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Le fonti delle società ICT-dipendent

Nel documento Il diritto nell'età dell'informazione (pagine 134-157)

Il riposizionamento tecnologico del diritto

4.3. Le fonti delle società ICT-dipendent

Abbiamo concluso il capitolo precedente, esponendo tre criteri per giungere a un appropriato bilanciamento tra rappresentanza politica e decisioni giuridiche nell’odierna governance; criteri che conducevano alla necessità di appurare sia il li- vello sia le modalità con cui intendere i profili del diritto come meta-tecnologia, se- condo ciò che si è avuto modo di illustrare con la figura 3 del § 1.1.3. Riprendendo questo punto con le ragioni della crisi del modello di Westfalia, esposte nel paragra- fo precedente, possiamo ora formalizzare la questione con un nuovo schema che, tuttavia, richiede qualche avvertenza preliminare.

In primo luogo, avendo modo di rifarci ancora alle nozioni di “diritto nazionale” o “diritto internazionale”, già presenti nel precedente modello delle fonti, ciò lasce- rebbe supporre una sostanziale continuità tra i due modelli, quello di Westfalia e quello delle società ICT-dipendenti. Sebbene tale continuità sia in qualche modo inevitabile, occorre però sottolinearne sin d’ora la differenza, che dipende dal diver- so contesto in cui tali nozioni vanno pensate. Ad esempio, per quanto concerne il diritto internazionale, si è già avuto modo di rimarcare la differenza che corre tra il diritto internazionale classico, i cui unici soggetti erano gli stati nazionali sovrani, sottratti come tali ai poteri della iurisdictio, e le nuove tendenze del diritto interna- zionale odierno, tra cui va ricordata quella forma inedita che è rappresentata dal- l’Unione europea (si v. § 4.2.2). Come diremo, la stessa avvertenza vale anche per la

formula del “diritto nazionale” con le sue specifiche modalità d’intervento, per cui, alle forme tradizionali del potere coattivo della legge, riassunto secondo la canonica formula del “se A, allora B”, vanno ad aggiungersi nuovi strumenti di disciplina au- toritativa o soft law.

In secondo luogo, nel distinguere il livello nazionale da quello internazionale, occorre anche ricordare i processi di de-territorializzazione dell’ordinamento, messi in atto dalla rivoluzione informatica e plasticamente illustrati dall’interazione su in- ternet (si v. § 1.4.3). Si tratta di un fenomeno di straordinaria importanza poiché la novità che contraddistinse il modello di Westfalia rispetto al sistema medioevale delle fonti, consisteva nel passaggio dalla natura personale e fiduciaria delle relazio- ni giuridiche, basate sullo status degli individui, al criterio territoriale su cui ha fatto leva il modello invalso tra i moderni (§ 4.2.1). Va da sé, questa de-territorializzazio- ne ha tutt’altro significato rispetto all’esperienza medioevale e verrà, come tale, ap- profondita con la trasformazione che ha condotto dalle consuete frontiere terrestri e marittime degli ordinamenti, agli spazi aerei e satellitari, fino alla dimensione virtua- le del cyberspazio.

In terzo luogo, a differenza dei precedenti modelli delle fonti, lo schema di que- sto paragrafo farà riferimento sia al sistema formale sia, necessariamente, a fonti che allo stato sono ancora extra, se non contra ordinem. Il motivo dipende non solo dal fatto che, a differenza dei precedenti modelli, siamo alle prese con un sistema in via di perfezionamento e formazione; ma, come riferito fin dall’inizio del presente capi- tolo, la trasformazione del sistema delle fonti comporta anche, se non soprattutto, questioni di potere. Alla consueta dialettica della separazione dei poteri tra organi del gubernaculum e iurisdictio, va così aggiunta la dinamica, sia spontanea, sia or- ganizzata, dei poteri sociali che, come detto fin dal capitolo primo (§ 1.4.3), si avva- le ora della democratica possibilità di scelta tra sistemi diversi, ora, invece, saltando quelli tradizionali, si esprime attraverso nuovi e diversi ordinamenti.

