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UN GIGANTE DAI PIEDI D ’ ARGILLA

Nel documento … O RIENTE ,O CCIDENTEEDINTORNI (pagine 95-113)

Caterina Salvati Yajima

Premessa

Il titolo del presente articolo è tratto da una definizione del Giappone che trovai da ragazza su un testo di geografia e che mi colpì per l’indecifrabilità del significato, non avendo all’epoca alcuna conoscenza dell’Oriente. Strano destino aver dovuto vivere di persona questa incognita e appurarne la veridicità!

Gli argomenti trattati sono, invece, frutto di ricerche da me effettuate, nel corso del mio lungo soggiorno in Giappone, su articoli di critica sociale pubblicati dal giornale Asahi Shinbun e programmi televisivi a stampo sociale.

Di particolare rilievo nella scelta del tema è stata la lettura del bestseller 2006, 国家の品格 – Dignità di uno Stato, di Masahiko Fujiwara, del quale parlerò nella sezione “Un’intervista”.

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Negli anni ’70 il Giappone si era finalmente ripreso dalla sconfitta della Seconda Guerra Mondiale, sviluppandosi economicamente e costruendo con estremo impegno un nuovo stato tecnologicamente avanzato.

Tuttavia, una volta realizzato il suo sogno, aveva iniziato a perdere le motivazioni che lo avevano reso così potente, lasciando le nuove generazioni nell’incertezza e alla ricerca di un goal nazionale alternativo inesistente. Così cominciava una crisi che continua ormai da più di 10 anni e che il governo cerca di fronteggiare con riforme sull’economia e sull’istruzione, riforme che, senza apportare quei risanamenti tanto agognati, spingono il Paese sempre più in un labirinto di caos, distruggendo allo stesso tempo la cultura e le tradizioni.

Ne sono prove evidenti i problemi sociali che attualmente dilaniano il Giappone e i più gravi sono certamente: Hikikomori, “Violenza minorile”, Freeter, Neet e quello drammaticissimo dei suicidi.

Hikikomori

Secondo una ricerca del Ministero dell’Igiene e della Salute, oggi in Giappone si contano 100.000 casi di Hikikomori, ma la realtà sembra superi di gran lunga le statistiche, considerando gli innumerevoli casi isolati non registrati. Si tratta di giovani che soffrono la discrepanza tra [建前 Tatemae – principio] e [本音 honne – personalità] e reagiscono alla pressione sociale isolandosi nella propria camera per periodi che vanno da un minimo di sei mesi ad anni e, addirittura, decine d’anni. Non hanno amici e trascorrono le loro giornate sonnecchiando, mentre di notte stanno davanti alla TV, al computer o, semplicemente, a fissare le pareti.

I primi sintomi del disagio si avvertono con improvvisi sbalzi d’umore e, conseguentemente, il rifiuto della scuola.

Per comprenderne le cause bisogna conoscere il sistema scolastico giapponese. In questo Paese la pressione al successo e la coscienza competitiva cominciano già nella prima infanzia, quando i piccoli sono costretti a competere negli esami d’ammissione per il privilegio di frequentare gli asili migliori che permetteranno loro di poter accedere a scuole di prestigio e, poi, all’università, per il cui esame d’ammissione molti sono costretti a studi intensivi durante gli ultimi anni di scuola superiore.

L’eccessiva enfasi data alla competizione e l’estremo impegno nel soddisfare le aspettative familiari costringono i ragazzi ad uno stress psicologico di gran lunga superiore alla loro realtà psico-fisica. Dopo la scuola, nei fine-settimana e, persino, durante le vacanze primaverili, estive ed invernali, la maggior parte dei ragazzi giapponesi si rinchiude in centri di preparazione alle scuole superiori o è subissata da attività di circoli che impediscono loro una tregua e, addirittura, un dialogo con la famiglia. Molti di essi non hanno mai avuto una conversazione con la famiglia che non fosse legata ad argomenti scolastici. Nel 1996, lo stesso Ministero dell’Istruzione si era reso conto delle condizioni disumane dei ragazzi e aveva tentato di alleggerirne il peso riducendo a 5 giorni la settimana scolastica, ma sembra fosse già tardi.

Oltre allo studio, un’ulteriore fonte di stress deriva dal difficile rapporto con i compagni, spesso condizionati da casi estremi di molestia o prepotenza (いじめ), per motivi banali legati all’aspetto fisico (sovrappeso o, addirittura, acne), a problemi di abilità nello studio o nello sport, o, ancora, etnici e, finanche, per esperienza di vita all’estero.

