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Un tributo dalla duplice ratio

Nel documento L’imposizione dei giochi e delle scommesse (pagine 157-160)

IL SISTEMA SPECIALE DEI TRIBUTI IN MATERIA DI GIOCHI CAPITOLO III

5 Un tributo dalla duplice ratio

L’individuazione della ratio del tributo è strettamente correlata alla focalizzazione della giustificazione economica301 dello stesso, a proposito della quale non si può fare a meno di andare alle origini del tributo.

Il gioco organizzato (in ragione degli eterogenei interessi che lo caratterizzano) nell’ordinamento giuridico italiano è stato da sempre riservando allo Stato (o ad enti puntualmente individuati), che ha provveduto a gestirlo anche (e soprattutto) per finalità fiscali. La gestione monopolistica del gioco (inizialmente individuabile nel solo Lotto e lotterie) ha consentito all’erario di procurarsi i mezzi economici necessari per il raggiungimento dei propri fini istituzionali, mediante il noto meccanismo impositivo sotteso ai cc.dd. monopoli fiscali ossia traendo dall’esercizio diretto dell’attività un extra-profitto. Pertanto, fin quando l’attività soggetta a riserva legale è stata svolta direttamente dallo Stato non c’è stato alcun bisogno di approntare uno specifico meccanismo impositivo. Il problema è sorto nel momento in cui una parte delle attività sono state riservate non allo Stato ma ad un soggetto

300 L’art. 3, comma 78 della L. n. 662/96 recita testualmente: «Con regolamento da emanare ai sensi

dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, si provvede al riordino della materia dei giochi e delle scommesse relativi alle corse dei cavalli, per quanto attiene agli aspetti organizzativi, funzionali, fiscali e sanzionatori, nonché al riparto dei relativi proventi. Il regolamento è ispirato ai seguenti principi: …d) ripartizione dei proventi al netto delle imposte in modo da garantire l'espletamento dei compiti istituzionali dell'Unione nazionale incremento razze equine (UNIRE) ed il finanziamento del montepremi delle corse e delle provvidenze per l'allevamento secondo programmi da sottoporre all'approvazione del Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestale»

301 Secondo GALLO F., Ratio e struttura dell’Irap, in Rass. trib., n. 3, 1998, p. 627 ss., è solo attraverso la previa individuazione della giustificazione economica di un tributo che può pervenirsi ad una soddisfacente definizione della sua ratio normativa e, quindi verificare la costituzionalità del suo presupposto sotto il profilo della capacità contributiva.

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terzo che, quantunque di natura pubblica, comunque è stato dotato di una propria soggettività ed autonomia. È il caso della riserva delegata prevista dall’art. 6 del D.Lgs. n.496/98 con cui è stato riservato al CONI ed all’UNIRE l’organizzazione e l’esercizio di giuochi di abilità e di concorsi pronostici connessi con manifestazioni sportive organizzate o svolte sotto il controllo degli enti predetti. Ciò ha fatto sorgere la necessità di prevedere un meccanismo impositivo che consentisse allo Stato di “partecipare” comunque agli extra-profitti generati dall’ente monopolista.

A tal fine, è stata prevista, accanto alla riserva delegata, la tassa di lotteria dovuta dai nuovi monopolisti (CONI ed UNIRE) per l’organizzazione e l’esercizio di giuochi di abilità e di concorsi pronostici connessi con manifestazioni sportive organizzate o svolte sotto il controllo degli enti predetti.

Quindi, a mente del disposto di cui all’art. 6 del D.Lgs. n.496/98 presupposto della tassa di lotteria è l’organizzazione e l’esercizio di giuochi di abilità e di concorsi pronostici.

Subito dopo viene avvertita, da parte del legislatore, l’esigenza di un restyling del tributo per cui viene presentato dal Governo dell’epoca un disegno di legge per l’istituzione di un’imposta unica sui giochi di abilità e sui concorsi pronostici disciplinati dal D.L. n. 496/48.

Nella relazione ministeriale al disegno di legge istitutivo dell’imposta unica302 si ebbe a dire che «… il tributo dovrebbe mirare a ripartire proporzionalmente fra lo Stato e gli enti predetti il ricavato di una attività monopolistica… ». Orbene, l’espressione chiarisce l’obiettivo legislativo di “tassare” l’introito lordo dei specifici giochi (o al massimo al netto dei soli compensi dei rivenditori), nell’intento (espressamente dedotto) di realizzare una compartecipazione dello Stato agli extra-profitti del gestore303, onde “compensare” la pubblica amministrazione della rinuncia ad una gestione diretta del gioco ovvero all’incasso diretto degli introiti delle scommesse. In linea con tale giustificazione viene colpita un’entità reale che si identifica con la potenzialità economica e produttiva espressa da un’organizzazione e

302 Relazione al disegno di legge n. 2033/51.

303 Nella relazione che accompagna il relativo disegno di legge n. 2033 del 15/06/1951 si ricava l’assunto in base al quale la nuova imposta rappresenterebbe una specie di convenzione tra Stato e enti concessionari per la ripartizione degli utili dell’impresa dei giochi.

