IL SISTEMA SPECIALE DEI TRIBUTI IN MATERIA DI GIOCHI CAPITOLO III
9 Analisi della struttura del tributo
9.1 Il presupposto di fatto
9.1.2. L’elemento oggettivo del presupposto d’imposta
La speranza che il legislatore, nell’emanare la legge delega di riordino dell’imposta unica, provvedesse a delineare con precisione ed espressamente gli elementi strutturali della fattispecie tributaria e segnatamente del presupposto di fatto, purtroppo è rimasta una vana speranza. Anzi, il delegante non solo non ha colto l’occasione di chiarire la fattispecie tributaria (anche dal lato soggettivo in merito al quale si nutrono forti dubbi di legittimità costituzionale per il decreto delegato), ma nel momento in cui ha deciso di allargare la sfera applicativa del tributo, ha utilizzato un’espressione letterale che non si può certo annoverare nell’usuale terminologia tributaristica (presupposto di fatto, situazione base ecc.) e fonte sicuramente di incertezze353.
Le mancanze del legislatore delegante non sono state certamente sopperite dal legislatore delegato che, nel riordinare la materia secondo i principi ed i criteri della previgente legislazione, per circoscrivere il
meramente l’acquisizione delle somme ma anche quella riferibile alle ulteriori fasi attuative che possono talvolta portare al rimborso dell’imposta in precedenza versata. Conformemente a tale premesse l’Autore afferma che «il presupposto dell’imposta è l’evento costitutivo di una situazione giuridica tale che tutti
gli atti della relativa sequenza non ancora compiuti risultino giuridicamente “necessitati” in quanto il loro compimento costituisce adempimento di una situazione giuridica soggettiva di obbligo, obbligazione, dovere, potere-dovere, ecc. o prodotta dallo stesso presupposto p prodotta da un successivo evento, a sua volta necessitato, nel senso che si è detto, per effetto del porsi in essere del presupposto di un precedente atto, anch’esso dovuto, e così via». Seguendo questa impostazione, nei
tributi in cui insistono forme di anticipazione, l’Autore individua il presupposto in un evento successivo che determina la giuridica impossibilità di un rimborso del tributo.
352 DE MITA E., Capacità contributiva, in Dig. disc. priv. sez. com., vol. II, Torino, 1987, p. 457.
353 L’art. 1, comma 2, lettera b) della L. n. 288/98 recita testualmente: «applicazione dell'imposta
unica anche alle scommesse accettate nel territorio italiano di qualunque tipo e relative a qualunque evento, anche se svolto all'estero».
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presupposto di fatto del tributo ha utilizzato, in continuità col delegante, l’espressione “ambito di applicazione” nella rubrica della disposizione all’uopo formulata ed impiegato una formula generica nella confezione del messaggio normativo.
Ora, se è vero che le qualificazioni normative hanno un valore solamente relativo per l’interprete, mai come in questo caso la generale laconicità della normativa di riferimento rende l’attività esegetica alquanto difficoltosa354.
L’attuale terminologia utilizzata dal legislatore per definire il presupposto dell’imposta è caratterizzata da una particolare vaghezza ed indeterminatezza scientifica da lasciare l’interprete praticamente privo di una base normativa.
Come è facilmente appurabile dall’analisi delle proposizioni normative cui si ricollega l’obbligazione tributaria non è dato possibile individuare chiaramente ed univocamente indicazioni in ordine a quello o a quelli che sono gli elementi costitutivi della fattispecie tributaria.
Come si avrà modo di dimostrare potrebbero sorgere anche forti dubbi sul preciso fenomeno economico che si intende colpire vista l’indeterminatezza dello stesso oggetto dell’imposta.
Forse il mancato uso del termine “presupposto di fatto” o “presupposto dell’imposta”, seguendo le considerazioni generali di taluni autori355, va dato al fatto che in questo caso, diversamente che nelle imposte sul reddito, non vi è un’immediatezza del rapporto tra parametro della capacità contributiva (organizzazione ed esercizio di giochi rilevanti) ed imposta per cui l’espressione “presupposto” non si addirebbe alle circostanze.
L’incessante moto delle combinazioni e delle vicissitudini dell’imposta unica è la dimostrazione dell’assunto secondo il quale l’elemento oggettivo della fattispecie d’imposta acquista una funzione preponderante nell’ambito
354 La conferma di ciò si rinviene nella pur stringata contrapposizione tra la risalente dottrina che si è latamente occupata dell’imposta e le attuali posizioni dell’Amministrazione finanziaria.
