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La guerra si volge minacciosa contro Galeotto

(24 settembre 1437

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11 giugno 1438)

Il Doge, avendo trovati i fondi a proseguire la guerra, rivolse la sua attenzione alla Riviera Occidentale. Ivi non pochi erano ancora i nemici: Pieve di Teco con Francesco Spinola, Balestrino e Finale con i Carretteschi. È vero che, se non spinti ed aiutati dal Visconti, di propria iniziativa non al­

zavano il capo, ma è anche vero che Genova non poteva fidarsi di essi.

Ora, tornata tranquilla la Riviera Orientale con l’Oltregiogo, essa volle far sentire la forza dei suoi eserciti a codesti Signorotti, e prima al più temibile, Galeotto del Carretto.

11 24 settembre, in una solenne adunanza, si trattò la pratica, da cui si sperava il più grande successo.

Erano presenti il Doge, il Consiglio degli Anziani, l’Ufficio della Balìa e quasi quattrocento cittadini, quando il cancelliere parlò così:

Segnoi, voi sei demandae coci per caxum, la qual grandissima- menti apartem a lo bem, a lo honor, a la forma e dignitae de questa citae, e non solamenti a lo bem de tuti noi chi semo presenti, ma etiam de a quello de nostri figi e de chi descenderà de lor. Per la qual caxum è debito che cascum de noi disponna lo intellecto a bem indender e bem conseiar, e l’animo a deliberar francamenti quello che parrà esser pu utile e pu honoreive. Voi poi aveir odio et lezuo che quelli da lo Carreto, li quae per lo passao ham tegnuo Final, sum semper staeti capitalissimi inimixi de questa republica, ni mae questa comunitae ha avuo guerra forestera per mar o per terra che elli non se seam conligae cum li nostri nimixi. E a lassar star le cose più antighe, seando questa caza rebellante et inimiga de questa citae, fo neces­

sario a questo communi congregar grandissimo exercito cum grevissima

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speiza e assediar Final e construe Castelfranco e far le altre cose clu sum note.

In la qual impreiza, come se trovereiva in li libeii de com um , se speize pu de fiorino C mila. Devei etiam de saveir che in la grande guerra c i s e a v u e cum li venetiani, questi mesmi de Final se conligam cum i nos ^

preizem proditoriamenti Albenga e quella tegnem firn a guerra tmia. tp o s - sia non la vossein restituir fin che questa communitae non se se g

fiorino XXXVI mila. Vegnando li altri tempi [aprejso, mae non e staeto che chi ha vossuo stimular lo governo de questa teria non se a

ca e receptaculo de Final; si che quasi in ogni tempo Fina a ^ che ribelli e stimulatoi de questa citae. Vegnando a li tempi pu r , do aora e XVIII Agni le galee de li catalain vegnem m la nos ra - soa camera e recepto fue Final. Per le quae esperientie s e Poss . che elli mae non han cercao se non la destrucion de ques a ’ f x ogni altra seta e ogni altra parte. E perchè cascum inten a c

odio hereditario, che elli semper ham portao a questa repu ica, um poco corno s’è portao e porta Galeoto in che Final è possia p

Lo qual, seando feudatario vostro, contra la soa fè e sagramen o ^ cipii de la nostra libertae ha menao Nicolò Pi[ccinino] cum ° 6 ^an_

lo duca de Milan a destrue la rivera da ponente e è staeto caxu i ti incendij, robarie, prexonie e morte, corno possia è seguio in qu

ra, la qual se pò dir cum veritae esser impoveria e destruta per S° ^ g E non contento de questo, fermandose possia lo campo con ^ manda e tegne semper mai grande somma de balestreri contra e n0stri quae ferim et amassam per la multitudine de le balestre monti pu e

che non fè tuto lo resto de lo campo. E a firn che voi intendae <COnlscum è pentìo, elio cum una galeota e doi brigantin continuamente dero a ca e ve dà grande impachio a le vituarie, de li quae voi averessi a un a grande de Proenza, se non fosse lo impachio so. Elio è quello chi amni ^ e goasta le vostre cabelle de la sai, le quae in questi tempi ren ereiv i grandissime utilitae, se questo Galeoto cum li soi navilii non le rao e guastasse. Questo è quello chi e ve ha tegnuo e tem, cum grande ve gogna de questa comunitae, occupae la Prea, Justannexi e altre terre de

comU™^

lo qual se vanta de vegnir firn sum questo porto e tegneive assediae, o qual pu de dexe vote è vegnuo cum exercito a combater Noli e, sea vostro feoter, ha facto e fa quello che abia mae facto alcum capitai inimigo.

