2.1. Società e politica a Trento nella prima metà del XV secolo
2.1.1. Nuovi documenti per la ricostruzione della vicenda di Negro de Negri ed il castello d
Nel paragrafo precedente abbiamo esposto le vicende che interessarono la città e l’episcopato di Trento in occasione delle sollevazioni del 1407-1409 e del 1435-1437; due ribel- lioni che mostrano molteplici punti di contatto, vuoi per le motivazioni che spinsero una parte della cittadinanza a sollevarsi contro il potere vescovile vuoi per i personaggi che vi partecipa- rono vuoi per gli esiti. Padri e figli, fratelli, membri delle stesse famiglie cittadine furono così accomunati dall’univoca aspirazione e necessità di difendere, da un lato quelle, seppur deboli, prerogative che il comune di Trento da poco aveva iniziato ad esercitare, dall’altro le loro per- sonali posizioni dal punto di vista politico ed economico.
Non ci soffermeremo in questo paragrafo sulle famiglie e sui singoli protagonisti delle rivolte contro i vescovi Georg Liechtenstein e Alessandro di Masovia, ma ci sembra utile inda- gare e ricostruire più nel dettaglio una singola vicenda che, per i personaggi implicati e per lo spazio temporale in cui si sviluppò, può essere utile per chiarire maggiormente gli eventi di cui ci stiamo occupando. Ancor più questo episodio sembra interessante alla luce di nuovi docu- menti emersi fra le carte del protagonista di questa ricerca, Antonio da Borgonuovo, che pure
106 ASCTn, Comune di Trento, Antico regime, Sezione antica, ACT1-1389 e 1853. 107 K.BRANDSTÄTTER, Vescovi, città e signori, p. 206.
un ruolo non del tutto marginale dovette ricoprire in quelle vicende. Un’ulteriore motivazione ci spinge a soffermarci su questi avvenimenti; essi sono stati trattati, spesso solo incidentalmen- te, dalla storiografia locale che se ne è interessata soprattutto per via dei ben più importanti eventi di inizio Quattrocento. Si tratta, nella fattispecie, dell’assegnazione, da parte del comune di Trento, al nobile Negro de Negri da San Pietro, del castello di Stenico nelle Giudicarie e degli annosi contrasti giudiziari che portarono a contrapporsi nei decenni successivi gli eredi di Era- smo da castel Thun, i rappresentanti del comune e lo stesso Negro109.
La vicenda ha inizio proprio con la sollevazione che, nella notte fra il 2 e il 3 febbraio del 1407110, portò una parte della cittadinanza ad occupare la piazza antistante il palazzo vesco- vile, sede del vicario, per protestare contro i reiterati abusi commessi dagli ufficiali episcopali. A guidare la folla verso la residenza del vicario Franceschino da Sarnonico non c’era il più noto protagonista della rivolta, Rodolfo Belenzani, ma Negro de Negri da San Pietro, membro di spicco di una famiglia della nobiltà cittadina111. Abbiamo visto in precedenza come si svolsero gli eventi all’indomani della sollevazione; è importante mettere in evidenza il fatto che, fra i ri- conoscimenti che Georg Liechtenstein dovette rilasciare alla cittadinanza il 28 febbraio succes- sivo, vi fu anche la concessione di alcuni castelli vescovili: Selva, Tenno e Stenico. Quest’ultimo fu occupato, su incarico del comune, proprio da Negro de Negri che lo prese in consegna da Erasmo di Thun, capitano di quel castello almeno dal 1406112. Il nobile trentino mantenne il controllo del maniero nelle Giudicarie fino al febbraio del 1408, quando il duca Federico IV, ormai in rotta con il Belenzani, ne ordinò la riconsegna113. Il documento che attesta questo epi- sodio, datato 23 febbraio, è significativo perché, attraverso esso, si possono conoscere gli ante- fatti. Wilhelm von Matsch, luogotenente e capitano di Trento, Ianesus di Liechtenstein e Cri- stoph Fuchs dichiararono infatti che il castello di Stenico, «quod spectat et pertinet ad ipsam ecclesiam Tridentinam», fu affidato alla custodia dei cittadini di Trento e costoro lo consegna- rono successivamente nelle mani di Negro de Negri «per eum custodiendum et salvandum tempore novitatum incursarum inter reverendum in Christo patrem et dominum Ieorgium Dei gratia episcopum Tridentinum». Di fronte al rifiuto di Negro di restituire il castello, il duca Fe- derico fece arrestare alcuni cittadini di Trento, prendendo in ostaggio specialmente quanti rico-
109 Qualche informazione sulla vicenda si trova in J.LADURNER, Genealogische Nachrichten, pp. 19-22 e C.AUSSERER, Il
castello di Stenico nelle Giudicarie, pp. 51-56; più recentemente, nei già citati K.BRANDSTÄTTER, Vescovi, città e signori, pp. 220-221 e Rodolfo Belenzani e la rivolta cittadina del 1407 a cura di F.CAGOL e B.BRUNELLI.
