministrazione dei Monopoli ad intervenire in subjecta materia, appunto, con un regolamentazione che non può non incidere sulle posizioni dei soggetti del rapporto trilaterale in tale contesto evidenziate (AAMS, concessionari e titolari dei punti di vendita).

Nella specie, i Giudici osservano che per disciplinare la raccolta dei giochi a distanza (e quindi l’organizzazione della rete distributiva dei punti di commercializzazione) non occorreva come (erroneamente) affermava il TAR, l’emanazione di regolamenti delegificanti ex art. 17 della legge n. 400/88, giacché l’intermediazione con la riserva (relativa) di cui all’art.41, ben era assicurata dalla presenza delle previsioni normative di rango primario sopra riportate, restando a carico di AAMS il potere di disciplinare gli aspetti della materia con gli strumenti tradizionalmente riconosciuti sussistenti in capo alla P.A. per farsi luogo all’esercizio di un funzione normativa di rango secondario.

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Quindi per la Corte gli atti contestati nel giudizio sono dei regolamenti che, quanto agli aspetti formali e di formazione, non abbisognano dell’iter procedurale scandito per i regolamenti c.d. governativi e/o delegificanti e, quanto al contenuto sostanziale da essi recati, ben possono assolvere alla funzione di dettare una precipua disciplina dei rapporti su cui vanno ad incidere.

In altri termini, come peraltro già statuito dal Consiglio di Stato, (cfr Sezione Atti normativi 11/7/2005) gli atti di natura regolamentare di qualsiasi livello essi siano, in quanto espressione della potestà attribuita all’amministrazione di incidere, integrandola ed arricchendola, su un preesistente e sovrastante disciplina legislativa, non possono che avere natura normativa.

Ai fini, quindi, della individuazione della natura dell’atto, il Consiglio di Stato ha affermato che non operando un principio di tipicità delle fonti, con riferimento agli atti di formazione secondaria, deve soccorrere una indagine di tipo sostanzialistico (secondo la metodologia costantemente utilizzata anche dalla Corte costituzionale), non rilevando, in senso contrario, il mancato rispetto delle prescrizioni contenute nell’art.17, 4 comma, della legge n. 400/88, consistenti nell’utilizzo del nomen juris “regolamento” e nella sottoposizione dell’atto al Consiglio di Stato per il parere e alla Corte dei conti per il visto e la registrazione.

L’ipotesi interpretativa del Consiglio di Stato, ancorché si riferisca a vicende diverse, possono essere trasposte con le dovute accezioni nell’ambito della materia tributaristica ove la riserva di legge è contenuta nell’art. 24 Cost..