E non ghe basta lo far, anti spesa vota, quando elio ha preizo alcum, man da chi a dir parole de grande arogancia e desprexo de questa com unitae, de le quae iniurie e dani soi ha sentio e sente principalissimamenti la riviera da ponente e Ii homini di quelle terre, li quae ogni iorno vennem cum lamente e lagreme a demandar remedio che elli possam navegar e vivere.

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« Per queste donca e monte atre simile caxom è parsuo bem a lo illustie meser lo duxe e magnifici antiaim e officiali de la bairia de farve convocar coci, per conseiar in questa materia e considerar se è bem, aora che lo nostro inimigo duca de Milan è occupao in altro e che le cose nostre de oltrazogo sum per la gracia de De redute a bom termem e che voi avei bornia fantazia e cavalli bem in ordem, veniar tante vergogne e dani e far bonna gueira a lo dicto Galeotto, o se meio lassar star. Perchè cascum de voi ha a far bom e savio pensamento e conseiar se a lo presente se dè far questa guerra a lo dicto Galeoto o non ».

Qui il cancelliere si tacque e sorse a parlare Raffaele Pernice, il quale,

« invocato I aiuto di Dio, come è buona usanza », sebbene constatasse che leiaiio della Repubblica non fosse in floride condizioni, pure lo riteneva ancoia sufficiente a sostenere la nuova impresa; voleva però che si mettesse in disparte ogni discordia intestina, perchè spesso l’essere del colore bianco o neio era sufficiente a sospendere o neutralizzare gli effetti di una giusta vendetta, dandosi a divedere che non l’amordi patria prevaleva nei giudizii, ma lo spii ito di partito, « ciò che era demenza ed errore sommo ». Conchiudeva auspicando che tutti i cittadini si accingessero a questa guerra con forte animo, per i molti vantaggi che ne avrebbero potuto ricavare.

Gli tenne dietro Paolo di Oneglia, notaio, il quale, salito alla tribuna, si meiavigliò che troppo pochi prendessero la parola in un affare di tanta impor­

tanza, suscitando, così, un senso di stupore nei cittadini. In fine lodò il pro­

posito di formare un grosso esercito, per mandarlo contro Finale, essendo quel paese pubblico e notorio nemico di Genova.

Vennero fuori allora altri cittadini. Vincenzo Lomellini gettò acqua nel fuoco, perchè voleva mandare quattro cittadini a Galeotto ed ai suoi popoli, per convincerlo a desistere dall’atteggiamento preso contro Genova, auguran­

dosi che, se non il Marchese, i popoli almeno non avrebbero permesso, pro­

prio nel tempo della raccolta, si esponesse la loro terra alla distruzione, per seguire i capricci del loro Signore.

Ingone Grimaldi, invece, fu per la guerra a fondo, per togliere a Ga­

leotto ogni occasione di mettere a repentaglio il prestigio della Repubblica. Bar­

tolomeo Parisolla, più enfatico, si meravigliò che non sorgessero gli astanti tutti per gridare morte a Galeotto; egli avrebbe voluto che senza indugio si fosse proceduto contro di lui e dei suoi complici. Battista Rocca, notaio, suggerì che i preparativi della guerra si faccessero in tempo, nel modo voluto dal Doge e dall’ufficio di Balia, i quali avevano piena notizia degli avvenimenti in corso. Nicolò Giustiniani raccontò che, essendo capitano della libertà, tanto lui che i suoi colleghi si erano sforzati di ridurre all’amore di Genova Galeotto senza riuscirvi. Antonio di Diano, chirurgo, che era stato molto tempo nella

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Riviera Occidentale e aveva visto le ingiurie fatte a quelle terre dal Signore di Finale, non credeva utile mandare dal Marchese degli ambasciatori, ma un esercito potente: Genova lo doveva fare, anche se i suoi cittadini fossero stati costretti per questo a vendersi la camicia; si facessero recapitare lettere a tutti i nobili delle due Riviere; tutti avrebbero accettato il progetto di sottomet

tere Galeotto con la forza.

