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scente lacessiti, multimode iniurias illorum perferre non possumus statuimusque non fraudibus, non insidiis, sed armis iniurias nostras ulcisci (2)

II 6 maggio si era comandato a Bartolomeo de Fornari di par­

tirsi dalle acque di Porto Pisano per recarsi in Oriente, lasciando in quel mare due galee, cui da Genova si sarebbe mandata una terza per

soprappiù (3).

Ma il 9 maggio una nuova lettera, affidata a Biagio Assereto ed Angelo Gentile (4), per lo stesso Bartolomeo de Fornari, invita quest’ultimo a non partirsi da Porto Pisano e, se partito, a tornarvi (5):

segno che nuovi bisogni avevano suggerito di mutare consiglio. Per l’Oriente si destina IMI col titolo di capitano Manfredo Ghisolfo con la sua nave e quelle di Luca Italiano (6), di Pietro di Fo (7) e di Pietro del Pozzo (8). Egli doveva navigare prima verso la Sicilia, ove l’aspettava la nave di Gian Battista Cattaneo, spedita in quei mari per sorprendere a Cartagine una nave veneta, la quale, se presa, doveva essere inviata a Genova, carica o vuota, avendosene bisogno; di lì, prendendo al suo seguito anche la nave di Gian Battista Cattaneo, il capitano avrebbe fatto vela verso il Capo S. Angelo, cercando di tenersi informato sulle intenzioni del nemico.

Al Capo S. Angelo la nave di Gian Battista Cattaneo sarebbe andata a

(1) Litterarum, Reg. 3, n. 922.

(2) Litterarum, Reg. 3, n. 1027.

(3) Litterarum, Reg. 3, n. 994.

(4) Litterarum, Reg. 3, n. 1006.

(5) Litterarum, Reg. 3, n. 1005.

(6) Litterarum, Reg. 3, n. 1012.

(7) Litterarum, Reg. 3, n. 1015.

(8) Litterarum, Reg. 3, n. 1016.

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-Rodi per far sapere ai mercanti genovesi ivi residenti lo scopo del suo viaggio, poi a Cipro, a Famagosta, per lasciarvi Bartolomeo di Negrone, eletto suo capitano (1). Colà, finito il suo stipendio, egli poteva recarsi o nella Siria o nell’Egitto, ma non a tutte e due quelle provincie, per caricare merci e tornare a Genova con premura, evitando che del suo viaggio se ne accorgesse il nemico, passando però per Chio, ove gli sarebbe dato, come agli altri patroni,

lex et ordo securus navigandi

(2).

11 Ohisolfo, l’italiano e il Di Fo — del Di Pozzo non si parla più, perchè gli si era scritto di andare a Sciacca a caricare frumento (3) — si sarebbero diretti a Chio, ove data notizia degli avvenimenti in corso ed esortati gli abitanti a preparare galee ed altro per la guerra, raccomandando loro ogni vigilanza per la salvezza dell’isola e delle navi genovesi, avreb­

bero insediato i nuovi officiali Cattaneo Dernisio, Giovanni Spinola e Lorenzo de Marini. Da Chio, con la nave di Pietro di Fo (4), il Capitano sarebbe passato a Pera, per portare anche colà l’appoggio della madre patria (5).

Sulle navi da essi comandate si trovavano anche dei combattenti, che il 15 maggio in numero di 140. e non più, sono raccomandati al Podestà e Consiglio di Pera, per avere, spirato il tempo della paga di tre mesi e mezzo, un ducato d’oro ciascuno (6).

I Genovesi, oltre avere spedito uomini a Lucca ed a Siena e navi in Oriente, tenevano anche conestabili, caporali e fanti in Lombardia, cui il 16

maggio si dà per capitano Ansaldo Grimaldi (7), e seguivano a preparare la grande flotta. 11 28 si fa sapere al console di Napoli, che era stato proibito a ciascuna grossa nave di passare il Mare Ligustico, perchè tutte si volevano assoldare, come si era fatto per la nave di Filippo Cattaneo (8), armata, come abbiamo visto, o in tutto o in gran parte di finalesi.

