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Quando la stagione deve avviarsi, come già detto nel corso del mese di maggio, biso-

Risponde a tutte le domande Mamadou Sombié

R. Quando la stagione deve avviarsi, come già detto nel corso del mese di maggio, biso-

gna affrontare i preparativi per i sacrifici. Le cerimonie ufficiali hanno inizio a partire dalla

Maisonette che si chiama: IGOLSUONA. Seguono poi IPARAIKTUSUONA e INTARA-

SUONA, queste sono i primi tre luoghi sacri del percorso che deve affrontare la cerimonia tradizionale.

[Gli anziani qui si riferiscono al periodo dell’anno che introduce le prime piogge della sta-

36. Naturalmente intende nei luoghi dove esercita l’operatore sacrale, che potrebbero essere, a seconda dei casi, all’aper- to o al chiuso di una piccola capanna.

gione, in occasione del quale prende avvio la grande festa, molto probabilmente paragonabile ai vari capodanni agrari che si trovano presso altre culture simili alla Turka.

La specificità della festa consiste in un rito particolare, che più d’ogni altro, acquista rilievo all’interno della celebrazione: si tratta di un pellegrinaggio del quale sono qui solo sommaria- mente ricordati, da Mamadou, i nomi relativi ai primi tre passaggi.

Mentre, nel colloquio del 1 dicembre, mi furono forniti sul rito molti più dati. Per ulteriori chiarimenti rimando quindi al commento fatto in quella occasione, dove cerco d’affrontare l’ar- gomento utilizzando un numero maggiore di elementi]. – 32.28

Quindi riassumendo si potrebbe avanzare l’ipotesi che il Douogo è anche Igolsuona. A) Sono sicuro che è il luogo sacro più importante del villaggio e corrisponde alla tomba di Brigue, il fondatore. Di questo si trova conferma in molte risposte fornite dagli informatori e dalla documentazione raccolta.

B) Questo luogo raccoglie tre manifestazioni fondamentali della vita cultuale dei Turka: 1) è la prima tappa del lungo pellegrinaggio fatto in occasione della “grande festa”, cioè il capo-

danno tradizionale che si svolge nel corso del mese di maggio. La data non è fissata una volta per sempre, ma viene stabilita da un consiglio di anziani che tiene conto in primo luogo delle condizioni meteorologico-ambientali, della situazione economica (per la realizzazione del- l’evento occorre un grosso sforzo economico) e del parere degli “spiriti”. Non sono riuscito a sapere cosa con precisione e concretamente essi facciano.

2) È il luogo e insieme l’entità sovrumana principale37, è il punto di riferimento di tutte le attivi-

tà cultuali legate al vecchio rito di iniziazione. Sia per quanto riguarda la “Piccola iniziazio- ne”, che si svolgeva ogni tre anni (alcuni informatori hanno parlato di una scanzione tempora- le di un anno, ma l’ipotesi è molto più debole), sia per la “Grande iniziazione”.

3) Il Douogo, viene regolarmente consultato anche quando fatti o problemi, legati a singoli individui o che interessano l’intera collettività, assumono una portata critica straordinaria; gli esempi a favo- re di una lettura in tal senso della funzione di questa entità extraumana sono molti, come si è visto a proposito dei sacrifici offerti dagli individui malati per ottenere una guarigione, quando ci sono dei decessi al villaggio, oppure quando si sacrifica perché le piogge tardano ad arrivare. Dalla conversazione con Mamadou, sono inoltre emerse le principali categorie temporali presso i Turka. In primo luogo, il calendario stagionale è di tradizione ciclica. Dimostro in molte parti della tesi che tuttora è, per settori specifici della realtà del luogo, un punto di riferimento, per cui non del tutto superato.

In secondo luogo, la visione del tempo metastorico è suddivisa tra: a) la tradizione mitica che concentra tutti i racconti pertinenti la fondazione della cultura Turka a Béréga; e b) la tradizione storica precedente la colonizzazione in cui troviamo concentrata la dinamica della mitopoiesi degli autoctoni, relativa alla elaborazione mitico-culturale degli eventi storici subiti38.