Forse a questo punto il movimento degli oratori cessava, ma in ervenne Stefano Cattaneo, dottor di leggi, a rinfocare gli spiriti. Egli in v ern aco o riprese l’argomento toccato già, dicendo che « elo non dubita niente c e meser Galeoto da lo Carreto asae tosto debia avei noticia de q u esto conseio, pere e ge par favor della cosa che pu citadim parlem, persochè an co ra che a pos a se vensese per li savi chi am parlao eia non restereiva sote tanto avor impreisa corno parlando pu persone; e a aregordao che, q u a n d o la impreiza de le guerre se fam cum iusto titulo, meser domine De le adrisa e e con duxe a bon firn; et tornando a la posta saviamenti lezua per lo canzerer, elo dixe avei bem inteiza, aregordandose aver odio de q uelo chi è seri o le coronice, à dito li carratim esser staeti semper inimixi de la nostra nitae e avei uzao per lo passao inver de noi mooy curdelitae ch a q ue e

sum scripte in la posta e che così sea in le diete coronice, se elo em se arecorda, è scritto li carratim esser taytoi de questa nostra republica, e pe

tanto payrando a elio tempo monto congruo a proceder contra de a eo o da lo Carreto, capitai inimigo de tuti li zenoeixi et non de parte, in c e e o non po avei excuzacion alcuna, sea che elio ode per le lobie la voren de li citadim a proceder contra elo, sea perchè lo duca de Milam a lo pre^

sente à da far asae, sea etiamdee perchè elo se rende certo che li hom i e lo dicto Galeoto, e chi a lo prezente àn le lor olive et fruti su le broche, vo ran pu tosto la destruction o sotemission de lo dicto Galeoto cha lo or dano. Per le quae cose, concludendo, elio conseia che se proceda contra de lo dito Galeoto virilmenti; che abiando iusta querella, la cosa nostra non po capitar salvo bem. La forma de Io processo e lo tempo e lo corno elio remete a la discrétion de lo Illustre meser lo duxe e de lo venerabel officio de Baylia ».

A queste parole aderirono Nicolò Spinola fu Anfrano, D am iano Palla­

vicini, dottor di leggi, Bartolomeo Lomellini. Così vi aveva aderito T eo d o ro Fieschi, raccomandando di organizzare la guerra siffattamente, che, se fos­

sero usciti di quelli che volessero recare aiuto al nemico, si avesse la possibilità di dar loro addosso. Parlarono anche altri.

Messe ai voti le diverse proposte, si ebbero i seguenti risultati: Raffaele Pernice voti 28; Stefano Cattaneo voti 234; Ingone Grimaldi voti 3; Nicola Giustiniani voti 13; Paolo di Oneglia voti 7; Michele Cappellino voti 10;

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Nicola Spinola voti 5, Vincenzo Lomellini voti 15; gli altri un solo voto. Fu accettata, quindi, la guerra con l’ordine del giorno di Stefano Cattaneo (1).

Senza perder tempo si eleggono a far leve per la Riviera Occidentale Tomaso d Oria e lngone Grimaldi; per la Riviera Orientale Merualdo Maruffo e Ansaldo d’Oria, surrogato poi da Girolamo d’Oria di Luciano; per la città e dintorni Raffaele Squarciafico, Giovanni di Albaro, Vincenzo Lomellini e Nicola Giustiniani (2).

Lo stesso giorno 24 settembre il Doge, seccato che Michele Cattaneo, podestà di Noli, non avesse consegnato a Giovanni Bianco della Pietra il suo olio, sequestrato sopra una barca creduta finalese, difende con forti parole il rispetto dovuto alla autorità, dicendo:

est enim comune vicium inter Ianuen- ses ut quidam homuncii, dum ad officia eliguntur

,

extolluntur immediate ita ut se principes esse credant et errant permaxime;

e gli ingiunge per l’ultima volta di obbedire ai suoi comandi, se pur non voleva costringerlo a dargli una punizione esemplare per lui e gli altri officiali (3).

11 26 settembre si danno istruzioni a lngone Grimaldi e Giovanni di Benissia che gli si era aggiunto a preparare l’impresa. Loro si raccomanda la massima speditezza, essendo ogni minimo ritardo cagione di grave danno.

Scendessero ad Albenga e, consigliatisi col Capitano della stessa Riviera, To­

maso d’Oria, ordinassero leve nelle terre del Comune, poste al di là di Finale, in numero non inferiore a duemila. Solo Monaco ne restasse escluso. Se luoghi esenti o convenzionali volessero invocare i loro privilegi, rispondessero che, non sopportando essi i pesi delle « avarie » ordinarie, più giustamente ed in maggior proporzione dovevano assumere l’obbligo di fornire uomini per questa guerra. Mezzo per dividere la leva fra le altre terre essere la quota dell’« avaria », ma la scelta dei fanti non doveva farsi dai loro reggitori, i quali potevano darne degli scadenti! Agl’ingaggiati si anticipasse un me­

se di paga.

Dovevano fare inoltre grande istanza ai D’Oria, ai Grimaldi, ai Signori della Laigueglia, ai Conti di Ventimiglia e ad altri, secondo il loro giudizio, per farli contribuire all’impresa.

