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Il 1° maggio 1999 l’acquis di Schengen è stato incorporato nel quadro istituzionale dell’Unione Europea. La finalità dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia instaurato dal trattato di Amsterdam è quello di rendere complementari e di far progredire insieme le misure di sicurezza del primo pilastro, come il rafforzamento dei controlli alle frontiere esterne comuni, e quelle del terzo pilastro, come la cooperazione di polizia e quella giudiziaria all’interno dello spazio di libera circolazione. L’art. 29 del trattato sull’Unione Europea prevede

"un livello elevato di sicurezza in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia", grazie in particolare a una "più stretta cooperazione fra le forze di polizia, le autorità doganali e le altre autorità competenti degli Stati membri (...)".

Nelle conclusioni del Consiglio europeo di Laeken del 14 e 15 dicembre 2001 si legge: "Una gestione più efficace del controllo alle frontiere esterne dell'Unione contribuirà alla lotta contro il terrorismo, le organizzazioni d'immigrazione clandestina e la tratta degli esseri umani. Il Consiglio europeo chiede al Consiglio e alla Commissione di definire i meccanismi di cooperazione tra i servizi incaricati dei controlli alle frontiere esterne e di studiare le condizioni per la creazione di un meccanismo o di servizi comuni di controllo delle frontiere esterne (...)". Questa conclusione del Consiglio europeo ricorda che una gestione coerente, efficace e comune delle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione rafforza la sicurezza e il sentimento dei cittadini di appartenere a uno spazio e a un destino comuni. Tale conclusione si inserisce inoltre in una linea di continuità con l'azione intrapresa per combattere il terrorismo, le organizzazioni di immigrazione clandestina e la tratta degli essere umani.

La sicurezza delle frontiere esterne dell'Unione Europea è un tema fondamentale20. Talvolta le frontiere esterne dell'Unione appaiono ancora, giustamente o meno, come un anello debole che rischia di compromettere il livello di sicurezza interna degli Stati membri, in particolare in uno spazio privo di frontiere interne. L’Unione Europea possiede già un acquis comunitario preciso per quanto riguarda le frontiere esterne, come abbiamo visto nei paragrafi

20 Gestione delle frontiere esterne, www.europa.eu/scadplus

precedenti, ma la principale difficoltà attuale è quella di poter organizzare fra gli Stati membri tutte le sinergie operative che possano permettere di ottenere un maggiore coordinamento nelle azioni e quindi un livello di sicurezza più omogeneo a tutte le frontiere esterne. Inoltre, rimane fondamentale in uno spazio privo di frontiere interne, mantenere un alto livello di sicurezza interna. In effetti, è necessario assicurare innanzi tutto la fiducia reciproca fra gli Stati membri che hanno abolito il controllo delle persone e delle merci alle loro frontiere interne, e di conseguenza, facilitare la circolazione delle persone e garantire un livello elevato di sicurezza all’interno dell’Unione Europea soprattutto con i continui allargamenti che hanno come prima conseguenza una considerevole estensione delle frontiere esterne terrestri. La necessità di procedure di controllo alle frontiere esterne efficaci non è importante solo per accrescere la sicurezza interna degli Stati membri, ma anche per accelerare la circolazione delle persone, dei beni e delle merci fra l’Unione Europea e i Paesi terzi confinanti.

Analizziamo quindi il quadro giuridico e istituzionale risultante dall’acquis di Schengen.

Dall’applicazione della Convenzione di Schengen, il 26 marzo 1995, i controlli e la sorveglianza delle frontiere esterne degli Stati membri partecipanti sono disciplinati da principi comuni e uniformi. Il loro contenuto è stato stabilito dal capitolo 2 del titolo II della stessa Convenzione e le loro modalità d’applicazione più specifiche sono state fissate ed esposte in dettaglio nel Manuale comune per le frontiere esterne21. L’insieme di queste disposizioni ha ricevuto una nuova base giuridica nel titolo IV del Trattato della Comunità Europea (TCE).

L'articolo 3 della Convenzione di Schengen dispone che: "Le frontiere esterne possano essere attraversate, in via di principio, soltanto ai valichi di frontiera e durante le ore di apertura". L'articolo 5 della stessa Convenzione fissa i principi relativi all'ingresso degli stranieri per un soggiorno non superiore a tre mesi nello spazio comune di libera circolazione e le disposizioni legislative che determinano la condotta da tenersi da parte delle guardie di frontiera qualora delle persone

21 N. d. r.: La decisione del Comitato esecutivo Schengen che ha adottato questo manuale è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale L 239 del 22 settembre 2000 (pag. 317). Essa ha ricevuto una base giuridica nell'Unione Europea conformemente alla decisione 1999/436/CE del Consiglio del

siano segnalate ai fini della non ammissione ai sensi dell'articolo 96 della Convenzione.

