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Fra le carte dei registri Instrumenta capitularia 8 e 8bis si trovano alcuni frammenti in vol- gare, in parte rimasti finora inediti, che rappresentano, per l’area di Trento e dell’omonimo epi- scopato, fra i più antichi e rari esempi di testi in lingua volgare a nostra disposizione. Parlare di ‘storia della lingua’ all’interno di una ricerca dedicata ai notai e ai sistemi documentari di età bas- so medievale non è assolutamente fuori luogo soprattutto se, come nel caso in questione, l’autore di due di questi frammenti è proprio il protagonista di questa ricerca, Antonio da Bor- gonuovo.

Per comprendere appieno l’importanza di questi testi è utile fare un breve resoconto su quanto, sia per Trento sia per il territorio circostante, è attualmente noto. I maggiori studi sulla documentazione medievale in lingua volgare risalgono, in larga parte, agli inizi del secolo scorso quando, prima e dopo lo scoppio della prima guerra mondiale, la storiografia locale non fu cer- tamente immune dal clima di esaltazione nazionale344. Fra le tematiche scelte dagli storici ed eruditi trentini di inizio Novecento spicca, infatti, quella dei testi, o frammenti, in volgare repe- riti fra la documentazione medievale negli archivi trentini. Fra quanti, periodicamente, aggior- navano il ‘campionario’ dei nuovi, seppur rari, esempi di lingua italiana nelle carte trentine me- dievali, troviamo nomi di studiosi come Carlo Battisti, Augusto Panizza, Giuseppe Papaleoni, Carlo Teodoro Postinger; ma certamente colui che seppe raccogliere il più alto numero di «te- stimonianze della italianità del nostro paese»345 è lo storico trentino Desiderio Reich che, anche grazie ad una profonda conoscenza della documentazione d’archivio, reperì almeno una decina di documenti redatti in volgare346.

Solo in anni recenti, lo spoglio e la ricerca sistematica negli archivi trentini hanno per- messo di portare alla luce nuovi esempi di testi, il che ha consentito, anche alla luce di nuove metodologie d’indagine, di intraprendere nuovi studi storici e linguistici su questi frammenti scritti che testimoniano la lingua parlata basso medievale347. Non è questa la sede peruna rasse- gna completa degli scritti in volgare trentino di età medievale ma, ai fini della nostra ricerca, sarà utile prendere in considerazione, oltre ai nuovi frammenti reperiti fra le carte di Antonio da

344 Si rinvia, in merito, a quanto detto in G.ALBERTONI, Il notariato del Tirolo medievale, pp. 271-292 con la bibliografia

ivi citata. In particolare, si vedano: G.CIAPPELLI (a cura di), Le riviste di confine prima e dopo la Grande guerra e G.AL- BERTONI, Le terre del vescovo, pp. 11-56. Sul contesto trentino, si vedano i contributi dedicati al tema da Maria Garbari, in particolare il volume M.GARBARI,B.PASSAMANI (a cura di), Simboli e miti nazionali.

345 D.REICH, Due documenti in volgare, p. 81; scriveva in quell’occasione Desiderio Reich: «É obbligo nostro il rintrac-

ciare e pubblicare i pochi antichi documenti volgari del nostro paese per confermare quello che dice Dante circa alla nostra lingua». Su Desiderio Reich e la sua attività si vedano gli atti del convegno a lui dedicato: S.GROFF (a cura di), L’Eredità culturale di Desiderio Reich.

346 Per un elenco, abbastanza esaustivo, degli articoli sul tema, con particolare attenzione a quelli redatti da Desiderio

Reich, si veda A.ZANDONATI, Bollettino bibliografico trentino, sotto la voce dedicata a Reich (pp. 471-472).

347 Per una trattazione, piuttosto dettagliata degli esempi in volgare nell’area trentina si vedano V.COLETTI,P.COR-

DIN,A.ZAMBONI, Forme e percorsi dell’italiano nel Trentino-Alto Adige e, degli stessi autori, Il Trentino e l’Alto Adige. Recen- temente un documento inedito redatto da Ropreto nel 1190 è stato fatto oggetto di studio, anche linguistico, in quan- to il notaio redattore ha registrato le deposizioni, evidentemente in lingua volgare, presentate durante il processo, traducendole nello scritto in lingua latina. Il testo latino è caratterizzato dall’emergere, a tutti i livelli, di elementi con- notanti il volgare. (cfr. E.CURZEL,I.FRANCESCHINI,M.STENICO,S.BAGGIO, La vertenza per il monte Oblino).

