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est nobis insuper animus has preces et vota nostra ad apostolicam sedem aut litteras aut legationem deferre, prius tamen expectandam duximus, ut equum

est, voluntatem tuam, ne, dum rei nostre consulere nitimur, aliquid fiat, quod

animum offendat tuum. Tu, princeps inclite, rescribe, quesumus, ac suscipe

hanc rem et demum sinceritatem nostram caritate paterna recommissam.

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-La lettera porta la data del 20 novembre 1430 (l).

Il Duca non fu contrario che Genova indirizzasse al Papa un suo scritto per impedire che Matteo del Carretto riuscisse a prendere possesso del

vescovato. E difalti con data 10 gennaio 1431 si resero noti i

desiderata

al Papa (2), al Sacro Collegio dei Cardinali (3) e ad altri (4), mandandosi a Roma, come ambasciatore, Eliano Imperiale.

E’ interessante scorrere le istruzioni date a lui per ottenere lo scopo.

Molte cose rispecchiano quanto già si era detto al Duca di Milano ed al Papa, ma vi si aggiunge che quella elezione non poteva effettuarsi anche per­

chè Carlo del Carretto era abate di S. Martino in quella stessa città e Ambrogio del Carretto vi era precettore dei Cavalieri Gerosolimitani ed entrambi vi pos­

sedevano grandi redditi (5).

Gli sforzi dei Genovesi rimasero inefficaci tanto a riguardo della restitu­

zione di Pietra, Giustenice e Toirano, quanto a riguardo della elezione di Mat­

teo del Carretto.

Intanto il Piccinino destinato ad andare in favore di Lucca contro i Fiorentini aveva richiesto 2000 balestrieri, che furono assoldati da Genova.

Non so se i 200 ordinati il 9 ottobre all’Abate della Polcevera ed i cento ordinati a quello del Bisagno (6) dovessero andare a formare quel numero, perchè non è improbabile che siano serviti al Capitano per invadere le terre dei Fieschi; credo però che non possa dirsi altrettanto di quelli, richiesti il 24 a Bartolomeo, Raffaele e Nicola d’Oria, consignori della valle inferiore di Oneglia (7), e degli altri, pretesi dalle ville situate nella parte superiore di

detta valle (8).

Nelle difficoltà, cui si andava incontro, si vuole tutelare il commercio marittimo e temendosi di una nave impostata sullo scalo di Nuncia in Corsica, i cui signori da anni si erano mostrati nemici di Genova, si raccomanda il 17 novembre ad Urbano di Sant’Aloisio, commissario a Savona ed a Galeotto del Carretto ed al Vicario di Chiavari di non permettere spedizioni a quella volta di pece, stoppa, remi, cotonina, funi ed altro, che potesse servire a

(1) Litterarum, Reg. 3, n. 689.

(2) Litterarum, Reg. 3, n. 771.

(3) Litterarum, Reg. 3, n. 796,

(4) Questi sono: il card, di Novara, Litterarum, Reg. 3, n. 797; Giovanni de Milis, avvocato concistoriale, n. 79S; Don Antonio Lusco, segretario apostolico, n. 799; Don Rocello de Auro, precettore di S. Giovanni di Prè, Urbano de Jacob, ambasciatore ducale a Roma, n. 800.

(5) Instructiones et Relationes, ng. 2707 A, n. 32. Cfr. anche Gi r o l a m o Ro s s i, Storia della città e diocesi di Attenga, Albenga, Tipografia di T. Craviotto, 1870, pag. 202.

(6) Litterarum, Reg. 3, n. 639.

(7) Litterarum, Reg. 3, n. 654.

(8) Litterarum, Reg. 3, n. 655.

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completare quella costruzione e la sua attrezzatura (1). Si pensa anche ad assicurare i castelli tolti ai Fieschi e, siccome quei paesi non potevano soppor­

tarne le spese, si suggerisce al Duca il 29 novembre o di demolii li o di unirli completamente alla Repubblica (2).