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gestione del gioco esercitati in un contesto di monopolio pubblico e quindi fuori da un mercato concorrenziale.

La possibilità di esercitare un’attività economica fuori dalle generali regole imposte dalla concorrenza e, quindi, di offrire un prodotto (gioco e scommesse) unico e infungibile spiega una capacità e potenzialità economica diversa e distinta da quella esprimibile in un ambiente concorrenziale. In tale maniera è apprezzata una forza economica “aggiuntiva” nell’organizzazione e nell’esercizio di un’attività economica (qual è l’esercizio dei giochi) scevra (o in alcuni giochi ridotta al minimo o del tutto assente) dalle incognite insite in un’attività svolta in libero mercato.

Con particolare riferimento ai giochi e scommesse a quota fissa vi è un’altissima probabilità di ritrarre un profitto per i gestori, basata su precisi calcolo matematico-probabilistici che tengono anche conto delle propensioni e delle condotte reali dei giocatori. Il gestore in questo caso per assicurarsi un profitto stima le probabilità di un evento e poi offre quote più basse. Quindi, in tali forme di gioco è insita in essi la “quasi certezza” di avere un predeterminato profitto.

Se ciò vale per la generalità dei giochi un approfondimento d’indagine è richiesto per quei giochi la cui struttura contrattuale ricalca il paradigma delle scommesse a totalizzatore. Come si è avuto modo di esporre nei precedenti paragrafi sulla disciplina civilistica del gioco, nelle scommesse al totalizzatore il contratto di gioco è stipulato tra tutti i partecipanti ed il gestore del gioco interviene non in qualità di scommettitore ma di “organizzatore” limitandosi ad eseguire tutte quelle operazioni necessarie al corretto svolgimento del gioco. In questo caso, il legislatore nel disciplinare e regolamentare lo svolgimento della scommessa si premura di determinare secondo le regole prefissate l’entità e la destinazione delle somme destinate al gioco: i singoli partecipanti versano una posta che confluisce in un fondo comune che viene normativamente suddiviso tre i vari attori304 (Stato, gestore, giocatori, rivenditori, AAMS, enti terzi).

304 A titolo di esempio si richiama la disposizione contenuta nell’art. 5 (ripartizione della posta) del Decreto del 19 giugno 2003, n. 179 (Regolamento recante la disciplina dei concorsi pronostici su base sportiva) la quale recita: «la posta dei concorsi pronostici è ripartita… nelle seguenti percentuali: a)

aggio al punto di vendita: 8%; b) montepremi: 50%; c) contributo CONI: 18,77%; d) contributo all'Istituto per il credito sportivo: 2,45%; e) imposta unica: 33,84%; f) contributo alle spese di gestione di AAMS: 5,71%.»

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Orbene, si vede come nel caso delle scommesse al totalizzatore non sia rinvenibile una potenzialità economica e produttiva espressa da un’organizzazione e gestione del gioco propria ed autonoma del gestore - il quale peraltro, come corrispettivo dell’ attività espletata, percepisce una quota normativamente predeterminata sulla quale non influisce alcuna autonoma autodeterminazione negoziale -, ma bensì emerge un arricchimento dei vincitori. Infatti, si ribadisce che le poste versate dai partecipanti al gioco confluiscono in un fondo comune, che all’esito delle operazioni sarà ripartito tra tutti i vincitori (secondo ed in base ai criteri di gioco), al netto delle somme prelevate a diverso titolo (corrispettivo, contributo, imposte).

Quindi, nel caso dei giochi strutturati secondo il sistema del totalizzatore, la giustificazione economica del prelievo deve rinvenirsi nell’arricchimento dei vincitori.

La duplice ratio305 del tributo – così determinate sotto l’aspetto economico e sintetizzabile nell’arricchimento per i giochi a totalizzatore e nella potenzialità economica dell’organizzazione per i restanti giochi - trovano la giusta rispondenza nel presupposto giuridico del tributo quale delineato dall’art. 1 del D.Lgs n. 504/98: l’organizzazione e l’esercizio dei giochi e delle scommesse306.

In linea con questa tesi si richiamano le osservazioni svolte in dottrina307, per cui nelle imposizione diretta vi è normalmente coincidenza tra la titolarità della capacità contributiva e l’obbligo della prestazione patrimoniale tale interpretazione, mentre ciò non avviene in quella indiretta.

Nel documento L’imposizione dei giochi e delle scommesse (pagine 157-160)