Ma Lucca passava tristi ore, tormentata dalla fame. Il Piccinino che col suo valore aveva preso Montepulciano ed Arezzo — il 19 maggio se ne dà notizia al Visconti (9) — è chiamato d’urgenza il 26 a recarle soccorso (10), con Antonio Petrucci, Nicolò Guerrieri e Prevostino Priore, che si

(1) Litterarum, Reg. 3, n. 1017.

(2) Litterarum, Reg. 3, n. 1014.

(3) Litterarum, Reg. 3, n. 1019.

(4) Litterarum, Reg. 3, n. 1018.

(5) Litterarum, Reg. 3, n. 1013.

(6) Litteiarum, Reg. 3, n. 1028.

(7) Litterarum, Reg. 3, n. 1033.

(8) Litterarum, Reg. 3, n. 1036.

(9) Litterarum, Reg. 3, n. 1038.

(10) Litterarum, Reg. 3, n. 1045.

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trovavano a Ponte S. Pietro (1), cui si dà per collaterale Antonio di Luca di Bassignano (2).

A tutti si promettono bombarde, molta polvere e balestre per spingerli ad occupare i castelli, che circondano Lucca, liberando radicalmente la città dall’assedio economico che l’opprimeva (3). Altre bombarde, da togliersi da La Spezia, sono promesse a Bartolomeo de Fornari, capitano delle navi, e dovevano servire a lui di spinta per tentare il colpo su Livorno (4).

Insorgono però nuovi pericoli nella Riviera Occidentale. Galeotto del Carretto ne aveva scritto a Francesco Spinola e Genova nomina il 28 mag­

gio Alaone Saivago e Bartolomeo da Voltaggio commissari

ad reprimendos hostium conatus

, collaborando e nell’opera e nel consiglio con quel Marche­

se (5). Si temeva forse della galeotta e brigantino usciti dalla foce dell’Arno (6) o si prevedeva un colpo di mano per parte degli estrinseci che se la in­

tendevano col Marchese di Monferrato?

Più probabilmente Galeotto aveva rivelato le mosse di Isnardo Fre­

goso di Leonardo, già comandante sulla nave Cicogna, ora ribelle, che si trovava a Noli e che il Governo di Genova, come si comanda il 31 maggio a Curreno Cicala, presidente in quella città, voleva si imprigionasse con i suoi compagni tutti, specialmente coi padroni della nave (7).

E nuovo rigore si impone nel blocco posto al mare di Toscana. Fran­

cesco Axalo, capitano per il re d’Aragona a Portovenere, ne dava occasione, permettendo se non consigliando ai suoi sudditi di seguitare il commercio con Pisa. Una saettia presa mentre usciva da quel porto era stata liberata, ma si stabilisce che d’ora innanzi siffatte navi, sorprese nel loro commer­

cio abusivo, venissero sommerse (8) ed a Bartolomeo de Fornari, che pre­

siedeva a quella operazione delicata, viene ingiunto il 3 giugno che negli otto giorni consecutivi, trovandosi qualche nave ad uscire da Pisa, non tornasse

(1) Litterarum, Reg. 3, n. 1042.

(2) Litteiarum, Reg. 3, nn. 1047 e 48. Quest’Antonio di Luca di Passignano era un fuo­

ruscito di Pisa che si chiamava conte ed era di Pontevera, cui parendo essere aperta una via a liberare la patria sua, insieme con molti usciti da Pisa che in Lucca vivevano e coi villani del territorio e gli abitatori delle piccole castella che gli erano aperte per avere mala guardia, faceva gran pressa al Piccinino affinchè pigliasse l’impresa di Pisa. Cfr. C a p p o n i , Op.

e Voi. citt., pag. 501.

(3) Litterarum, Reg. 3, n. 1046.

(4) Litterarum, Reg. 3, nn. 1043 e 44.

(5) Litterarum, Reg. 3, nn. 1051, 52 e 53.

(6) Litterarum, Reg. 3, n. 1056.

(7) Litterarum, Reg. 6, n. 2.

(8) Litterarum, Reg. 3, 1062.

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intatta a casa; quelle che avessero osato entrarvi o uscirne dopo gli otto gior­

ni fossero affondate (1).

Condotta ben diversa da quella dell’Axalo teneva Giacomo di Appia­

no, conte di Piombino, che,

perosus tandem scelera Florentinorum,

aveva fatto aderenza a Genova (2).

