• Non ci sono risultati.

Test di elicitazione formale

ANALISI DELLE PRODUZIONI ORAL

DEGLI STUDENTI OGGETTO DELLA RICERCA

6.1.1. Test di elicitazione formale

Un primo strumento adottato nella nostra ricerca è il Verbal Fluency Task (VFT) (cfr. Appendice 1, § 1.2.).

Questo tipo di test è la variante orale del Word Association Test23 che si basa su una tecnica associativa sviluppata da Lambert (1956). Questo strumento è stato utilizzato, insieme ad altri test (per approfondimenti cfr. Peal e Lambert, 1962), negli studi di Peal e Lambert (1962) per valutare il livello di bilinguismo dei parlanti. Lo stesso strumento è stato successivamente adottato per la valutazione dei fenomeni di attrito linguistico (per approfondimenti cfr. § 3.2.5.), in quanto gli studi hanno dimostrato come la perdita della L1 abbia

23 Si tratta di un test adottato da Peal e Lambert (1962) caratterizzato dalla presentazione di

parole sia in francese che in inglese, alternando le due lingue. Agli studenti si chiede di scrivere il numero maggiore di parole associate al termine detto. Per ogni parola gli studenti hanno a disposizione 60 secondi.

come prima e come più importante conseguenza la difficoltà di recupero del lessico (Köpke, 1999).

Questo tipo di test è stato scelto tra tutti gli strumenti di elicitazione formale sia per la sua semplicità in termini di preparazione e di somministrazione, ma anche perché, si adatta, diversamente da altri, come ad esempio il Word

Detection Test24, alle caratteristiche dei soggetti della ricerca, in quanto non richiede nessun tipo di comprensione di lettura e di produzione scritta. Ai soggetti della ricerca è stato, infatti, chiesto di produrre oralmente, nello spazio di 60 secondi, il maggior numero di parole che fossero collegate e in relazione con i termini dati. Il task è stato, quindi, focalizzato sugli aspetti semantici del recupero lessicale attraverso l’elicitazione di parole legate ad un determinato campo semantico, come «famiglia», «casa», «scuola» e «città», utilizzati nella nostra ricerca.

I termini sono stati presentati prima in italiano e poi in cinese. Le stesse parole sono state, quindi, sottoposte ai soggetti dei rispettivi gruppi di controllo monolingui.

Il test è stato utilizzato per raccogliere dati da analizzare a vari livelli, tra cui la valutazione della dominanza 25 di una delle due lingue o un perfetto bilanciamento di entrambe nei paranti bilingui. Per ogni soggetto bilingue è stata, quindi, calcolata la somma di tutte le parole in italiano (NI) e la somma di tutte le parole in cinese (NC). Queste due somme sono state utilizzate per calcolare l’indice di dominanza, secondo la seguente formula (Ng, Wigglesworth, 2007: 193), adattata al contesto della ricerca:

24 Sviluppato da Lambert, Havelka e Gardner (1959), questo test è stato utilizzato con delle

modifiche da Peal e Lambert (1962) per misurare il livello di bilinguismo. Si tratta di trovare delle parole in inglese e in francese all’interno di stringhe di lettere, in un tempo dato di 30 secondi. Nella nostra ricerca questo tipo di test non è utilizzabile vista la natura logografica della lingua cinese.

25 Con “linguistic dominance” si intende in questo caso “which of the two linguistic system is

dominant in the one mind” (Pienemann, 2007: 259). Lo stesso termine è stato utilizzato in riferimento a due differenti concetti: a. l’uso di una lingua preferita rispetto all’altra; b. la dominanza di un sistema grammaticale sull’altro nel parlante bilingue (Arias, et al., 2005).

x 100 = INDICE DI DOMINANZA NI – NC

Un indice pari a zero indica un perfetto equilibrio tra le due lingue, un indice positivo indica la dominanza dell’italiano e un indice negativo la dominanza del cinese.

Questo tipo di analisi ha, tuttavia portato alla luce alcune criticità dello strumento adottato in relazione alla lingua cinese. A tutti i soggetti è stato, infatti, chiesto di associare il maggior numero di parole per ogni campo semantico dato. I soggetti bilingui e i monolingui italofoni hanno “rispettato” il task fornendo un elenco di parole costituito generalmente da un’unica parola “piena”26 o, come nel caso di uno dei due parlanti bilingui della primaria, da una parola “piena” unita a parole “funzionali”27 come articoli e preposizioni. Nel caso delle produzioni cinesi, invece, le associazioni fatte hanno assunto spesso la forma di sintagmi nominali, costituiti, quindi da più parole. Questo tipo di risultato è fortemente legato alla natura flessiva dell’italiano in opposizione al cinese che è un tipico esempio di lingua isolante. La singola parola in italiano ha nel suo interno tutta le possibili informazioni relative al numero, al genere, al tempo e al modo contrassegnati morfologicamente in modo diverso. I morfemi flessionali sono sufficienti, quindi, per specificare la concretizzazione della radice lessicale su cui operano in un determinato contesto. Nella lingua cinese, al contrario, “ogni unità lessicale è invariabile e rimane identica qualunque sia la posizione grammaticale che assume” (Abbiati, 1992: 110). “In cinese le varie categorie grammaticali non sono modalità obbligatorie che richiedono di essere sistematicamente contrassegnate con l’impiego di indicatori formali. Informazioni quali numero, genere, tempo, modo tendono ad essere fornite solo in caso di reale necessità, qualora il contesto non sia di per sé sufficiente a renderle implicitamente chiare. E anche allora la segnalazione è per lo più effettuata non attraverso l’impiego di specifici contrassegni grammaticali, ma mediante l’aggiunta di elementi contestuali” (Abbiati, 1992: 110). Nella lingua cinese il contesto gioca, quindi, un ruolo decisivo nel determinare la completezza grammaticale e nel realizzare la dimensione semantica della parola. Queste ragioni spiegano la presenza dei sintagmi all’interno delle produzioni dei monolingui cinesi, diversamente dalle

26 “Una parola ‘piena’ non è tale se non contiene un morfema lessicale; e un morfema lessicale

da solo può costituire una parola piena autonoma” (Berruto, 2006: 56).

27 “Le parole funzionali, che sono spesso costituite da un solo morfema, sono … ‘parole

produzioni dei bilingui i quali nel test in cinese, similmente al test in italiano, elencano semplicemente una serie di parole il cui significato non è attualizzato nel contesto di enunciazione. Nella traduzione in italiano, il termine è stato riportato al singolare, se non diversamente specificato dal contesto.

Sulla base di quanto detto, riteniamo, pertanto, che questa tipologia di strumento, per la natura stessa del test, sia poco adatto quando una delle due lingue in esame è il cinese.

Ai fini della nostra ricerca per poter ottenere dei dati scientificamente validi e non falsati dalla quantità oggettivamente maggiore di parole nei test dei parlanti monolingue sinofoni, abbiamo considerato “parola”, e contato come tale, le unità di significato composte rispettivamente da:

a. Parole "piene";

b. Parole "piene" accompagnate da parole "funzionali" (ad esempio: articoli e preposizioni per l’italiano; numerali e classificatori per il cinese);

c. Sintagmi nominali.