In quarto luogo, nel corso di questo paragrafo, faremo riferimento alle tradizio- nali idee di gubernaculum, iurisdictio e kosmos, del tutto assenti o quasi nella ma- nualistica, ma non per gusto anacronistico, o come sfida alle convenzioni linguisti- che prevalenti al giorno d’oggi. Piuttosto, l’idea è di riassumere con questi concetti, i tre elementi essenziali della dialettica istituzionale contemporanea, ossia il guber- naculum come luogo d’indirizzo politico e legislativo, la iurisdictio come controcan- to indispensabile per il controllo delle decisioni del gubernaculum, e il kosmos co- me dinamica sociale autonoma rispetto alle precedenti sfere. La ragione per cui, a differenza del dualismo di Hayek tra taxis e kosmos (§ 2.2), quest’ultimo è contrap- posto a una taxis sdoppiata in gubernaculum e iurisdictio, dipende dalla tensione duale dell’ordinamento, sulla quale si è insistito fin dal capitolo terzo, e al fine di cogliere gli aspetti problematici degli odierni assetti istituzionali relativi alla gover- nance, seguendo l’insegnamento della dottrina costituzionale maturata nel corso de- gli ultimi otto secoli (§§ 3 e 3.3).

Infine, bisogna avvertire che, per comodità espositiva, lo schema che andiamo a presentare, si limita a fare riferimento alla nozione di kosmos, come già nella tavola 1 del § 4.2.1, senza considerare l’ulteriore distinzione tra consuetudini e autonomia contrattuale delle parti, che sarà esaminata solo nel § 4.3.3.3. L’obiettivo è per ora di sottolineare l’irriducibilità del kosmos rispetto al binomio gubernaculum/iuris-

dictio della taxis, senza appesantire di troppo uno schema che, peraltro, non prende nemmeno in considerazione una delle maggiori novità prodotte dalla rivoluzione tecnologica, vale a dire i temi del design (che, non a caso, saranno l’oggetto di un intero capitolo, il prossimo).

Sulle basi di queste avvertenze preliminari, ecco dunque lo schema che introdu- ce l’analisi delle fonti nelle odierne società ICT-dipendenti:

Le fonti d’oggi Diritto Nazionale Diritto Internazionale Diritto Transnazionale

Gubernaculum Iurisdictio

Kosmos

Tavola 4: Le fonti delle società ICT-dipendenti

La maggiore complessità del modello – 6 osservabili rispetto ai 3 o 4 di quello precedente di Westfalia, 18 potenziali variabili invece di 2 o 3 – dipende dalla ne- cessità di affrontare la maggiore complessità dei fenomeni da descrivere al giorno d’oggi. Naturalmente, non si vuole fornire cifre assolute ma, piuttosto, con gli ac- corgimenti metodologici introdotti con la tavola 1 in § 4.2.1, si mira a offrire un adeguato livello di astrazione, a metà tra l’intricato reticolo del sistema medioevale delle fonti e la concisa semplicità del modello di Westfalia.

A continuazione, esamineremo il sistema delle fonti, secondo il livello nazionale (§ 4.3.1), internazionale (§ 4.3.2), e transnazionale (§ 4.3.3), e in rapporto alle mo- dalità in cui si danno i fattori produttivi dell’ordinamento. Sebbene questi livelli siano ovviamente intrecciati, la scelta espositiva dipende dal fatto che, in questo modo, emergeranno tanto le differenze, quanto le continuità, che le categorie del gubernaculum, della iurisdictio e del kosmos, rapportate al passaggio occorso dal modello dello stato nazionale sovrano agli odierni assetti della governance, palesano rispetto alla tradizione.

4.3.1. Diritto nazionale

Si è già avuto modo di segnalare, nelle pagine precedenti, alcuni dei mutamenti oc- corsi sul piano del diritto nazionale, nel passaggio dal modello di Westfalia all’odierno sistema delle fonti. Per comodità, riassumiamo di nuovo queste trasformazioni.

In primo luogo, si è riferito come uno degli aspetti più rilevanti della rivoluzione tecnologica e con il riposizionamento degli ordinamenti giuridici contemporanei, concerne la crescente inefficacia dell’approccio tradizionale del diritto, inteso come sistema di comandi suffragato dalla minaccia di misure coercitive, “se A, allora B” (si v. § 1.4.3): ciò è soprattutto evidente nel caso della rete di internet.

In secondo luogo, sempre a proposito di gubernaculum, si è visto come in alcuni settori chiave dell’ordinamento, gli stati non dispongano di poteri decisionali e sia- no anzi stati soppiantati da altri e diversi attori: l’esempio lampante è stato offerto da ICANN e i suoi difficili rapporti con un organismo internazionale come l’ITU (si v. § 3.4.2.1).

