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Funzioni sociali: Autobiografia (socio-)linguistica

IL REPERTORIO LINGUISTICO DEGLI STUDENTI BILINGUI OGGETTO DELLA RICERCA

5.3. ANALISI DEL REPERTORIO LINGUISTICO DEGLI STUDENTI BILINGUI OGGETTO DELLA RICERCA

5.3.1. Funzioni sociali: Autobiografia (socio-)linguistica

Per quanto riguarda il repertorio linguistico degli studenti oggetto della ricerca i due studenti della primaria parlano solo due lingue: l’italiano si affianca, infatti, o al putonguha o al dialetto. I tre studenti della secondaria di primo grado, invece, possono essere considerati parlanti plurilingui all’interno dei quali coesistono i tre sistemi linguistici dell’italiano, del putonghua e del dialetto di Wenzhou. Per tre dei cinque studenti il dialetto viene considerato come prima lingua, mentre come seconda lingua viene scelto l’italiano. Nel caso di uno dei tre studenti il putonghua è percepito come seconda lingua contemporaneamente all’italiano. Gli altri due studenti, invece, hanno scelto l’italiano come prima lingua sentita e ascoltata, e il putonghua come seconda. Per questi due soggetti è interessante notare come dall’analisi delle interviste emerga che, similmente agli altri studenti, la lingua sentita e parlata con i genitori, da intendersi quindi come lingua madre, sia prevalentemente il cinese, ma è l’italiano ad essere percepito come prima lingua. Nel caso del putonghua per questi due soggetti, si può, inoltre, rilevare che mentre per lo studente della primaria esso corrisponda effettivamente alla lingua usata con e dai genitori e con e dai fratelli, nel caso dello studente di secondaria di primo grado la lingua usata con e dai genitori sia prevalentemente il dialetto, a volte l’italiano con la madre. Il putonghua, usato nel contesto familiare solo in parte con la sorellina piccola, viene, comunque, percepito come seconda lingua, mentre il dialetto è messo al terzo posto.

Dalle prime due domande dell’intervista sulla percezione di prima e seconda lingua è stato, infine, osservato che per i due studenti della primaria non c’è ancora una chiara consapevolezza della distinzione tra dialetto e putonghua. Entrambi, infatti, si riferiscono ad un generico cinese che per ciascuno corrisponde alla lingua conosciuta ed usata: in un caso si tratta del dialetto e nell’altro caso del putonghua.

Per quanto riguarda il contesto di acquisizione linguistica bilingue, dalle interviste emerge che la quasi totalità dei soggetti è entrato in contatto con l’italiano a partire dalla scuola materna. Solo uno studente riporta l’italiano

come prima lingua sentita e parlata dalla madre. L’osservazione protratta nel tempo dei comportamenti linguistici dei genitori degli studenti soggetto della ricerca, ci ha permesso di collocare i genitori nel Tipo 2, secondo le distinzioni tipologiche adottate da Li Wei (1994: 181-183). Questo tipo di parlante, definito come monolingue funzionale, solitamente appartiene alla prima generazione e utilizza la lingua della comunità in tutti i contesti sociali e ricorre, nel nostro contesto, all’uso dell’italiano solamente in rare occasioni e solamente per ragioni specifiche. Le caratteristiche di questa tipologia di parlante ci fa pensare, quindi, che la competenza in italiano dei genitori non sia sufficiente per lo sviluppo della lingua italiana nei figli. Anche per lo studente che riferisce di aver imparato l’italiano dalla madre, è possibile quindi ritenere che l’input linguistico in italiano sia stato quantitativamente consistente a partire dai 3 anni quando è iniziata la frequenza alla scuola materna.