Il ragazzo preso di mira viene molestato da un gruppo di compagni, che diviene man mano più numeroso fino a comprendere tutta la classe, tanto da rendergli traumatico frequentare la scuola. A quel punto, la famiglia, per evitare che la situazione si drammatizzi maggiormente (i casi di suicidio giovanile erano frequenti fino a poco tempo fa), cerca di proteggere il figlio nelle mura domestiche, che finiranno per diventare il suo rifugio per lungo tempo.

Violenza minorile domestica

Rappresenta una nuova realtà, anche questa causata da incompetenza educativa, mai riscontratasi precedentemente e, soprattutto, peculiare in Giappone. I maltrattamenti e i casi di violenza da parte dei genitori nei confronti dei figli non sono una novità oggigiorno neanche in Europa o in America, ma il problema inverso ritengo sia abbastanza raro da noi! I casi di ragazzi che maltrattano e, spesso, uccidono i genitori, in Giappone sono all’ordine del giorno.

Dando uno sguardo alla società giapponese attuale, ne scopriremo le cause. In seguito al boom economico degli anni ’70, in Giappone è venuta a mancare la ripartizione tradizionale dei ruoli all’interno della famiglia. Il padre si reca al lavoro la mattina prestissimo e rincasa tardissimo, per ben 6 giorni alla settimana, sfinendosi in modo tale da trascorrere la domenica e i giorni di vacanza nell’ozio più assoluto. Nella maggior parte delle famiglie giapponesi, pertanto, la casa viene completamente gestita dalla figura materna, mentre quella paterna è quasi del tutto inesistente. Persino l’educazione dei figli è monopolizzata dalla madre che,

Il Giappone, un gigante dai piedi d’argilla 2139 nella prima età del bambino, pecca di un eccessivo senso di protezione, causando, in seguito, totale dipendenza, ritardo nella maturità e soprattutto incompatibilità sociale. La campana di vetro, però, verrà infranta allorché il ragazzo comincerà a frequentare le scuole medie. Da quel momento, la madre tenderà a pretendere un impegno scolastico sempre maggiore, avvalendosi di minacce psicologiche. Scatta così la reazione violenta da parte del giovane che, non potendo accettare in prima persona i propri insuccessi e il tradimento delle aspettative materne, approfitta dell’assenza paterna e scarica le frustrazioni sulla madre e/o oggetti della casa.

Freeter e Neet

Su influenza americana l’economia giapponese si è spostata sul principio di mercato azionario e sulla competitività, abolendo le tradizionali relazioni all’interno delle imprese tra dirigente e impiegato e favorendo, in tal modo, il ruolo di capo indiscusso dell’impresa, che col gioco del rendimento e della produttività, emana sentenze di licenziamento e/o taglio di salario. Sempre per il profitto aziendale si è sviluppata la tendenza di evitare l’impiegato a contratto a favore dei lavoratori saltuari che, attualmente, risultano essere un terzo della forza lavorativa. I lavoratori part-time guadagnano la metà di quelli a contratto e, inoltre, l’impresa non è tenuta ai sussidi che, altrimenti, inciderebbero sulle spese del personale.

Da questa trasformazione aziendale e crisi lavorativa nascono i freeter. Il termine, creato da un misto dell’inglese free e del Tedesco arbheit sta ad indicare giovani che, dopo aver tanto studiato e raggiunto l’agognato diploma o laurea, si trovano ad affrontare il nuovo mercato del lavoro senza poter realizzare il proprio sogno, limitandosi così a passare da un lavoretto ad un altro. Attualmente 2.170.000, i freeter si dividono in tre categorie principali: coloro che vivono alla giornata in attesa di trovare un lavoro fisso soddisfacente, i sognatori e gli immotivati.

La crisi del mondo del lavoro, inoltre, risulta essere una delle cause del basso rendimento scolastico che si avverte nelle scuole odierne. La sfiducia negli studi, che non garantiscono come una volta una dignitosa carriera, genera i neet, cioè coloro che abbandonano la scuola e disdegnano qualsiasi tipo di occupazione. Il termine viene dall’inglese “Not in Education, Employment or Training” e oggi se ne contano circa 820.000 in una sfera tra i 15 e i 34 anni.

