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2.4. Antonio da Borgonuovo: dalla confraternita dei Battuti alle cariche nel comune

2.4.3. L’impegno politico nelle magistrature comunali e gli ultimi anni

Come abbiamo osservato nelle pagine dedicate alle vicende trentine di inizio Quattro- cento, soltanto all’indomani delle rivolte antivescovili del 1407-1409 il comune di Trento, che per tutto il Trecento aveva vissuto all’ombra del potere episcopale, iniziò lentamente e con gra- dualità a consolidare le proprie prerogative, non senza entrare in attrito con l’autorità vescovile. Fu, in particolare, a partire dal 1414 che il comune poté fissare una propria struttura organizza- tiva abbastanza definita e stabile321 che si riflesse, dall’anno seguente, nella prima serie di regi-

317 K.BRANDSTÄTTER, Vescovi, città e signori, p. 225. 318 I.DAL PIAZ, La confraternita dei Battuti laici, p. 111.

319 Si veda ad esempio quanto rilevato da M.BERENGO, L’Europa delle città, pp. 858-866.

320 Come sottolineato da Ida Dal Piaz, «Le esigenze ‘nuove’ tipiche di questo gruppo sono dunque riconducibili non

tanto ad un’opposizione di fondo alla struttura politica tradizionale, quanto piuttosto al bisogno di affermazione e di prestigio che solo la partecipazione attiva alla vita civile poteva conferire» (I.DAL PIAZ, La confraternita dei Battuti laici, p. 123).

321 Sulla questione si vedano gli interessanti saggi di F.CAGOL, Dal palatium episcopatus al palatium comunis, pp.

strazioni degli officiales eletti alle massime cariche comunali. Si tratta, nella fattispecie, del mano- scritto 3547, anche noto come Liber electionum officialium magnificae communitatis Tridenti322.

La prima carta del codice veicola il verbale di elezione degli addetti alle massime cariche istituzionali per l’anno 1415; fra i nove sapientes et provisores eletti «per homines sapientes et communes conscilium civitatis Tridenti ad sonum campane more solito in unum congrega- tos»323 figura, in seconda posizione, proprio Antonio da Borgonuovo. Insieme al notaio vengo- no menzionati Bonadomano de Accerbis, Bartolomeo da Roccabruna, Antonio de Ceris da Pergi- ne, Bernardo de Bernardis, il notaio Guglielmo de Balzaninis, l’apothecarius Maffeo da Brescia, Gio- vanni Mezaoveta ed il magister sarto Ianes. Tre anni più tardi, nell’ottobre del 1418, il notaio An- tonio da Borgonuovo sarà nuovamente eletto console, carica che ricoprirà per un anno insieme a ser Pietro Iacob, ser Gianpietro da Feltre, Bartolomeo figlio di Siccone, Battista da Bologna, Bartolomeo Cevoleta, Odorico da Povo e Melchiorre ab Oleo. Analogo incarico verrà esercitato una terza volta, nel 1422, insieme al magister Odorico phisicus, ser Pietro Iacob, Antonio da Roc- cabruna, Nicolò de Merchadentis, Bernardo de Bernardis, Melchiorre ab Oleo e Battista da Bologna e, nel 1427, insieme ad Antonio da Roccabruna, Battista da Bologna, Odorico Calepini, Giaco- mo Fanzini, Giovanni Alde e al magister Michele piliparius. È in occasione di quest’ultimo incari- co consolare che, il 28 giugno del 1428, il notaio ser Antonio, insieme agli altri consoli in carica e al procuratore Nicolò de Merchadentis, nominarono Antonio da Molveno, ser Odorico detto

Stratenperger e ser Francesco de Sichis, ambasciatori e procuratori della città per recarsi a Bolzano

a manifestare la ferma opposizione della città alla contribuzione richiesta per la guerra contro gli ussiti324.