Borgonuovo, almeno qualche ulteriore esempio già noto cercando di definirne al meglio il con- testo di produzione. Come avremo modo di affermare, infatti, non è certamente irrilevante il fatto che i più antichi esempi scritti della lingua volgare trentinasiano databili proprio tra la fine del Trecento ed i primissimi decenni del Quattrocento, ovvero in quel breve, ma importante, spazio temporale di cui ci stiamo occupando.

Per quanto è oggi noto, i più antichi esempi di scrittura volgare circoscrivibili all’ambito della città di Trento sono gli statuti della confraternita dei Battuti laici, databili verosimilmente alla fine del XIV secolo348, ed il registro delle indulgenze dei Crociferi di Santa Croce in Trento, pure collocabile all’ultimo quarto del Trecento349. La confraternita dei Battuti laici rappresenta- va, per la componente ‘italiana’ della città, un elemento «‘catalizzatore’ dei ceti alti»350, mentre analogo ruolo veniva ricoperto, per i cittadini di lingua tedesca, dalla confraternita degli Zappa- tori351.

È proprio all’interno di questo contesto che, sul finire del XIV secolo, la confraternita dei Battuti predispose una versione volgare dei propri statuti latini. David Ressegotti, che recen- temente ha riproposto un’accurata edizione di questo testo352, sottolinea l’importanza assunta dalla versione volgare delle norme statutarie all’interno di un contesto scritto, quello della città di Trento e dell’intero principato, quasi totalmente monopolizzato dalla lingua latina impiegata dall’autorità vescovile353. Ricorda infatti lo stesso Ressegotti:

L’uso del volgare da parte dei Battuti trentini acquisterebbe inoltre ancora più senso riconoscendone l’intento, per lo meno da parte delle loro guide, di distaccarsi dall’autorità della curia vescovile (di cultura scritta interamente latina). È infatti possibile riconoscere nella compagine trentina anche indizi di un dis- senso nei confronti del potere vescovile dell’epoca354.

Non abbiamo infatti mancato di sottolineare, nei paragrafi precedenti, la forte inter- connessione tra quanti, fra tardo Trecento ed inizio Quattrocento, ricoprirono cariche nella confraternita dei Battuti e quanti, in analogo scorcio d’anni, esercitarono funzioni di rilievo all’interno delle istituzioni comunitarie. Non dimentichiamo inoltre che, anche altrove, la com- parsa di confraternite laiche come quella dei Battuti fu spesso legata all’uso della lingua volgare,

348 D.RESSEGOTTI, Gli antichi statuti della confraternita dei Battuti.

349 D.REICH, P.ZAMBRA, Notizie e documenti intorno all’ordine dei Crociferi. Probabilmente nello stesso periodo in cui fu

redatto lo statuto volgare dei Battuti, anche l’Ordine dei Crociferi in Santa Croce scelse di tradurre in volgare le in- dulgenze papali di cui godeva. Allo stato attuale delle ricerche, non si conoscono le motivazioni che spinsero i Croci- feri di Trento a predisporre un versione volgare delle indulgenze papali. A ciò si aggiunge anche una certa carenza di notizie sull’Ordine; ciò che possiamo constatare è che, senza dubbio, il contesto culturale cittadino in cui furono re- datti gli statuti dei Battuti dovette esercitare una certa influenza anche sui Crociferi che, al pari della confraternita dei disciplinati, aveva un ospedale destinato ad accogliere poveri infermi e pellegrini (cfr., in merito, D.RESSEGOTTI, Gli

antichi statuti della confraternita dei Battuti, pp. 88-89). Fra gli studi più recenti si ricorda anche M.STENICO, Una carta rivana del primo Trecento in volgare.

350 D.RESSEGOTTI, Gli antichi statuti della confraternita dei Battuti, p. 69.

351 S.LUZZI, Confraternite ed aristocrazie e, della stessa autrice, Stranieri in città, pp. 195-220.

352 Si vedano: D.RESSEGOTTI, Gli antichi statuti della confraternita dei Battuti, pp. 651-696 e, dello stesso autore, Gli Statu-

ti della Confraternita dei Battuti di Trento. Si rinvia anche a quanto detto in V.COLETTI,P.CORDIN,A.ZAMBONI, Forme e percorsi dell’italiano nel Trentino-Alto Adige, pp. 118-121. L’edizione più antica degli statuti dei Battuti è quella di C.SCH- NELLER, Statuten einer Geiszler-Bruderschaft in Trient, pp. 3-54.

