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gando Genova, si de iure et iusto titulo spectent et pertineant ipsi domino regi , non ostante la sentenza pronunziata dal Marchese di Monferrato sulla

controversia esistente tra il Re e la Repubblica; e nel caso in cui non potesse fare in modo che il castello e risola venissero in mano del Re, si impe­

gnava di aiutarlo per la conquista, a condizione però che una metà delle spese fosse a carico del Re (3).

Vennero così otto galee; e per mare e per terra si preparava un assalto decisivo.

Genova non fece gran conto del pericolo proveniente dall’esercito mandato dal Duca sotto il comando di Guido Torello, ma in tutta fretta costruì navi per decidere della sua sorte sul mare. Con queste Battista Fregoso, fratello del Doge, creato capitano, fece vela verso Finale, che era come la base della flotta nemica.

La scorse invece per via, ma non potè ingaggiare battaglia, perchè essa a lui dinanzi fuggì: ed una sola nave, avendo dato a terra, fu bruciata. Le altre sette rafforzate dalle due galee finalesi si indirizzarono prima verso ponente, per ingannare il nemico, ma poi voltarono le prore verso il Porto Pisano. Il Fregoso non le perdette di vista, le inseguì e le obbligò ad accettare battaglia. Si ebbe come epilogo una forte sconfitta da parte di Genova; cinque galee rimasero in possesso dell’armata ducale e con esse il Capitano; solo tre poterono salvarsi a forza di remi (4). Non è

(1) R o m a n o , Op. cit., in Archivio cit., pag. 139, nota 1, ove si dice che tanto la lettera del Duca come la risposta del Doge sono conservate nel cod. ambr. O. 63. sup. fol. 115 a t.

(2) G iu s tin ia n i, Op. e Voi. citt., pag. 296.

(3) R o m a n o , Op. cit., in Archivio cit., pag. 144. La proposta del Duca non poteva rimanere senza effetto, perchè il re d’Aragona in quell’anno, scacciato dai corsi aveva per­

duto Calvi da lui occupata nel 1420 (G iu s tin ia n i, Op. e Voi. citt., pag. 295), (4) G i u s t i n i a n i , Op. e Voi. citt., pag. 296.

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escluso che il tradimento di alcuni comandanti, gelosi della famiglia Fregoso e segretamente d’accordo con il Capitano del Duca, contribuisse alla disfatta (1).

Come suole accadere nei grandi disastri, gli animi rimasero avviliti. La città assediata non pensò alla resistenza, ma decise di darsi a Filippo Maria Visconti; e glielo fece sapere.

La resa fu trattata a lungo. Le condizioni poste a Carlo VI, re di Francia, quando divenne Signore di Genova, furono riesumate. Francesco Carmagnola e Guido Torello, i capitani, che premevano la città dalla parte di terra, contrattarono col Doge; e il 2 dicembre si sottoscrissero i seguenti capitoli, che tutelavano nel miglior modo possibile gli interessi della Repub­

blica e quelli della famiglia Fregoso:

II Doge di Genova si impegna a consegnare al Duca di Milano la città di Genova e le altre città e terre dipendenti, tranne quelle che si indicano in appresso, e coi patti seguenti: — 1" salvi sempre i diritti dell’impero sul Genovesato, le autorità di Genova riterranno per signore il Duca; — 2° il Duca e suoi sucessori nomineranno un governatore per Genova, non suddito di questa città, il quale amministrerà insieme agli Anziani secondo gli statuti di Genova; — 3° Genova terrà per proprii i nemici del Duca e farà loro guerra, salvo coll’imperatore e col Re di Cipro; — 4° si porranno le insegne ducali sulle navi di Genova che prima portavano le armi regie; — 5° tutti i vassalli di Genova giureranno fedeltà al Duca; — 6° il comune di Genova giurerà fedeltà; — 7° i Genovesi presteranno al governatore gli stessi onori che prima al Doge; — 8° il comune di Genova promette di difendere il Duca; — 9° il comune consegnerà tosto al Duca otto castelli, tra cui Voltaggio, Gavi, Ovada e Novi Ligure, già in mano del Duca, e così la fortezza di Stella, i due castelli vecchi di Savona, calcolati per uno, i due castelli di Porto Venere, calcolati pure per uno, e il castello di Ventimiglia, quando saranno restituiti; — 10" il Duca promette di difendere Genova; — 11° il Duca tenterà ogni mezzo per ridurre all’obbedienza di Genova i vassalli e le terre di qua dal mare che se ne sottrassero negli ultimi quattro anni; — 12° il Duca si impegna a non vendere e trasferire ad altri il Genovesato; — 13" il Duca includerà i Genovesi se farà pace o tregua; — 14° il Governatore giurerà, assumendo l’ufficio, di osservare tutte queste clausole; - 15° i Geno­

vesi potranno liberamente andare, stare, mercanteggiare e godere di privilegi;

— 16° il Duca promette di osservare questi capitoli; — 17° si restituiranno ai fuorusciti e agli altri sudditi del Duca i loro beni; circa i luoghi delle com­

pere il Duca si riserva di deliberare; — 18° il Duca promette di governare

(1) Ma n f r o n i, O p. cit., pag. 97.