L’elenco dei cives chiamati annualmente a ricoprire la massima carica istituzionale del comune consente di riconoscere una parte di quel già citato gruppo di maggiorenti che, nel cor- so del Quattrocento, si spartì i più importanti uffici cittadini, lasciando invece a «cives di estra- zione molto varia»325 le cariche di minore rilevanza. Fra i ruoli assunti dal notaio trentino all’interno del comune devono essere menzionati anche quello di sindaco, l’ufficio giudiziario più antico, ricoperto nel 1418 insieme a Calepino Calepini, nel 1424 insieme a Vigilio Morzati da Pergine e nel 1429326 insieme a Bartolomeo da Bologna. Nello stesso anno il notaio Antonio ricoprì inoltre, con Antonio da Molveno, la carica di procurator ad causas ad agendum et defenden-

dum327. A tal proposito dobbiamo ricordare che, già il 10 ottobre del 1422, tre giorni dopo esse- re stato eletto console, Antonio da Borgonuovo esercitò, ancora insieme ad Antonio da Molve- no, la funzione di sindaco e procuratore della città in occasione della sentenza emanata da Wi- lhelm von Matsch, capitano generale all’Adige, nell’ambito della vertenza fra il comune di Tren-

322 ASCTn, Comune di Trento, Antico regime, Sezione antica, ACT1-3547; E.VALENTI, Il «liber electionum officialium». 323 E.VALENTI, Il «liber electionum officialium», p. 435.

324 APPENDICE I, n. 34 (ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8bis, n. 294). 325 G.M.VARANINI, Gli uffici del comune di Trento nel Quattrocento, p. 228.

326 ASCTn, Comune di Trento, Antico regime, Sezione antica, ACT1-3547, c. 227v. 327 ASCTn, Comune di Trento, Antico regime, Sezione antica, ACT1-3547.

to e ser Negro de Negri da San Pietro328. Quattro anni più tardi, nel 1426, il notaio Antonio ri- coprì analoga funzione, insieme al già citato Antonio da Molveno e ai notai Giacomo da Arco e ser Vigilio Saraceno, ricevendo dal consiglio generale il mandato per agire legalmente nella cau- sa mossa dalla città di Trento contro le comunità delle pievi situate oltre il Bus de Vela e citra

Attacem, che non avevano corrisposto le dovute contribuzioni ed oneri alla città329. Meno di un anno dopo, nel marzo del 1427, Antonio appare nuovamente impegnato quale procuratore e

sindicus della città nella causa mossa contro le comunità «subiecte iurisdictioni et curie Triden-

ti»330, affinché queste pagassero le spese occorrenti per la difesa ed il mantenimento della città nei termini di due terzi rispetto al totale.

Nel 1418, nel 1424 e nel 1429, dopo aver ricoperto la carica di sindicus del comune, esercitò il ruolo di gastaldo, l’ufficiale chiamato a presenziare alla tortura giudiziaria comminata dal vicario vescovile.

Nel 1421, nel 1426, nel 1432 e nel 1433 svolse l’incarico di giudice degli appelli. Gli of- ficiali addetti a questa magistratura restavano in carica per la durata di quattro mesi ed avevano il compito di valutare in appello le cause civili e criminali emesse dai sindici. Se la causa non avesse trovato soluzione, i cittadini avrebbero potuto ulteriormente appellarsi ai consoli e ai provveditori della città.

Fra le cariche pubbliche ricoperte da Antonio da Borgonuovo va ricordata anche quella di giudice delle tutele, che egli esercitò in ben cinque occasioni nel 1423, nel 1426, nel 1429, nel 1433 e nel 1434. Analogamente all’ufficio del giudice degli appelli, anche lo iudex tutellarum re- stava in carica per quattro mesi. Esso raccoglieva le notifiche di morte del padre o della madre nelle famiglie di tutta la pretura e successivamente procedeva all’affidamento degli orfani ai tu- tori scelti331.