355 FERLAZZO NATOLI L., Il fatto rilevante nel diritto tributario. Contributo allo studio del
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della fattispecie tributaria rispetto agli elementi soggettivi356. Ciò visto anche che è il presupposto di fatto che identifica il soggetto passivo dell’imposta.
Si è visto come in sede di incubazione dell’attuale normativa dell’imposta unica357, il legislatore tributario delegante ha posto l’accento precipuamente sull’elemento oggettivo della fattispecie giuridico tributaria, trascurando l’elemento soggettivo ossia l’individuazione del nesso che lega il presupposto ed il soggetto tenuto a concorrere alle pubbliche spese.
Ora, tralasciando le problematiche sulla costituzionalità di un’impostazione di tal fatta – relativamente alla quale si rimanda alle considerazioni svolte nell’apposito paragrafo -, è essenziale soffermarsi sul presupposto di fatto.
Nell’individuazione del presupposto dell’imposta unica sulle scommesse il legislatore si è sicuramente avvalso dell’ampia discrezionalità concessagli dalle norme costituzionali circa i fatti e le situazioni da elevare a fattispecie imponibile358.
Tuttavia, come si avrà modo di dimostrare, l’esatta individuazione del presupposto non è così agevole come a prima vista potrebbe sembrare. Ciò è dovuto alla particolare evoluzione del tributo che dal momento della sua istituzione ad oggi è stato oggetto di alcuni cambiamenti frutto più di logiche legate al gettito fiscale che non di un disegno unitario e razionale. A ciò si aggiungano alcuni interventi amministrativi che non hanno fatto altro che acuire le disorganicità e le incoerenze dell’imposta.
Si deve peraltro aggiungere che la nascita di un’imposta sulle scommesse non è stata di certo agevolata dalla dottrina tributaristica, che mai come in questo caso è risultata assente ingiustificato. Per rendersi conto del
356 FERLAZZO NATOLI L., Fattispecie tributaria e capacità contributiva, Milano, 1979, p. 62.
357 I cui principi e criteri direttivi sono contenuti nella legge delega n. 288/98.
358 In tal senso GIANNINI A. D., Istituzioni, op. cit., p. 149, fa notare come la scelta dei presupposti è rimessa alla discrezione esclusiva del legislatore, il quale è influenzato da considerazioni prettamente politiche, economiche e tecniche estranee al diritto tributario. Allo stesso tempo, l’autore rileva come la scelta sia di fatto condizionata dalla struttura economica della nazione, dal fabbisogno finanziario e da considerazioni extrafiscali. Tutto ciò porta l’autore a considerare, in via di principio, ammissibile qualsiasi situazione di fatto suscettibile di imposizione.
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panorama dogmatico si consideri che in Italia non è stata mai pubblicata alcuna specifica monografia in materia (all’infuori di qualche ricerca e volume datato). Il settore è stato trattato di riflesso e brevemente dagli autori che si sono interessati del “monopolio fiscale”.
Pertanto, anche in considerazione dell’importanza oramai assunta dalla materia dei giochi, ci si auspica che al più breve si possa ammirare qualche notevole intervento e si spera sommessamente che la presente trattazioni rappresenti un piccolissimo ma “valido contributo” (nell’accezione più umile) per gli Autori che verranno .
Si ribadisce come il legislatore per l’individuazione del presupposto di fatto non abbia utilizzato le denominazioni proprie del diritto tributario (presupposto di fatto, situazione base, fattispecie imponibile, fatto generatore ecc.).
Le ragioni per le quali il legislatore si sia mostrato restio all’utilizzo del più tradizionale linguaggio giuridico, vanno probabilmente ricercate nella difficoltà di inquadramento teorico del prelievo erariale a cui certo non è stato di grande aiuto la stessa denominazione assegnatagli al momento dell’istituzione: “tassa di lotteria”.
Ora, per una proficua indagine conoscitiva mi pare indispensabile fare una breve premessa.
Come ampiamente esposto nei paragrafi precedenti, il D.Lgs. n. 504/98, che riordina l’imposta unica, è stato emanato a norma dell’art. 1, comma 2 della legge delega 3 agosto 1998, n. 288.
Tra i principi e i criteri direttivi della summenzionata legge delega non viene menzionato nulla che afferisca il presupposto d’imposta o meglio viene prevista l’applicazione dell’imposta anche alle scommesse accettate nel territorio italiano di qualunque tipo e relative a qualunque evento, anche se svolto all'estero. Tuttavia, la succitata proposizione normativa si limita unicamente ad ampliare la portata applicativa dell’imposta senza indicare gli elementi costitutivi del tributo.