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rettamente i Genovesi e di trattare bene i fautori del Doge; 19 il Duca confermerà i privilegi dei luoghi delle compere; — 20' il Duca grazierà coloro che gli furono contrari nell’ultima guerra; — 21° il Duca concede salvacon­

dotto per un decennio al Doge di Genova e suoi fratelli, pei i loro beni e luoghi delle compere di Genova; — 22° rimarranno in carica gli ufficiali del Levante sino al termine e vi andranno quelli già nominati; gli altii uffici saranno a disposizione del Duca; — 23° si restituiranno ai Genovesi i beni confiscati; — 24° il Duca farà in modo che siano liberati Abramo e Battista di Campofregoso, fratelli del Doge, e Giacomo de Benisia (o Bovisia), e così gli altri Genovesi; — 25° si metteranno nelle fortezze di Porto Venere persone fide a lui e al Doge, e, quando i tre indicati nel § 24 siano liberati, quei forti si consegneranno al Duca; — 26° il Doge potrà estrarre dal Castelletto di Genova e dal Castellacelo sopra Genova le munizioni che son sue, così Spinetta quelle di Savona e Battista quelle di Porto Venere; 27° le città collegate e i vassalli di Genova continueranno negli stessi diritti di prima;

— 28° Giacomo Malaspina del fu Tomaso, vassallo di Genova, resta particolar­

mente raccomandato al Duca per la restituzione delle sue terre; 29° il Duca giurerà tutti gli accordi fatti; — 30° si leveranno le rappresaglie, fatte e concesse; — 31° si concederà salvacondotto per sei mesi al Doge e ai suoi fratelli per recarsi ove vorranno; — 32° i ribelli e nemici del Duca potranno stare liberamente in Genova; per quelli che il Duca non volesse si stabilirà un congruo termine, perchè possano andarsene coi loro beni; — 33 il Doge potrà ritenere dell’ufficio del sale la somma di lire quattromila e cinquecento di genovini per la condotta del sale di Francesco de Montilio; — 34" Antonio de Viviano sarà confermato scrivano dell’Ufficio del Sale di Genova, almeno finché durerà la condotta di Francesco de Montilio; — 35° Benedetto di Andora e Matteo di Bargagli saranno confermati tra i cancellieri del comune di Genova; — 36° sono confermate le immunità concesse a Battista Cicala, dottor di leggi, dal Doge di Genova

(1)-Questi capitoli portarono certamente alla cessazione delle ostilità tra Genova e gli eserciti, che si trovavano già sulle alture di Granarolo e nelle valli del Bisagno e della Polcevera, ma non diedero ad essi la facoltà di occupare la città; un’altra questione bisognava assodare ed era la ricompensa finanziaria da dare al Doge.

Sebbene non si accenni a questo nel documento testé riferito, pure è sicuro che lo spodestato vi pretese e difatti il 4 novembre il nobile Anseimo Cacucherio, genovese, dichiara di aver ricevuto da Urbano di Sant’Aloisio e

(1) Inventari e regesti del R. Archivio di Stato di Milano, Vol. II, Gli Atti Cancellereschi Viscontei, Parte II, Carteggio extra do minium con una aggiunta alle due parti, Milano, Palazzo del Senato, 1919, n. 788.

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per conto di Francesco Mongio, mercante di Genova, la somma di 3000 fiorini, che dallo stesso Mongio deve essere sborsata a Tomaso Fregoso, già doge di Genova, in virtù di certe promesse fatte a nome del Duca di Milano allo stesso Fregoso. Il 6 novembre Giovanni Fregoso

in Castro Magno vocato Casteleto

promette la consegna di quel castello, che si riconnette con la rati­

fica di una convenzione stipulata dal Carmagnola il 14 novembre nella gran sala del palazzo del comune di Genova con i cittadini genovesi Giovanni Grillo, Antonio d’Oria, Carlo Lomellino, Raffaele Centurione, Cipriano Spinola, Montano de Mari e Lazzaro Vivaldi, i quali si obbligano a pagare fra 18 mesi a Tommaso Fregoso la somma di fiorini 30.000 per il ricupero di Castelletto e degli altri fortilizi, somma che sarà restituita dal Duca fra 16 mesi e mezzo a datare dal primo dicembre susseguente, in ragione di soldi 34 e mezzo geno­

vesi per fiorino, vale a dire in tutto lire genovesi 51.750, che corrispondono a fiorini 30.000, scrivendone intanto la somma nei registri di S. Giorgio a credito dei nominati signori.

