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3.3 Le Funzioni Esecutive (FE)

3.3.2 Le Funzioni Esecutive nei DSA

Le FE sono strettamente legate ai processi di apprendimento, infatti, nel mo- mento in cui il bambino inizia a frequentare la scuola e apprende le abilità di letto-scrittura e calcolo, viene aumentata l’intensità e la frequenza di utilizzo del- le FE: diventa necessaria la Memoria di Lavoro, per tenere a mente informazioni e manipolarle sulla base delle richieste, ma anche la flessibilità, per attuare stra- tegie, scegliendo la più efficace tra le varie alternative (Diamond & Lee, 2011). La scolarizzazione, infatti, assume un ruolo fondamentale nello sviluppo delle FE: frequentare le attività scolastiche significa affrontare nuove sfide sia sul piano so- ciale che su quello legato prettamente agli apprendimenti, stimolando quindi la crescita delle capacità esecutive (Marotta et al., 2017).

Generalmente, le principali attività delle FE che vengono indagate nei bambini con DSA riguardano la Memoria di Lavoro, l’inibizione e la flessibilità; diversi stu- di, che hanno confrontato la performance di bambini con questo tipo di disturbo del neurosviluppo e di bambini senza difficoltà degli apprendimenti, confermano alterazioni a carico di queste abilità (Reiter et al., 2005; Booth et al., 2010; Var- vara et al., 2014). In particolare, è stata dimostrata la relazione tra la Memoria di Lavoro e l’abilità di lettura, sia per gli aspetti verbali o non verbali sia per il dominio spaziale o visivo (Swanson & Howell, 2001; Gathercole et al., 2004) e la relazione con le abilità di calcolo, in quanto sembrerebbero maggiormente correlate con la performance in compiti di matematica (Mazzocco & Kover, 2007; Viterbori et al., 2015). La Memoria di Lavoro è uno dei processi esecutivi più indagati in quanto è ritenuta responsabile delle diverse prestazioni tra soggetti per quanto riguarda la lettura e l’ortografia; nel dettaglio, sembrerebbe essere associata sia con l’abilità di decodifica (Swanson et al., 2009; Christopher et al., 2012) sia con la comprensione del testo scritto (Daneman & Merikle, 1996; De Beni & Palladino, 2000).

Altri studi hanno evidenziato come le FE agiscano come predittori per quan- to riguarda la variabilità tra gli studenti nel rendimento scolastico (Borella et al., 2010; Raghubar et al., 2010). In una ricerca condotta da Wass nel 2015 è stato dimostrato come ripercussioni sulla performance scolastica e sullo svilup- po sia delle abilità di apprendimento (sia nello sviluppo tipico che in condizioni atipiche) possano essere determinate da differenze individuali precoci a livello del- le FE, ed in particolare per quanto riguarda la capacità di controllo (Wass, 2015).

