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Un’unica imposta per una duplice capacità contributiva

Nel documento L’imposizione dei giochi e delle scommesse (pagine 166-177)

IL SISTEMA SPECIALE DEI TRIBUTI IN MATERIA DI GIOCHI CAPITOLO III

7 La capacità contributiva nell’imposta unica

7.3 Un’unica imposta per una duplice capacità contributiva

Come si è visto l’esatta collocazione dell’imposta unica nell’ambito delle imposte in generale non mi pare possa essere messo in discussione. Volendo sorvolare sul valore indicativo e non vincolante del termine inserito nella denominazione (“imposta”) è innegabile che la struttura complessiva ricalchi a grandi linee la tipica configurazione dell’istituto giuridico chiamato imposta.

Quindi, dato per acquisito questo dato è necessario individuare la capacità contributiva colpita dall’imposta unica. Tale analisi non può prescindere dalle considerazioni svolte in tema di ratio del tributo. Pertanto, ai fini ricostruttivi resta imprescindibile la necessità di tenere distinti i giochi e le scommesse strutturati secondo lo schema del fascio di contratti bilaterali, che io chiamerei semplicemente giochi e/o scommesse bilaterali o scommesse a quota fissa, da quelli ricalcanti il paradigma delle scommesse plurilaterali, che io chiamerei semplicemente e sinteticamente giochi e/o scommesse plurilaterali o scommesse a totalizzatore.

Iniziamo l’analisi dai giochi e le scommesse bilaterali.

Per una corretta delimitazione della capacità contributiva colpita dal tributo è utile ripercorrere le vicende storiche che hanno visto la sua nascita.

Sin dalle sue origini il tributo è stato pensato come dovuto per l’esercizio delle attività di gioco320.

Il pensiero sotteso alla tassa di lotteria viene ripreso nel successivo tentativo di riordino della materia avvenuto con L. n. 1379/51. Nella relazione ministeriale al disegno di legge istitutivo dell’imposta unica321 si ebbe a dire che «… il tributo dovrebbe mirare a ripartire proporzionalmente fra lo Stato e gli enti predetti il ricavato di una attività monopolistica… ». Orbene, l’espressione mostra l’obiettivo legislativo di “tassare” l’introito lordo dei specifici giochi (o al massimo al netto dei soli compensi dei rivenditori), nell’intento (espressamente

320 Cfr Relazione al disegno di legge n. 2033 presentato il 15 giugno 1951 in cui viene evidenziato come nel caso dei giochi riservati al CONI ed all’ex UNIRE questi «…debbono allo Stato, per l’esercizio

delle attività di giuoco predette, la corresponsione di una tassa di lotteria…».

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dedotto) di realizzare una compartecipazione dello Stato ai profitti del gestore322, onde “compensare” la pubblica amministrazione della rinuncia ad una gestione diretta del gioco ovvero all’incasso diretto dei corrispettivi delle scommesse. In linea con tale giustificazione viene colpita un’entità reale che si identifica con la potenzialità economica e produttiva espressa da un’organizzazione e gestione del gioco esercitati in un contesto di monopolio pubblico e quindi fuori da un mercato concorrenziale.

L’idea di fondo riposa, secondo il mio modestissimo parere, nel voler partecipare al c.d. extra-profitto generato dal monopolio fiscale, sulla concezione che alla riserva di organizzazione ed esercizio dei giochi consegue una ben determinata potenzialità economica; potenzialità che, pertanto, può essere assunta ad indice di capacità contributiva distinto da tutte le altre manifestazioni di potenzialità economica già assunte a fondamento dei tributi vigenti nell’attuale sistema. A differenza del reddito e del consumo, che hanno riguardo ai risultati di attività economiche, l’organizzazione e l’esercizio dei giochi e delle scommesse colpisce un’entità che si pone logicamente a monte dei suoi risultati e, dunque, a prescindere dalla valutazione dei risultati.

La possibilità di esercitare un’attività economica fuori dalle generali regole imposte dalla concorrenza e, quindi, di offrire un prodotto (gioco e scommesse) unico e infungibile spiega una capacità e potenzialità economica diversa e distinta da quella esprimibile in un contesto concorrenziale. In tale maniera viene apprezzata una forza economica “aggiuntiva” nell’organizzazione e nell’esercizio di un’attività economica (quale è l’esercizio dei giochi) scevra (o in alcuni giochi ridotta al minimo) dalle incognite insite in un’attività svolta nel contesto del libero mercato.

