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Da noi c’è un giorno che chiamiamo Sigagne˜e˜rw: il giorno impuro Quel giorno se

Risponde a tutte le domande Alphons Hébié

pretendente 9 Un padre [prima di getto aveva pronunciato la parola “zio” poi si è immediata-

R. Da noi c’è un giorno che chiamiamo Sigagne˜e˜rw: il giorno impuro Quel giorno se

arriva qualcuno in famiglia non si offre né l’acqua da bere né cibo da mangiare. Bisogna aspettare che il giorno passi.

[Dal punto 18.03 al punto 18.11 non si riesce a sentire nulla. L’argomento “giorno impuro”, sarà ripreso e approfondito alle pp. 105 sgg.]. – 18.12

Commento alla frase: «Le vieux donne l’éducation pour enlever le morte», perché?

Per il commento che segue cfr. la risposta n. 1, p. 85.

I motivi causa di un decesso sono un numero ben preciso, previsto e regolato nei minimi det- tagli dalla tradizione, quando lui ci dice: «andiamo a prendere “le panier”» – che io ho libera- mente tradotto con il termine “il cesto” – vuole esprimere proprio questo pensiero. Il sacerdote che ne dispone la chiave di interpretazione è il féticheur34, infatti è lui il soggetto di riferimento

nella frase qui riportata. Cosa stabilisce questo misterioso personaggio? A lui è assegnato il com- pito, dentro un arco di possibilità già da tempo fissato dalla tradizione, di indicare qual è quella che riguarda il caso specifico per il quale è consultato.

Le eventualità che la tradizione riconosce, e quindi formalmente le sole che il féticheur può prendere in considerazione, sono esattamente quelle fornite dai miei informatori, e non ve ne sono altre. Ricorrono, infatti, sempre le stesse presso tutti gli informatori, e per ognuna esiste una prassi esatta da rispettare. Allo stato delle informazioni non sono però in grado di descriverle.

1) Si muore perché aggrediti da animali selvatici e pericolosi. Secondo me il riferimento al morso di un serpente è contingente, viene preso in considerazione da Alphons solo perché si trat-

35. Augé M., Il senso degli altri, pp. 31-32. 36. Ivi, p. 24.

ta indubbiamente della cagione più frequente: considerato che si tratta sopra tutto di contadini alle prese con aride terre della savana.

2) La malattia. Non è un fatto casuale che la risposta di Alphons metta l’accento sul numero eccessivo di “medicine” ingerite. Il riferimento da lui scelto trova giustificazione solo se inseri- to in un contesto simbolico legato alla dialettica salute/malattia, dove a mediare interviene un par- ticolare modo di concepire la cura e la medicina, in un mondo in cui: «una malattia può essere interpretata come il richiamo all’ordine di un dio trascurato dal successore del suo vecchio deten- tore. Se si aggiunge che molto spesso gli dei sono presentati come antenati [la presenza della malattia può benissimo essere intesa come prova dell’evento e] l’evento stesso viene interpreta- to come segno di un “altro”, come rinvio a un “altro”»35che si è manifestato con lo scopo di por-

tarsi via il morto.

3) L’impurità. Si muore quando si entra in contatto con essa.

Il riferimento al furto è ancora una volta un pretesto, il motivo strutturale che si cela dietro è che compiere un’azione proibita, quindi impura, conduce direttamente alla morte: gli esempi di comportamenti proibiti-impuri che procurano morte sono numerosi, in questo colloquio sono riportati i due affascinanti esempi dell’iniziazione “mangé par l’initation” e quello sublime del- l’adulterio.

4) L’entourage dei parenti. Il rischio maggiormente temuto, il punto più delicato e pericolo- so, è di essere assassinati da un parente prossimo.

Per il pericolo rappresentato dai parenti più stretti, in contesti religiosi simili a questo, esiste una letteratura sterminata; ed è indubbiamente da tutti considerato un dato assolutamente certo.

«Per limitarci all’Africa, quello che l’apparato rituale lignatico mette innanzitutto in scena è, in molti sensi, un io plurale, relazionale, e di conseguenza anche relativo [...] gli esse- ri individuali non hanno esistenza che attraverso la relazione che li unisce. Così l’individuo non è che l’incrocio necessario ma variabile di un insieme di relazioni; gli scenari originati dalla morte o dalla malattia, i sospetti o le accuse di stregoneria [...] sono a questo riguardo molto eloquenti. I poteri che essi tirano in ballo e che essi sono ritenuti in grado di mettere in gioco non potrebbero essere detti esclusivamente corporei o spirituali (l’antropologia locale non è dualista); d’altra parte non hanno realtà e senso che in funzione della relazione sociale di cui attualizzano una delle virtualità: è per esempio tra fratelli uterini o tra zio materno e nipote uterino, o il contrario, che ha luogo l’aggressione attraverso la stregoneria [...] È chia- ro che una malattia o una morte possono chiamare in causa un certo numero di relazioni sociali e soltanto quelle»36.