Sempre nel mondo giovanile un altro caso attuale è la prostituzione delle liceali: ragazzine di scuola media e superiore che tramite chiamate sui cellulari barattano indumenti personali, pose erotiche e, il più delle volte, anche il proprio corpo col denaro o altro. Il drammatico è che non sussiste in loro la coscienza di fare qualcosa di male! Addirittura, tempo fa, in un’intervista televisiva, una quindicenne affermava: “Se lo facesse mio padre me la prenderei; ma io mi venderò solo fino a 20 anni, poi mi sposerò e diventerò una buona madre”.

Suicidi

I mutamenti avvenuti nell’ambito delle condizioni di lavoro hanno provocato, soprattutto, il problema sociale più grave oggi in questo Paese: i suicidi.

CATERINA SALVATI YAJIMA

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posto nel mondo e al primo tra i Paesi industrializzati.

Accanto ai sistemi classici di volo dai palazzi o salto sui binari, navigando su internet, scopriamo anche inquietanti homepage che invitano al suicidio collettivo.

A scegliere questa strada sono principalmente i 30~40enni e tra le cause più frequenti troviamo il licenziamento e le eccessive ore di lavoro straordinario finalizzate a dare quel rendimento e quella produttività necessari al mantenimento del posto di lavoro.

Tutti questi fattori qui annoverati sono segnali d’allarme da non trascurare!! È ora che il Giappone si renda conto che potrà risanarsi e riprendere le proprie forze, solo se ritrova l’etica morale di una volta, quello spirito che lo aveva sostenuto durante la ricostruzione e che oggi potrebbe assicurare il suo prossimo goal, il risanamento sociale. Questa è la morale della storia racchiusa nella parte conclusiva dell’esplosivo bestseller di Masahiko Fujiwara.

Un’intervista

Masahiko Fujiwara, nato nell’ex-Manciuria il 9 luglio 1943 da Jiro Nitta e Tei Fujiwara, entrambi scrittori di successo, è un matematico più noto come saggista.

La sua carriera di scrittore risale al 1978 con il premiato “若き数学者のアメリカ

Wakaki sugakusha no America”, un diario sul biennio trascorso all’Università del

Colorado come professore associato. Sempre di suo pugno sono tra l’altro: “遥かな

るケンブリッジ一数学者 のイギリス Harukanaru Kenburiji: Ichi sugakusha no

Igirisu, 1994”, nel quale racconta la sua esperienza di professore all’Università di

Cambridge, e il recente “この国のけじめ Distinzione di questo Paese, 2006”.

La sua fama di scrittore è esplosa, tuttavia, con “国家の品格 Kokka no Hinkaku,

2005”, che secondo il Time Asia, rappresenta il secondo bestseller della prima metà del 2006. In questo libro, traducibile in italiano “Dignità di uno Stato”, l’autore attacca in modo spietato le recenti riforme economiche e scolastiche condizionate dalla tendenza alla globalizzazione e americanizzazione e sostiene che per la salvezza del Giappone è necessario rivalutare le antiche virtù morali che egli racchiude nello spirito del Bushidō.

Lascio la parola al prof. Fujiwara riportando qui di seguito la traduzione dell’intervista (in appendice l’originale) concessami nel suo studio presso l’Università femminile di Ochanomizu, dove attualmente copre la carica di professore di matematica.

Il Giappone, un gigante dai piedi d’argilla 2141

D: Prof. Fujiwara, cosa ha spinto un matematico a trattare problemi sociali?

R: In qualità di matematico ho insegnato presso università americane ed inglesi e almeno nel campo della matematica ho potuto osservare che la logica sia essenziale. Tuttavia, ho scoperto a mano a mano che, pur avendo una funzione principale nella matematica, la logica non basta nella vita.

Tengo a precisare che negli ultimi 200~300 anni il mondo è stato dominato dall’Europa e, in seguito, dall’America e, per quanto l’Africa e l’Asia abbiano fatto resistenza, la dominazione non è cessata.