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Ciò posto, sull’onta dell’orientamento giurisprudenziale359 l’assenza di specifici principi e criteri direttivi in ordine all’individuazione del presupposto di fatto (all’infuori della previsione di estendere l’operatività dell’imposta alle scommesse), non ha consentito al D.Lgs. n. 504/98 di introdurre alcuna novità, limitandosi a confermare per la gran parte la precedente disciplina sostanziale in termini di presupposto di fatto.
Pertanto, al fine di individuare l’elemento oggettivo della fattispecie giuridico tributaria è indispensabile indagare la disciplina previgente.
Ma, ahimè, neanche la L. n. 1379/51 che disciplinava precedentemente l’imposta unica contiene al suo interno le norme atte a circoscrivere e delineare la fattispecie giuridico tributaria. La normativa è alquanto scarna per non dire vuota di indicazioni e tale omissione può essere colmata solamente se si fa riferimento alla norma antecedente alla L. n. 1379/51. Ciò è possibile grazie al rinvio contenuto nell’art. 1 della L. n. 1379/51 il quale recita testualmente: «La tassa prevista dall'art. 6 del decreto legislativo 14 aprile 1948, n. 496, che assume la denominazione di imposta unica sui giuochi di abilità e sui concorsi pronostici, è elevata al 23 per cento».
Tralasciando il vergognoso modo di confezionare una normativa tributaria, dal messaggio legislativo si può desumere in qualche modo una forma di rinvio alla precedente normativa. Se esaminiamo nel suo complesso l’articolato legislativo di cui alla più volte citata L. 1379/51 si rinviene una disciplina insufficiente che non potrebbe stare in piedi se non si potesse rinviare - per quanto concerne la fattispecie tributaria nel suo complesso – a quanto contenuto nell’art. 6 del D.Lgs. n. 496/48.
359 La Corte Cost. 13 gennaio 2005 n. 66 afferma che «la revisione e il riordino, ove comportino
l'introduzione di norme aventi contenuto innovativo rispetto alla disciplina previgente, necessitano della indicazione di principi e di criteri direttivi idonei a circoscrivere le diverse scelte discrezionali dell'esecutivo, mentre tale specifica indicazione può anche mancare allorché le nuove disposizioni abbiano carattere di sostanziale conferma delle precedenti»
In tal senso anche la Corte Cost. 22 ottobre 2007 n. 350 che nel richiamare la precedente sentenza ribadisce che «la necessità della indicazione di principi e di criteri direttivi idonei a circoscrivere le
diverse scelte discrezionali dell'esecutivo riguarda i casi in cui la revisione ed il riordino comportino l'introduzione di norme aventi contenuto innovativo rispetto alla disciplina previgente, mentre tale specifica indicazione può anche mancare allorché le nuove disposizioni abbiano carattere di sostanziale conferma delle precedenti».
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L’art. 1 della L. 1379/51 nel rinviare all’art. 6 del D.Lgs. n. 496/48 di fatto si preoccupa solamente di specificare come il prelievo erariale assumesse da allora in poi, quantomeno nominalisticamente, la natura di imposta senza apportare alcuna significativa innovazione.
Di conseguenza, occorre fare un ulteriore passo indietro e analizzare il disposto di cui al predetto l’art. 6. Quest’ultimo prescrive che «È riservato rispettivamente al Comitato olimpico nazionale italiano e all'Unione nazionale incremento razze equine l'esercizio delle attività previste dall'art.
1, qualora siano connesse con manifestazioni sportive organizzate o svolte
sotto il controllo degli enti predetti…. Il Comitato olimpico nazionale italiano e l'Unione nazionale incremento razze equine sono tenuti, per le
attività da essi svolte a norma del primo comma, a corrispondere allo Stato
una tassa di lotteria pari al 16% di tutti gli introiti lordi».
Il richiamato art. 1 recita: «L'organizzazione e l'esercizio di giuochi di abilità e di concorsi pronostici, per i quali si corrisponda una ricompensa
di qualsiasi natura e perla cui partecipazione sia richiesto il pagamento di una posta in denaro, sono riservati allo Stato».
Orbene, è dal combinato disposto degli artt. 1 e 6 del D.Lgs. n. 496/48 che si ricava il presupposto di fatto: l’organizzazione e l’esercizio di giuochi di abilità e di concorsi pronostici.
Ebbene sì, dalla fusione delle norme contenute nei citati artt. 1 e 6 scaturisce che il CONI e l’UNIRE sono tenuti alla corresponsione del balzello semplicemente in quanto svolgono l’organizzazione e l’esercizio di giuochi di abilità e di concorsi pronostici.