Il ruolo esercitato da Antonio da Borgonuovo negli uffici cittadini, tale da renderlo uno fra i più titolati membri della classe dirigente di inizio Quattrocento, l’abile politica matrimonia- le messa in atto nei primi decenni del secolo e l’attività di notaio al servizio di molti fra i cives che, in vario modo, si assicuravano il controllo sugli uffici comunali, sono dati che consentono senza dubbio l’inclusione del notaio in quella trama di rapporti familiari, politici ed economici, gradualmente intessuta dai membri della classe dirigente trentina332.

328 APPENDICE II, n. 3 (ASCTn, Comune di Trento, Antico regime, Sezione antica, ACT1-3263). 329 ASCTn, Comune di Trento, Antico regime, Sezione antica, ACT1-3069.

330 ASCTn, Comune di Trento, Antico regime, Sezione antica, ACT1-3359.

331 Statuto clesiano, libro I del Civile, capitolo 10; alcuni casi di affidamento a tutore vengono registrati dal notaio

Antonio da Borgonuovo nel registro Instrumenta capitularia 8bis. Si veda, a titolo esemplificativo, il documento n. 386, c. 147v. Il notaio Martino da Avio, giudice delle tutele del comune di Trento, in seguito alla morte di Gasparino da Meano, già tutore di Guglielma, figlia ed erede universale del fu Nicolò Sardagnole becarius in Trento, che era morto nelle Giudicarie durante la guerra fra Paride Lodron ed il vescovo Alessandro di Masovia, nomina Marco da Lusiana cittadino e procuratore in Trento tutore della suddetta Guglielma, non avendo trovato altro parente in Trento se non Bartolomeo del fu Tura di Nicolò da San Martino di Trento, il quale però, interrogato, afferma di non essere idoneo. Il nuovo tutore giura quindi dinanzi al giudice e al notaio rogatario, impegnandosi a redigere un inventario dei beni dell’orfana.

332 Non può, ad esempio, passare inosservato il fatto che la maggior parte dei matrimoni cui si è fatto cenno nel pa-

Alla luce di queste considerazioni, non può essere casuale la presenza del nome del pro- fessionista fra i proditores che, nel febbraio del 1435, si ribellarono al vescovo Alessandro di Ma- sovia333. A tal proposito, è importante soffermarsi brevemente sull’analisi delle parole utilizzate dall’anonimo autore delle Rime sulla sollevazione del 1435:

Volite pur che tasa? Io ve conterazo,

ma pur ve contarazo 725

de Antonio Bertolaso, lo qual mai n’ebe paso se non pensando male; el s’asirò le spale

cum tuta la persona; 730 e certo el se rasona

che el fo per li conseli che el dete ali cativelj di zendri e delli Galli

che intrase in questi ballj, 735 e sì morì con quella334.

Un’interpretazione del passaggio viene fornita da David Ressegotti: «vi racconterò anche di An- tonio Bertolaso, che mai non ebbe pace se non tramando intrighi: gli si piegarono le spalle con tutto il corpo – si dice che ciò avvenne a causa dei cattivi consigli che diede a quei meschini de- gli zendri e dei Galli, affinché entrassero anche loro nel ballo – e di conseguenza ne morì»335.

Non si conosce con certezza il contributo ed il livello di partecipazione del notaio alle sollevazioni contro il presule polacco, tuttavia le poche fonti a disposizione per ricostruire gli eventi del biennio 1435-1437, ovverosia le Rime e la memoria conservata nell’Archivio principesco

vescovile, sono concordi nell’attribuire ad Antonio di ser Bartolasio da Borgonuovo un ruolo di

primo piano nelle vicende. Oltre a ciò, il fatto che sia la memoria sia le Rime si riferiscano a lui come un traditore, «lo qual mai n’ebe paso / se non pensando male», non contrasta con la posi- zione di fiducia che certamente il professionista si vide accordare sia in qualità di notaio e pro- curatore del Capitolo336 sia in qualità di autenticatore di un certo numero di documenti per il vescovo Alessandro di Masovia337; questo almeno fino agli eventi del 1435.