Per capirne il perché dobbiamo risalire alla rivoluzione industriale che ha dato potere e armi. Questa, generata dalla precedente rivoluzione scientifica di Newton ed altri, in Europa aveva trovato campo fertile in quanto la riforma religiosa e il Rinascimento avevano portato alla luce “logica”, “raziocinio” e “ragione”. Cosa che non era avvenuto in Giappone. Così una volta realizzati questi concetti è stato facile per l’Europa dominare il mondo e, in seguito alla rivoluzione industriale, sviluppare una civiltà materialista il cui trionfo si è dimostrato eclatante. Così, la tecnologia scientifica, il Jet, il computer, lo Shinkansen rappresentano tutti il concetto logico e, di conseguenza, gli Europei, gli Americani e il resto del mondo, hanno cominciato a basarsi sulla logica, sviluppando lo spirito razionale con la convinzione che rifacendosi alla ragione tutto potesse filare liscio. Questo costituisce il punto di partenza del mio pensiero! Oggi tutti i Paesi avanzati si trovano ad affrontare i medesimi problemi: ad esempio, i bambini non leggono libri. I miei colleghi italiani, inglesi, tedeschi e americani sostengono che nei loro Paesi i giovani non leggono. Come anche in Giappone, i bambini di oggi sono negati in chimica e matematica. Peggio ancora, sono aumentati i ragazzi traviati e i problemi sociali. Tutto il mondo è angosciato da questi sintomi!!! Nessuno ne comprende il perché e, pur riflettendoci, non se ne viene a capo. Oggi si venera il denaro e dovunque non si considera altro che il profitto del Paese e l’interesse statale. Senza eccezioni! In Italia, in Francia, in Inghilterra, in America, in Russia, in Cina e dovunque il pensiero va solo agli interessi materiali: così è diventato il nostro mondo!

Dov’è il problema? È nella logica, nel raziocinio e nella ragione che non possiamo e non dobbiamo eliminare perché altrimenti distruggeremmo anche la nostra civiltà ma dovremmo ridimensionare e, soprattutto, realizzare che l’Uomo non può andare avanti solo con questi.

In Giappone, ad esempio, dovremmo ritornare a quei valori nazionali che esistevano in passato: il senso estetico, l’armonia che si avvertiva ascoltando gli insetti, la malinconia dell’autunno, la caducità della vita, ad esempio. O ancora, la sensibilità del bello che commuove, il senso estetico, il mutarsi delle cose, il riscontrare la bellezza nell’effimero. Faccio un esempio: in autunno i giapponesi si recano in montagna ad ammirare le foglie rosse e si fermano alle terme. Il nostro cuore viene rapito dagli ultimi momenti di splendore e bellezza delle foglie che a momenti cadranno morte. Così anche per i ciliegi, i cui fiori li rendono belli per soli 5 giorni all’anno e per i restanti 360 giorni sono alberi qualsiasi. Ma quei 5 giorni sono meravigliosi e nella loro stessa brevità ne cogliamo la bellezza. La nostra

vita si collega e si ritrova in tale caducità. A tale sensibilità aggiungo la “forma” che risale allo spirito del “Bushidō” quale lo spirito cavalleresco in Europa. L’orrore per la viltà, l’onestà e l’amore professati dal Cristianesimo sono presenti anche nello spirito del Bushidō. Soprattutto l’orrore per la viltà e “il senso della compassione” ne sono, secondo il grande studioso cristiano, Inazo Nitobe [*Inazo Nitobe (1862~1933), autore di “Bushido, l’anima del Giappone” (NDT)], il centro vitale. Il senso della compassione sta nella pietà e nella commozione verso il debole e appunto questa sensibilità è proprio del Bushidō. Nel Giappone del passato, senza un forte credo religioso, il criterio di giudizio era nello spirito del Bushidō. Il Giappone era un Paese eccezionalmente dotato di valori morali quali l’onestà, l’amore, la dignità, la vergogna, il rifiuto della viltà e la stessa pietà. Quando nel 1549 il missionario Francesco Saverio venne in Giappone si meravigliò di cotanto valore morale riscontrato nei giapponesi. E anche altri missionari! Il Giappone era il “numero uno” tra i Paesi di diversa religione. Il nostro Paese era così già prima del Bushidō: un Paese dai radicati valori morali, dove si aveva rispetto per gli anziani, non si diceva il falso, non si tradivano gli amici e si provava pietà verso i deboli. Tutto questo lo stiamo perdendo a causa della logica, del raziocinio, dell’efficienza e del rendimento o, piuttosto, quell’efficienza e quel rendimento professati dall’America. Tale pericolo non è limitato solo al Giappone ma incombe su tutto il mondo e, in particolare, la “globalizzazione”, questo voler uniformare tutto il mondo all’americana, e voler rendere la lingua inglese universale! Sarebbe preferibile distruggere il mondo!! È imperdonabile!!! Rendere la lingua di un Paese l’unica lingua universale, o la cultura di un Paese l’unica nel mondo non è giusto. Semplifico con un esempio questo scempio: il tulipano è un fiore bellissimo ma vi immaginate un mondo fatto solo di tulipani? Per me questo mondo farebbe meglio a scomparire! Il Paese dove vai ha un suo fiore caratteristico e lì è il bello! Ogni Paese, ogni popolo, per esempio in Italia, ogni regione ha la sua cultura, la sua tradizione, la sua cucina e la sensibilità della sua gente: questa è la bellezza del nostro mondo! Rispettare, stimare e coltivare tutto questo rappresenta il “localismo”; Il 21esimo secolo dovrebbe essere caratterizzato non dalla “globalizzazione” strategica americana bensì dal “localismo”: ogni Paese, popolo e regione dovrebbero rafforzare finanche il proprio dialetto e tutto il mondo rispettarlo. Probabilmente questa teoria risulta inutile e di basso rendimento ma non hanno maggior valore i principi culturali generatisi e tramandati da ciascun Paese, razza e regione? In qualsiasi Paese vai, c’è una tradizione. Una volta distruttala non rimane più nulla. In particolar modo la globalizzazione è una strategia che l’America ha imboccato una volta terminata la guerra fredda e sta sconvolgendo tutto il mondo. Il Giappone, divenuto una colonia americana, vive il pericolo più incombente. Io ho tanti amici in America e anche in Inghilterra ma mi sono sentito in dovere di contestare perché gli anglosassoni stanno veramente esagerando!