Ma Lucca, che dei Fiorentini sopportava la potenza, sente il bisogno di assoldare Antonio Lercari con 200 fanti e Genova il 3 giugno scrive ad Antonio di Credenza, al Piccinino ed al suo collaterale Antonio di Luca, che non ne è contraria (3); mentre invia il 6 successivo altri 500 balestrieri ad Ansaldo Grimaldi in Lombardia (4).

Siena alla sua volta insiste per i fanti e cavalli promessi. Genova li aveva già pagati e credeva che Nicolò Guerrieri vi fosse stato spedito dal Duca. Saputo ciò non esser vero, il 9 gliene fece rispettosa limostranza, pregandolo a contentare i Senesi (5). Il 20 scrive di nuovo in proposito ai Senesi dicendo loro che aveva dato denaro per condurre Guglielmo Pietrucci della loro città con 150 cavalli, Nicolò Terzo con 290 e Prevostino Priore con 60; fanti 500 aveva condotto il Piccinino mandandone i ruoli; solo il Guer­

rieri non era entrato in Toscana ritenuto dal Duca di Milano; si mandavano quindi Benedetto Pinello ed Antonio di Luca che con un fiduciario di quella città procedesse a fare la rassegna delle loro compagnie (6).

Ma il Piccinino a quest'ora era stato richiamato dal Duca in Lombar­

dia, ove maturavano eventi più grandiosi.

Galeotto del Carretto, forse riferendosi alle notizie prima comunicate a Genova, in questo mentre aveva fatto il suo progetto per intervenire diret­

tamente nella lotta. Voleva un due o tre mila uomini per marciare contro il Marchese di Monferrato. Il vicario Opicino di Alzate non potè soddisfarlo. Gli scelti della Riviera — gli dice — sono tutti o sulle navi o sulle galee o nei presidii di Chio e Pera o in Lombardia; prendere da essa ancora due o tre mila uomini più facile a dirsi che a farsi; essere pericoloso con soli scelti af­

fidarsi a siffatta impresa: mille uomini verrebbero messi in fuga da 50 cavalli.

11 Visconti gli rimprovererebbe la responsabilità assunta con un assenso preci­

pitato. Il progetto del Galeotto il 20 Giugno veniva rigettato (7), quando una strepitosa vittoria stava per decidere delle sorti in Lombardia.

Già nella metà di marzo, a Soncino, i Veneziani avevano subito una

(1) Litterarum, Reg. 3, n. 1063.

(2) Litterarum, Reg. 5, nn. 5 e 14.

(3) Litterarum, Reg. 3, nn. 1064, 65 e 66.

(4) Litterarum, Reg. 3, n. 1073.

(5) Litterarum, Reg. 5, n. 9.

(6) Litterarum, Reg. 5, n. 29.

(7) Litterarum, Reg. 5, n. 31.

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sconfitta. Filippo Maria Visconti ne restò contento e il 17 ordinò che a Milano si facessero per tre giorni processioni di ringraziamento, grandi falò con suoni dolci di campane (1). Ora un’altra se ne preparava sulle acque del Po. Con­

tro 37 galeoni, 48 barche ed altre navi nemiche il Duca poneva 28 galeoni da guerra, fra i quali uno di smisurata grandezza, ed altrettante navi da carico, mentre i due eserciti terrestri erano accampati presso Cremona, verso la quale città si dirigevano le due flotte. In un primo incontro si assaggiarono le forze con esito non si sa bene se favorevole o meno per i Milanesi; ma, saliti il Piccinino, Francesco Sforza, Guidone Torello, Erasmino Trivulzio e Ladi­

slao Guinigi sulle navi duchesche, allo spuntare del giorno seguente 23 giugno, attaccata battaglia, dopo due ore d’asprissima lotta si ottiene una vit­

toria memoranda col bottino di 28 galeoni ed altre barche, ottomila prigioni e tutte le munizioni da bocca e da guerra. Il Carmagnola, comandante in capo dell’esercito nemico, che avrebbe potuto impedire la disfatta col suo intervento da terra, era stato allontanato con una finta dimostrazione; fu solo suo merito il non aver permesso che la vittoria dalla parte contraria venisse maggiormente sfruttata (2).