Contemporaneamente a queste pratiche il Piccinino marciava verso Lucca, dopo di aver posti i balestrieri genovesi a guardia delle difese innal­

zate sopra le montagne circonvicine. Primo scopo della sua manovra doveva essere quello di approvvigionare la città stremata di viveri (3), ma il colpo riuscì sì bene, anche per il concorso degli assediati usciti pei prendere di fianco il nemico, che, sviluppatosi in una magnifica battaglia, diede luogo il 2 dicembre ad una vittoria strepitosa (4).

Il 5 una lettera partita da Genova portava al valoroso Capitano i più vivi rallegramenti (5). L’Il i rallegramenti venivano fatti agli Anziani ed al

Vessillifero della Giustizia del Popolo e Comune di Lucca (6). Se non che, appiccatosi il fuoco di guerra, non si estinse tanto facilmente.

II Visconti, mandato a Genova Benedetto da Forlì, consigliava quelle Autorità a costituirsi debitrici di metà del soldo necessario a condurre 1000

cavalli ed altrettanti fanti, mentre l’altra metà sarebbe stata pagata dai Lucchesi.

I cittadini non ne restarono contenti, perchè, come se ne scrive il 9 gennaio 1431, a questa guerra vi avevano contribuito già troppo fra le somme spese e quelle prestate, avuto riguardo che questi non erano gli unici oneri, che gravavano sullo Stato, che, avendo guerra anche col Sultano, teneva contro di lui delle galee armate, ed a Pera, proprio allora, doveva mandare bale­

strieri ed altro (7). Non poterono, però, esimersi di fare buon viso a cattiva fortuna, quando il Visconti, annunziando la nuova guerra, che stavano per intraprendere i Veneziani, insisteva sulla concessione di questo aiuto finan­

ziario. Noi — gli si risponde il 9 febbraio — si vorrebbe la pace; pure, lieti dei primi successi, condurremo per tre mesi 500 cavalli e 500 fanti per Lucca, purché i Lucchesi facciano altrettanto (8). Forse per questo ci si disponeva a fare con essa una lega offensiva e difensiva ed il giorno 11 febbraio si invitava un suo rappresentante a Motrone per il mercoledì 17 dello stesso mese a redigerne i patti (9).

(1) Litterarum, Reg. 3, n. 683.

(2) Litterarum, Reg. 3, n. 765.

(3) Inventari e regesti citt., Vol. II, Parte li, n. 389.

(4) Q i n o C a p p o n i , Op. e Voi. citt., pag. 500.

(5) Litterarum, Reg. 3, n. 698.

(6) Litterarum, Reg. 3. n. 700.

(7) Litterarum, Reg. 3, n. 794.

(8) Litterarum, Reg. 3, n. 837.

(9) Litterarum, Reg. 3, n. 801.

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11 Visconti dal canto suo rafforzava la sua posizione. Fin dal 9 dicem­

bre 1430, conosciuto l’esito della battaglia di Lucca, aveva fatto sapere a Sigismondo, sempre per mezzo di Qiacomino di Iseo, che i Fiorentini, sebbene battuti, restavano potenti in forza della lega con i Veneziani, cui ventilava di opporne un’altra fra il Papa, la Regina di Napoli, il Duca di Savoia, il Marchese di Monferrato, i Senesi, i Lucchesi e il suo stato di Milano (1).

Il 31 gennaio 1431 propone allo stesso Sigismondo, per averlo collegato contro Venezia, dei patti, con cui si obbliga: a dargli la corona di Milano

con le cerimonie consuete, come avvenne per Carlo IV, a condizione non si introducessero in città più di 1500 cortigiani, gli altri si lasciassero a combattere i Veneziani alia frontiera; se Genova fosse restata nelle sue mani, gli avrebbe somministrato navi per portarlo a Roma, o da Genova stessa o da Savona, a spese di quello Stato; se dovesse passare nel dominio del Re, 10 avrebbe aiutato ad ottenere quel pagamento; se il viaggio si faceva per via di terra gli avrebbe dato una scorta; gli consegnerebbe Asti coll’impegno di farla governare da persona di fiducia, che giurerebbe di restituirla o in caso di morte del Re o quando in ogni modo lasciasse questi l’Italia; durante la sua permanenza in Italia gli darebbe 5000 fiorini al mese; la sua venuta non dovesse rimandarsi oltre il maggio (2).