353 D.RESSEGOTTI, Gli antichi statuti della confraternita dei Battuti, p. 70. 354 Ibidem, p. 70.

come sembrerebbero dimostrare anche per l’area trentina, non solo cittadina, la presenza di ben tre esempi in volgare in tre distinti testi della confraternita: gli statuti cui abbiamo testé accenna- to, le Laudi rendenesi ed un Inventario tuttora inedito conservato nel fondo manoscritti della Bi- blioteca comunale di Trento355. La valorizzazione e l’utilizzo del volgare in plurime manifesta- zioni scritte della confraternita viene esteso anche a documenti di uso prettamente interno, quali ad esempio l’elenco dei massari. Così, mentre fino all’anno 1414, gli scribi che si alternarono nella registrazione delle cariche del sodalizio utilizzarono la lingua latina, a partire da quell’anno si passò dal «creavimus maxarios» al «si fo fato massari»356. Come sottolinea Serenella Baggio, Trento arrivò tardi, rispetto ad altre città venete e lombarde, all’uso scritto del volgare ed il suo utilizzo derivò non certamente da una «volontà politica dell’episcopato, quanto piuttosto [da] una spinta sociale dal basso, [dal] bisogno identitario di una borghesia urbana italofona»357. Alla luce di queste affermazioni, non sembra secondario il fatto che siano state conservate tre lettere redatte in volgare indirizzate, fra il 1419 e il 1435, ai rappresentanti del comune di Tren- to. La prima è datata 7 giugno 1419 e fu inviata «Ali consoli e proveditori del chomun di Tren- to»358 da Francesco Zibichino. Costui aveva occupato per conto della città la rocca di Buffalora, posta sull’importante direttrice viaria che dall’abitato di Vezzano conduceva verso l’Alto Garda e verso le Giudicarie. Il capitano Zibichino si rivolse ai consoli ed ai provveditori del comune per informarli della necessità di dotare la fortezza di un maggior numero di uomini armati che potessero difendere in maniera opportuna il bastione e le vie circostanti.

Cinque anni più tardi, siamo nel 1424, il nobile Guglielmo di Starkenberg si rivolse, ancora una volta ai rappresentanti del comune di Trento, con una lettera scritta in volgare attraverso la qua- le manifestò il proprio dissenso per gli spogli subiti da Federico IV, invitando la città ad offrirgli aiuto per opporsi al duca d’Austria359. Lo scritto del nobile tirolese si inserisce nella complicata trama di alleanze e conflitti che contrapponevano il duca Federico IV ad alcuni nobili tirolesi, fra cui lo stesso Starkenberg360. La città di Trento, che appoggiava il principe territoriale, non mostrò alcuna intenzione di voler cambiare il fronte e decise di comunicare a Federico le inten- zioni della lega nobiliare.

355 I tre testi sono citati nell’articolo di D.RESSEGOTTI, Gli antichi statuti della confraternita dei Battuti, p. 71. Le Laudi

rendenesi sono state più volte oggetto di analisi da parte degli studiosi; A.PANIZZA, Di alcune laude rendenesi del secolo

XIV, commentate anche in M.GOZZI, I laudari trentini e ripubblicate in F.MAGAGNA, Laudi trentine antiche. Si veda anche quanto detto in V.COLETTI,P.CORDIN,A.ZAMBONI, Forme e percorsi dell’italiano nel Trentino-Alto Adige, pp. 123- 127.

356 D.RESSEGOTTI, Gli antichi statuti della confraternita dei Battuti, p. 86.

357 E.CURZEL,I.FRANCESCHINI,M.STENICO,S.BAGGIO, La vertenza per il monte Oblino, p. 133.

358 D.REICH, Varietà. Il documento si trova in ASCTn, Comune di Trento, Antico regime, Sezione antica, ACT1-

1.1990. Zibichino notifica inoltre che il sindico e gli anziani della comunità di Vezzano non potevano sottrarsi al pa- gamento dei loro soldati.

359 D.REICH, Varietà. Il documento si trova in ASCTn, Comune di Trento, Antico regime, Sezione antica, ACT1-

1.1404.