Questo avveniva il 19 novembre (1).

È segno adunque che, stipulati i patti, il Fregoso era rimasto in città e Giovanni, suo fratello, presidiava ancora il Castelletto, e, finché non si liquidarono tutte le partite, i Milanesi non occuparono Genova. E di fatti noi sappiamo che il 24 novembre il Duca cedette all’ex-doge la signoria di Sarzana e del suo distretto, prima spettante alla Repubblica, e che anche a suo fratello Spinetta furono dati 15.000 fiorini « per cagione della città di Savona ». Solo il 2 dicembre il Fregoso, accompagnato da Guido Torello sino alla nave, salpò dal porto per la sua nuova residenza di Sarzana e il campo visconteo entrò in città, guidato dal Carmagnola, che ne prese pos­

sesso a nome di Filippo Maria (2).

Il 30 dicembre vi fu una ratifica, da parte del Duca, dei patti stipolati il 2 novembre; il 3 gennaio del 1422 se ne fece un’altra e solo il 4 marzo dai procuratori di Genova si prestò al nuovo Signore, e per esso al cardi­

nale Isolani di S. Eustachio, atto di omaggio, con la consegna dello scettro, delle chiavi, dei vessilli e delle altre insegne della Repubblica (3).

Durante questi avvenimenti Galeotto del Carretto, come abbiamo visto, si era distinto per il contributo dato all’armata. Come premio ricevette l’am­

ministrazione di Pietra, Giustenice e Toirano, che egli probabilmente non aveva ancora restituito alla Repubblica; ma il premio, se in parte ricompen­

sava le sue fatiche, era anche un legame, con cui veniva avvinto al carro visconteo. Non fa perciò meraviglia, se nel 1423, quando il Duca, dando nuovo

(1) R o m an o, Op. cit., in Archivio cit., pagg. 145 e 46.

(2) G iu s tin ia n i, Op. e Voi. citt., pagg. 296 e 97.

(3) R o m a n o , Op. cit., in Archivio cit., pag. 146 e nota 2,

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indirizzo alla sua politica, mise insieme una forte armata per liberare la città di Napoli, occupata contro la regina Giovanna dal re Alfonso d Aragona, il Marchese di Finale è il primo a fornire una galea alle richieste del conte di Carmagnola, divenuto, per Filippo Maria, governatore di Genova (1).

Sembra che si riferisca a questo fatto una sospensione di lite avuta dal Marchere con il Dottore di leggi, Damiano Pallavicino, accordata a lui il 9 febbraio 1423, perchè si accenna ad una sua andata da Genova a Finale per interessi del Duca (2).

Ma qui i documenti ci presentano una ben diversa maniera, con cui Galeotto è trattato dal Duca di Milano e da quelli che a Genova sono preposti alla pubblica cosa. Il primo — l’abbiam visto — abbonda in generosità verso di lui; i secondi assottigliano i pagamenti dovutigli a cagione dei tre paesi posti sotto la sua amministrazione.

Il 9 marzo, mentre si ordina ai ragionieri del Comune di aggiustare le sue partite, compensando credito e debito, si stabilisce anche di sman­

tellare il castello della Pietra verso il borgo, in modo da non aver più bisogno nè di castellano nè di presidio (3). Ciò per diminuire le spese per la manutenzione.

Un altro ordine di pagamento dell’8 agosto 1424, a lui intestato per la guardia del castello di Giustenice e della Pietra, raccomanda di tener conto del tempo, in cui, smantellato il castello, non vi fu più bisogno di guardia (4).

Anche l’intervento della sua galea nell’armata spedita a Napoli ha un eco, in questo senso, nei documenti.

In una lettera scritta lo stesso 8 agosto al Governatore Ducale ed all’Ufficio degli Anziani, il Marchese ricorda di aver servito per sei mesi

in armata constructa hic non diu est et consumpta in regno Neapolis ad aug­

menta illustrissimi principis domini Filippi Marie ducis Mediolani et domini