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3.4. La formazione dei notai trentini attraverso le forme dei documenti

4.1.2. Il ‘tariffario’ di Antonio da Borgonuovo

Un tema d’interesse collegato alla clientela è quello relativo alle tariffe richieste dal pro- fessionista per il rilascio degli instrumenta. Anche per quanto concerne il costo dei documenti ro- gati, lo statuto dei notai e dei giudici trentini emanato alla fine degli anni Venti del Quattrocen- to, sembra tacere; per trovare qualche informazione al riguardo si deve ricorrere agli statuta nova del 1340-1343, che aggiornavano gli antiqua di inizio Trecento, poi ripresi quasi alla lettera nella normativa roveretana del 1425. In particolare, il capitolo 62 degli statuta nova, intitolato «De pre- ciis instrumentorum debendis tabellionibus»18, stabilivano specifiche tariffe per ciascuna tipolo- gia documentaria prodotta dal notaio. Si definivano anzitutto gli emolumenti da versare al tabel- lione per la redazione degli atti di natura giudiziaria:

Item de contestacione litis XII denarios tantum, et hoc intelligatur de imbreviatura. Item de terminis post litem contestatam, VI denarios tantum de imbreviatura.

Item de sentencia interlocutoria, pro scriptura XXII denarios et non ultra, nisi de licencia et voluntate officialis predicti, et qui contrafecerit solvat X soldos Veronensium pro qualibet vice.

Item de sentencia difinitiva a X libris infra V soldi Veronensium; et a X libris supra usque ad L, et a L autem supra usque ad C libras accipiantur soldi XX Veronensium; a C vero supra XL soldi Veronensium parvorum et non plus, nisi de licentia et voluntate officialis predicti. Et si contrafecerit solvat episcopali camere XX soldos Veronensium pro qualibet vice19; et quilibet sit accusator et habeat terciam partem.

Successivamente gli statuti si premurano di indicare il tariffario dovuto ai notai per la redazione degli altri instrumenta; in particolare, 10 soldi veronesi per il contratto di compravendita (de con-

tractu empcionis) se la vendita non eccedeva le 50 lire; in caso contrario il professionista avrebbe

avuto 20 soldi veronesi; qualora il contratto avesse superato invece le 100 lire si sarebbero do- vuti versare 30 soldi veronesi. Lo stesso vale per i testamenti, per i codicilli e le ultime volontà, così come per i contratti dotali, le locazioni, i compromessi, le societates, le permute e gli arbitrii. Per quanto concerne, invece, i mutui andavano pagati 22 denari per contratti fino a 10 lire, 2 grossi per i contratti compresi fra le 10 e le 50 lire, e 4 grossi per quelli superiori le 50 lire.

In mancanza di normative diverse da quelle trecentesche e vista l’assenza di disposizio- ni in materia negli statuti masoviani, dobbiamo ritenere plausibile che anche Antonio da Borgo- nuovo si fosse attenuto ai capitoli succitati. Per quanto è oggi noto, infatti, soltanto con gli sta-

ipsius collegii et eius consciliariorum, se presentare et convenire debeant ad requisitionem dicti bidelli in loco deputa- to et una cum dicto rectore visitare predictam ecclesiam prelibatam patroni nostri predicti secundum quod per dic- tum dominum rectorem ordinatum et iniunctum fuerit, sub pena decem sol(idorum) denariorum pro quolibet et qua- libet vice qua fuerit contrafactum».

18 Statuti di Rovereto del 1425, a cura di F.PARCIANELLO,pp. 178-179.

19 Si noti il riferimento alla camera episcopale negli statuti del borgo, veneziano all’epoca, di Rovereto; ulteriore ri-

prova della copiatura de litera ad literam del testo statutario trentino da parte del cancelliere Giacomo de Persichello (sulle questioni relative alla genesi degli statuti roveretani si veda Statuti di Rovereto del 1425, a cura di F.PARCIANEL- LO).

tuti clesiani del 1528 (capitolo 148) venivano fissati i nuovi compensi per gli instrumenta prodotti dai notai trentini20.