L’organizzazione e l’esercizio dei giochi pubblici, in un contesto economico caratterizzato dal monopolio statale in cui il numero degli operatori è fortemente limitato, implica l’esplicazione di una forza economica ancorché questa non fosse precisamente misurata non essendo automaticamente riportabile alle nozioni di

322 Nella relazione che accompagna il relativo disegno di legge n. 2033 del 15/06/1951 si ricava l’assunto in base al quale la nuova imposta rappresenterebbe una specie di convenzione tra Stato e enti concessionari per la ripartizione degli utili dell’impresa dei giochi.

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reddito o patrimonio323. È facilmente ravvisabile un accostamento con le ragioni giustificative dell’IRAP ove viene posto in luce il potere di comando sui fattori produttivi. Pertanto, un tale elemento ben può denunciare una probabile esistenza di ricchezza. Come denunciato in dottrina, l’aspetto debole di una tale impostazione concerne un requisito della capacità contributiva: l’effettività.

Infatti, nel caso in questione l’esistenza della capacità contributiva non è certa quantunque molto probabile. Tuttavia, la legittimità dell’imposizione si giustifica: - in considerazione della moderata entità dell’imposizione tributaria324. Non a

caso le scommesse ippiche scontano un’aliquota massima del 15,70% che essendo applicata su una base imponibile qualificata - le quote di prelievo – di fatto si ridimensiona al limite del 6%325;

- per una struttura modulata in termini tali da determinare o favorire una traslazione economica del tributo326. L’imposta unica riferita ai giochi bilaterali, pur non essendo tale si atteggia come imposta sui consumi finendo per gravare sul consumatore finale. Come si è avuto modo di constatare la realizzazione dei giochi e delle scommesse bilaterali risponde a determinate logiche matematiche e probabilistiche che consentono con un certo grado di approssimazione di calcolare la remunerazione dei diversi soggetti che a vario titolo partecipano all’attività. Non peraltro, nel gergo del mondo ludico è uso corrente e tecnicamente appropriato parlare di payout. La percentuale di payout

323 In tal senso si esprime BATTISTONI FERRARA F., Capacità contributiva, in Enc. dir., Agg. vol. III, Milano, 1999, p. 355, con riguardo all’esercizio di un’attività di lavoro autonomo o di impresa. Per cui se l’insigne Autore reputa corretto ricavare dalla semplice esplicazione delle attività d’impresa un indice rilevatore della capacità contributiva si ritiene che a maggior ragione un tale indice possa essere riscontrabile in un’attività d’impresa inserita in un contesto “protezionistico” caratterizzato dall’assenza o comunque dall’attuazione della concorrenza. Infatti, all’asserita preminenza dell’attività rispetto ai fattori produttivi impiegati nella “produzione” (ovvero al dominio dell’attività sui fattori produttivi), si aggiunge un incontestabile vantaggio economico dato dall’esclusione del mercato delle scommesse dalle regole concorrenziali di un normale sistema economico.

324 L’entità moderata del prelievo viene assunto quale elemento giustificativo da BATTISTONI

FERRARA F., Capacità contributiva, op. cit., p. 356.

325 L’importo è il risultato del prodotto tra l’aliquota dell’imposta unica e 15,70% e l’aliquota massima delle quote di prelievo 40% (presumendo che tale aliquota si possa applicare ad una scommessa a quota fissa.

326 Per BATTISTONI FERRARA F., Capacità contributiva, op. cit., p. 354, il rispetto del principio di capacità contributiva non postula la previsione legislativa della rivalsa poiché è sufficiente che la struttura del tributo sia concepita in funzione della traslazione economica dell’imposta ossia che la traslazione medesima debba regolarmente verificarsi.

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consiste semplicemente nel rapporto che è presente tra le “giocate” e le “vincite” e, proprio per questo motivo, viene chiamata anche “tasso di redistribuzione”, dato che sta a significare proprio il valore delle giocate che viene distribuito una seconda volta sotto forma di vincita. Facciamo un semplice esempio: nel caso in cui la percentuale di payout è uguale al 97%, per ogni mille euro che vengono puntati, 970 verranno ridistribuiti attraverso le vincite, mentre gli altri 30 euro vanno a rappresentare il tradizionale margine assegnato al gestore dei giochi. Come si è avuto modo di vedere in altra parte del presente lavoro il calcolo del payout e la corrispondente determinazione della quota spettante all’organizzatore dei giochi risponde a un ben determinato modello matematico- probabilistico i cui risultati raggiungono un grado di certezza pressoché assoluto.