Le speranze riposte nel Re dei Romani furono vane. Egli doveva combattere solo con l’aiuto di Genova, Siena, Lucca e Piombino (3); nem­

meno il Duca di Savoia fu dalla sua parte, sebbene gli avesse fatto sapere che, se interveniva un invito del Re dei Romani, avrebbe mandato suo figlio, 11 Principe di Piemonte, con una buona mano di armati (4). Venezia, invece, aveva per collegati, oltre Firenze, Orlando Pallavicino, il Marchese di Monfer­

rato, il Marchese di Ferrara, il Signore di Mantova, per non parlare dei Fregoso, sempre pronti a battersi contro il Duca (5). Cercò anche di tirare dalla sua parte la città di Genova. Ad essa infatti scrisse prima di scendere a fatti più gravi, gettando sul Visconti la colpa delle nuove stragi, che si

preparavano, e provocando una risposta chiarificatrice

La risposta venne il 3 marzo, ma evasiva, rimettendo la decisione ad un consiglio, che doveva ancora radunarsi (6). Un effetto però era stato

(1) inventari e regesti citt., Vol. II, Parte II, n. 390.

(2) Inventari e regesti citt., Vol. II, Parte II, n. 845.

(3) R o m a n i n , Op. e Voi. citt., pag. 141.

(4) Documenti diplomatici tratti dagli archivi milanesi e coordinati per cura di L u ig i Osio, Voi. Ili, Parte I, Milano Tipografia di Giuseppe Beruardoni di Giovanni, 1872, pag. 17.

(5) C a p p e l l e t t i , Op. cit., Vol. V I, pag. 5. I Fregoso tardarono un poco a schierarsi con i nemici di Genova e del Duca, come presto vedremo, seguendo il filo della nostra narrazione.

(6) Litterarum, Reg. 3, n. 865.

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conseguito: quello di mandare un legato a Milano, per parte della Superba, esortando il Duca alla pace (l).

Era troppo tardi. Atti ostili si preveggono sempre dall’uno e l’altro campo, ove si organizzano i mezzi di difesa e di offesa. Avvisate i padroni di navi — si scrive il 10 e il 12 marzo — di navigare cautamente, per non ricevere offesa dai Veneti e Fiorentini; anzi di offenderli alla vostra volta.

Anche i Catalani si esortano a sostenere con una finzione le sorti dei Genovesi, permettendosi loro cioè di battere la bandiera di S. Giorgio e di dirsi anche assoldati dalla Repubblica; e siccome si sapeva che alcune navi nemiche erano in Inghilterra e nelle Fiandre, si prendono misure per intercettarle (2).

Inoltre, sapendosi che anche il Marchese di Monferrato stava contro Genova, si teme per Ovada, cui si assegnano 25 fanti da porsi a guardia del suo castello (3).

Ci troviamo dunque nel pieno sviluppo dei preparativi guerreschi, cui non mancano decisioni a riguardo delle armi necessarie. A Voltaggio si preparavano le bombarde (4). L’urgenza imponeva che non tutte insieme fos­

sero in fabbricazione, ma, ultimate a piccoli gruppi, venissero immediatamente spedite; il podestà viene designato il 21 marzo a fare questa comunicazione agli interessati (5).

Nel movimento febbrile di questi preparativi, che corrispondevano alla decisione presa il 10 marzo

in magno convocato civium consilio

(6), torna in campo la quistione dei 500 cavalli e dei 500 fanti da mandarsi in Toscana.