110 Si veda in merito la bibliografia citata infra § 2.1 sulle rivolte contro il vescovo Liechtenstein.
111 Negri da San Pietro e Belenzani erano imparentati fra loro per via del matrimonio (attestato nel 1383) fra Nicolò
Belenzani e Beatrice, la figlia di Adelperio da San Pietro (cfr.M.BETTOTTI, La nobiltà trentina nel medioevo, pp. 169- 170).
112 C.AUSSERER, Il castello di Stenico nelle Giudicarie, p. 50.
113 APPENDICE II, n. 1 (ASTn, APV, sezione latina, capsa 8, n. 11). La presa in possesso del castello di Stenico da
parte di Negro venne sostenuta dall’intero consiglio dei sapientes del comune di Trento. Infatti, nel 1414, gli otto rap- presentanti del comune che si erano schierati contro il duca Federico furono puniti attraverso il sequestro dei beni. Si tratta di Odorico de Rumphalcatis da Arco, di Marco Calepini, di Francesco da Castel Campo, del notaio Paolo de Fatis da Terlago, dello speziale Nicolò di Benvenuto da Coredo, di Odorico a Fecibus, di Bartolomeo detto Toscanelo, di Giovanni Mezaoveta e di Bonifacio Chiusole (cfr. Rodolfo Belenzani e la rivolta cittadina del 1407 a cura di F.CAGOL e B. BRUNELLI,p. 48).
privano cariche nel consiglio cittadino, e li rinchiuse «in quadam rocha Tirolenssi cum aliquibus aliis civibus». Si tratta, nella fattispecie, del medico Odorico da Arco, di Marco Calepini, di Francesco da Castel Campo, dello speziale ser Giovanni e di Nicolò di Benvenuto da Coredo. Costoro furono inviati a Stenico con il compito di provvedere alla restituzione del castello in modo che, come si deduce dallo stesso documento, «facilius posse recuperari per intercessio- nem, solertiam et operationes infrascriptorum detentorum». Il capitano Wilhelm von Matsch ed i suoi consiglieri fissarono inoltre il termine della successiva domenica delle Palme (8 aprile) per la consegna del castello da parte di Negro al duca Federico. Nel caso la trattativa avesse avuto esito positivo i cittadini prigionieri sarebbero stati rimessi in libertà, in caso contrario essi avrebbero dovuto riconsegnarsi nelle mani del duca d’Austria. Il prosieguo del documento è forse ancor più interessante ai fini della nostra ricerca. Per ciascuno dei prigionieri si costituiro- no infatti fideiussori «sponte et precibus amicorum dictorum detentorum» alcuni cittadini di Trento, i cui nomi ritroveremo con frequenza perché più o meno implicati nelle vicende politi- che trentine di inizio Quattrocento. Veniamo così a conoscenza che per il medico Odorico da Arco prestarono garanzia il miles Giacomo da Roccabruna, il massaro vescovile Antonio da Molveno, il magister ciroycus Giovanni di Luca, l’apotecarius Gabriele del fu Iuanus, i fratelli Bono- mo e Giacomo da Arco, Franceschino a Candelis ed il notaio Antonio di Bartolasio da Borgo- nuovo. Tralasciando i nomi degli ulteriori cittadini che si costituirono fideiussori per gli altri prigionieri, è importante sottolineare che costoro, in caso di mancata restituzione del castello al duca Federico, avrebbero dovuto presentarsi presso il Buonconsiglio alla scadenza stabilita con- segnando al luogotenente la considerevole somma di 4000 ducati d’oro per ciascun ostaggio.
Non sappiamo con precisione come si svolsero i fatti: tuttavia, pochi mesi più tardi, il castello pervenne nelle mani del duca Federico. A tal proposito, un documento redatto dal no- taio Giacomo da Madice114 ci informa che
dictus proditor [Paride Lodron] ivit Stenicum, et Niger eius consanguineus sibi claves dicti castri tribuit confidens semper se de ipso proditore, et ille maledictus proditor rapuit castrum et numquam de cetero reddidit consanguineo suo imo tenet ipsum castrum adhuc de presenti.
