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Riferiscono, sempre gli anziani, che prima era tutto meno complicato, in quanto non

Risponde a tutte le domande Mamadou Sombié

R. Riferiscono, sempre gli anziani, che prima era tutto meno complicato, in quanto non

sapendo leggere non c’erano problemi. Non gli è possibile quindi indicare con precisione la data dell’arrivo dei Turka a Béréga. Ma sono certi che questo arrivo risale a tempi remotissimi.

[Dal punto 13.00 al punto 14.55, messo di fronte alle perplessità dei nativi, cercai di avviare un difficile dialogo tra me e Mamadou circa la fondazione di Béréga, teso a chiarire meglio il fatto che non ero alla ricerca di una data precisa e certa, ma del numero, volendo anche solo approssimativo, di coloro che avevano ricoperto la carica di capo villaggio. Sono sicuri che sia stata una guerra la causa della fuga dalle terre d’origine; ma, non erano in grado di risalire con maggior precisione al periodo storico nel quale si era consumata, erano comunque risoluti circa

16. I dati sul personaggio si possono ricavare dal mito di fondazione del villaggio, pp. 115 sgg. 17. Cfr. la risposta fornita da Julien alla domanda n. 8 del 14 novembre, p. 42.

la stretta relazione tra la scelta di trasferirsi maturata da Brigue e la guerra: sulla data si limita- rono ad avanzare solo un’ipotesi indicando approssimativamente un periodo che oscilla tra il 1800 e il 1810. Dal punto 14.40 non è chiaro ma sembra voler dire che stava riflettendo su que- sto oscuro passato per cercare di riferirmi più cose possibili, sembra dire: «su quel preciso

momento di quel lontano passato», dove si era compiuto quel tragico sradicamento.

Dopo aver preso atto delle grosse difficoltà incontrate, da tutti i presenti al colloquio, nello sta- bilire anche solo approssimativi riferimenti cronologici, voglio sviluppare un argomento specifico, tralasciando per il momento tutte le altre implicazioni del problema. L’elemento che più stimola la curiosità nello sviluppo del discorso, proposto dai miei informatori, è il continuo avvilupparsi tra loro dei concetti di “scrittura” e “problemi storici”, come sé si volesse in qualche modo sottolinea- re l’esistenza di una stretta liaison tra le due cose: cioè si ricorre alla scrittura solo di fronte a dei grossi problemi da risolvere, da ricordare, oppure, al limite, quando si faceva necessario rifletterci sopra per superarli e continuare a vivere nella norma; ma nella mentalità degli autoctoni, quando tali inconvenienti non si manifestavano, non si avvertiva alcuna necessità di ricorrere alla scrittura. Dunque, in qualche misura, per i nativi la scrittura è sinonimo di problema. Quel breve passaggio rimanda ad una filosofia la cui sostanza dobbiamo immaginare caratterizzata in questa forma: ricor- dare, le cose accadute prima dell’avvento dei bianchi è complicato in quanto, secondo la dottrina dei nativi, gli avvenimenti di allora non avevano mai assunto toni così eccezionali, rispetto al nor- male corso della loro storia, tanto da dover perseguitare la memoria storica dei contemporanei; que- sto, quasi a giustificazione di un’assenza della scrittura nella tradizione storiografica locale.

Qui s’inserisce bene la bella riflessione di Lévi-strauss, allorquando, in Razza e storia18,

mette a confronto le società così dette “fredde” che rifiutano il concetto di storia, in particolare riferendosi a quelle d’interesse etnologico, con quelle che definisce “calde”, come quella occi- dentale, dove l’identificazione storiografica gioca un ruolo di primo piano; avendo comunque presente che: «le altre culture ci apparirebbero come stazionarie, non necessariamente perché lo siano, ma perché la loro linea di sviluppo non significa niente per noi, non è misurabile nei ter- mini del sistema di riferimento che utilizziamo»19. Risulta, quindi, difficile per loro rispondere

alla domanda; sono infatti in seria difficoltà e la risposta è per questo motivo molto confusa. Dal punto 13.25 a punto 13.31 non si capisce tutto il discorso che precede la parola «Paralulu» forse il nome di uno dei primi capi villaggio, al personaggio viene associata in qualche modo la data del 1885, non capisco se per nascita, morte o al limite in riferimento alla sua investitura. Sembra, comunque, essere stato il primo chef de village che ricopriva anche la carica di responsable coutu-