In terzo luogo, passando sul piano della iurisdictio, abbiamo detto del suo nuovo ruolo in ambito internazionale: § 4.2.2. Al dualismo costitutivo sul piano interno delle fonti, come insieme d’organi di controllo rispetto a quelli d’indirizzo politico- legislativo, va ad aggiungersi non solo, o non tanto, una rappresentazione dualistica dell’interazione tra diritto nazionale e internazionale, come avviene, ad esempio, con la Consulta italiana e il Tribunale costituzionale tedesco (si v. § 3.2.2). In realtà, come diremo più sotto, è lecito pensare che, soprattutto sul fronte del diritto trans- nazionale, tale dualismo non potrà che uscire rafforzato dalla crescente complessità del sistema.

Infine, per quanto concerne il kosmos, torna la crescente inefficacia delle misure legislative su internet ma, questa volta, dal punto di vista eguale e contrario degli ordini spontanei di utenti in rete che spesso, semplicemente, ritengono errata la re- gola stabilita dal legislatore in mala fede o ignorante (si v. § 3.4.3.1).

A queste note si aggiunga inoltre come, alle forme tradizionali d’intervento coer- citivo e coattivo, si siano più spesso affiancate forme d’intervento “soffice” che, con la consueta sinteticità dell’inglese, sono chiamate soft law (in contrapposizione al

hard law): all’usuale bagaglio di leggi, codici o accordi internazionali, vanno infatti

aggiunti raccomandazioni e opinioni, codici di condotta, linee guida o la standar- dizzazione delle migliori pratiche in un settore determinato. Come esempio di que- sto nuovo tipo di fonte, basti menzionare la già ricordata legge 675 che il Parlamen- to di Roma ha approvato il 31 dicembre 1996, in materia di tutela e protezione dei dati personali: se, nel § 4.1.2, questa legge è servita a chiarire i motivi per cui, anche negli ordinamenti di civil law, la giurisprudenza è fonte, qui, invece, la legge serve a chiarire in cosa consistano le fonti soffici7

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Da un lato, il riferimento va all’istituzione di una nuova figura della iurisdictio, ossia l’“autorità garante” introdotta dall’articolo 28 della direttiva comunitaria in materia di trattamento e protezione dati (D-95/46/CE), puntualmente recepita in Italia con la legge 675. Oltre al controllo sul trattamento dei dati nel rispetto della legge, con l’esame dei reclami, segnalazioni e ricorsi presentati dagli interessati, con l’imposizione di misure affinché il trattamento sia conforme alla legge e con il pote- re di vietare il trattamento illecito o non corretto, la legge prevede anche funzioni soffici da parte dell’autorità di controllo, come nel caso della segnalazione al gover- no e al parlamento dell’opportunità di nuovi interventi normativi, anche tenuto con- to dell’evoluzione del settore, oltre alla diffusione nell’opinione pubblica di una cul- tura per i temi della privacy, con la predisposizione annuale di una relazione sullo stato di attuazione della normativa, e via discorrendo. Al pari di quanto avviene con i colleghi su scala europea, come il Gruppo di lavoro articolo 29 (WP 29) o il Ga-

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Ad onor del vero, ci sarebbe una terza ragione d’interesse per la legge: infatti, il motivo per cui il Parlamento di Roma l’ha approvata alla vigilia del capodanno 1997 non va ascritto alla solerzia del no- stro legislatore; ma, piuttosto, al fatto che l’Unione europea aveva stabilito che entro la data del primo gennaio 1997 gli Stati membri dovevano recepire la direttiva comunitaria in materia di trattamento e tutela dei dati personali (D-95/46/CE), per essere ammessi al “club di Schengen”. Si tratta dell’accordo in base al quale i cittadini europei possono liberamente viaggiare in quasi tutti i paesi dell’Unione senza dover esibire il passaporto. Torneremo espressamente su questo punto, a proposito di “trapianti giuri- dici” (v. § 10.2.2).

rante europeo per la protezione dati, anche l’Autorità garante italiana provvede di qui a stilare una serie di raccomandazioni e opinioni che, pur non supportate dalla minaccia di misure coercitive, finiscono spesso per ottenere il risultato voluto, com- ponendo controversie, anticipando innovazioni legislative, ecc.

D’altra parte, la legge 675, sulla scia comunitaria, ha anche introdotto dei “codi- ci di condotta” che, nei termini dell’articolo 27.1 della disciplina europea, hanno come fine quello di “contribuire, in funzione delle specificità settoriali, alla corretta applicazione delle disposizioni nazionali di attuazione della presente direttiva”. Mentre, in Italia, spetta al Garante il compito di promuovere questi codici di auto- regolamentazione, avendo poi l’incarico di verificarne la conformità alle leggi e ai regolamenti dell’ordinamento, sono stati nel frattempo approvati il codice per il trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica, quelli per sco- pi storici, statistici e scientifici, e per i sistemi informativi gestiti dai privati in tema di crediti al consumo, affidabilità e puntualità dei pagamenti.