Questa dichiarazione, contenuta in un elenco di «prodiciones commisse per proditorem et adul- terum Pariscium de Lodrono», va con ogni probabilità ridimensionata115, ma certamente corri- sponde al vero che il castello passò nelle mani di Paride Lodron, probabilmente in accordo con il duca Federico, il quale lo nominò anche capitano delle Giudicarie affidandogli, oltre al già ci- tato castel Stenico, castel Mani nel Banale e la Rocca di Breguzzo116.
L’annosa quaestio che coinvolse la città, Negro de Negri e gli eredi del capitano di castel Stenico Erasmo di Thun ebbe inizio di lì a pochi anni; nel 1414, infatti, il notaio Antonio da Borgonuovo registrò alcune testimonianze in merito alla controversia sorta fra Erasmo ed il
114 Il testo del documento è edito in C.W.BRANDIS, Tirol unter Friedrich von Österreich, pp. 454-458, n. 107. 115 C.AUSSERER, Il castello di Stenico nelle Giudicarie, pp. 53-54.
comune di Trento relativamente a somme che lo stesso Erasmo aveva dovuto sostenere per la fortificazione del castello durante l’occupazione del de Negri, e delle quali non aveva ottenuto rimborso117. Esaminiamo ora nel dettaglio il documento. Erasmo Thun aveva mosso causa con- tro la città di Trento di fronte a Pietro Spaur, capitano generale all’Adige, chiedendo che il co- mune venisse condannato a pagare ben 800 ducati d’oro che egli aveva speso per «certa quanti- tas vini, bladi, feni et quam plurium alie res munitionis quas habebat in dicto castro Stenici date et vendite [...] dicte comunitati». La città si era tuttavia rifiutata di versare quella considerevole somma affermando che le fortificazioni e gli altri beni erano stati dati a Negro de Negri e non al comune e che lo stesso Negro aveva, a tal scopo, prodotto una littera obbligatoria datata 24 feb- braio 1407 in cui prometteva di pagare ad Erasmo 380 ducati d’oro per tutti quei beni che egli ricevette «in castro Stenici ubi fuit et erat vicarius». Dopo aver dato pubblica lettura della lettera di fronte al purgermaister Rodolfo Belenzani, il nobile Erasmo di Thun riconobbe Negro quale proprio debitore chiedendo che venisse condannato a pagare i 380 ducati d’oro. A quel punto, il procuratore della città procedette all’escussione dei testimoni, di cui il notaio Antonio da Bor- gonuovo verbalizzò la testimonianza118. Si tratta di ser Agostino del fu ser Corradino da Grigno, di Giovanni Alde, dell’orafo Bartolomeo Cevoleta e del notaio Gioacchino Mezzasoma. Costo- ro, uno dopo l’altro, dichiararono che l’onere della restituzione del debito spettava non alla città ma a colui che rivestì, dopo lo stesso Erasmo, la carica di capitano del castello, ovvero Negro de Negri. La testimonianza del notaio Gioacchino Mezzasoma, tradotta e poi registrata in lingua latina dal notaio Antonio, ci pare a tal riguardo importante e chiarificatoria:
Ser Iohachinus notarius de Mezasomis de Tridento testis iuratus suo sacramento requisitus ut supra in aliis dixit quod tempore quo populus Tridentinus fuit comotus cum domino episcopo Tridentino, viceli- cet de M°CCCC°VII° de mense februarii vel circa, cives Tridentini fecerunt pactum cum ipso domino episcopo quod ipse dominus episcopus deberet consignare et dare in manibus comunis Tridenti castrum Stenici pro securitate civium, et quod tunc de voluntate ipius domini episcopi iverunt quatuor cives ad recipiendum dictum castrum pro ipsa comunitate Tridenti videlicet ipse Iohachinus testis, Franciscus magistri Iosii, Augustinus de Grigno et Paulus notarius de Tridento, et cum fuissent apud dictum domi- num Rasmum et peterent possessionem dicti castri Stenici, ipse dominus Rasmus habuit dicere et dixit ipsis civibus: «Ego sum contentus vobis consignare castrum, postquam placet domino meo domino epi- scopo Tridentino; sed ego volo primo quod munitiones, vitualia et alie res que sunt in castro debeant mi- chi extimari»; et sic per dictos quatuor cives cum certis aliis electis fuerunt extimate dicte res et munitio- nes in IIIC et LXXX ducatis; quo facto dictus dominus Rasmus, putans non esse securum de dicto suo
debito, voluit omnino quod unus solus civis et singularis persona promitteret sibi et faceret eum securum de solvendo sibi dictum suum debitum. Et quod post hec cives Tridentini eligerunt pro suo capitaneo ad custodiendum dictum castrum Stenici Nigrum de Nigris de Sancto Petro, quod Niger solempniter promi- sit dicto domino Herasmo de sua propria voluntate dare et solvere dictos denarios infra certos terminos et pro securitate dicti domini Rasmi dictus Niger fecit ipsi domino Rasmo volenti et petenti unam bonam litteram cum suo sigillo sigillatam, que littera data et presentata fuit cuidam Leonardo nuncio et servitori dicti domini Rasmi in palacio Tridenti coram generali consilio in presentia quam plurium nobilium et fide dignorum testium. Et ipse dominus Rasmus voluit primo habere dictam litteram pro sua securitate ante
117 APPENDICE II, n. 2 (ASCTn, Comune di Trento, Antico regime, Sezione antica, ACT1-4, cc. 4-6). Su questo docu-
mento si veda anche quanto detto in Rodolfo Belenzani e la rivolta cittadina del 1407 a cura di F.CAGOL e B.BRUNELLI, pp. 56-57.