Sul piano del tempo metastorico troviamo custodita, presso pochi individui e solo in partico- lari contesti (che mi è stato in parte proibito di conoscere), tutta la tradizione mitica. Non solo, nel caso specifico dei Turka è lì confluita anche gran parte della loro coscienza storica riferita al periodo che precede l’avvento dei bianchi, quel lungo periodo storico in cui la loro autonomia era completa e solo di riflesso subiva il condizionamento dovuto alla presenza dei colonizzatori. Quando cioè era difficile stabilire precise cronologie storiche in quanto «non c’erano problemi impegnativi, non c’era la scrittura e tutti per ricordare si affidavano solo alla memoria dei griot». Si pone ora, un interrogativo di carattere prettamente etnografico, relativamente alla raccol- ta di informazioni dettagliate circa gli altri luoghi toccati dall’itinerario seguito nel corso della cerimonia; tutti i tentativi in tal senso da me posti in essere hanno portato a dei risultati solo par- ziali, in quanto, quando mi trovavo sul campo per raccogliere informazioni sul materiale non avevo ancora maturato una soddisfacente padronanza delle tematiche. Il problema potrebbe tro- vare soluzione solo partecipando fisicamente alla grande manifestazione.

La presenza in loco, sopra tutto la possibilità materiale di assistere al rito “in-azione”, con- sentirebbe di superare un numero enorme di malintesi, vuoti e problemi con gli informatori, che l’approccio alla cerimonia affrontato solo sul piano verbale e teorico ha ben evidenziato.

Quando si raccolgono testimonianze bisogna sempre tentare di condividere esperienze di vita concreta con gli informatori, l’ideale sarebbe partecipare insieme all’informatore al rito o alla cerimonia oggetto d’indagine. Questo fatto permetterebbe di elaborare le domande in riferimen- to ad un dato concreto evitando molti problemi nella ricerca delle informazioni.

«L’estinto è stato fedele al giorno assegnatogli per morire» (dal punto 23.30 al punto 23.50). La cultura Turka arriva a quest’affermazione di principio solo se né la stregoneria né i genii della foresta intervengono per catturare un uomo al fine di condurlo alla morte.

Una risposta certa a questo problema, nel caso di un decesso, è prioritaria; infatti ogni morto è un enigma che, prima del definitivo congedo dal defunto, deve essere necessariamente risolto. La cultura Turka prevede un preciso istituto magico-religioso per far fronte a questa incognita. Il responso con la soluzione dell’enigma è comunicato ai parenti del defunto dal mediatore sacro (il charlatan), dopo aver affrontato un lungo giro di consultazione presso tutte le divinità più

38. Cfr. Massenzio M., Destino e volontà: mitopoiesi e dinamica storica, in: Religioni Simboli Società Lévi-Strauss C., pp. 241-312.

importanti del luogo. Comunque resta sempre in piedi il problema di sapere a chi e a cosa si è o si deve essere fedeli per morire nel giorno stabilito? Chi ha stabilito qual è il giorno giusto per morire nella tradizione culturale degli autoctoni?

Sarebbe interessante raccogliere dei miti con i quali queste pratiche cultuali sono in rappor- to, poiché: «come spiega Radin nel commento [si riferisce ad uno dei quattro miti Winnebago da lui raccolti], questo mito racchiude una teoria indigena: ogni individuo ha diritto a una quota spe- cifica di anni di vita e di esperienza. Se una persona muore prima del tempo, i suoi parenti pos- sono chiedere agli spiriti di distribuire tra loro ciò che essa non ha utilizzato. Ma in questa teoria c’è qualcosa di più di quanto risulta evidente. Il periodo di vita che l’eroe non vive, quando accet- ta di morire per mano del nemico, sarà aggiunto al capitale di vita assegnato al gruppo»39.

1. Si riferisce alla “formula rituale”; che è plausibile pensare si ripeta immutata di fronte alle varie entità sovrumane con- sultate lungo il percorso del pellegrinaggio.

2. La frase: «Ora si esce da ogni luogo senza sapere…», è rimasta incompleta, per le possibili interpretazioni vedi pp. 74 sgg. 3. Utilizzo la formula vaga “qualcosa” perché non sono sicuro se si tratta di: via, luogo oppure dio.

1.4 Colloquio del 1 dicembre 2004