Nell’articolo 6 vengono determinati gli obblighi degli Stati membri nel settore del controllo e della sorveglianza delle frontiere esterne. I controlli sono effettuati sulle persone che attraversano legalmente le frontiere esterne , anche sui cittadini dell’Unione Europea e sui beneficiari del diritto comunitario. Per quanto riguarda la sorveglianza, essa deve essere esercitata per dissuadere le persone ad attraversare illegalmente la frontiera esterna e il livello di sorveglianza deve essere equivalente lungo tutte le frontiere esterne.

Fondamentale è anche l’articolo 101 della Convenzione che stabilisce che le autorità competenti in materia di controlli alle frontiere abbiano accesso alla totalità dei dati inseriti nel Sistema d’Informazione Schengen e il diritto di consultarli direttamente . L’obiettivo è di rendere la frontiera esterna, in occasione dei controlli di ingresso e di uscita dal territorio effettuati sulle persone, una barriera ai fini della sicurezza interna. Inoltre, le autorità consolari hanno il dovere, prima di rilasciare un visto a uno straniero, di consultare il SIS per accertarsi che non vi siano segnalazioni emanate ai sensi dell’articolo 96 della Convenzione, secondo cui le autorità amministrative o i competenti organi giurisdizionali possono inserire nel SIS i dati relativi agli stranieri segnalati ai fini della non ammissione secondo decisioni prese nel rispetto delle norme procedurali previste dalla legislazione nazionali. I cittadini dell'Unione Europea, i cittadini di Paesi dello Spazio economico europeo così come i membri delle famiglie di questi beneficiari del diritto comunitario, quale che sia la loro nazionalità, non possono in linea di principio essere segnalati ai sensi dell'articolo 96.

Come si legge nel Codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen): “A effettuare le verifiche di frontiera sono le guardie di frontiera. Queste devono esercitare le loro funzioni nel pieno rispetto della dignità umana e non possono operare discriminazioni a danno delle persone in ragione del sesso, della razza o dell'origine etnica, della religione o delle convinzioni, della inabilità, dell'età o dell'orientamento sessuale.”

Nel comunicato del 7 maggio 2002 al Consiglio e al Parlamento, intitolata

“Verso una gestione più integrata delle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione Europea”, la Commissione evidenziava quanto segue:

“L'Unione Europea possiede una legislazione comunitaria relativamente completa e dettagliata nel settore del controllo dell'attraversamento delle frontiere esterne da parte delle persone. Questo acquis comunitario è costituito essenzialmente dall'acquis di Schengen, che ora ha ricevuto nuove basi giuridiche al titolo IV del trattato CE. La difficoltà attuale risiede nella necessità di un maggiore coordinamento operativo e di una maggiore complementarità d'azione fra i servizi nazionali che si occupano delle frontiere esterne. Si può inoltre osservare che esiste una reale esigenza di tenere maggiormente conto delle molteplici dimensioni della sicurezza delle frontiere esterne, che possono avere conseguenze sulla sicurezza interna dello spazio comune di libera circolazione dove sono stati aboliti i controlli sulle persone fra gli Stati membri”.

Come aveva infatti già sottolineato al punto 13 dello stesso comunicato: “La natura dei compiti affidati dagli Stati membri alle varie autorità nazionali presenti alle frontiere esterne comporta un ampio ventaglio di attività. Non tutti i servizi nazionali di uno Stato membro trovano sempre in un altro Stato membro l'esatto omologo, con gli stessi compiti e gli stessi poteri ai fini della repressione, della prevenzione o dell'investigazione. Questa diversità nelle organizzazioni amministrative nazionali è certo legittima ma deve tuttavia potersi inserire in pratica nel quadro di una strategia comune di gestione delle frontiere esterne a livello dell'Unione Europea”.

Il piano per la gestione delle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione Europea, concordato dal Consiglio il 13 giugno 2002, appoggiava la creazione di un organo comune di esperti in materia di frontiere esterne ai fini della gestione integrata delle frontiere esterne.

Al fine di migliorare la gestione integrata delle frontiere esterne degli Stati membri, il regolamento (CE) n. 2007/2004 del Consiglio, del 26 ottobre 2004, ha istituito l’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri (FRONTEX). Il regolamento risponde

all'appello del Consiglio europeo di Salonicco, nelle sue conclusioni del 16 e 17 ottobre 2003, e tiene conto delle esperienze della cooperazione tra gli Stati membri nell'ambito dell'organo comune cui l'Agenzia dovrebbe subentrare per il coordinamento della cooperazione operativa.