Occorevano 500 guastatori. Di essi la maggior parte potevano dare i D’Oria e gli altri, che per questo si dovevano sollecitare; il resto sarebbe stato fornito dalle terre soggette a Genova e verrebbe loro computato nel solito tributo. 11 nerbo delle forze doveva essere di balestrieri.

Anche il vicario di Porto Maurizio doveva prestare la sua parte di

(1) Finale, Filza 6 (Le Filze Finale non sono ordinate); il documento porta scritto fuori:

1437, 24 settembre: Consilium de bello Finariensi; e Diversorum, Reg. 23, c. 157 v.

(2) Diversorum, Reg. 23, c. 158.

(3) Litterarum, Reg. 4, n. 1528.

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Uomini e Tomaso d’Oria fornire fieno in abbondanza, pane ed altri com­

mestibili (1).

Intanto fervono i preparativi di guerra. Il 25 settem bre si dispone che i fanti posti a presidio dell’Oltregiogo vadano verso Savona con Ludovico Fregoso, e restino a Voltaggio Bernardo Dutto e Bartolomeo Buzallino;

mentre Bertolaccio è chiamato a Genova, se non fosse stato necessario lassù.

Il 26 l’ufficio di Moneta emette un decreto: tutte le terre, che manderanno balestrieri ne avranno compenso nelle « avarie » (2). Il 27 v en g o n o ordinate leve nella Riviera di Levante (3). Il 30 si impone un mutuo sulle persone

ricche

e

potenti

delle podesterie di Voltri, Bisagno e Polcevera, per anticipare il soldo di un mese agli uomini di dette podesterie, che entro sei giorni dovevano partire per il campo (4); mentre il giorno prima si era determinato il modo di avere lire 100.000 per la guerra (5).

Il conestabile Baldaccio d’Anghiari è costituito capitano generale della fanteria lo stesso 30 settembre (6).

11 2 ottobre gli si assegnano come stipendio mensile cento lire genovesi (7).

Fra i combattenti si iscrivono con entusiasmo E nrichetto d Oria cui lo stesso 2 ottobre, per questo motivo si sospendono le cause tutte c e aveva a Genova; così pure Enrichetto e fratelli del Carretto, figli di G ,or gino, ex consignore di Finale, che prendevano occasione di vendicare l’ingiuria fatta al padre, quando fu privato della sua parte del M archesato da Filippo Maria Visconti, e forse vedevano, in quella occasione, rinverdire le speranze di riavere il feudo avito.

11 3 ottobre si ingiunge a Gregorio d’Oria di pagare a questi ultimi lire 98, soldi 17 e danari 6 (8).

Capitano generale di tutto l’esercito fu scelto il 4 ottobre Giovanni Fregoso (9), al quale il 5 si dànno le istruzioni necessarie dallo stesso Doge e dall’Ufficio di Balia.

Non si tralascia di rilevargli la difficoltà e l’importanza dell’im presa, in cui erano in ballo e la gloria e la sicurezza e l’interesse della Republica, come

(1) Diversorum Communis laniiae, Filza 9, n. 319.

(2) Diversorum, Reg. 23, c. 158 v.

(3) Litterarum, Reg. 4, nn. 1530, 1533 e 34. Presiedono a questa leva Morualdo Ma- ruffo e Girolamo d’Oria; a Recco, Camogli e Rapallo debbono fare 300 scelti.

(4) Diversorum, Reg. 24, c. I l i v. Il mutuo si sarebbe pagato con le avarie ordinarie.

(5) Diversorum, Reg. 23, c. 159.

(6) Litterarum, Reg. 8, n. 6.

(7) Diversorum, Reg. 23, c. 161 v.

(8) Diversorum, Reg. 23, c. 162 e 162 v.

(9) Litterarum, Reg. 8, n. 7.

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la rinomanza ed i favori di esso Capitano. Perdere quella guerra voleva dire attirarsi addosso mali infiniti. Considerasse le forze proprie e quelle del nemico; studiasse i suoi occulti disegni, per venire a conoscere il suo vero piano di guerra ed opporvisi efficacemente. Non si facesse sfuggire la circostanza, in cui il Duca di Milano gli recasse aiuto; per questo Baldaccio mandasse sue spie a Ghiara d’Adda, Genova manderebbe altre in Lombardia.

Anche Tomaso d’Oria in ciò avrebbe potuto fare la sua parte. Scegliesse il luogo, ove collocare gli alloggiamenti col consiglio di detto Tomaso, di lngone Grimaldi, di Giacomo di Benissia, di Baldaccio e di Gregorio [d’An­

ghiari], pratici di quei luoghi. Proponendosi così a prima vista la Pietra, la rafforzasse con opere di difesa. Di là facili le incursioni. Per andarvi, o per via di mare o di terra, preferibile la più sicura, onde non avesse uno scacco fin da principio, che sarebbe più difficile a riparare.