Come ben si vede, sulla scorta di queste pur succinte annotazioni, si ha a che fa- re con un modo nuovo di concepire il funzionamento del sistema giuridico tra gu- bernaculum, iurisdictio e kosmos, che mette in mora un ulteriore pilastro del mo- dello di Westfalia, e cioè a dire l’idea che il diritto consista soltanto in uno strumen- to di controllo sociale. Si tratta, come detto, di un’idea riconducibile ancora una volta al pensiero di Hobbes e che, nel Novecento, ha trovato tra i suoi massimi esponenti Kelsen. Proprio per la rilevanza del tema, conviene dunque aprire una breve parentesi al riguardo.

4.3.1.1. Il diritto soffice

Ci sono tre buoni motivi per soffermarci, in questa sede, sul diritto soffice o soft

law: sebbene il fenomeno non sia sconosciuto ad altri livelli dell’ordinamento, come

il diritto internazionale (v. sin d’ora § 6.3.2), è sul piano del diritto nazionale che la natura autoritativa, più che coattiva, di questa forma di diritto acquista un significa- to particolare.

Innanzitutto, come suggerito dalla normativa europea in tema di dati personali, che “incoraggia” stati membri e Commissione a promuovere i codici di auto-disci- plina, l’interesse per queste forme di diritto soffice risiede nel fatto che il legislatore avvertito e conscio della complessità di ciò che si mira a governare, in fondo delega alla società civile il compito di provvedere al riguardo. Laddove, nelle pagine prece- denti, ci si è spesso riferiti al rapporto tra gubernaculum e kosmos nei termini della divaricazione e potenziale conflitto tra le parti in causa, qui, invece, per il tramite di un organo della iurisdictio, il rapporto è di collaborazione.

Secondariamente, le forme del diritto soffice mettono in crisi la distinzione che già Hobbes poneva tra “comando” e “consiglio”, al fine di precisare la natura del diritto. Con le parole del capitolo venticinquesimo del Leviatano, “si ha comando là dove si dice Fa’ questo o Non fare questo, e non ci si attende nessun’altra ragione che la volontà di colui che lo dice […] Si ha consiglio allorché si dice Fa’ o Non fare

questo non avendo nessun’altra motivazione che il beneficio che ne deriva a colui

cui ci si rivolge” (Hobbes ed. 1992: 211). Or bene, le opinioni e raccomandazioni, tra le altre, delle autorità garanti, italiana ed europee, in tema di protezione dati, so-

no tipici esempi di norme non vincolanti che, tuttavia, hanno una forte valenza per- suasiva e normativa (Halliday e Osinsky 2006: 449).

Infine, le forme del diritto soffice invitano a riconsiderare la tesi kelseniana del diritto come tecnica del controllo sociale: “se A, allora B”. A scanso di equivoci, non si vuole negare il ruolo che le sanzioni e coazioni svolgono nel campo giuridico. Piuttosto, si tratta di comprendere come le regole del diritto non operino in una sorta di vuoto normativo, ma abbiano a che fare con le pratiche sociali di una data comunità; anche non a base territoriale, bensì in rete, come nel caso di internet. Si tratta dell’insegnamento che abbiamo in fondo ricavato, sia pure con le sue con- traddizioni, dalla filosofia di Locke (v. § 3.1.1); e, prima ancora, di Socrate, Platone e Aristotele (§§ 1.1 e 1.1.1). Ritraducendo con parole più recenti l’approccio evolu- tivo al fenomeno giuridico, “strettamente parlando, gli individui non sono costretti a fare ciò che la legge dice loro di dover fare, ma piuttosto ciò che la prevalente convenzione sociale dice che essi sono obbligati a compiere […] Il luogo normativo dell’autorità politica è per ciò la convenzione supportata dalla legge, più che la legge stessa, dato che è la convenzione a risolvere il problema del coordinamento morale, trasmettendo così l’autorità normativa morale alla struttura sociale in questione” (Garthoff 2010: 669 e 680).

4.3.2. Il diritto internazionale

Abbiamo seguìto nel corso dei paragrafi precedenti, l’evoluzione che ha portato dal vecchio diritto comune europeo, al diritto pubblico europeo, al diritto interna- zionale classico, fino alla sua ulteriore trasformazione occorsa a metà del secolo scorso, che ha condotto a nuove forme di iurisdictio (§ 4.2.2). A ciò si devono ag- giungere le tesi dei globalisti che, in chiave monista, mirano ad allargare la sfera del- la soggettività internazionale alle organizzazioni non governative e, in fondo, a ogni individuo come cittadino del mondo (§ 3.3.2).

