• Non ci sono risultati.

videbitis subito oculis vestris in littore vestro totam hanc urbem armatam (5 )

(1) Diversorum Communis lanuae. Filza 9, n. 49. Clr. PESCE, Op. cit., pagg. 61 e 62.

(2) Litterarum, Reg. 7, n. 711.

(3) Litterarum, Reg. 7, nn. 715 e 717.

(4) Litterarum, Reg. 7, n. 726.

(5) Litterarum, Reg. 7, n. 731.

101

Scarioto, venuto fra i primi, il 5 giugno riceve la com m issione di p o r­

tarsi ad Albenga sulla nave di Raffaele Fieschi, per vedere la città, studiarne il sito, rilevare la posizione degli accampamenti nemici (1). Il grosso della spedizione sarebbe stata sul posto per il 14 successivo, com e si scrive al commissario di Savona, Andreolo d’Oria, e: « bisogna vederli i fanti — si dice —

quales sint et quomodo armati

» (2).

L’8 giugno si prendono disposizione per procedere d ’accordo ad una azione contemporanea contro i diversi eserciti ducali, sparsi un pò da per tutto e si scrive al « Vessillifero della Giustizia del Popolo e C om une di Firenze » che Albenga era sempre premuta; intorno ad essa era la cavalleria del Piccinino, di Antonello da Siena, di Bernardino de Carda, di Ludovico di San Severino, di Lancia Spezzata ed il fiore dei fanti lombardi; dopo quat­

tro mesi di assedio l'ora era venuta di darle aiuto. Si propone che tanto nella Lunigiana che sull’Adda si facessero dimostrazioni, am m assandosi fanti e cavalieri in gran numero (3).

L’11 si scrive una lettera ad Albenga che è come una diana di guer­

ra: Fra cinque giorni verrà il nostro esercito col Capitano; non scenderà a terra, ma resterà sulle navi, combattendo per qualche giorno con balestre e bombarde senza interruzione, anche di notte; poi con assalto sim ultaneo si produrranno i nostri che si trovano alle spalle ed ai lati del nemico; e final­

mente tutti insieme ne faranno strage (4).

Per assicurare il colpo non si vuole dare occasione a G aleotto del Carretto di schierarsi apertamente col Piccinino, perchè di nascosto già lo favoriva.

Due sudditi suoi, Belanda e Forlani, poco prima avevano chiamato un tale Guglielmo, figlio di Meliano Guirardo delia Pietra, come se fosse desiderato da uno della famiglia Del Carretto, ma in realtà gli tramavano un inganno, perchè, come erano d'accordo, lo fecero prendere dai fanti del Piccinino

e tenerlo prigione.

Il Doge scrisse il 30 maggio al Marchese con belle maniere, dicendo­

gli che il fatto non poteva imputarsi nè alla comunità di Finale nè a lui, ma conveniva interessarsi della liberazione del prigioniero e indennizzarlo in qualche modo (5).

Volle anche 1*8 e il Q giugno che dai conestabili residenti a Noli non si facesse insulto al Marchese, nè ai suoi uomini, nè alle sue terre; si

(1) LiUerarum, Reg. 7, n. 737.

(2) LitUrarum, Reg. 7, n. 742.

(3) LiUerarum, Reg. 7, n. 744.

(4) LitUrarum, Reg. 7, n. 754.

(5) LiUerarum, Reg. 7, ru 716.

— 1 0 2

-raccom andò, però, al comissario, Girolamo Fregoso, di intimorirli:

ut orti ni via

et arte timorem et suspicionem sibi et

hominibus

suis

inferatis

,

ita tamen ut

semper timeant, nolumus tamen ut palam aut secrete illos

offendatis

(1).

Si ricorse anzi ad un altro mezzo per avere dalla propria parte il Finale, indirizzandosi non più al Marchese, ma direttamente al popolo. Al quale si fece sapere che Genova aveva considerato i Finalesi come buoni Genovesi ed aveva cercato sempre di venir loro in aiuto, se caduti in ischiavitù in mano di Saraceni o fatti prigionieri da altri popoli. 1 Fi­

nalesi alla lor volta si erano mostrati riconoscenti a questi benefici e pronti a tutto sacrificare per l’onore della Repubblica. Il passato avrebbe dovuto essere stimolo a compiere nuove imprese a favore della patria comune; in­

vece essi avevano mandato balestrieri all’assedio di Albenga, ed avevano com battuto contro i fratelli. Forse — si soggiunge — ciò accadde contro ogni vostra volontà, per imposizione altrui: portare aiuto ai Lombardi un as­

surdo, perchè contro il nostro e vostro interesse. Ora fatta la lega con i Fiorentini ed i Veneziani e pronto ogni aiuto per la difesa di Albenga, non potete più temere e Galeotto non può spingervi a fare cosa che voi non dovete fare e lui non deve comandare, eccetto che voi simuliate di essere stati da lui costretti a prendere le armi. Per conseguenza richiamate i vostri uomini dall’esercito del Piccinino e tutti insieme virilmente cooperate ad espellere i Lombardi dalla nostra terra, come si conviene alla vostra fedeltà ed al vostro onore; e vi arricchirete delle spoglie del nemico. In caso con­

trario provvedete alla vostra salvezza, perchè non siamo noi disposti a ren­

dere bene per male (2).

11 tentativo di avere dalla propria parte i Finalesi non riusci, ma da questo si vede che Genova teneva alla loro neutralità ed, arrivato il tempo opportuno, al loro aiuto.

Per i signori di Cairo la cosa andava diversamente. Siccome essi avevano mandato frumento e balestrieri al Piccinino, venivano trattali come nemici; nel loro territorio si faceva bottino di armenti e, quando si poteva, i loro sudditi venivano tratti prigionieri (3).

A Mallare, poi, sempre fedele, che aveva molto sofferto per il passaggio dell’esercito ducale, il 13 giugno, si fa vedere la propria simpatia (4).

In mezzo a questi atteggiamenti diversi, assunti secondo le circostanze da Genova, risalta quello tenuto con Filippo Maria Visconti, al quale, non

(1) LiUerarum, Reg. 7, nn. 748 e 751.

(2) Litterarum, Reg. 7, n. 753.

(3) Litterarum, Reg. 7, n. 767.

(4) Litterarum, Reg. 7, n. 764.

— 1 0 3 —

che nascondere, il Doge comunica, il 6 giugno, la conclusione della lega con Firenze e Venezia, solo affermando che essa tendeva alla pace d’Ilalia (1).

Di rimando il Piccinino torna sulla proposta di pace (2) e il Duca, tioppo taidi, propone nuovi patti, scrivendone non al Doge, ma a Battista Fregoso; però anche questi tentativi riescono inefficaci (3).

Quando il 16 si faceva sapere al Visconti di non potere aderire alla sua richiesta, senza la restituzione dei territori occupati, Albenga si vedeva libera dall’assedio.

Il giorno prima, all’aurora, il Piccinino, avendo conosciuto i preparativi della battaglia, vedute le navi presso l’isola di Albenga,

trepidus et exanguis i ni nia tabernacula exercitus sui raptim incendit ac mox paratis equis more fusi

et

fugiintts exercitus in fugam se converti et, abiit et, versus Toiranum iter