333APPENDICE I, n. 44.

334 G.PAPALEONI, «Rime» di anonimo, pp. 167-207. Nell’edizione di Pegoretti si legge: «Voliti pur che /tasa? Jo ve

contentarazo / ma pur ve contarazo / de Antonio Bertolaso / lo qual mai n’ebe paso / se non pensando male. / El s’asirò le spale / cum tuta la persona, / e certo el se rasona / che el fo per li consili / che el dete ali cativelj / di Zen- dri e dellj Galli, che intrasse in questi ballj, / e si morì con quella» (C.PEGORETTI, Le rime sulla sollevazione, p. 73). In generale, per un’analisi del testo delle Rime si veda anche D.RESSEGOTTI, «Spala de portadoro», pp. 191-202.

335 D.RESSEGOTTI, «Spala de portadoro», p. 196.

336 In molte occasioni i canonici del Capitolo nominarono Antonio da Borgonuovo proprio sindico e procuratore; si

veda, fra i numerosi casi, documento in ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8, n. 675b. Il notaio Antonio di ser Bar- tolasio, procuratore del Capitolo, agisce contro Bartolomeo del fu Siccone, olim canonico di Trento, a motivo di un affitto di 4 ducati d’oro non corrisposto al Capitolo. Si veda anche ADTn, ACap, capsa 32, n. 241.1 (novembre 1412); il canonico di Trento Lazzaro de Accerbis, su richiesta del notaio e procuratore del Capitolo Antonio da Borgo- nuovo, ordina a Lorenzo del fu Bertolucio da Canale di Pergine, a Cristiano suo fratello e agli eredi di Michele Moier di pagare entro Natale al suddetto sindaco le 4 staia di miglio quale resto di un affitto di 3 staia di miglio non pagato per due anni, ed un affitto di 1 staio di miglio per un affitto di 2 staia che Concio doveva versare in quanto erede del fu Michele Moier.

337 Meno frequenti, rispetto a quelli del Capitolo, sono i documenti rogati al notaio Antonio da Borgonuovo per il

Null’altro è noto sulla partecipazione di Antonio da Borgonuovo alle rivolte antivesco- vili, con la sola eccezione dell’aspra critica mossa dall’anonimo rimatore, che gli attribuì il coin- volgimento nelle sollevazioni dei non meglio noti zendri, e dei Galli338. A tal proposito, mentre dei Galli sappiamo che si trattava di notai attivi in città nel corso del XV secolo, sugli zendri (che scegliamo pertanto di scrivere con la lettera minuscola), nulla è noto, a meno che l’anonimo rimatore non si riferisse, impiegando un termine dialettale ancora in uso339, ai generi di ser Antonio, ovvero i due Calepini, Bonaventura e Adelperio, che – come noto – dovettero ricoprire un certo ruolo nelle rivolte antimasoviane. Se tale interpretazione si rivelasse corretta, il rimatore attribuirebbe al notaio il ruolo di artefice di primo piano della rivolta, tale da aver coinvolto anche membri della famiglia Gallo e Calepini. Anche i versi 729-730 («el s’asirò le spale / cum tuta la persona») sono interessanti nella definizione delle responsabilità del notaio Antonio nelle vicende degli anni Trenta. In questo senso, si ripropone in questa sede l’interpretazione che recentemente ne ha dato David Ressegotti:

Il particolare delle spalle curve attira l’attenzione: si potrebbe persino intendere il passo immaginando un’effettiva deformità che si acuì all’incirca intorno al 1435, portando così il notaio alla morte in quello stesso giro d’anni. Tuttavia, considerato anche il tono molto pungente e canzonatorio dell’intero compo- nimento e gli insulti volti dall’anonimo compositore pressoché a tutti i principali responsabili della solle- vazione, la menzione delle spalle curve potrebbe essere piuttosto un riferimento all’umile professione che viene attribuita al padre di Antonio, ser Bertolasius portitor; in questo senso l’allusione potrebbe indicare che la persona tutta s’incurvò (sotto il peso di una deformità ‘morale’) come curve erano già le spalle. Uno scherno, dunque, lanciato alla condizione di parvenu di ser Antonio, la cui famiglia aveva nelle passate ge- nerazioni svolto un lavoro assai umile340.