Ci sembra importante, prima di verificare per alcune tipologie documentarie quanto veniva richiesto da ser Antonio, soffermarci brevemente su un aspetto sottolineato nella prima parte del capitolo trecentesco relativo agli emolumenti per gli atti giudiziari; la norma, infatti, precisa che il documento relativo alla «contestacione litis» andrà pagato 12 denari, ma subito dopo specifica «et hoc intelligatur de imbreviatura», come dire, si intende per la sola imbreviatu- ra. Lo stesso vale per la redazione «de terminis post litem contestatam». Questa puntualizzazio- ne introduce la possibilità, ovvia si dirà, di prezzi diversificati per la redazione della semplice imbreviatura, priva di elementi di formalità e conservata sui registri del notaio, o della più co- stosa pergamena in mundum. La questione non è secondaria, come vedremo, anche nel tentativo di individuare il tariffario di Antonio da Borgonuovo. Allo stesso tempo, tuttavia, essa palesa l’impossibilità di fare un confronto fra la normativa e quanto si ricava dalla documentazione di ser Antonio, e ciò per due motivi sostanziali: anzitutto non è dato di sapere se i prezzi stabiliti nei capitoli roveretani del 1425 furono tratti, talquali, dagli statuti trentini di XIV secolo. In se- condo luogo, mentre per gli atti giudiziari si chiarisce che i prezzi sono relativi alle sole imbre- viature, per tutti gli altri instrumenta non si fornisce questa informazione. Non rimarrà, dunque, che indicare semplicemente i dati raccolti dalla documentazione del professionista trentino, sen- za svolgere alcun raffronto.

Per quanto riguarda ser Antonio, ciò che resta per tentare di ricavare qualche informa- zione sul tema sono le brevi e rade annotazioni che egli – come i colleghi – pose sul verso delle pergamene consegnate ai committenti, spesso privati. Ne proporremo in questa sede alcuni esempi, iniziando con una nota posta in attergato ad una sentenza emanata il 6 febbraio 1391, in

episcopali palatio, da Antonio da Trento, giudice in civilibus et criminalibus causis del duca d’Austria

Alberto, e relativa alla causa vertente fra Andriota del fu Nicola da Trento e Romano, figlio di Giacomo da Padova. La pergamena, che oggi è conservata presso il fondo Thun dell’Archivio provinciale di Trento21, presenta un’annotazione di mano del professionista trentino che recita: «Pro instrumento ducat(um) 1 ½», lasciando intendere che il prezzo richiesto per il rilascio della pergamena in mundum fu di un ducato e mezzo.

Un’indicazione ancora più precisa in merito al costo per la prestazione effettuata da Antonio, nel caso in questione per la redazione in publicam formam di un testamento, la ricaviamo dal testo di un documento sul registro Instrumenta capitularia 822. Il notaio ricorda di aver redatto, il giorno 15 maggio 1400, le ultime volontà del canonico Morandino da Trento. Nel testo del documento il notaio menziona esplicitamente un debito contratto dal canonico, ormai defunto,

20 A.CASETTI, Il notariato trentino, p. 252. 21 APTn, Thun, n. 1382.

nei suoi confronti: «Item octo ducatos quos debentur michi Antonio notario infrascripto pro mercede et factura testamenti predicti et quos ipse Guillelmus michi dare, solvere et satisfacere promisit». La testimonianza è di grande rilevanza poiché da essa deduciamo che il prezzo richie- sto da Antonio per confezionare e redigere il testamento del canonico Morandino fu di ben ot- to ducati che Guglielmo del fu ser Delaìto Gallo promise di pagare al professionista, avendo egli ricevuto in cessione dai canonici del Capitolo una serie di affitti del valore di 173 ducati d’oro, che un tempo venivano riscossi dal canonico defunto, in cambio del saldo completo di una serie di debiti insoluti fra cui, appunto, la redazione delle ultime volontà di Morandino. Non abbiamo a disposizione ulteriori testimonianze sul corrispettivo richiesto da Antonio ad altri clienti per la redazione di analoga tipologia documentaria; un confronto è tuttavia possibile con il notaio Antonio del fu Bongiovanni da Fai il quale, nel 1414, redasse il testamento di Francesca, figlia del fu ser Giacomo Beschapani da Trento23. Dopo aver redatto le ultime volontà della donna, il professionista pose sul verso della pergamena la seguente annotazione: «Recepi a Iohanne Alde pro presenti legati grossos XXIIIIor et in amore Dei». Siamo, dunque, di fronte ad una cifra considerevolmente più bassa rispetto agli 8 ducati richiesti da Antonio per la reda- zione del testamento del canonico Morandino.