Un terzo documento, databile 1435, pure redatto in volgare, riporta una serie di gravami pro- dotti dai comuni esteriori nella vertenza che li opponeva al città di Trento361. Le contrapposi- zioni fra il vescovo Alessandro di Masovia e la città di Trento avevano infatti contribuito all’aumento delle spese straordinarie per la città, la quale dovette in più occasioni inviare propri rappresentanti ad Innsbruck, Vienna e a Basilea. Da quanto deduciamo dalla lettera dei comuni esteriori, le spese ammontavano a ben 800 ducati che dovevano essere pagati per un terzo dalla città e per i rimanenti due terzi dai comuni situati «de ultra Bus de Vellam» e dalle comunità «ci- tra Attacem». Di fronte all’istanza mossa da Melchiorre ab Oleo e Adelpreto da Povo, procurato- ri della città, ad Heinrich von Mörsberg, capitano di castel Ivano, e a Michele da Coredo, capi- tano della città e del suo distretto per conto di Federico IV, affinché fosse fatto obbligo alle comunità esteriori di pagare quanto dovuto, i delegati delle comunità presentarono una serie di gravami redatti in volgare attraverso i quali pregarono i giudici di tenere nel giusto conto i già numerosi oneri cui furono sottoposti dalla città di Trento. La lettera non sortì tuttavia l’effetto desiderato visto che, il 2 agosto del 1435, le comunità furono condannate a pagare le spese straordinarie nella misura stabilita cosicché, prendendo a prestito le parole di Desiderio Reich, «in complesso si deve dire che i cittadini fecero le spese, e che gli esteriori le pagarono»362. Introducendo questa lettera del 1435 Desiderio Reich osservava come, forse, non fosse del tut- to casuale il coincidere nel tempo di questi documenti in volgare, cui possiamo aggiungere in analogo scorcio d’anni, le già più volte ricordate Rime di anonimo sulla sollevazione del 1435363. Tuttavia, mentre il Reich interpretava e spiegava questa simultaneità «per constatare e confer- mare la tinta veneta del volgare trentino»364, ci sembra che essa dipenda piuttosto dal nuovo clima culturale della Trento di inizio Quattrocento in cui al progressivo, seppur lento, distan- ziarsi del comune dall’autorità vescovile corrispose un maggior utilizzo della lingua volgare da parte dei rappresentanti della città o di quanti con essi avevano rapporti365. Come avvenne, an- che se meno tardivamente, in altre città dell’Italia centro-settentrionale, il volgare sembra fare la sua comparsa anzitutto negli statuti delle confraternite laicali e, successivamente, anche in altri documenti, per lo più di natura ‘pratica’, quali potevano essere le lettere. Ciò non avviene invece ancora in documentazione di natura amministrativa ed avente valore giuridico dove il latino sa- rà, ancora per lungo tempo, la lingua privilegiata.

Abbiamo finora contestualizzato i rari esempi di documentazione in lingua volgare reperiti negli archivi trentini; segnaliamo ora alcune nuove scritture circoscrivibili all’ambito che abbiamo te- sté delineato.

361 D.REICH, Un nuovo documento. Come ricorda Desiderio Reich, i gravami si trovano riprodotti nei Monumenta ecclesiae

ac principatus Tridentini di Baldassare Ippoliti, vol. III, p. 129, manoscritto conservato presso il Landesmuseum Ferdi- nandeum di Innsbruck.

362 D.REICH, Un nuovo documento, p. 13.

363 G.PAPALEONI, Rime di anonimo sulla sollevazione di Trento e C.PEGORETTI, Le rime sulla sollevazione e, della stessa au-

trice, “Rime” di anonimo sulla sollevazione del 1435 a Trento, pp. 299-310.

364 D.REICH, Un nuovo documento, p. 8.

365 Si concorda in questo con quanto affermato da David Ressegotti (cfr. D.RESSEGOTTI, Gli antichi statuti della confra-

Di poco posteriore agli statuti dei Battuti e alle indulgenze dei Crociferi è una breve no- ta satirica in volgare di mano del notaio Antonio da Borgonuovo reperita fra le carte del registro

Instrumenta capitularia 8. Essa è stata recentemente studiata da David Ressegotti366 che, sulla base della documentazione presente sul recto e sul verso della cedula cartacea in cui tale nota fu verga- ta, ha collocato plausibilmente la sua redazione ai primi anni del Quattrocento367. La carta in questione rappresenta la prima nota, o scheda, in cui il notaio chiamato a rogare un certo docu- mento si appuntò brevemente gli essentialia negotii: la data, i testimoni presenti, i contraenti e qualche dato relativo al negozio giuridico. Nel caso in questione, la scheda presenta sia nel recto sia nel verso diversi appunti afferenti a svariati atti di cui però non troviamo riscontro fra le carte del registro.