Erano venuti a Genova dei legati senesi per domandarli, temendo una inva­

sione delle loro terre. Essi inoltre erano necessari a suscitare un gran fuoco di guerra pel fatto che presso la loro città vi erano armenti di mercanti fiorentini pel valore di ben 100.000 ducati, soliti a restarvi fino a pasqua, pel cui possesso valeva bene ingaggiare una battaglia. I Genovesi propende­

vano a mandar ivi quelle forze, per non essere tacciati di venir meno alla parola data, tanto più che si potevano benissimo assoldare Andrea Serra e Domenico

(1) Litterarum, Reg. 3, n. 872.

(2) Litterarum, Reg. 3, n. 882, 885, 86, 87.

(3) Litterarum, Reg. 3, n. 906.

(4) Bombarda. Nome generico di tutte le prime artiglierie da fuoco, cominciate ad usare tra la fine del duecento ed il principio del seguente. Non si trova mai il nome di Bombarda, nè di Spingarda, nè di Schioppo per una macchina da corda, ma sempre per artiglieria da fuoco.... Le prime Bombarde erano a doghe, poi a quadrelloni e sempre cer­

chiate di ferro: avevano due parti separate: la Tromba e la Coda. Questa, ricevuta la carica, imboccava e si commetteva esattamente all’estremità della tromba per mezzo di chiavarde.

G u g l i e l m o t t i , Vocabolario cit., col. 247.

(5) Litterarum, Reg. 3, n. 910.

(6) Litterarum, Reg. 3, nn. 881 e 902.

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Olivieri, i quali si trovavano in quei paraggi; ma Nicolò Piccinino, Nicolò Guerrieri e il Prevostino desideravano per le loro condotte i soldi che dove­

vano spendersi nelle nuove reclute. Nell’incertezza il 17 marzo si domandava una decisione dal Visconti con lettera da portarsi a lui da Luchino Serruffino (1). Ritardando la risposta ed essendo prossimo il 10 aprile, termine dato ai Senesi per quell’invio, si riscrisse il 23 marzo (2). Se non che lo stesso giorno tornato il Serruffino, fu deciso: di mandare il Sig. Guglielmo per assoldare 150 cavalli e il Prevostino per raccogliere i suoi 60; di sospendere la spedizione di Nicolò Guerrieri; di scrivere al Piccinino di assumere o coi lucchesi o coi genovesi Buon Giovanni Trotto. Circa la richiesta del Piccinino, che domandava il soldo per 500 fanti, si fa sapere al Visconti che Genova si decideva a ciò mal volentieri, se non era sicura che essi sarebbero stati destinati a Siena; e si comunica la notizia a quel Capitano (3).

Ma un’altra cosa stava a cuore a Genova: avere nelle mani Carrara, come si era stabilito coi Lucchesi (4).

Si pensava anche alla guerra sul mare che necessariamente si sarebbe combattuta insieme a quella di terra.

Constatato il 17 marzo che era troppo tardi armare sette galee per assalire quelle navi veneziane di ritorno dall’Inghilterra, perchè nel frattempo queste sarebbero già arrivate in Sicilia, si rifiuta l’offerta fatta al Duca da Giovanni Grimaldi, che si proponeva con due sole navi di offendere i Vene­

ziani, i Fiorentini ed i Mori. Con questi ultimi, fattasi pace, non era il caso di suscitare nuova guerra; contro i Veneziani ed i Fiorentini difficile trovarsi nel mare di Pisa, perchè essi avrebbero viaggiato con naviglio numericamente superiore; spingersi neH’Adriatico esser vera pazzia. Non resterebbe a lui, uomo di dubbia fede, povero e spreggiatore di ogni diritto umano e divino, che darsi alla corsa ed offendere navi amiche (5). Meglio ad ogni modo mandare contro i nemici quattro navi,

optime parate et instructe

, le quali, se si volevano destinare nel mare di Venezia, era necessario che Francesco Sforza, ora al soldo del Duca, avvisasse i suoi ufficiali di Manfredonia, di Barletta e di altre terre di sua giurisdizione di rifornirle del necessario (6).

Ma nuovi bisogni sorgono. Le colonie genovesi in Oriente non sono sicu­

re. Fin dal 19 marzo, dopo, cioè, decisa la guerra contro i Veneziani da parte di Genova, si dà notizia al Podestà e Governatore di Chio, che si pensava di

man-(1) Litterarum, Reg. 3, n. 897.