Qualche dato ancora in merito al prezzo richiesto dal nostro professionista per confe- zionare gli instrumenta si deduce da una nota posta in margine ad un documento sul registro In-

strumenta capitularia 824. Si tratta della locazione da parte del Capitolo in favore di Pasqua del fu Mercadento da Levico, moglie del fu Alberto Bonomo. Nel margine sinistro dell’atto Antonio da Borgonuovo pose l’usuale nota relativa all’estrazione del mundum, «Facta extra duplex videli- cet locatori et conductori», specificando però ulteriormente «Grossos 36 ex conventione pro locat(ori)». La breve annotazione è importante per due motivi; anzitutto ci informa del costo richiesto al locatore, ovvero al Capitolo della cattedrale, per il rilascio del mundum: 36 grossi. Inoltre veniamo a conoscenza del fatto che questo prezzo fu richiesto ex conventione; con ogni probabilità, visto il remunerativo e costante impegno del notaio nei confronti dell’ente ecclesia- stico ed il grande numero di documenti da quest’ultimo richiesto, è probabile che fosse inter- corso una sorta di accordo con il professionista, in ragione del quale Antonio applicò una tariffa meno onerosa.

Ancora relativamente al Capitolo, una nota posta dal notaio sul dorso di una locazione del 141925 ci informa che «Item pro mercede mea exhibita in processu facto contra dictum Io- hannem, ducatum 1». Il notaio Giovanni, insieme al padre Pietro Longino, tenevano in enfiteusi dal Capitolo una casa situata nella contrada della Roggia Grande. Poiché, tuttavia, Giovanni non pagò l’affitto per anni e, dopo la sua morte, la casa venne totalmente abbandonata, tanto da ri-

23 BCTn, BCT3, capsa 28, mazzo 1, n. 23. 24 ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8, n. 619. 25 ADTn, ACap, capsa 32, n. 102.2.

sultare «discoperta et enormiter putrefacta», il Capitolo ne investì Odorico detto Pizolo, il quale si era presentato dinanzi ai canonici affermando di essere creditore del fu Giovanni e di sua madre Maddalena per ben 22 ducati d’oro, come sancito e dimostrato da una sentenza pronun- ciata da Giovanni da Isnina il 20 dicembre 1415. L’annotazione posta da Antonio sul verso della locazione sembrerebbe dunque riguardare il costo richiesto dal notaio per il confezionamento della pergamena che fu presentata ad banchum iuris nella causa contro Giovanni.

Poche, dunque, sono le informazioni che ci permettono di ricostruire un ipotetico ‘ta- riffario’ del notaio Antonio da Borgonuovo. Non sappiamo, ad esempio, quando avvenisse il pagamento, se all’atto della rogazione o alla consegna dell’instrumentum. Le note poste sul verso delle pergamene farebbero propendere per questa seconda ipotesi; poteva comunque accadere che il versamento non avvenisse immediatamente e così, come nel caso del canonico Morandi- no, il notaio risultasse creditore degli eredi del defunto. Troppo scarni, inoltre, i dati relativi agli emolumenti percepiti a seconda della tipologia documentaria; fra l’altro è probabile che le tariffe variassero non soltanto in relazione alla tipologia del negozio trattato, ma anche al diverso gra- do di complessità nella redazione dello stesso. Il costo piuttosto elevato per la redazione del te- stamento del canonico Morandino ci porta inoltre a ritenere che la tariffa spettante ad Antonio (ma ciò probabilmente riguardava anche gli altri notai trentini) mutasse non soltanto da negozio a negozio, ma subisse variazioni anche all’interno della stessa tipologia documentaria in propor- zione al valore dei beni oggetto di stipula. Del resto, un aumento progressivo del prezzo dell’instrumentum in ragione dell’incremento stesso del valore del negozio trattato era stabilito anche negli statuti. Questa ipotesi sembra essere suffragata da un’annotazione che si trova sul

verso di un testamento redatto dal notaio Nicolò del fu magister Ognibene dal Borgonuovo di

Trento nel 141426. Un non meglio identificato Guglielmo annotava infatti:

Ego Guilielmus consultor a superior(ibus) ad videndum, taxandum et limitandum labores factas per nota- rios in stipulatione et confectione dicti testamenti in [...] veniant, viso dicto testamento, consciderato tempore pestis tunc (per)venientis, hereditate transeunte etiam ex(e)unte heredem, ac qualitate et quanti- tate hereditatis dic(te) tax(..) et limite pre(...) not(arii) pro labore et mercede suis ducatos quatuor auri (...)27.