18. Lévi-Strauss C., Razza e storia e altri studi di antropologia, mi riferisco in particolar modo al paragrafo dal titolo:

Storia stazionaria e storia cumulativa, pp. 117-123.

mier, da allora si introdusse l’usanza di dare allo stesso individuo l’incarico a svolgere entrambi i

ruoli. «Infatti, è precisamente il capo villaggio che ordina a Mamadou di sgozzare un animale desti-

nato ad un sacrificio». Quest’ultima digressione, fornita velocemente quasi di passaggio come cosa

insignificante, per me è di fondamentale importanza, in quanto mi dà la possibilità di stabilire il

ruolo istituzionale di “détenter du couteau”20ricoperto dal mio prezioso informatore, ruolo mai

prima da lui così esplicitamente evidenziato. Questo nuovo tassello scoperto permette d’impostare un discorso molto interessante intorno al problema dell’esercizio dei poteri al villaggio]. – 14.55

D. 10) Perché la cerimonia del giorno della festa celebrata in occasione della notte di chiu-

sura del mese di Ramadam fu eseguita nello slargo situato di fronte alla tua casa?21

R. [Il giorno della festa i balafonisti, musicisti rituali, si spostano nel vasto spazio esterno che precede l’ingresso della casa di Mamadou per organizzare la cerimonia prevista nella notte. Pare che il luogo sia stato scelto in quanto in qualche modo, su tutte le cerimonie ufficiali del vil- laggio, Mamadou svolge un ruolo di responsabilità.

Si riesce ad intuire, malgrado le difficoltà dovute alla cattiva registrazione di tutto il brano, che si utilizzi sempre lo stesso luogo per tutte le cerimonie simili a questa. Quando a suo tempo formulai la domanda non ero ancora a conoscenza del ruolo esercitato dal mio interlocutore, ora alla luce di quanto si è scoperto risulta tutto molto più chiaro. La ricerca acquisisce, inoltre, un’ulteriore risultato: sulla base di questo dato posso, infatti, affermare che Mamadou presiede- va la cerimonia controllandone il corretto svolgimento, in qualità di “détenteur du couteau”.

A tal fine, faceva parte integrante dell’orchestra, occupandone fisicamente una posizione cen- trale; non solo, la sua era anche una partecipazione attiva, poiché per tutta la durata della festa lo vidi sempre intento a suonare, emotivamente coinvolto, uno degli strumenti a percussione del gruppo. I musicisti guidavano, eseguendo melodie tradizionali, le sfrenate danze fatte dalle nume- rosissime donne del villaggio presenti alla festa; il clima d’allegria e spensieratezza, che accom- pagnava i balli tradizionali, si è protratto fin a notte fonda. Nel corso della festa, un amico musi- cista, mi spiegò due cose fondamentali: la prima, che le musiche e le danze proposte non avevano niente a che fare con l’Islam e la fine del Ramadan e che i griot22offrivano al pubblico solo musi-

20. A proposito del ruolo fondamentale svolto dai “détenter du couteau” questa citazione è molto illuminante: «La souil- lure provoquée par l’effusion du sang de la victime (dans un grand nombre de populations voltaïques, elle constitue une violation des “tabous” de la terre) met en ranger non seulement l’auteur lui-même mais ses proches: ses parents, ses alliés, les voisins, c’est-à-dire les occupants d’un même espaces social. Une telle situation resulte non de l’acte lui même, mais des effets qui en découlent. Disons, pour être plus précis, que ce qui importe n’est pas le fait en soi de donner la mort mais ce sont toutes les conséquences en chaîne qui résultent de la “libération” de forces, celles de la puissance- terre, celles inhérentes [alla vittima che ha perso la vita]», Adler A., Les métamorphoses du pouvoir, p. 13.

