Una politica dell’immigrazione comune è un traguardo non ancora raggiunto dall’Unione Europea. Si potrà parlare legittimamente di una politica d’immigrazione comune soltanto quando la Costituzione europea sarà ratificata da tutti gli stati membri, processo che per il momento sembrerebbe essere in una fase di stasi.
Tuttavia, la Comunità iniziò a percepire la necessità di una politica comune in materia d’immigrazione già dall’inizio degli anni ‘80, a causa dei cambiamenti economici e delle trasformazioni politiche che in quel periodo stavano interessando i Paesi europei.
Durante quegli anni furono intraprese per lo più iniziative di tipo conoscitivo e informativo delle politiche nazionali dei singoli Paesi e non ne venne fondata una comune. Questo si verificò a causa dell’assenza di un forte potere centrale e della
“chiusura” degli Stati Nazionali che volevano preservare la propria sovranità in materia. Alcune delle iniziative intraprese a partire da questo decennio furono: la decisione della Commissione di avviare una politica d’informazione e consultazione sulle politiche dell’immigrazione, nell’ambito della competenza comunitaria del mercato del lavoro (1985) ; la richiesta del Consiglio europeo di Hannover (1988) di studiare la condizione degli immigrati nei Paesi membri, ricerca che si è poi concretizzata nella Relazione della Commissione del 1989; la creazione, su richiesta del Consiglio a partire dal 1992, di spazi di confronto e di scambio di idee degli specialisti in materia dei vari stati. Questi spazi erano il Centro d’Informazione, di Riflessione e di Immigrazione (CIRSFI) e la Rete di Informazione degli Stati Terzi (RIMET); l’istituzione di due gruppi di studio non ufficiali, il Gruppo di Trevi e il Gruppo ad hoc sull’immigrazione, che diedero poi vita a due convenzioni internazionali, la Convenzione di Dublino e la Convenzione sull’attraversamento delle frontiere esterne. La prima, firmata nel 1990, stabiliva i criteri per individuare lo Stato responsabile ad accordare o negare una richiesta d’asilo. La seconda prefigurava una politica comune in materia di visti, ma rimase incompiuta a causa delle dispute fra gli stati nazionali. Queste convenzioni non erano comunque vincolanti e a causa della mancanza di accordi sui metodi e le forme di applicazione delle regole, le norme generali definite
risultarono non essere sufficienti a garantire l’armonizzazione delle legislazioni nazionali.
Le basi per una vera politica dell’immigrazione furono poste dal trattato dell’Unione Europea ed in seguito da quello di Maastricht. Questi due trattati vincolarono i provvedimenti sull’immigrazione al terzo pilastro, quello relativo alla politica interna.
La nozione di "pilastri" è generalmente utilizzata per designare il trattato sull'Unione Europea. I tre pilastri che formano l'architettura dell'Unione Europea sono:
1. il pilastro comunitario che corrisponde alle tre comunità: La Comunità europea, la Comunità europea dell'energia atomica (EURATOM) e la vecchia Comunità europea del carbone e dell'acciaio (CECA) (primo pilastro);
2. il pilastro dedicato alla politica estera e di sicurezza comune, che è retta dal titolo V del trattato sull'Unione Europea (secondo pilastro);
3. il pilastro dedicato alla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale che è contemplata dal titolo VI del trattato sull'Unione Europea (terzo pilastro).
Questi tre pilastri funzionano secondo procedure decisionali diverse:
procedura comunitaria per il primo pilastro e procedura intergovernativa per gli altri due. Di conseguenza, nel primo pilastro, solo la Commissione può presentare proposte al Consiglio e al Parlamento e la maggioranza qualificata basta per l'approvazione degli atti in seno al Consiglio. Nel quadro del secondo e terzo pilastro, questo diritto d'iniziativa è condiviso fra la Commissione e gli Stati membri e l'unanimità al Consiglio è in genere necessaria. La Costituzione europea, in via di ratifica, prevede una radicale rifusione del sistema. I tre pilastri sono destinati ad essere fusi, pur mantenendo procedure particolari nel settore della politica estera e di sicurezza comune (PESC) e della politica di difesa.16
16http://europa.eu/scadplus/glossary/eu_pillars_it.htm
Dal punto di vista operativo l’inserimento delle politiche per l’immigrazione nel terzo pilastro comportò la quasi esclusiva competenza in materia al Consiglio dei Ministri, mentre alla Commissione rimase la possibilità di avanzare proposte.