In questa sede, oltre alle istanze cosmopolitiche di Kant, la tesi dei monisti può essere ulteriormente chiarita con l’opera di Kelsen, sotto le vesti di teorico del dirit- to internazionale, inteso come un unico sistema giuridico su scala planetaria. Rispet- to al sistema delle fonti, illustrato in precedenza (§ 4.1), cambia soltanto il disposto della norma fondamentale: al posto del dovere di obbedienza rispetto alla costitu- zione, la Grundnorm del monismo internazionale recita pacta sunt servanda, e cioè “bisogna rispettare i patti” (Kelsen ed. 1989).

Tuttavia, abbiamo riferito le ragioni del perché, nonostante le nobili origini, non sia convincente l’approccio dei globalisti: da un lato, pure a tralasciare i problemi pratici del creare un unico costrutto mondiale a base costituzionale, federale e fi- nanche democratica – che tenga assieme Cina, Russia e Stati Uniti d’America – si tratta delle perplessità che suscita il progetto di volere esportare su scala planetaria un approccio, quello monista, entrato in crisi perfino nel suo ambito originale, ossia, quello relativo al gubernaculum degli stati sovrani nazionali nel modello di Westfa- lia. D’altro canto, sul fronte della iurisdictio, si è detto come il dualismo con cui tradizionalmente le corti decodificano i rapporti tra il proprio diritto nazionale e l’internazionale, sia verosimilmente destinato a rafforzarsi con la crescente comples- sità del sistema delle fonti, soprattutto sul fronte del diritto transnazionale. Per chia-

rire ulteriormente i termini dell’assunto, vale la pena di tornare a quell’inedita forma di costrutto, nel campo del diritto internazionale, che è l’Unione europea (si v. §§ 3.2.2 e 3.3).

È, infatti, oggetto di un perdurante dibattito che tipo di sistema giuridico possa mai essere quello dell’Unione (si v. Pagallo 2008: 111-112, cui rimando per i riferi- menti bibliografici). C’è chi sostiene che si tratti di una sorta di diritto costituzionale “multi-livello”, chi di un ordinamento “misto” di elementi democratici e ari- sto(tecno)cratici, chi di una peculiare versione di federalismo all’europea, chi di una nuova variante del diritto comune medioevale, e chi invece, puntando sulla man- canza della competenza originaria, nota che il modello dell’Unione, dopo tutto, non si allontana poi troppo dalle organizzazioni standard nel campo del diritto interna- zionale. Questa è sempre stata, in fondo, la tesi del Tribunale costituzionale tedesco, secondo il quale, come si legge ad esempio nella ricordata sentenza sul trattato di Maastricht (si v. § 3.3), “l’assunzione di autorità sovrana da parte di un’Unione di Stati come l’Unione europea è basata sulle autorizzazioni di Stati che rimangono so- vrani, agendo nell’ambito internazionale regolarmente tramite i loro Governi e diri- gendo così l’integrazione”. Ma non basta: siccome “il carattere vincolante del diritto internazionale non può in ogni caso diminuire la protezione dei diritti fondamentali esistente per la Repubblica federale tedesca”, non solo “a tale riguardo si applicano le regole che valgono per i trattati internazionali tradizionali”. In realtà, aggiunge il tribunale di Karlsruhe, “la necessità di un’attribuzione di competenza stabilita pat- tiziamente rappresenta da sempre una caratteristica fondamentale dell’ordinamento giuridico della Comunità [oggi Unione]; la competenza dei singoli Stati membri co- stituisce la regola, quella della Comunità, l’eccezione”.

Naturalmente, si dovrebbe ricordare che è proprio questa la tesi condivisa con la Corte di giustizia europea. Ad esempio, si legge nel secondo parere del 2000 emesso dalla Corte di Lussemburgo ai sensi dell’allora vigente articolo 300(6) del trattato sull’Unione, “la scelta della base giuridica appropriata ha rilevanza costituzionale. Dal momento che la Comunità ha soltanto poteri conferiti, essa è legata alla previ- sione del Trattato che le conferisce detti poteri onde approvare una data misura”, per cui “procedere in ragione di una incorretta base legale è per ciò passibile di por- tare all’invalidazione dell’atto con il quale è stato concluso un accordo, viziando in

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