(2) Litterarum, Reg. 3, n. 913.

(3) Litterarum, Reg. 3, n. 915.

(4) Litterarum, Reg. 3, n. 901.

(5) Litterarum, Reg. 3, n. 897.

(6) Litterarum, Reg. 3, n. 913.

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dar loro un aiuto e si voleva che ciò fosse comunicato a Pera, a Caffa, a Fama- gosta (1). Il 24 marzo a quattro navi: di Sirnone Spinola, di Simone Catta­

neo, di Luca Italiano, di Gian Battista Cattaneo, si dà per capitano Bartolo­

meo de Fornari e per consigliere Raffaele da Voltaggio, con 1 incarico di portarsi alla difesa di quelle isole (2). Ma lo stesso giorno due di esse la Spinola e l’italiana col commissario Manfredo de Ghizolfi, sono mandate nelle acque di Porto Pisano per porre il blocco alle coste toscane (3).

Il Visconti avrebbe voluto che cinque navi si portassero nell’alto Adriatico a tormentare il nemico in sua casa; il Governatore ed Opicino di Alzate insistevano che si preparasse addirittura un’armata. Genova il 7 aprile accetta la volontà del Visconti, ma sulla preparazione dell armata fa le sue riserve: mancano remi, armamenti, suppellettili; solo per il primo d’agosto potevano esser pronte 25 galee; e non nasconde il pericolo, cui andrebbero incontro le navi, che si sarebbero portate ad operare tanto lontano dalla base. Sarebbe stato meglio, mentre si prepa­

ravano i fondi per l’armata, che le navi già pronte impedissero il com­

mercio veneziano e fiorentino (4).

Più gradito fu poco dopo il progetto presentato dal Piccinino di ten­

tare su Livorno con azione combinata per mare e per terra; ed il 15 aprile gli si promettono navi con 800 balestrieri in massima parte loricati ed armati con balestre a girella. Gli si raccomanda però di far presto, perchè le navi, che a lui si sarebbero inviate, dovevano andare in Oriente (5).

Insiste intanto il Visconti che otto o dieci galee si portino nell alto Adriatico, ma Genova il 26 è di nuovo a spiegargli le difficoltà che presen­

tava quell’impresa (6). Di una cosa non ci si stanca: correre i mari per tendere insidie alle navi nemiche. E infatti il 21 aprile si scrive a Biagio Assereto di intensificare il blocco contro di Pisa, mai partendosi dal suo mare (7), e il 27 allo stesso e ad Angelo Gentile di sorprendere una nave fiorentina che tornava da Marsiglia (8).

In questo torno doveva esser pronta anche la nave di Filippo Giustiniani.

Questi aveva commesso a Pietro Calvisio di trovargli uomini

ex Finario et villis illis

per il suo armamento. Una lettera del 26 marzo ci mostra Opicino

0 ) Litterarum, Reg. 3, n. 902.

(2) Litterarum, Reg. 3, n. 924.

(3) Litterarum, Reg. 3, n. 916.

(4) Litterarum, Reg. 3, n. 942.

(5) Litterarum, Reg. 3, n. 956.

(6) Litterarum, Reg. 3, n. 978.

(7) Litterarum, Reg. 3, n. 966.

(8) Litterarum, Reg. 3, n. 982.

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di Alzate intervenire presso Galeotto per sollecitarlo a dare il suo appoggio alla pratica (1).

Da quante navi era mantenuto il blocco nelle coste toscane? È difficile dire, ma esso durava ancora il 9 maggio, quando i Genovesi pregarono il Re d’Aragona di tenersi lontano, lui e i suoi sudditi, da quel mare per non sembrare di recare aiuto al nemico. Questo documento interessa anche per­

chè contraccambia l’invettiva fatta a Genova dall’Alighieri:

Quamquam multis iam seculis nulla nobis vera pax cum florentinis esse