118 I testi delle testimonianze sono preceduti, come detto, da un elenco dei testes chiamati a deporre. Molti fra questi
nominativi furono tuttavia depennati dalla mano dello stesso Antonio da Borgonuovo. Si tratta di Odorico phisicus de Marcho, ser Filippo di Ottaviano, Antonio Christofalacii carator, Giovanni Mezaoveta e Bartolomeo Toscanele.
quam restitueret et resignaret castrum predictum et vitualia. Et predicta omnia dictus testis vidit et audivit ut asseruit.
Le testimonianze raccolte dal procuratore del comune non furono probabilmente suffi- cienti a dirimere la controversia se è vero, come testimonia la documentazione successiva, che ancora negli anni Venti del Quattrocento la questione non era chiusa. Nel 1422119, difatti, com- parvero davanti al capitano all’Adige Wilhelm von Matsch, da una parte i notai Antonio da Molveno e Antonio di Bartolasio da Borgonuovo, procuratori del comune, e dall’altra Negro de Negri, lì rappresentato dal procuratore Giovanni de Comayo. La sentenza emessa in quell’occasione dal capitano tirolese nei confronti della famiglia de Negri obbligò Negro ed il fratello Leone a contribuire alle tassazioni pubbliche «prout alios cives faciunt et subent», dalle quali fino ad allora erano rimasti esclusi. Di contro, il comune di Trento per mezzo dei suoi procuratori, dovette riconsegnare a Negro «parollum suum» insieme a tutte le altre sostanze che gli erano state pignorate.
Tre anni più tardi, per la precisione il 18 aprile 1425120, il nuovo vescovo Alessandro di Masovia, su richiesta del nobile Ianesus di castel Thun, che agiva quale erede dei beni del padre Erasmo, intimò a Vigilio da San Vigilio, procuratore del comune, e ai consoli Guglielmo Sara- ceno, Giustiniano draperius, Odorico Stratenperger, Matteo de Murlinis, Adelperio Calepini e Nico- lò Fridele, quali rappresentanti della città e dei districtuales, di pagare la considerevole somma di 700 ducati d’oro quale rimanenza degli 800 ducati che il comune doveva ancora versare per pa- gare le spese di fortificazione di castel Stenico. Oltre a ciò, il vescovo stabilì che la somma fosse pagata in parte dalla città, e in parte da Negro de Negri, quale contributo dovuto per le suddette
munitiones e per il risarcimento dei danni e degli interessi fino a quel momento dovuti agli eredi
di Erasmo. In aggiunta essi avrebbero dovuto versare ulteriori 100 ducati entro quindici giorni, pena il pagamento di 1000 ducati d’oro da versare alla camera episcopale in caso di inadempien- za. Qualora il nobile de Negri non si fosse accordato con il comune entro quattro giorni, tra- scorso un ulteriore mese, sarebbe stato nominato uno specialis nuncius con il compito di mettere la città in possesso di tutti i beni della famiglia di Negro, applicando così la sentenza emanata in favore della città contro lo stesso Negro, nonostante l’appello che, nel frattempo, costui aveva interposto presso la Sede apostolica e fatti salvi i diritti dotali della moglie. Il documento, con- servato nella sua redazione in mundum presso l’Archivio comunale di Trento, fu redatto dai notai
Hertwicus di Enrico chierico di Passau e Antonio da Borgonuovo, e risulta di particolare impor-
tanza anche per un’ulteriore informazione che esso trasmette
Et quia aliqui ex civibus ibidem presentibus de predictis querelantibus dicebant et dixerunt domos habi- tacionis dicti Nigri ruinandas esse et ruinari debere ad perpetuam rei memoriam ne aliquis presumetur