Riproponiamo, in questa sede, la trascrizione della breve nota: Spala (de) portadoro

collo rechie de

ma(r)chad(e)nto collo (de) grua (et) muso

(de) porco368

Che corrispondono a «Spalla di portatore [facchino], orecchie di mercante, collo di gru e muso di porco». Poco altro possiamo dire su questi cinque versi usciti dalla penna del professionista trentino. La documentazione presente sulla scheda non fornisce ulteriori elementi che consenta- no diidentificare il destinatario di queste poche righe. Al di là delle annotazioni linguistiche, che esulano dalle nostre competenze, e per le quali rinviamo al contributo di David Ressegotti, la rilevanza di questo testo deriva anzitutto dal fatto che si tratta del primo esempio a noi noto, pure databile con una certa precisione, di volgare prodotto da una mano ben identificabile e ri- conducibile con sicurezza all’ambiente cittadino369. Per quanto concerne invece il contenuto dei versi, spicca per interesse quel «Spala de portadoro», ovvero «spalla di portatore», cioè di fac- chino o di portatore di vino; non possiamo certo fare a meno di ricordare che il padre del no- taio Antonio aveva esercitato a Trento nella seconda metà del Trecento proprio quella profes- sione.

Un secondo ulteriore esempio di frammento ‘letterario’ in lingua volgare, pure di mano del notaio Antonio da Borgonuovo, è stato reperito ancora nel registro Instrumenta capitularia 8 e si trova sul verso di un piccolo lacerto cartaceo posto fra le carte 144 e 145. Sul recto il notaio ha vergato una breve nota: su mandato di Giovanni Anhang, vicario in spiritualibus, e su richiesta dello stesso notaio Antonio, agente quale sindaco del Capitolo, si intimava a Bartolomeo, figlio del canonico Siccone, di comparire personalmente dinanzi al Capitolo per dichiarare se egli fos-

366 D.RESSEGOTTI, «Spala de portadoro», pp. 191-202.

367 La breve nota in cinque versi si trova nel margine superiore sinistro della carta 231/1r, un foglio posto fra le carte

231 e 232 del registro Instrumenta capitularia 8.

368 L’edizione e la sua ‘traduzione’ corrispondono a quelle che si trovano in D.RESSEGOTTI, «Spala de portadoro», p.

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se l’erede di Siccone suo padre e a quale titolo370. In caso di risposta affermativa, il capitolo avrebbe agito contro gli eredi in merito ad un affitto di 4 ducati d’oro non ancora pagati. La vi- cenda qui riassunta va collocata, con ogni probabilità, nella seconda decade del Quattrocento, giacché il canonico Siccone da Borgonuovo risulta defunto fra il marzo del 1411 ed il gennaio del 1412, mentre Bartolomeo viene indicato quale suo figlio ed erede dal 1414, essendosi egli impegnato in quella data a pagare un debito insoluto nei confronti del Capitolo371. Se qualche informazione è ricavabile dall’annotazione posta nel recto del frammento cartaceo, poco o nulla si può dire su quanto si legge nel verso. Probabilmente, il notaio utilizzò un precedente foglio sul quale aveva redatto alcuni versi in volgare, strappandone in un secondo tempo un brandello per scriverne sul lato rimasto bianco la nota di cui abbiamo parlato. Quale esito di questo procedi- mento, oggi ci troviamo di fronte ad una serie di dieci versi di cui, sfortunatamente, si conser- vano soltanto il primo termine o, tutt’al più, una parte del secondo. Ne proponiamo in questa sede una trascrizione sulla base del testo superstite.

§ Per che [...] la ado[...] effeto Destru[z...] La gola 5 Le fem[...] Cosum[...] per lei[...] E indes[...] (Gli) nim[...] 10

Come si deduce dalla lettura di questo frammento letterario, forse un serventese, nulla si può dire riguardo al contenuto e all’ambito di composizione, del quale, soltanto la presenza degli ar- ticoli ai versi 5 e 6 consente di affermare con certezza che si tratta di un componimento in vol- gare. Come nel caso della nota satirica, inoltre, esclusivamente il confronto paleografico consen- te di attribuire con una certa sicurezza alla mano di Antonio da Borgonuovo la redazione di questi dieci versi. La rastrematura e la leggera inclinazione delle aste (si vedano ad esempio, s diritta ed f), come pure il tratto di attacco della p sono caratteristiche e connotanti la scrittura del notaio Antonio.

Mettendo per un momento da parte la documentazione in volgare reperita fra le carte del pro- fessionista, ma trattenendoci nel contesto della città e dell’episcopato, si trovano due ulteriori documenti, già noti al Reich, redatti nel 1415 e nel 1417372. Il primo fra questi testi ha come