Nonostante gli obiettivi di questo embrionale progetto politico rimanessero sostanzialmente lo scambio d’informazioni e la cooperazione, tuttavia questi ultimi assunsero un carattere permanente.
Nell’ambito della cooperazione vennero approvate norme e procedure, posizioni comuni per l’orientamento delle politiche interne degli stati, azioni comuni e convenzioni internazionali. In questa fase iniziale, tali provvedimenti non furono rilevanti per le politiche degli stati nazionali in tema d’immigrazione, a causa di vari problemi, tra i quali la difficoltà di adozione di decisioni all’unanimità, il fatto che le disposizioni adottate non fossero vincolanti e che il processo di ratifica delle convenzioni (che avrebbero potuto essere vincolanti) fu molto lento.
Proprio a causa di questi problemi, il Gruppo di riflessione per la preparazione della conferenza intergovernativa del 199617, propose la “comunitarizzazione”
della politica dell'immigrazione, della politica d'asilo, della normativa degli stranieri e delle regole sull'attraversamento delle frontiere esterne.
Le politiche sull’immigrazione furono finalmente inserite negli obiettivi dell’Unione col trattato di Amsterdam del 1997. Questa decisione accelerò sicuramente i meccanismi di cooperazione impostati negli anni precedenti, ma, in ogni modo, la“comunitarizzazione” di queste politiche venne prevista in modo graduale: le politiche sui visti sarebbero state affrontate immediatamente e le altre progressivamente in maniera obbligatoria od opzionale fino a cinque anni dopo l’entrata in vigore del trattato (1999).
La novità più importante fu che in base a questo trattato vennero incorporati nell’“acquis communautaire” gli accordi di Schengen che aprendo le frontiere per
17 N.d.R. Il Gruppo di riflessione per la preparazione della conferenza intergovernativa del 1996 fu costituito a Messina il 2 giugno del 1995 e comprendeva rappresentanti personali dei Ministri degli affari esteri e del presidente della Commissione, oltre a due rappresentanti del Parlamento europeo.
La relazione fu presentata il 01.04.1996 dai relatori Raymonde Dury e Hanja Maij-Weggen.
la libera circolazione delle persone rivoluzionò in qualche modo anche il tradizionale equilibrio dei flussi migratori.
L’acquis comunitario corrisponde alla piattaforma comune di diritti ed obblighi che vincolano l'insieme degli Stati membri nel contesto dell'Unione Europea. Esso è in costante evoluzione ed è costituito dai principi, dagli obiettivi politici e dal dispositivo dei trattati; dalla legislazione adottata in applicazione dei trattati e dalla giurisprudenza della Corte di giustizia; dalle dichiarazioni e dalle risoluzioni adottate nell'ambito dell'Unione; dagli atti che rientrano nella politica estera e di sicurezza comune; dagli atti che rientrano nel contesto della giustizia e degli affari interni; dagli accordi internazionali conclusi dalla Comunità e da quelli conclusi dagli Stati membri tra essi nei settori di competenza dell'Unione.
Oltre che dal diritto comunitario propriamente detto, l’acquis comunitario è costituito dunque da tutti gli atti adottati a titolo del 2° e del 3° pilastro dell'Unione, nonché dagli obiettivi comuni fissati dai trattati. L'Unione si è posta come obiettivo di salvaguardare integralmente l’acquis comunitario e di svilupparlo ulteriormente. Per poter aderire all'Unione Europea, i Paesi candidati devono accettare l’acquis. Le deroghe all’acquis comunitario sono eccezionali e di portata limitata. Per integrarsi nell'Unione, i Paesi candidati devono recepire l’acquis nei rispettivi ordinamenti nazionali, e quindi applicarlo con decorrenza dalla data in cui la loro adesione è diventata effettiva.18
Nel prossimo paragrafi tratteremo della convenzione di Schengen e di come tali accordi siano entrati a far parte dell’Acquis comunitario.