L’esercizio dei giochi esplica una potenzialità economica che conformemente a tutti gli indici indiretti di capacità contributiva (nella cui categoria non è poi così facilmente riconducibile quello in commento, anzi come si avrà modo di dire sorgono dubbi sulla sua corretta collocazione) non può essere precisamente quantificata alla stregua del reddito. Per cui pare ragionevole assumere, come peraltro avviene, come parametro di commisurazione l’entrata lorda (così come similmente avviene per le imposte di consumo ove il parametro viene individuato nella spesa) che quandanche non manifesti direttamente una novella ricchezza comunque esprime la probabile esistenza di una ricchezza327.

Quindi, l’organizzazione e l’esercizio dei giochi pubblici esprime una ben determinata forza economica riassumibile nella potenzialità di svolgere un’attività economica soggetta ad un più o meno rigido monopolio statale in cui vige il contingentamento delle concessioni indispensabili per l’espletamento delle attività328.

327 In tal senso BATTISTONI FERRARA F., Capacità contributiva, op. cit., p. 355, con riferimento all’esercizio di un’attività d’impresa.

328 In AA.VV., La fiscalità dei giochi, (a cura di MARCHETTI F., MELIS G., LA SCALA A.E.), Roma, 2011, p. 11 si è sostenuto che «l'individuazione di un preciso soggetto passivo di diritto nell'ambito dei

prelievi impositivi struttati secondo modelli impositivi diversi da quello monopolistico in senso stretto sembra potersi ricondurre alla circostanza che, in questi casi, il presupposto dell’imposizione non può rinvenirsi nella giocata in sé, ma nella prestazione di un servizio che è il servizio di gioco. In altri termini, il prelievo colpisce il "prodotto" che viene messo a disposizione del soggetto consumatore; prodotto che è offerto, tramite l’organizzazione posta in essere dal concessionario, sotto forma di

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In tal senso sembrerebbe inteso anche dalla dottrina del tempo che sintetizzava come unico era il fatto economico costituito (allora) dalla (sola) attività derivante dai concorsi pronostici329.

In tale ottica mentre la presenza di uno o alcuni operatori di gioco rende immediata ed evidente la forza economica espressa dalla potenzialità di operare in un mercato nazionale in cui si è l’unico (o al massimo in compagnia di pochi) soggetto a fornire un ben determinato servizio, nel caso in cui vi siano molti operatori non si coglie immediatamente tale potere economico.

Tuttavia, appare innegabile l’esistenza di una potenzialità economica che quandanche in forme più sfumate comunque è possibile rinvenire solo che si tengano conto delle seguenti immediate evidenze:

- il numero di operatori è soggetto ad un concreto contingentamento. Infatti, il numero delle concessioni vengono generalmente stabilite legislativamente in guisa da tener conto di eterogenei interessi che coinvolgono il mondo del gioco;

- la concreta distribuzione territoriale delle attività rivolte alla raccolta delle scommesse è soggetta a precisi limiti e prescrizioni che tendono ad evitare sia il numero massimo di punti vendita insediabili in un comune che la presenza di punti vendita adiacenti o comunque vicini330. Ciò di fatto consente al singolo punto vendita di monopolizzare la propria “circoscrizione” essendo l’unico fornitore del servizio gioco nel raggio di centinaia di metri.

L’imposta colpisce perciò, con carattere di realità, un fatto economico, diverso dal reddito, comunque espressivo di capacità di contribuzione in capo a chi, in quanto organizzatore dell’attività “contingentata” ovvero il cui esercizio è riservato a pochi, si avvantaggia economicamente di una posizione privilegiata. servizio. In questa prospettiva, i prelievi tributari in discorso colpiscono non già il mero contributo dei fattori produttivi, ivi inclusa l’opera del titolare, alla produzione di un determinato reddito, bensì la

sintesi di tali attività, alla quale soltanto è raccordabile il valore aggiunto nella sua organicità». 329 Cfr REPACI F. A., L’imposta unica sui giochi di abilità e sui concorsi pronostici, in op. cit., p. 208.

330 Ai sensi dell’art. 38, comma 2, del D.L. n. 223/06 la localizzazione dei punti di vendita aventi come attività accessoria la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici, nei comuni con più di 200.000 abitanti deve avvenire a una distanza non inferiore a 400 metri dai punti di vendita già assegnati e nei comuni con meno di 200.000 abitanti a una distanza non inferiore ad 800 metri dai punti di vendita già assegnati. Inoltre, la disposizione contempla la necessità di determinare il numero massimo dei punti di vendita per comune in proporzione agli abitanti e in considerazione dei punti di vendita già assegnati.