La Memoria di Lavoro è uno dei processi esecutivi più indagati all’interno del profilo neuropsicologico che caratterizza la dislessia. Swanson (2003) ha indagato come lo sviluppo e il miglioramento delle abilità di Memoria di Lavoro fossero influenzate dall’età cronologica e dalle capacità di lettura. Prendendo come ri- ferimento i dati estratti da un campione di bambini e ragazzi di età compresa tra i 4 e i 20 anni, ha osservato un significativo miglioramento delle performance di Memoria di Lavoro verbale in base all’aumentare dell’età ed al miglioramen- to progressivo della capacità di lettura (Swanson, 2003). Secondo l’autore della ricerca, questi risultati potrebbero essere spiegati dal fatto che, con l’aumento e lo sviluppo delle capacità di Memoria di lavoro, è possibile attuare contempo- raneamente più processi necessari per la lettura, tra cui richiamare testi letti in precedenza, anticipare le tematiche successive e la decodifica di parole sconosciute (Swanson, 2003). In una revisione di 25 studi realizzata da Jerman e Swanson nel 2005, si osserva come generalmente gli individui con Dislessia abbiamo prestazioni deficitarie in compiti di Memoria di Lavoro rispetto a gruppi di controllo; inoltre emerge come la compromissione osservata non sembri correlata all’età, al QI o al livello di deficit di lettura (Jerman & Swanson, 2005). In una successiva revisione del 2009 compiuta da Swanson e colleghi, è stato dimostrato come in soggetti con dislessia si presentino anche altre difficoltà a livello di attività complesse come compiti di richiamo di fonemi, di frasi o di span di cifre (Swanson et al., 2009). Una delle ipotesi che cerca di spiegare il substrato alla base del deficit di lettu- ra prende in considerazione la ridotta capacità del buffer fonologico presente in soggetti con questo tipo di disturbo, che impedisce un sufficiente mantenimento di informazioni verbali in memoria, oltre ad aver individuato anomalie nei pro- cessi di reiterazione (Jeffries & Everatt, 2004; Kibby et al., 2004). A conferma di questo, uno studio abbastanza recente è andato ad analizzare la componente fonologica della Memoria di Lavoro somministrando un compito di ripetizione di non-parole dalla lunghezza crescente ad un gruppo di studenti universitari con dislessia (De Carvalho et al., 2014). Si tratta di un compito che normalmente si impiega per verificare il corretto funzionamento del sistema di reiterazione, la componente della memoria di lavoro fonologica implicata nel mantenimento delle informazioni nel magazzino: si è evidenziato come nel campione clinico ci sia una riduzione significativa della performance rispetto al campione di controllo, ma solo nelle condizioni in cui la lunghezza delle non-parole aumentava.

Un altro aspetto indagato in letteratura riguarda quale modalità di Memoria di Lavoro sia coinvolta nel deficit presente nei soggetti con difficoltà di lettura, in particolare, se si presenti un’anomalia del processamento verbale o visuo-spaziale. Gli studi presenti in letteratura presentano dati contrastanti, osservando solo in alcuni casi cadute generalizzate a carico della Memoria di Lavoro (McGee et al., 2004; Swanson et al., 2006): per esempio, una revisione di oltre 40 studi (O’Shaughnessy & Swanson, 1998) conferma difficoltà più rilevanti nella compo- nente verbale della Memoria di Lavoro rispetto a quella visuo-spaziale, mentre studi successivi ribaltano questi risultati, osservando una compromissione della Memoria di Lavoro di tipo generalizzato, indipendentemente dal fatto che gli sti- moli utilizzati siano verbali o meno (Martinussen & Tannock, 2006; Menghini et al., 2011). Di conseguenza, i deficit di Memoria di Lavoro in bambini con DE sembrerebbero coinvolgere sia il canale verbale, sia quello non verbale, ampliando le possibili interpretazioni alla base del deficit di lettura (De Weerdt et al., 2012).

Nei bambini con dislessia si osserva nella maggior parte dei casi un’alterazione generale a carico delle FE: alcuni studi hanno osservato difficoltà nella Memoria di Lavoro, nel processamento rapido e nella capacità di inibizione di risposte ina- deguate (in particolare in attività che richiedono un carico cognitivo consistente) in bambini con disturbi di lettura o dislessici se confrontati con soggetti con abi- lità di lettura nella norma (Wilcutt et al., 2005; Reiter et al., 2005). Infine, anche uno studio recente ha indagato questi aspetti, dimostrando la presenza di deficit a carico della fluenza verbale, della flessibilità cognitiva e dell’abilità di processa- mento rapido in un insieme di 50 bambini dislessici; nello specifico, sembrerebbe proprio la flessibilità ad essere l’indicatore più predittivo della difficoltà di lettura (Moura et al., 2015).

