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Dal 1945 fino alla caduta del regime comunista nel 1989, la politica d’immigrazione della Polonia, così come quella degli altri Paesi appartenenti al blocco sovietico, rifletteva i principi dell’isolazionismo, che non solo rendevano difficili i movimenti dei polacchi verso l’estero ma anche quelli degli stranieri verso la Polonia. Il vecchio regime aveva voluto coltivare la visione di un paese omogeneo e monoetnico, rendendo l’immigrazione e l’asilo fenomeni poco familiari alla società polacca.

Tuttavia, dopo il 1989, le aspirazioni della Polonia di aderire alla Comunità europea avevano posto l’immigrazione e l’asilo tra le questioni più importanti che dovessero essere affrontate dal nuovo governo. Fino a quel momento, la sola legge che trattasse d’immigrazione risaliva al 1963, periodo in cui erano pochi gli

stranieri che entravano in Polonia, e nella quale erano regolate semplicemente le modalità di entrata, di movimento e di uscita dal Paese.

Occasione per lo sviluppo di una legislazione sui rifugiati fu all’inizio del 1990 la deportazione sul territorio polacco da parte del governo svedese di alcune centinaia di richiedenti asilo originari dei Paesi arabi. Questo fatto spinse il governo polacco a dover prendere delle decisioni circa l’avvenuto e il 26 marzo dello stesso anno, durante un incontro dell’esecutivo, fu deciso di accogliere i richiedenti asilo in questione e di intensificare i lavori per aderire alla Convenzione di Ginevra del 1951. Questi eventi portarono la Polonia a stipulare un accordo con l’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), il quale si interessò alla situazione e nei mesi successivi creò una missione specifica per il caso, volta ad esaminare le domande d’asilo dei richiedenti deportati dalla Svezia e presenti sul suolo polacco. Questa collaborazione ha portato la Polonia a ratificare il 2 settembre 1991 la Convenzione di Ginevra e il Protocollo di New York. Durante quello stesso anno la Polonia ha aderito al Consiglio d’Europa ed è stata ratificata la Convenzione Europea sui diritti dell’uomo e le libertà fondamentali.

In questo periodo l’amministrazione polacca si impegnò in varie attività per promuovere il diritto d’asilo e per costruire strutture adatte all’accoglienza e alla protezione dei rifugiati che avrebbero potuto raggiungere la Polonia in futuro.

Fino ad allora le ragioni per le quali la Polonia aveva garantito l’asilo erano state molto limitate, e la maggior parte dei rifugiati che l’avevano ottenuto erano comunisti in fuga dalla Grecia o dal Cile. Grazie all’impegno dell’amministrazione polacca e alle attività svolte, il 25 febbraio 1992 fu aperto a Varsavia un ufficio dell’UNHRC.

Cinque anni dopo, il 25 giugno 1997, fu votata dal Parlamento polacco la nuova legge sull’immigrazione che aveva l’obiettivo di adeguare le normative polacche, soprattutto nell’ambito delle problematiche dell’asilo e dell’immigrazione, a quelle dell’Unione Europea. Al fine di continuare questo processo di adeguamento, il governo polacco cominciò nel 1999 una stretta collaborazione con gli organi europei in materia d’asilo, focalizzando l’attenzione sulle problematiche relative agli accordi di Schengen e alle frontiere esterne

dell’Unione, oltre che alle questioni circa l’ammissione, la riammissione e l’espulsione degli stranieri dal territorio europeo.

Nel gennaio 2001 entrò un vigore una legge sul Rimpatrio che si presentava come il primo documento a regolare il rimpatrio di persone “di etnia o discendenza polacca”. Questa legge rese più facile il ritorno in Polonia a quelle persone alle quali a causa di deportazioni, esilio e altre forme di persecuzione era stato impedito di vivere in Polonia. Tale legge chiariva inoltre i mezzi per l’acquisizione della cittadinanza polacca e proponeva vari tipi di assistenza per il riadattamento .

Nell’aprile 2001, dopo un ciclo di incontri con esperti europei nell’ambito dell’asilo, sono state apportate in Polonia modifiche alla legge sugli stranieri, le quali hanno contribuito ad avvicinare ulteriormente le norme polacche all’“acquis communautaire” dell’Unione Europea. Un significativo ed evidente cambiamento dell’atteggiamento del governo polacco verso l’immigrazione è stata la creazione della prima agenzia di governo preposta unicamente alle problematiche dell’immigrazione, l’Ufficio del Rimpatrio e degli Stranieri (URIC). E’ bene sottolineare che fino a quel momento il diritto d’asilo rientrava nella più ampia legislazione sugli stranieri, che regolava inoltre la situazione degli immigrati presenti in Polonia e ne definiva i diritti. Tuttavia questa situazione è cambiata il 13 giugno 2003 quando il Parlamento polacco ha votato due nuove leggi distinte:

una sull’immigrazione e un’altra relativa ai rifugiati e richiedenti asilo. Entrambe queste leggi sono entrate in vigore a partire dal 1 settembre 2003.

Alla normativa sull’asilo sono state apportate successive modifiche e oltre allo status di rifugiato è stata prevista un’altra forma di garanzia per i richiedenti asilo, la cosiddetta protezione umanitaria, che nella legislazione polacca prende il nome di “soggiorno tollerato”. Nel 2003 sono stati emanati anche dei regolamenti in materia di espulsione e respingimento degli stranieri dal territorio polacco, di standard di aiuto e condizioni dei centri d’accoglienza per i richiedenti asilo, di rappresentanza e protezione per minori non accompagnati.

Dall’entrata nell’Unione Europea della Polonia, sono operativi nel Paese anche l’accordo Dublino II, che stabilisce che l’esame di una domanda d’asilo sia di competenza di un unico stato dell’Unione Europea, e la condivisione di Eurodac,

il sistema informatico per il controllo internazionale dei richiedenti asilo attraverso le impronte digitali.

Ci occuperemo nei paragrafi successivi della vigente normativa sull’immigrazione e delle procedure di riconoscimento dello status di rifugiato nella normativa polacca, presentando la situazione dell’immigrazione in Polonia con riferimento a dati recenti dell’Ufficio del Rimpatrio e degli Stranieri (URIC).