Ciò, ancor prima che dal dato letterale, è desumibile dalla sottostante logica. Infatti, per le attività soggette a monopolio e svolte direttamente dallo Stato (art. 1 del D.Lgs. n. 496/48), la normativa non disponeva alcuna specifica imposta360. Di contro è ragionevole nonché logico che, nel momento in cui l’attività soggetta a monopolio venga gestita da un soggetto terzo, lo Stato stabilisca una qualche forma di prelievo necessariamente ed
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inevitabilmente legata all’esercizio dell’attività data in concessione. Non potrebbe essere altrimenti visto che la specifica attività opera in un contesto di mercato monopolizzato, lontano dai rischi e dalle incertezze proprie di un mercato aperto alla libera concorrenza, e per ciò solo indice di una sua specifica potenzialità economica361. È chiaro che “l’imposizione” dei risultati dell’attività riservata sarebbe potuta avvenire anche in altre forme. Tuttavia, il legislatore nella sua libertà ha scelto la strada dell’imposta.
In considerazione della carenza di un’esplicita qualificazione legislativa del presupposto dell’imposta unica si ritiene opportuno desumere la definizione normativa del presupposto anche attraverso l’esame delle disposizioni che regolano l’imposta diverse da quelle che descrivono le fattispecie imponibili. Ciò ci consentirà di enucleare indirettamente precisazioni del fatto imponibile.
Una conferma indiretta di tale assunto perviene dall’art. 5 della L. 1379/51 che nel considerare l’imposta unica sostitutiva (per il CONI e l’UNIRE) di ogni altro prelievo erariale specifica come «L'imposta unica di cui all'art. 1, è sostitutiva, nei confronti degli enti indicati nell'art. 6 del D.Lgs. 14 aprile 1948, n. 496 , di ogni tassa sugli affari (esclusa quella di bollo sulle cambiali, sugli atti giudiziari e sugli avvisi al pubblico), compreso il diritto erariale di cui al D.L. 10 marzo 1943, n. 86 e successive modificazioni, relativa alla organizzazione e all'esercizio dei giuochi di
abilità e dei concorsi pronostici, di ogni imposta diretta sui redditi derivanti dalle attività di cui sopra, nonché di qualunque altro tributo diretto o indiretto, a favore dello Stato e degli enti minori, connessi con le attività medesime».
Ora se si considera che «l’imposta sostitutiva è, in prima approssimazione, quella che si applica al posto di altri tributi, cioè, per specifiche fattispecie, sostituisce le normali imposte ad esse applicabili»362, è chiaro che la disposizione debba essere formulata in modo che individuata
361 È immediatamente apprezzabile a tutti come la sussistenza di una situazione di monopolio permetta all’offerente-monopolista (o alle poche imprese operanti sul mercato) la libertà di imporre prezzi maggiorati, a differenza di quanto si verifica in un regime di libera concorrenza.
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la fattispecie impositiva ne esclude l’applicazione alle altre imposte. E così viene confezionato l’enunciato normativo quando nel prevedere che l’imposta unica è sostitutiva di ogni tassa sugli affari… relativa alla organizzazione e all'esercizio dei giuochi di abilità e dei concorsi pronostici implicitamente individua appunto nell’organizzazione e nell’esercizio dei giuochi di abilità e dei concorsi pronostici il presupposto dell’imposta.
Il dettato normativo, coerentemente e logicamente, nel considerare l’imposta unica sostitutiva di ogni altro tributo non poteva fare altro che avere come punto di riferimento il presupposto dell’imposta, premurandosi di richiamarlo ed escluderlo dalle altre imposizioni. Il messaggio è confezionato in guisa da escludere l’applicazione delle altre imposte alla fattispecie impositiva (rectius l’organizzazione e l’esercizio di giuochi di abilità e di concorsi pronostici) ovvero su quelle situazioni e fatti in ordine ai quali il legislatore ha rilevato un fatto o una situazione rilevatore di un indice idoneo alla contribuzione. Anche l’attuale legislazione, seppur con qualche variante, conferma che l’imposta unica è sostitutiva, nei confronti del CONI e dell’UNIRE, di ogni imposta e tributo erariale e locale relativi
all’esercizio dei concorsi pronostici ad esclusione dell'imposta di bollo
sulle cambiali, sugli atti giudiziari e sugli avvisi al pubblico.