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La forza economica ed il fatto indice di capacità contributiva attengono dunque giuridicamente alla sfera di azione degli organizzatori. In altri termini, l’opportunità di svolgere un’attività legislativamente riservata rappresenta una potenzialità economica assunta dal legislatore a presupposto del tributo, ancorché essa non sia riconducibile alle classiche situazioni (reddito, patrimonio, consumo).

Quindi, in definitiva non può non rivenirsi una concreta forza economica nei limitati operatori di gioco che operano in un mercato in cui la raccolta per l’anno 2012 supererà la fatidica soglia degli 80 miliardi di euro! È di immediata evidenza come la chiusura in entrata crei dei vantaggi economicamente apprezzabili in capo ai limitati soggetti autorizzati ad operarvi.

Un indice così formato sembra rispettare la concezione dottrinale di quella parte della dottrina che valuta positivamente il ricorso a criteri distributivi equi, coerenti e ragionevoli, che consentano di comparare le posizioni dei singoli contribuenti331.

L’indice de quo si presta alle concretizzazioni di carattere innovative richiamate in dottrina. Esso, infatti, introduce sotto certi aspetti una forma di imposizione fiscale sulle rendite economiche che si realizzano a favore del soggetto privato quando l’autorità pubblica concede permessi di sfruttamento in esclusiva di giacimenti minerari o di canali di trasmissione via etere332.

Invece, con riguardo alla nozione espressa dalla prevalente dottrina, la collocazione della potenzialità economica espressa dall’organizzazione e l’esercizio di un’attività riservata tra gli indici espressivi di forza economica appare un tanto più difficoltoso, in considerazione del fatto che l’indice in questione non è costituito da denaro o da ricchezze non monetarie ma agevolmente traducibili, dal disponente, in danaro attraverso appropriati atti di scambio sul mercato.

Tuttavia, sulla scorta di quanto menzionato non si può a priori escludere la sussistenza di una capacità economica suscettibile di fornire al soggetto gravato

331 GALLO F., Le ragioni del fisco. Etica e giustizia nella tassazione, op. cit., p. 85.

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dal tributo i mezzi finanziari occorrenti per l’assolvimento della stessa. Infatti, considerando che:

- il concreto esercizio delle scommesse si basa su modelli matematico-probabilistici che consentono con empirica certezza333 di raggiungere obiettivi economici minimi334 nonché traslare economicamente l’onere tributario sullo scommettitore335;

- l’attività viene esercitata da un numero chiuso di soggetti per un mercato vastissimo;

- come precedentemente visto, sulle scommesse a quota fissa l’imposizione si mantiene su un livello basso336 senza un eccessivo aggravio per il contribuente; - l’imposizione colpisce un fenomeno largamente diffuso che, in ragione delle

numerose problematiche di cui è portatore, è opportuno scoraggiare;

- è costante nella giurisprudenza costituzionale l’affermazione secondo la quale rientra nella discrezionalità del legislatore, con il solo limite della non arbitrarietà, la determinazione dei singoli fatti espressivi della capacità contributiva che, quale idoneità del soggetto all’obbligazione di imposta, può essere desunta da qualsiasi indice che sia rivelatore di ricchezza e non solamente dal reddito individuale (Corte Cost. sentenze n. 111 del 1997, n. 21 del 1996, n. 143 del 1995, n. 159 del 1985);

- la situazione che esprime potenzialità o forza economica nella sua oggettività è in linea con il recente orientamento della Corte Costituzionale337, per cui può essere considerato presupposto d’imposta;

333 FANTOZZI A., Il diritto tributario, op. cit., p. 177, afferma che il tributo è conforme al disposto dell’art. 53 Cost. non solo quando il verificarsi del presupposto comporti necessariamente la sussistenza della ricchezza bensì già quando il suo verificarsi appaia idoneo a configurarla in astratto.

334 Il fatto che il gestore sia sottoposto al rischio di dover pagare l'imposta anche nell'ipotesi in cui la vincita dello scommettitore non abbia lasciato margini di guadagno, sarà, in tal caso, la conseguenza di una, poco avveduta, previsione del concessionario, che abbia concordato una vincita eccessiva.

335 A supporto di ciò si evidenzia che le varie disposizioni che regolano i giochi e le scommesse contengono nella maggior parte dei casi l’obbligo di restituire agli scommettitori, sotto forma di vincita, una percentuale delle giocate totali confidando, implicitamente, che il gestore sia in grado ripartire le somme scommesse con apprezzabile grado di certezza.