37. «Ma ciò vuol dire anche che le istanze portatrici del potere della stregoneria o vulnerabili alla sua aggressione, che sono anche i costituenti della personalità individuale, non definiscono l’essere individuale come chiuso in se stesso, consustanziale a se stesso: l’individuo al contrario non esiste che grazie alla sua posizione in un sistema di relazioni di cui i principali parametri sono la filiazione e l’alleanza e di cui queste istanze (questi costituenti) sono la manifestazione. Anch’esse non hanno esistenza che all’interno e attraverso la relazione con l’altro di cui sono lo strumento», Ivi, p.25.

Ma come ci ricordava Alphons, l’esistenza di un individuo dipende strettamente da queste relazioni, tanto che, nell’immaginario collettivo locale, l’abbandono dei familiari poteva rappre- sentare un’altra grande cagione di morte37.

1. Non faceva, infatti, parte del clan dei Sombié, al contrario di tutti gli altri anziani intervistati, che come già detto altre volte erano tutti dei “Son”; nonostante questo, fu sempre ben accolto, e le poche volte che prese posto accanto a loro riferì con competenza delle cose sacre del villaggio.

2. Per rendere il più possibile fruibile il contenuto delle risposte, nella trascrizione non ho rispettato l’ordine che si trova nella registrazione, per cui la domanda n. 1 in registrazione è la n. 3, la n. 2 in registrazione è la n. 1, di conseguenza la n. 3 in registrazione è la n. 2.

3. Questo punto è molto importante per decifrare il rito che accompagna la condanna dell’adulterio, cfr. infra pp. 94 sgg.

1.6 Colloquio del 8 dicembre 2004

Rispondono alle domande alternativamente: Julien Sombié e Mamadou Sombié.

Nei giorni, sabato 27 novembre e giovedì 2 dicembre, furono celebrati due matrimoni a Béréga, ai quali partecipai in veste di osservatore privilegiato, grazie all’invito ufficiale ricevuto dai genito- ri degli sposi. In questo modo ho potuto raccogliere un numero soddisfacente di informazioni. Tutti i dati elaborati in queste prime pagine insieme alle prime tre domande fatte agli anziani, considera- to che anche loro avevano partecipato a quasi tutti i momenti salienti dei matrimoni, sono scaturite dall’osservazione delle due cerimonie nuziali. Alle prime tre domande non risposero, come d’abi- tudine, Julien o Mamadou, ma lo fece direttamente uno degli anziani presenti ai colloqui1.

La grande cerimonia ufficiale ebbe inizio la mattina presto, presso la casa della promessa sposa. Fin dalle prime ore dell’alba vennero ammucchiati, in un punto del cortile, il cibo e le bevande offerte dal marito alla famiglia della fidanzata; ma già dalla sera del giorno prima, dei musicisti avevano cominciato a suonare, senza interruzione per tutta la notte, nei cortili delle case dei futuri coniugi. Tali prodotti venivano poi trasportati in cucina dalle donne parenti della sposa che nel corso del trasporto, intonavano canti di giubilo e gioia, sopra tutto in occasione del dislo- cazione delle giare di dolo e di bangui. Il significato originario di questa parte del rito mi fu tut- tavia spiegato più tardi dagli anziani presenti alla festa, in quanto i contenuti del canto di letizia, che doveva accompagnare il trasporto di tali bevande, non si manifestava in modo evidente nei comportamenti e negli atteggiamenti delle donne.

Sicuramente la cerimonia deve aver perso la forte carica emotiva di un tempo; probabilmente, le donne di oggi non si identificano più totalmente nel tradizionale ruolo di spose, che la festa nuzia- le inaugurava solennemente. La reazione tesa a contenere entro limiti più pacati la partecipazione emotiva all’evento potrebbe essere la conseguenza del profondo mutamento che ha subito la figu- ra tradizionale della donna, che si muove ora dentro un orizzonte di ideali molto diversi2.

D. 1) Perché le giare con dentro il bangui e il dolo?