Allo stesso risultato si perviene se si guarda, si badi bene con riferimento alle scommesse a quota fissa, alla ratio dell’imposta363. Infatti, riprendendo i risultati cui si è pervenuti nell’apposito paragrafo ovvero che:
- l’organizzazione e l’esercizio di giuochi di abilità e di concorsi pronostici era (ed è) riservato allo Stato;
- al CONI e all’UNIRE era riservato l’organizzazione e l’esercizio di giuochi di abilità e di concorsi pronostici qualora fossero stati connessi con manifestazioni sportive organizzate o svolte sotto il controllo degli enti predetti;
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- come affermato nella relazione al disegno di legge istitutivo dell’imposta unica, i tributi dovuti dal CONI e dall’UNIRE (tra cui la tassa di lotteria) relativamente alle attività loro riservate costituivano una quota di compartecipazione dello Stato sui profitti dei concorsi pronostici. Ciò era dovuto al fatto che lo Stato non gestendo tali attività veniva di fatto escluso dai proventi ricavabili da un’impresa svolgentesi in un contesto protetto qual è il monopolio di diritto. Perciò, al fine di partecipare agli “extra-utili” sicuramente conseguibili da tali attività, lo Stato previse l’istituzione di un prelievo ad hoc,
se ne deduce che lo Stato era (ed è) conscio del fatto che l’esercizio di un’impresa fuori da un normale contesto di economia di mercato, e protetto da un monopolio assoluto, poneva il monopolista in una condizione di supremazia che gli consentiva il conseguimento di maggiori profitti364.
Se una determinata attività d’impresa viene riservata esclusivamente ad uno o pochi soggetti è ragionevole riscontrare in ciò una certa potenzialità economica che a mio parere può ben rappresentare il c.d. indice di riparto ossia il fatto o la situazione dai quali si fa dipendere la determinazione della quota di contribuzione facente carico a ciascun singolo e alla quale corrisponde il debito individuale di imposta.
Tale indice di riparto è coerente con la dottrina secondo la quale la capacità contributiva indicherebbe il connotato precipuo di ogni essenza suscettibile di apprezzamento economico. La manifestazione di forza economica incisa dal tributo in questo caso è ravvisabile nella “potenzialità produttiva” insita nei soggetti che operano in un contesto economico caratterizzato dalla riserva monopolistica e quindi fuori dalle regole, dai limiti e dai rischi di un’economia di mercato aperta alla concorrenza.
Non può essere messo in secondo piano il fatto che l’obbligo di corresponsione del tributo è posto dal legislatore a carico del gestore del gioco senza la previsione di alcun meccanismo applicativo latamente
364 Non peraltro, nei casi in cui è stato lo Stato a gestire un’impresa in un contesto monopolistico si parla di monopolio fiscale per indicare il prelievo erariale individuabile nell’extra-profitto.
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riconducibile al concetto di rivalsa, circostanza, questa, che denota la giuridica indistinguibilità del tributo dalla posta di gioco e, quindi, la natura meramente economica ed occulta della traslazione che il gestore del gioco effettua al momento della distribuzione dei rischi di gioco.
L’ipotesi ricostruttiva proposta dalla mia umile indagine viene altresì avvalorata dal particolare atteggiarsi della base imponibile. La sua esatta determinazione varia a secondo la tipologia di gioco. Come si costaterà nel prosieguo alcune formule di gioco sono soggette alla c.d. tassazione sul margine lordo. Ciò implica che la determinazione della base imponibile avviene (a grandi linee) sottraendo dalle somme incassate a fronte delle giocate effettuate dai partecipanti365 l’importo di quelle restituite ai giocatori. Per altre formule di gioco, come i concorsi pronostici, l’art. 4 del D.Lgs. n. 504/98 dispone che la base imponibile è costituita dalla posta di gioco al netto di diritti fissi e compensi ai ricevitori. Anche in questo caso l’imposta non è commisurata all’importo totale corrisposto dal giocatore per l’effettuazione della scommessa (come sarebbe logico per un’imposta sui consumi), ma a una grandezza di “secondo grado” il cui risultato finale si ottiene dopo aver eliminato dalla citata somma alcune componenti ben individuate: i diritti fisi e i compensi ai ricevitori. Tale disciplina non è coerente nemmeno con un’imposta sui consumi che a ben guardare dovrebbe più propriamente commisurare il prelievo all’importo intero della posta di gioco.
Si richiamano, altresì, le tesi esposte nell’ambito del paragrafo attinente la natura dell’imposta. Come ivi sostenuto a mio parere l’imposta unica ha una doppia natura giuridica: imposta sulle vincite ed imposta sull’attività riservata. Da tale assunto ne consegue che è aderente alla struttura dell’imposta un presupposto individuato nell’organizzazione e nell’esercizio