D: Nel Suo libro, compare spesso il termine “Ōbei” (Europa e America). Volendo specificare, per Europa a quale Paese in particolare si riferisce?

R: Be’, in Europa la nazione che maggiormente ha svolto un ruolo dominante è stata l’Inghilterra e, appunto per questo, oggi tutto il mondo studia l’inglese. L’inglese è la lingua dei dominatori. Anticamente lo era il latino e sia nel francese che nell’inglese ne ritroviamo tracce. L’astratto è d’origine latina, l’insignificante è di provenienza germanica. Il latino aveva dominato nel campo accademico mentre oggi l’inglese vuol diventare la lingua ufficiale universale. Bisogna assolutamente impedirlo!!! Nella sfera economica, l’economia di

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mercato all’americana, l’America è libera di svilupparla! Ma, nei Paesi cattolici sussiste un sistema propriamente cattolico, in Germania troviamo un sistema capitalista tedesco, in Russia c’è un mondo ortodosso russo e, pertanto, dovrebbero regolarsi di conseguenza. In Giappone c’è il capitalismo giapponese. Uniformare tutto è una tendenza che mi sento di dover contrastare.

D: Sono rimasta sorpresa nello scoprire che prossimamente l’inglese sarà introdotto nelle scuole elementari pubbliche. 30 anni fa nelle scuole elementari italiane il latino divenne gradualmente materia facoltativa e in seguito eliminato e come risultato venne a mancare la base della nostra lingua. Il Giappone si ritroverà nello stesso pericolo se lo studio del giapponese verrà ridotto a favore dell’inglese?

R: Sì, c’è questo pericolo! Ad eccezione di Paesi quali Singapore o il Belgio dove è necessaria la conoscenza di più lingue, laddove, come in Italia o in Giappone, basta la propria, ritengo che nelle scuole elementari dovrebbe essere studiata solo quella. Innanzitutto è necessario apprendere la propria lingua, e rafforzare le proprie radici a contatto con la cultura, la tradizione, la sensibilità e la letteratura a cui il proprio Paese ha dato vita e che ha tramandato fino ad oggi. Faccio un esempio: un individuo che possiede un grado di conoscenza del giapponese equivalente al 50% e dell’inglese al 50% non ha futuro. È necessario il 100%!!! 100% inglese e 0% giapponese è accettabile ma non credetevi che sommando due 50% si arrivi al 100%: è un’idiozia! Una volta che sarà introdotto l’inglese nelle scuole, avremo un 80% di giapponese e 20% d’inglese e sarà un errore. Le scuole elementari hanno il dovere di creare un individuo al 100% e questo vale in tutto il mondo.

D: Secondo Lei, come si potrebbero rivalutare la sensibilità e la tradizione giapponesi? R: Mah, non è facile far comprendere l’importanza della tradizione. Prendiamo il caso attualissimo della discendenza imperiale: fino ad ora c’è sempre stato solo il discendente maschio ma perché non permettere anche a una donna di ereditare il trono? Razionalmente parlando è possibile ma significherebbe cancellare una tradizione di 2000 anni! La tradizione

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