Uno studio di Varvara e colleghi (2014) è andato ad osservare il funzionamento delle FE in 2 gruppi: un gruppo di bambini e ragazzi con DE e un gruppo di con- trollo. I risultati mostrano che i soggetti con DE, presentano deficit più o meno marcati in tutti i domini delle FE indagati: consapevolezza fonologica, attenzione visuo-spaziale ed uditiva, fluenza verbale, shifting verbale e Memoria di Lavoro. Inoltre, la consapevolezza fonologica e, in misura inferiore, le abilità di attenzio- ne visuo-spaziale ed uditiva sono state evidenziate come indicatori maggiormente predittivi della capacità di leggere parole o non-parole. Dunque, quello che emer- ge da questo studio è che anche gli aspetti attentivi, oltre alle attività prettamente verbali, hanno un effetto significativo sui processi di lettura (Varvara et al., 2014).

Per quanto riguarda invece il coinvolgimento dell’inibizione negli apprendimen- ti, si è osservato come sia implicata principalmente nella compresione del testo (Borella et al., 2010). A questo riguardo, uno studio ha indagato la capacità di inibizione in bambini di 11 anni con o senza diagnosi di DE: il gruppo di soggetti dislessici mostrava alterazioni principalmente a carico dell’inibizione di stimoli visivi e verbali, mentre i dati tra i 2 gruppi erano invece paragonabili per l’inibi- zione di stimoli numerici (Wang et al., 2012). Quindi quello che emerge da questo studio fa pensare che le alterazioni osservate nelle capacità inibitorie in bambini con difficoltà di lettura possano essere collegate ad un’elaborazione deficitaria di stimoli visivi e verbali piuttosto che alle ridotte abilità di inibizione.

Un’altra abilità che spesso viene indagata come precursore dello sviluppo del- le abilità della letto-scrittura è l’attenzione. Diversi studi hanno evidenziato una particolarità presente in soggetti con difficoltà degli apprendimenti: ovvero che l’alterazione dell’attenzione, non interessa solo la focalizzazione su stimoli visivi ed il loro controllo attentivo, ma coinvolge anche processi di attenzione uditiva (Buchholz & McKone, 2004; Tallal, 2004; Ramus et al., 2013). In linea con queste osservazioni, una teoria recente ipotizza che il fattore eziologico alla base della dislessia risiederebbe nella componente attentiva deficitaria (Krause, 2015): ciò che viene proposto è che le difficoltà nell’elaborazione ortografica e fonologica, tipiche di soggetti con DE, deriverebbero a loro volta da un deficit attentivo mul- timodale, comprendente sia l’attenzione visiva che uditiva.

Alcuni studi vanno a corroborare questa ipotesi, in quanto un tale deficit attenti- vo multisensoriale favorirebbe la presenza di interferenze nella lettura in soggetti dislessici: da una parte si evidenzia l’importanza dell’attenzione visiva per quan- to riguarda la lettura, indispensabile per rivolgere l’attenzione verso le lettere, inibendo gli stimoli disorientanti (Facoetti et al., 2005; Yeshurun & Rashal, 2010; Ruffino et al., 2014), dall’altra, il ruolo dell’attenzione uditiva, necessaria per amplificare l’associazione grafema-fonema (Franceschini et al., 2013).

Tra i domini delle FE viene indagata anche la pianificazione, andando ad os- servare la relazione esistente con le capacità di lettura e la comprensione del testo scritto: in alcuni studi si è visto che l’utilizzo di strategie metacognitive basate sulla pianificazione permette una visione critica del testo scritto, migliorando la comprensione (Pressley, 2000; Vellutino et al., 2000; Reiter et al., 2005). Un al- tro studio conferma e approfondisce i risultati sopra-riportati, evidenziando che l’utilizzo della pianificazione, valutata con il test delle Torri di Londra, influisce

sull’abilità di comprensione del testo anche nelle condizioni in cui elementi come la velocità di lettura, la decodifica e le competenze lessicali, vengono trascurati (Sesma et al., 2009).

Infine, possiamo dedurre che considerando la categoria globale dei DSA, i ri- sultati delle ricerche sono spesso contrastanti e i risultati degli studi analizzati non permettono di arrivare ad una conclusione unanime, sia per quanto riguarda il livello di compromissione delle FE negli apprendimenti, sia nel comprendere quali conseguenze questi deficit abbiano sulle abilità di letto-scrittura e calcolo.