Per quanto riguarda il cinese, la situazione è più complessa: sia il dialetto che il

putonghua sono state apprese all’interno della famiglia, ma dalle interviste non

sempre emerge chiaramente quale sia stato il contesto di acquisizione. Nel caso dei due studenti della primaria la lingua utilizzata per comunicare nell’ambiente familiare è in un caso il putonghua e nell’altro il dialetto. La studentessa della secondaria di primo grado si può, invece, definire bilingue simultanea per quanto riguarda il putonghua e il dialetto che rappresentano le due lingue utilizzate rispettivamente con il padre e con la madre. Negli altri due casi la situazione si presenta meno chiara dal momento che il dialetto è la lingua utilizzata dai genitori, mentre il putonghua viene usata con fratelli e amici cinesi. Uno dei due studenti riferisce di aver sentito le prime parole di

putonghua dalla nonna e poi parla di un fratello che gliel’avrebbe insegnato,

ma con il quale usa quasi sempre il dialetto. Il secondo studente riferisce di usare il putonghua solo con la sorella ma nessun’altro interlocutore della cerchia familiare utilizza questa lingua con lui. In entrambi i casi si può parlare di acquisizione simultanea dei sue sistemi linguistici, anche se nel contesto di acquisizione il putonghua sembra avere uno spazio minore e soprattutto non emergono con chiarezza le modalità di acquisizione di tale lingua. È possibile ritenere, tuttavia, che il putonghua venga acquisito allo stesso modo dei monolingui cinesi, cioè attraverso la televisione. Dagli studi relativi alla diffusione del putonghua in Cina è infatti emerso che nell’are di Wenzhou

(provincia dello Zhejiang) “the exposure to the national language before schooling is restricted to passive exposure through the media” (Saillarde, 2004: 166).

Per quanto riguarda l’età di sviluppo del bilinguismo per tutti gli studenti soggetto della ricerca si può parlare di bilinguismo infantile (per approfondimenti cfr. capitolo 3).

Per quanto riguarda i domini d’uso, nell’ambito familiare, i dati dimostrano che l’uso di una lingua o di un’altra varia sulla base dell’interlocutore, e solitamente, la lingua parlata dall’interlocutore con il soggetto è la stessa utilizzata dal soggetto con i diversi interlocutori.

Con i genitori la quasi totalità dei soggetti usa il cinese e nello specifico il dialetto; solo uno studente usa il putonghua con entrambi i genitori. La studentessa della secondaria usa il putonghua con il padre e il dialetto con la madre che corrispondono alle rispettive L1 dei genitori. Nelle interazioni genitori-figli non esiste il doppio uso di dialetto e putonghua. La seconda lingua della comunicazione, quando e se usata, è l’italiano, anche se nelle interviste gli studenti non sono in grado di dire con quale frequenza e rispetto a quali argomenti (topics) si ricorra all’italiano.

La lingua utilizzate nelle relazioni nonni-nipoti avviene in entrambi gli interlocutori o in dialetto o in putonghua, cioè, anche in questo caso, nella lingua conosciuta dai nonni.

Con i fratelli la comunicazione avviene, invece, adottando diversi abbinamenti delle lingue parlate dai soggetti, riassumibili nelle seguenti modalità di utilizzo:

a. Uso indifferenziato di italiano e cinese;

b. Usi di lingue diverse con fratelli diversi. In questo caso la lingua utilizzata è quella conosciuta dal fratello;

c. Uso predominate del cinese; d. Uso predominante dell’italiano.

Nel contesto familiare, dalle interviste emerge, quindi, che i soggetti sono coloro che adattano la propria scelta rispetto alle lingue parlate dai vari interlocutori nella famiglia. Con gli amici, come vedremo di seguito, la scelta è,

invece, più libera e non necessariamente dipendente dalla variabile lingua conosciuta dall’interlocutore.

Nel dominio amicizia la comunicazione è molto più polarizzata verso l’uso prevalente del cinese o dell’italiano. Nel caso degli studenti della primaria l’uso del cinese è legato alla lingua dei compagni che non conoscono l’italiano. Nelle classi in cui i soggetti sono inseriti, infatti, sono presenti dai due a più studenti cinesi neoarrivati nei due anni precedenti o nell’anno scolastico in cui è stata condotta la ricerca. Nel caso, invece, degli studenti della secondaria, o si parla esclusivamente cinese o esclusivamente italiano. In quest’ultimo caso si ricorre all’uso del cinese solo con i compagni cinesi neoarrivati in Italia che ancora non capiscono o non padroneggiano bene l’italiano. In tutti i casi, nel contesto dei pari si ricorre esclusivamente al putonghua, confermando le ricerche condotte da Ceccagno (2004) sui giovani migranti cinesi.