Conosciuta a Genova questa vittoria, si mandò il 28 giugno una let­

tera al Visconti per fargliene i rallegramenti e dirgli che la città aveva vissuti giorni d’immensa gioia, dimostrata con fuochi e suoni di campane; e, diman­

dati 500 dei prigionieri fatti, da cui si sperava una qualche utilità, gli si racco­

mandava di non rimettere gli altri in libertà e si invocava l’invio di Nicolò Guerrieri a Siena, che aveva fatta una nuova richiesta di cavalieri (3). Se i nostri documenti potessero decidere sul numero di galee e navi prese ai Veneziani, avremmo che 43 erano i galeoni armati da essi, di cui solamente tre si salvarono con la fuga (4).

Ma la guerra ben presto dalla Lombardia si porta nel mare di Genova.

Il 22 giugno si dà ordini per la salvezza di Famagosta e delle altre colonie in Oriente (5); tornando dalla Toscana Donato Landriano con cavalli per via di mare, è obbligato da una tempesta a scendere dalle navi in Avenza, raccomandato il 27 a Tomaso Fregoso in Sarzana di farlo condurre senza pericolo in luogo sicuro — segno che il Fregoso non si era messo

aperta-(1) Osio, Op. e Voi. citt., pag. 6.

(2) Memorie spettanti alla storia, al governo ed alla descrizione della città e campagna di Milano nei secoli bassi raccolte ed esaminate dal conte G i o r g i o G i u l i n i , Nuova edizione con note ed aggiunte, Vol. VI, Milano, Francesco Colombo Libraio - Editore, 1857, pagg.

316 e 17; e R o m a n i n , Op. e Voi. citt., pag. 143, (3) Litterarum, Reg. 5, n. 42.

(4) Litterarum, Reg. 5, n. 43.

(5) Litterarum, Reg. 5, nn. 38, 39 e 40.

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-mente fino allora dalla parte dei nemici (1); il 7 luglio si manda Antonio Maineri per far la mostra a Nicolò de Terzi e dare licenza, partiti già gran parte di balestieri, agli altri che avevan finito la loro condotta (2), quando cioè verso la Toscana, in aiuto di Siena, si avviava Ludovico Colonna con 400 cavalieri, invece di Nicolò che ne aveva solo 290 (3).

Forse si credeva di restare più tranquilli; ma una notizia si piopagava fulminea: da Venezia il 24 son partite otto galee, che con altre convenute in quel seno, ascendenti a 16 navi fra tutte o, come altri diceva, a 20, erano in rotta per Porto Pisano, mentre altre cinque si armavano, senza che si

sapesse per quale scopo (4).

Se ne dà subito contezza al Signor di Piombino (5), cui si erano spedite, come da capitoli di accordo allora intervenuto, due galee per essere armate sotto il comando di Meliano di Ludovico e di Taddeo di Francesco, piombinesi entrambi (6); come pure ne sono informati i Senesi (7) e il conte Antonio da Pisa (8).

Si aggiunga che una ribellione si era suscitata sulla nave Spinola, perchè i marinai non erano stati pagati, spirato il tempo della loro condotta, e si sente il bisogno di spedire in Oriente, a Chio, la nave di Filippo Giustiniani con 200 uomini (9). Il Visconti poi domanda nuovi balestrieri e il Governatore ed Opicino, che avevano raccolti i fondi per pagarne 400 di essi, li dicono insufficienti per soddisfare anche ai cento allora voluti, e il 12 luglio per esimersi da quest’onere mettono avanti le nuove condizioni createsi: il bisogno della flotta per andare contro i Veneti, il presidio da porre nelle Riviere, nei luoghi soggetti ad una invasione o rivoluzione: tanto più che, dopo la vittoria ripor­

tata sul Po, i Genovesi, che vi avevan preso parte, erano stati spogliati dagli stessi conestabili, sotto i quali avevano combattuto, ed ora si rifiutavano di tor­

narvi, anche se offerto ad essi uno stipendio doppio (10).

Le ragioni non erano semplici scuse.

Genova, che si era mostrata restia a creare una flotta destinata alle acque di Venezia, ma che prontamente, sebben piccola, l’aveva costituita per soccorrere alle sue colonie d’Oriente e per porre il blocco alle spiagge toscane,

(1) Litterarum, Reg. 5, n. 50.

(2) Litterarum, Reg. 5, n. 65.