336 L’art. 4 del D.Lgs. n. 504/98 prevede aliquote d’imposta che vanno da un minimo del 3% (per le scommesse caratterizzate da una minore difficoltà) ad un massimo dell’8% (considerando anche l’aliquota concreta e non nominale delle scommesse ippiche).

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- l’onere impositivo, oltreché economicamente trasferibile ad altri, è altresì agevolato rispetto agli altri tributi visto che è:

. deducibile rispetto alle imposte sui redditi e all’IRAP; . esente dall’imposta sul valore aggiunto;

. escluso dall’imposta sui redditi rispetto ai vincitori. Ciò di logica impone che il tributo contenga al suo interno una quota delle imposte sui redditi che avrebbero dovuto versare i vincitori nel caso in cui non fossero stati “esclusi” dall’imposizione. In buona sostanza, una parte dell’imposta sulle scommesse rappresenta una quota parte della contribuzione facente carico a ciascun singolo vincitore;

. per il CONI e l’UNIRE storicamente il tributo è sostitutivo di tutte le imposte dirette e indirette che si rendano dovute rispetto all’attività soggetta a riserva, non si può escludere a priori la sussistenza di un’idoneità soggettiva alla contribuzione.

Un trattazione a parte, seppur sintetica, merita l’imposizione delle scommesse a distanza con modalità di interazione diretta tra i singoli giocatori. Trattasi di una tipologia di scommesse sportive a quota fissa esclusivamente a distanza, che prevede la possibilità di interazione diretta tra i singoli giocatori e che, quindi, consiste nel mettere a raffronto i giocatori fra di loro, una parte dei quali praticamente assume il rischio, quindi “tiene il banco” al pari di un bookmaker, mentre un’altra parte assume il ruolo di scommettitore. Il gioco potrà essere offerto dai concessionari di cui all’art. 24, comma 13 delle L. n. 88 del 2009, i quali conseguiranno come compenso una percentuale sul movimento di gioco. Tale compenso è inciso dall’imposta unica pari al 20%, così come previsto dal citato art. 12 del D.L. n. 39 del 2009. Gli avvenimenti oggetto di scommessa sono gli stessi previsti dalla disciplina delle scommesse sportive a quota fissa, ai sensi del D.M. n. 111/06.

337 AMATUCCI F., Principi e nozioni di diritto tributario, op. cit., p. 31, nota 9, pone in risalto il fatto che la recente giurisprudenza costituzionale (Corte Cost. nn. 143/95, 21/96, 156/01, 395/02) ha ricavato una nozione particolare di capacità contributiva non più limitata alla situazione economica del contribuente o alla rilevanza patrimoniale del fatto, bensì ad un’ampia concezione economica costituita dalla possibilità di operare economicamente sul mercato per effetto del dominio dei fattori di produzione mediante attività organizzate.

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Dalla sintetica descrizione della disciplina che regola tale formula di gioco emerge una notazione differenziale di tale categoria di gioco rispetto alle normali scommesse a quota fissa: in esse non si riscontra quel particolare rischio insito nelle scommesse in cui il gestore assume il ruolo dello scommettitore. Infatti, nelle scommesse con modalità di interazione diretta tra gli scommettitori il gestore oltre a non correre alcun rischio – in tale categoria di gioco il rischio viene assunto dai partecipanti che intendono svolgere i compiti del “banco” - percepisce un compenso - fino al 10% della raccolta – quale corrispettivo della prestazione svolta in favore degli scommettitori. La sua prestazione consiste praticamente nel mettere in relazione tra loro i singoli giocatori in modo che ci sarà chi rivestirà il ruolo di banco e chi quello di scommettitore.

In conclusione, all’interno di questa particolare formula di gioco la predetta potenzialità economica che contraddistingue l’esercizio delle scommesse a quota fissa, assume caratteri prossimi al reddito ovvero maggiormente espressivi di capacità contributiva.

Passando ora ad analizzare le scommesse a totalizzatori occorre partire innanzitutto richiamando gli aspetti civilistici della disciplina.

Come si è avuto modo di esporre nei precedenti paragrafi sulla disciplina civilistica del gioco, nelle scommesse al totalizzatore il contratto di gioco è stipulato tra tutti i partecipanti ed il gestore del gioco interviene non in qualità di scommettitore ma di “intermediario” limitandosi ad eseguire tutte quelle operazioni necessarie al corretto svolgimento del gioco. In questo caso, il legislatore nel disciplinare e regolamentare lo svolgimento della scommessa si premura di determinare l’entità e la destinazione delle somme destinate al gioco: i singoli partecipanti versano una posta che confluisce in un fondo comune che

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