Guglielmo ci informa dunque che, in qualità di consultor, fu chiamato a stimare il prezzo per la confezione del suddetto testamento; a tal fine egli considerò una serie di fattori, quali la peste appena trascorsa, la qualità e la quantità dell’eredità nonché il lavoro del notaio stesso, così da poter stimare in 4 ducati d’oro l’emolumento da richiedere per la redazione dell’instrumentum.

Concludiamo queste brevi note relative alle tariffe richieste da Antonio con un ulterio- re, e per certi aspetti ancor più interessante, esempio tratto dai registri del notaio. Il documento, rogato il 28 novembre 142928 è una locazione a Michael detto Rauschella da Appiano di metà pro

26 BCTn, BCT3, capsa 28, mazzo 1, n. 25 (1414 settembre 3). 27 Risultano sbiadite molte parti del testo.

indiviso di due mansi (el Mas dala Poza e el Mas dal Mont) da parte del canonico Iohannes Zeiss da

Bopfingen, canonico, priore e rettore della chiesa e dell’Ospedale di San Martino di Trento. Ciò che più è interessante ai fini di queste riflessioni non è tanto il contenuto del documento, quan- to la nota che il notaio stese in calce all’esteso, la quale recita:

Notetur ad memoriam quod ipse Michael conductor in presentia dictorum testium promisit michi dare grossos XXXVI pro dicto tutore pretextu suorum instrumentorum non exactorum per dictum Iorium Chelum etc. ad festum sancti Michaelis. Item et pro se pro dicta investitura ducatum unum ad dictum terminum ex intercessione dicti domini Iohannis Zeyss prioris etc. quia me opportuit facere de necessita- te virtutem etc.

La nota è interessante per due motivi: il locatario Michele da Appiano aveva infatti promesso ad Antonio di versare 36 grossi per un primo instrumentum che, deduciamo dal testo, era la refuta del dominio utile dei due mansi fatta da Concio Sorn, quale tutore di Ulrico e Margherita, figli minorenni ed eredi dei defunti Giorgio Chelum e Barbara da Pressano, riconsegna che aveva re- datto proprio il notaio Antonio da Borgonuovo. Oltre a ciò, Michele si era impegnato a versare un ducato d’oro al professionista trentino per detta investitura alla scadenza del giorno di san Michele. Ma ancor più interessante è il prosieguo della nota; Antonio specifica, infatti, che ciò avvenne ex intercessione del canonico Iohannes Zeiss e, concludendo con una nota citazione da san Girolamo, aggiunge «me opportuit facere de necessitade virtutem», quasi a celare una legge- ra nota di malcontento, o per un prezzo che, per intervento del canonico, il professionista aveva dovuto calare o per il pagamento che era stato dilazionato al settembre successivo.

L’ultima parte di questo paragrafo sarà dedicata a tutta una serie di annotazioni che An- tonio pose in margine ad alcuni documenti sui registri Instrumenta capitularia 8 e 8bis; si tratta del- le usuali note relative all’estrazione del mundum. In alcune occasioni, tuttavia, il professionista specificò che trasse quell’instrumentum gratuitamente. L’interesse, in questo caso, sta non tanto nel fatto che il notaio non percepì alcun emolumento per la prestazione, ma piuttosto nei clienti cui rilasciò gratis la redactio in publicam formam. Scorrendo le carte dei due registri abbiamo reperito almeno ventiquattro esempi, suddivisi fra Instrumenta capitularia 8 e 8bis, cui si aggiunge un’annotazione dorsale ad una pergamena capitolare. Di questi venticinque documenti ben se- dici furono rilasciati a notai colleghi di Antonio: Nicolò de Capris29, Antonio da Nogaredo30, Leonardo de Spredo31, Nicolò a Sale e Leonardo suo genero32, Graziadeo da Terlago33, Giovanni Conto de Fatis da Terlago34, Guglielmo Saraceno35 e Giovanni di Luca cirogicus36. I restanti nove instrumenta concessi gratuitamente furono invece consegnati al nobile Baldessare Thun37, a Mi-

29 ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8bis, nn. 82, 537. 30 ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8bis, n. 184. 31 ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8bis, n. 450. 32 ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8bis, n. 464.