(3) Litterarum, Reg. 5, n. 67.

(4) Litterarum, Reg. 5, nn. 72, 73 e 74.

(5) Litterarum, Reg. 5, n. 76.

(6) Litterarum, Reg. 5, nn. 58 e 59.

(7) Litterarum, Reg. 5, n. 77.

(8) Litterarum, Reg. 5, n. 78.

(9) Litterarum, Reg. 5, n. 71.

(10) Litterarum, Reg. 5, n. 82.

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ora, nel pericolo che sembra minacciare direttamente la sua vita, è tutta intenta a contrapporre forza a forza nel più breve tempo possibile.

Il 14 luglio si chiamano tutti i maestri d’ascia della Riviera Occidentale, per ripassare i corpi delle galee esistenti o a Genova o nella Riviera Orien­

tale (1). Una di queste viene assegnata ai Savonesi il 14 luglio ed Urbano di Sant’Aloisio vi doveva mandare un capitano abile e devoto alla causa di Genova per armarla (2). Lo stesso giorno si parla di volere adunare non meno di 20 navi e si conduce ai proprii stipendii la galea di Simone de Mari a lire 1500 e cantari 40 di biscotto al mese (3). Man mano che il tempo procede, si intensificano i lavori. Il 26 si invitano a Genova altri maestri d’ascia da Chiavari (4); il 30 calafati da Savona (5).

Si pensa anche alle ciurme, che dovevano salire sopra queste galee.

Il 13 luglio Tomaso di Credenza è mandato a raccogliere uomini nella Riviera Occidentale, anche nei paesi lontani dal mare (6). Il 16 si determina il numero di combattenti che ciascun paese doveva dare (7). Ma il 21 si è obbligati a rimproverare Galeotto del Carretto, perchè non permetteva ai suoi uomini di mettersi al soldo di Genova, come avevan ripetuto i padroni delle galee che si allestivano, invitandolo a non farlo e a non impedire almeno che quei di Pietra, Giustenice e Toirano, sudditi della Repubblica, adempissero al loro dovere; anzi per questo il 22 si mandano a lui ed ai Signori della Valle di One- glia Nicola di Negrone e Paolo di Albaro (8).

Bisogna arguire che Galeotto conservava in cuore il risentimento del rifiuto toccatogli, quando voleva intervenire direttamente nella guerra, oppure, vedendo volgere a male le sorti dei Genovesi, aveva voluto affettare un con­

tegno non provocatorio contro i Veneziani.

Era stato preceduto in questo atteggiamento da Pirro del Carretto.

Egli fin dal 22 gennaio 1430, essendo podestà di Genova, aveva tentato di riavere lire 106 e soldi 10, dovuti alla moglie da Raffaele Pernice, cittadino genovese, ed a lui sequestrato dal Comune per essere adoperate in pubbliche spese (9). Non essendo riuscito nell’intento, si decise a fare, proprio di questi giorni, rappresaglie sui Genovesi, che per causa di commercio passa­

vano per il suo territorio, depredandoli per un complesso di più che cento

(1) Litterarum, Reg. 5, n. 86.

(2) Litterarum, Reg. 5, n. 88.

(3) Litterarum, Reg. 5, n. 87.

(4) Litterarum, Reg. 5, n. 118.

(5) Litterarum, Reg. 5, n. 126.

(6) Litterarum, Reg. 5, n. 85.

(7) Litterarum, Reg. 5, n. 90.

(8) Litterarum, Reg. 5, nn. 101 e 107.

(9) Diversorum, Reg. 18, c. 70.

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-fiorini. Si scrisse allora a lui in data 21 luglio e gli si fece sapere che i denari di sua moglie, convertiti ad uso del Comune al tempo di Tomaso Fregoso, erano stati presi secondo giustizia; pure secondo giustizia era stata la sentenza emanata a riguardo dall’Ufficio di Moneta; e gli si mandava Barnaba di Corni-glia per convincerlo a restituire il mal tolto (1).

A rendere inefficaci gli effetti di tutti questi movimenti o freddi od ostili, il Visconti aveva proposto a Genova una lega col Re di Aragona, che tutto un passato, in un cumulo di interessi e di idealità, le aveva reso nemico.