Al di là delle ipotetiche letture che si possono fare sui versi che l’anonimo rimatore riservò ad Antonio, le fonti disponibili documentano, proprio per il biennio 1435-1437341, un radicale de- cremento dell’attività scrittoria del notaio, fino ad una totale battuta d’arresto dal febbraio del 1437342. L’assenza di ulteriore documentazione rogata da ser Antonio dopo questa data induce a collocarne la morte poco dopo. Due anni prima, il 14 aprile 1435, l’estensore aveva chiuso un rogito con la seguente sottoscrizione:

397) e, appena pochi mesi prima delle rivolte, nel maggio del 1434 (ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8bis, n. 617) il notaio avesse prestato la propria opera al vescovo Alessandro, induce a ritenere che le massime istituzioni ecclesiasti- che del principato avessero riposto una certa fiducia nel notaio dal Borgonuovo; si spiega alla luce di queste conside- razioni il fatto che in seguito il notaio sia definito ‘traditore’.

338 Si tratta, con ogni probabilità, di Francesco e Giovanni Gallo, che le Rime descrivono in termini negativi a causa

delle spregiudicate attività commerciali (G.PAPALEONI, «Rime» di anonimo sulla sollevazione di Trento del 1435, p. 192, vv. 344-357). Del primo non si conosce nulla, mentre Giovanni fu nominato iudex venditionis nel 1431, massaro dei Battu- ti nel 1440 (I.DAL PIAZ, La confraternita dei Battuti laici, p. 100) e console nel 1455 (K.BRANDSTÄTTER, Vescovi, città e

signori, p. 219).

339 Si veda, a tal proposito, la voce «zendro» in G.AZZOLINI, Vocabolario vernacolo-italiano, p. 1131. 340 D.RESSEGOTTI, «Spala de portadoro», p. 196.

341 Il 22 agosto del 1432, ad esempio, il notaio si dichiara infirmatus (cfr. ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8bis, n.

538).

342 ADT, ACap, Instrumenta capitularia 8bis, c.244v, n. 665; il notaio annota, in corrispondenza del margine sinistro, la

consueta rubrica: Divisio et approbatio divisionis facte inter Caterinam et Cristinam sorores de bonis ad eas perventis ex hereditate condam Bartholomei Guillelmi Romperti de burgo Sancti Martini earum avi materni etc. Si noti come, a partire dal documento n. 661 (di data 16 gennaio 1436), la scrittura del rogatario divenga meno posata e non siano presenti registrazioni fra il 22 febbraio (doc. n. 663) ed il 15 dicembre 1436 (doc. n. 664), in coincidenza con gli aspri contrasti che opponevano il vescovo Alessandro di Masovia al gruppo di cittadini che sostenevano il duca tirolese Federico.

Ego Antonius condam ser Bartholasii de Burgonovo de Tridento civis Tridentinus, publicus imperiali auctoritate notarius predictis electioni, collationi, promissioni, inductioni in tenutam captioni tenute et protestationi et omnibus aliis et singulis premissis dum sic agerentur et fientur ut premissus est una cum dictis testibus interfui, vidi et sic audivi. Et quia ego rogatus et requisitus i n f i r m i t a t e o p p r e s s u s p r e d i c t a m i n f o r m a m p u b l i c a m a d p r e s e n s s c r i b e r e n o n v a l u i , alteri scri- bendum comissi et in fidem et verum testimonium premissorum me hic subscripsi et signum mei tabel- lionatus consuetum hic apposui et signavi343

dichiarando dunque che, nell’aprile del 1435, la sua condizione fisica era alquanto precaria, tale da impedirgli di estrarre il documento in publicam formam.