33 ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8bis, nn. 495b, 502, 639a-b.

34 ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8bis, n. 525 e ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8, n. 161. 35 ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8, n. 321a.

36 ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8, nn. 477, 589, 602, 611a, 622. 37 ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8bis, n. 101bis.

chael Senftel38, a Giovanni di ser Domenico Tabarini da Brentonico39, al nobile ser Michele da Coredo40 e, rispettivamente, ai canonici Prospero de Thomasiis da Cremona41, Giovanni dalla Ca- rinzia42, Nicolò da Vladislavia43 ed Ertuico da Passau44. Un’ultima nota si trova sul verso di una pergamena capitolare rogata nel 140245. Si tratta di una locazione perpetua concessa dal Capito- lo a Fignoclo piliparius; il notaio ritenne opportuno porre sul mundum consegnato ai canonici la seguente annotazione: «Nota quod simillem dedi Fignoclo cugnato meo gratis».

I dati sono interessanti poiché si nota anzitutto una preferenza da parte di Antonio a non percepire alcun onorario da specifiche categorie di clienti: i colleghi notai anzitutto, alcuni canonici e personaggi a lui legati da qualche vincolo, quali ad esempio il daziere Michael Senftel o il cognato Fignoclo. È Antonio stesso che, rilasciando l’instrumentum ai notai Nicolò e Leonar- do, scrisse: «Facta extra distincte ipsis emptoribus gratis propter professionem»46, riferendosi probabilmente proprio al fatto che tale gratuità derivava dalla professione che entrambi eserci- tavano. Non abbiamo a disposizione altre informazioni che possano, in qualche modo, lasciar trapelare rapporti di collaborazione fra Antonio da Borgonuovo ed alcuni di questi notai, con l’eccezione, ma siamo a livello della pura ipotesi, di Graziadeo da Terlago47. Non mancano, in- fatti, in alcune occasioni documenti recanti la doppia sottoscrizione di Antonio e di questo se- condo professionista48, che, fra l’altro, rogò uno sparuto numero di pergamene per il Capitolo della cattedrale negli anni in cui il nostro notaio sembrò esercitare una sorta di ‘monopolio’ per questo ente (1400-1434). Non si può inoltre fare a meno di notare che una buona parte dei do- cumenti in cui ser Antonio risulta parte in causa (solitamente come auctor), e dunque era prevista dagli statuti la rogazione da parte d’altro professionista, fu redatta proprio da Graziadeo da Ter- lago, che dunque – se non un vero e proprio rapporto di collaborazione – sembrava quantome- no godere di fiducia da parte di ser Antonio49. Sulla questione poco altro si può dire, poiché mentre altrove sono ben attestati per tutto il Medioevo rapporti di collaborazione, spesso in botteghe comuni, fra notai, a Trento, almeno da quanto risulta nella documentazione del XIV e della prima metà del XV secolo che abbiamo preso in esame, non sembrano emergere associa- zionismi di questo genere. Ciò non significa, naturalmente, che siano esistiti rapporti di siffatta natura, che potevano condurre alla nascita di statio specializzate nella redazione di particolari ti-

38 ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8bis, n. 110. 39 ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8bis, n. 443. 40 ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8bis, n. 649. 41 ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8bis, n. 656. 42 ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8, n. 255. 43 ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8, n. 513. 44 ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8bis, n. 111. 45 ADTn, ACap, capsa fabbrica, rotoli lunghi, n. 8. 46 ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8bis, n. 464.

47 Il notaio Graziadeo da Terlago era figlio di ser Antonio da Castello di Terlago; aveva una figlia di nome Barbara

che aveva sposato il notaio ser Cristoforo da Cadine (cfr., in merito, ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 9, cc. 313v- 314r).

48 Si vedano, in particolare, APPENDICE I, n. 38 (ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8bis, cc. 218v-219r, n. 579) e

ASTn, APV, sezione latina, capsa 3, n. 52.

pologie documentarie destinate a specifici enti (ecclesiastici ad esempio)50. Su questo tema, tut- tavia, si rende necessario lo studio di un numero maggiore di fonti, diversificate sia per commit- tenza sia per redazione; soltanto attraverso uno spoglio sistematico e dilatato negli anni sarà forse possibile trarre qualche maggiore informazione.

50 Sul tema si veda, per l’ambito senese G.CHIRONI, La mitra e il calamo; per la città di Milano C.BELLONI, Dove man-