Come rinunziare a questo passato? D’altronde quel Re non aveva una potente armata da assicurare chi a lui si appoggiasse; se si mostrava incline ad una alleanza era per impadronirsi più facilmente del reame di Napoli, cui aspirava.

Eppoi ciò non avrebbe privato il Comune del sussidio di vettovaglie forni tegli da Ludovico d’Angiò dalla Provenza? Non avrebbe suscitato contro

di esso la suscettibilità del Re di Castiglia? E la proposta non fu accettata (2 . Ma la flotta nemica si avvicina. È necessario per G enova di ultimare i preparativi alla sua e di darle un comandante. Viene eletto il 23 lugio Franceso Spinola col titolo di Ammiraglio. Si assicurano contemporanea mente i luoghi più esposti.

Dovendosi mandare alcuni fanti in Toscana, si fan passare per Piom bino, affinchè possano dare aiuto al suo signore Giacomo di Appiano Si vogliono forniti del necessario i castelli di Sestri e di Moneglia (4). A La Spezia, che attirava il nemico per la comodità del porto e la poca resistenza delle mure, si prega il Duca di mandare Leone di Tagliacozzo per sostenerne la difesa (5). Si dà ordine di ultimare celermente la torre dei Cistomi a Portofino (6). Il 2 agosto, vedendosi troppo lungo il lavoro di ultimare le nuove mura a Varazze, si consiglia il Podestà di supplirvi con sbarra^

menti di legno (7). Si avvisa il Duca del pericolo che correvano i castelli di Savignone e di Montoggio per colpa dei castellani, che, troppo poveri, avevan consumato anche le provviste di riserva (8).

Questa lettera, forse, non era arrivata alla sua destinazione, quando notizie dolorose si spargono: Battista Fregoso ordisce complotti nella Riviera Orientale (9); Carrega per viltà del castellano è passato a Nicolò Fieschi,

(1) Litterarum, Reg. 5, n. 53.

(2) Litterarum, Reg. 5, n. 131.

(3) Litterarum, Reg. 5, n. 111.

(4) Litterarum, Reg. 5, n. 118.

(5) Litterarum, Reg. 5, n. 123.

(6) Litterarum, Reg. 5, n. 127.

i7) Litterarum, Reg. 5, n. 138.

(8) Litterarum, Reg. 5, n. 143.

(9) Litterarum, Reg. 5, n. 146.

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Montaggio è assediato ed, avendo grano per soli 10 giorni, richiede l’invio di due o tre cento cavalli e 400 fanti a recargli aiuto. Anche nella Riviera Occidentale si era sparso il movimento insurrezionale: necessario guardare Sassello, verso cui si dirigevano i nemici per impossessarsi di Stella e Varazze e Savona. Se non si recava pronto aiuto in questi luoghi — così si diceva al Visconti il 5 agosto — la flotta apparecchiata non poteva uscire dal porto;

se poi si fosse ribellata anche la Polcevera, le vie di comunicazione tra Genova e Milano sarebbero rimaste interrotte (l).

Q uando l’Ufficio di Balia, constatato che l’armata veneta era apparsa alle porte del Tirreno prima di quando avesse pensato, vide il Visconti non prendere provvedimenti, si rivolse direttamente a Ludovico Colonna e Leone da Tagliacozzo, intimando loro di lasciare la Lunigiana e di recarsi a La Spezia, su cui pesavano i più gravi timori (2); e richiamò a Genova la nave di Filippo Giustiniani, che si trovava nelle acque di Rapallo (3).

I fuorusciti intanto prendono Torriglia e Carrega. Savona, che il giorno 8 agosto non ha ancora mandato il capitano, che doveva assumere il comando della nave ad essa assegnata, come aveva già fatto Albenga (4), non ostante l’invito rivoltole fin dal 2 (5), suscita sospetti. Si raccomanda il 10 ad Urbano di Sant’Aloisio, che vi presiedeva, di rivedere la situazione dei castelli, provvedendoli del necessario anche per un lungo assedio; a pre­

sidiare la città si consigliava di chiamare 500 uomini da Finale da pagarsi o con sale, che si sarebbe fornito direttamente al Marchese, o con soldo liquido del Com une (6).

sidiare la città si consigliava di chiamare 500 uomini da Finale da pagarsi o con sale, che si sarebbe fornito direttamente al Marchese, o con soldo liquido del Com une (6).