21.C’è un vuoto di registrazione dal punto 15.07 al punto 15.13, tutto ciò che segue fino ad arrivare a 15.24 è pratica- mente incomprensibile, ho preferito quindi darne un resoconto da me elaborato.

ca tradizionale Turka; la seconda, quando gli chiesi, conoscendo bene le sue competenze musica- li, perché non faceva parte del gruppo, mi rispose che solo ai griot è consentito suonare in occa- sioni simili. La musica “sacra” che accompagna le cerimonie religiose può essere eseguita solo dai

griot, ai gruppi musicali simili al suo, spesso si tratta di giovani apprendisti, è permesso suonare

solo musica d’intrattenimento, noi diremmo quella profana. Naturalmente questo dà, e darà ancor di più nel futuro, motivo a nuovi intestini conflitti generazionali; le sempre maggiori competenze musicali acquisite dalle nuove generazioni sono una crescente minaccia alle prerogative che la tra- dizione riservava ai soli griot].– 15.45

D. 11) Questa domanda fu formulata per approfondire e verificare le informazioni raccolte a Tinaleri23.

R. [Si coglie con facilità il fatto che i vecchi concordavano, grosso modo, con quanto riporta- to da Kagnon, ma a parer loro alcuni fatti riferiti dovevano essere precisati meglio. La materia del contendere era incentrata sopra tutto intorno alla valutazione dell’importanza sacrale del villaggio, essendo il luogo dove ebbero origine le più importanti istituzioni religiose dei Turka di Béréga.

Mamadou, sul medesimo argomento, sembrava invece essere di parere diverso, in quanto la sua opinione era più vicina alla testimonianza rilasciata da Kagnon. Lui ricorda, infatti, che quan- do il padre era vivo, ed esercitava il potere, se c’erano dei problemi di difficile soluzione si reca- va spesso a cercarne la soluzione a Tinaleri. Quindi, secondo Mamadou, ci si rivolgeva ad un luogo “sacro”, non ben precisato, di Tinaleri anche quando si presentavano problemi legati alla penuria di piogge: il suo parziale disappunto, rispetto a quanto sostenuto dagli anziani, prende corpo da questi suoi ricordi.

Quindi, il piccolo villaggio resta tuttora di riferimento per i conflitti di potere in atto a Béréga, questo è il risultato chiaro che risulta con forza. Anche se, come si può vedere, il contenuto com- plessivo della risposta rimane purtroppo poco chiaro, e molti problemi restano in ombra]. – 16.45

D. 12) Cosa possono dirmi dei riti di iniziazione di Tinaleri?

[Sull’argomento gli anziani non mi hanno trasmesso delle opinioni chiare ed esaustive, ricor- dano confusamente che Brigue ha trovato le Douogo a Tinaleri; forse potrebbero essere stati i

toussian ad introdurlo; se ne deduce quindi che siamo di fronte alle stesse usanze praticate a

Tussiana, il villaggio più rappresentativo della storia di questo gruppo etnico].

23. Il piccolo villaggio, al quale fa più volte riferimento il mito di fondazione, che avevo visitato pochi giorni prima dei colloqui, dista dal villaggio di Béréga pochi chilometri. In questo minuscolo villaggio, composto da una decina di capan- ne, accompagnato da Issa, fratello minore di Julien ebbi l’opportunità di formulare alcune domande al vecchio del posto di nome Kagnon, naturalmente faceva parte anche lui del clan dei Sombié, per cui mi fu presentato come un loro lonta- no parente.