119 APPENDICE II, n. 3 (ASCTn, Comune di Trento, Antico regime, Sezione antica, ACT1-3263).
120 APPENDICE II, n. 5 (ASCTn, Comune di Trento, Antico regime, Sezione antica, ACT1-3328). Il mundum
nell’Archivio storico del comune di Trento è vergato dalla mano del notaio Hertwicus. Nel registro Instrumenta capitula- ria 8bis (c. 37r) del notaio Antonio da Borgonuovo troviamo invece la sola rubrica relativa a questo documento, Mandatum factum per dominum nostrum procuratori et consulibus civitatis que infra certos terminos solvatur sub certa pena domino Ia- neso de Castro Thoni ducatos VIIC auri pro munitionibus dat(is)Nigro etc. Bianco il resto della carta.
tantum scelus criminis lese maiestatis facere et perpetrare contra dictum suum ‹dominum›,prout ipse Ne- ger fecit, prefatus dominus nunc mandavit nec nullus cuiuscumque condicionis existat, audeat nec pre- sumat sub pena duorum milium ducatorum auri camere episcopalli applicanda aliquas res dicti Nigri de- struere nec ruinare sine licencia speciali domini nostri prelibati.
Questo periodo a chiusura del mandato di Alessandro è significativo perché lascia trapelare il clima, non certo favorevole al nobile de Negri, che serpeggiava fra i cittadini presenti.
Nonostante la risolutezza di questa disposizione vescovile, il mandato non servì a con- cludere l’annosa questione dal momento che, come testimonia un documento reperito fra le carte di Antonio da Borgonuovo, fra l’aprile ed il maggio del 1425121, trascorsi i quattro giorni concessi a Negro per accordarsi con il comune, il procuratore della città si rivolse a Gioacchi- no122, già capitano del castello del Buonconsiglio mentre il vescovo Alessandro era assente dalla città, affinché per conto della familia vescovile entrasse in possesso dei beni di Negro. È a que- sto punto che entra in scena, quale nuova protagonista della vicenda, Costanza, moglie di Negro de Negri, la quale, alla presenza del capitano del castello, promise al procuratore e ai consoli del comune di pagare la parte dovuta dei 700 ducati d’oro, versandone 100 immediatamente e 250 nel termine stabilito, garantendo altresì che il marito Negro si sarebbe presentato quanto prima per ratificare quanto da lei promesso. Poiché, come deduciamo dalla narratio del documento, Negro non si presentò per ratificare la compositionem della moglie, il procuratore ed i consoli chiesero più volte al vescovo e alla sua familia di prendere possesso dei beni di costui.
È forse proprio in seguito a questi avvenimenti, ovvero nel periodo intercorso fra l’accordo tra Costanza ed il comune e le plurime sollecitazioni dei rappresentanti della città af- finché il vescovo procedesse al sequestro dei beni di Negro, che va collocata una minuta di let- tera, pure reperita fra i rogiti di Antonio da Borgonuovo123. Trattandosi di un breve appunto privo di datazione non è facilmente individuabile il contesto temporale in cui venne vergato124 ma le poche righe di mano del procuratore del comune ci informano che la lettera era sicura- mente rivolta al vescovo Alessandro125. Il notaio rileva infatti come, nonostante già da lungo tempo, molte cause e questiones fossero state presentate da parte della città ai vicari vescovili Conte de Iulianiis e Alberto da Marostica contro Negro de Negri, e sebbene anche il commissa- rio vescovile avesse esaminato la questione, non si procedette ulteriormente. I rappresentanti della città furono pertanto costretti a rivolgersi direttamente al vescovo affinché egli rendesse nulla la sentenza e provvedesse alla conclusione della causa entro breve termine.
La situazione non sembrava di certo volgere al meglio per Negro, senonché il 9 maggio si pre- sentò nuovamente presso il castello del Buonconsiglio la moglie Costanza, assicurando di voler
121 APPENDICE II, n. 6 (ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8bis, foglio inserito fra le cc. 75 e 76, n. 214). Alla c. 55r
del registro Instrumenta capitularia 8bis è presente la rubrica relativa al documento: Conventio et promissio facta per dominam Constanciam de Nigris communitati Tridenti de solvendo ducatos IIIC heredibus condam domini Herasmi et absol(uti)o facta communita-
ti per dominum nostrum cum cessione etc. ut infra.
122 Si tratta probabilmente del notaio Gioacchino Mezzasoma.
123 APPENDICE II, n. 4 (ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8bis, foglio inserito fra le cc. 53 e 54, n. 147c).
124 La citazione del vicario vescovile Alberto da Marostica permette di fissare almeno il terminus post quem in cui questa