Il dominio della religione è stato preso in considerazione solo per gli studenti della secondaria di primo grado. Tale dominio non è risultato rilevante se non per uno studente che utilizza in questo caso il cinese.

Rispetto al dominio educazione, a parte uno dei due studenti della primaria, tutti gli altri frequentano anche la scuola cinese, per cui il contesto educativo varia. Nei singoli contesti, anche in questo caso, l’uso della lingua è legato alle lingue parlate dagli interlocutori e si usa, quindi, il cinese nella scuola cinese e l’italiano nel contesto educativo italiano.

Per quanto riguarda il rapporto lingua-mass media, l’uso di un mezzo di comunicazione in italiano piuttosto che in cinese è spesso legato ad una mancata conoscenza del cinese scritto. Gli studenti guardano la televisione sia cinese che italiana o prediligono quella italiana. Le motivazioni di questa seconda scelta sono in parte dovute ai gusti o agli interessi personali che non sono rappresentati, secondo gli intervistati, nella TV cinese. Una seconda ragione per la scelta della televisione italiana è data dalla totale incomprensione della lingua, in un caso, alle parziali difficoltà di comprensione del cinese per gli altri casi. Per quanto riguarda i film, invece, non è possibile trovare una linea comune; in questo caso ciascuno, infatti, sembra utilizzare una lingua rispetto all’altra basandosi su criteri del tutto personali. Gli stessi criteri personali sono alla base della scelta di ascoltare musica cinese o italiana. La radio non viene quasi mai utilizzata se non in un caso per ascoltare le partite

di calcio. Per quanto riguarda, infine, i fumetti, i giornali e i libri o si leggono in cinese e in italiano, anche se il cinese crea maggiori difficoltà di lettura e per questo è meno utilizzato, o si leggono in italiano. Come per la televisione, la scelta della lingua è in parte legata a motivazioni personali, quali la lettura dei testi scolastici e/o di lettura consigliati, e in parte dovuta all’incapacità di leggere in cinese.

Dall’analisi globale dei dati, rispetto ai domini proposti, emerge, quindi, che gli studenti utilizzano le diverse lingue sulla base di:

a. Interlocutore;

b. Contesto (place) in cui avviene la conversazione; c. Competenza linguistica nelle due lingue;

d. Criteri personali discrezionali.

Non emergono, invece, dai dati raccolti, rilevanti accomodamenti linguistici rispetto agli argomenti trattati di cui si parla. Avendo, tuttavia, domini d’uso separati (bilinguismo differenziale) è presumibile pensare che mentre la lingua della comunicazione varia tra l’italiano e il cinese sulla base dell’interlocutore, la lingua utilizzata per le abilità cognitive superiori sia l’italiano, cioè la lingua in cui sono stati scolarizzati gli studenti. L’istruzione in cinese è spesso assente, e quando è presente riguarda esclusivamente lo studio del putonghua e, in alcuni casi, lo studio della matematica come unica disciplina scolastica. Nel caso degli studenti oggetto della ricerca, sebbene quasi tutti studino il cinese, variano gli anni di studio e, quindi, anche la competenza raggiunta. Lo studente della primaria segue parallelamente le due scuole e sa sia leggere che scrivere in cinese. Allo stesso modo la studentessa della secondaria ha seguito un percorso parallelo in italiano e in cinese, anche se lei stessa dichiara di avere ancora delle difficoltà nella lettura del cinese. I due studenti rimanenti hanno, invece diversi livelli di competenza: uno sa scrivere e sta imparando a leggere in cinese, mentre il secondo non sa ancora leggere in cinese.