Arrivato sul posto, si accordasse con i Conti di Ventimiglia, con i Signori della Laigueglia e della valle d’Arroscia e con gli altri nemici in quella Riviera o li sottomettesse con la forza, Galeotto rimarrebbe così senza speranza di aiuto ed, accerchiato, si sentirebbe estenuato dal lungo assedio, lui e i suoi uomini e quelli che gli verrebbero mandati dagli altri Marchesi del Carretto e dai Marchesi di Ceva, in modo che, finite le operazioni milita­

ri condotte altrove, Finale, attaccata gagliardamente, non avrebbe potuto resistere.

Se poi avesse voluto cominciare prima da Finale, bisognava con minac­

ce e promesse separare i sudditi dal Marchese e, messa la discordia nel cam­

po avversario, assicurare la vittoria. Se questo non si potesse ottenere, per via di gagliardi assalti occupasse la città ad ogni costo. Non riuscendovi, devastasse il paese. Anzi alcuni proponevano di minacciare la devastazione fin da principio: quegli uomini si arrenderebbero per non veder distrutte le loro campagne. Ed allora, se essi domandavano esenzioni e promesse e la risposta si poteva differire, scrivesse a Genova per averne consiglio; se l’attendere riusciva pericoloso, decidesse lui con la sola autorità delle persone sunnominate.

lngone, Giacomo e Tomaso già avevano fatto leve per quella impresa; se altri nobili dovevano ancora contribuirvi, ciò era in facoltà di lui, capitano, e, perchè l’elezione di Baldaccio non suscitasse invidia fra gli altri conestabili, doveva con buone ragioni calmarne la suscettibilità.

Nel resto si tenesse a contatto col Doge mediante lettere frequenti, da spedirsi o per via di mare o per via di terra (1).

11 9 ottobre il Doge indirizza due prime lettere al Capitano Generale e

(1) Diversorum Communis laniiae, Filza 9, n. 237.

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-gli manifesta l’apprensione, in cui lo tiene la guerra finalese e -gli domanda:

se voleva trasportare per mare o per terra le soldatesche; alla volta di Albenga o altrove; quante erano le sue forze: che ne pensavano Baldaccio e gli altri (1).

Il 10 si destinano come commissarii a Noli Nicola Antonio Spinola e Girolamo Giustiniani (2).

Il 13 si rallegra con lui della incursione fatta fin sotto Castel Franco e vuol conoscere quale mira si proponeva in una seconda incursione proget­

tata. Non gli nasconde i timori nutriti per un soccorso che potrebbe venire dalla Lombardia e in modo particolare per cavalli che si trovavano già a Gavi, contro i quali esortava a fare qualche cosa. D’altronde la notizia che Francesco [Sforza] si muoveva alla volta di Parma, per offendere il Duca di Milano, lo convinceva che da lui nulla potesse sperare Galeotto (3).

Il 13 ottobre troviamo un’altra lettera, piena di gioia, perchè i nemici erano stati sbaragliati, lasciando molti prigioni, fra i quali Enrichetto Calvisio,

arcanorum Galeoti conscium.

Lo si voleva a Genova per tentare di conoscere da lui molte cose. Dopo questa prima vittoria il generale progettava di espu­

gnare una bastia situata ad Orco; ma il Doge gli raccomandava di procedete al nuovo fatto d’arme con sicurezza di riuscita e per questo gli mandava Luchino con i suoi strumenti di guerra e i soldati raccolti a Recco, a Rapallo, in Bisagno, in Polcevera, a Voltri e forse Vitillo con la sua galea, se volesse contentarsi di uno stipendio moderato. E lo consiglia: riordinate le vostre forze; riordinate la ciurma delle navi D’Oria e Spinola e, quando voi proce derete all’attacco della bastia, esse premano più fortemente su Galeotto.

gnare una bastia situata ad Orco; ma il Doge gli raccomandava di procedete al nuovo fatto d’arme con sicurezza di riuscita e per questo gli mandava Luchino con i suoi strumenti di guerra e i soldati raccolti a Recco, a Rapallo, in Bisagno, in Polcevera, a Voltri e forse Vitillo con la sua galea, se volesse contentarsi di uno stipendio moderato. E lo consiglia: riordinate le vostre forze; riordinate la ciurma delle navi D’Oria e Spinola e, quando voi proce derete all’attacco della bastia, esse premano più fortemente su Galeotto.