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Quando un anziano muore si ricorre al suono di un balafon tradizionale Di solito è

Risponde a tutte le domande Mamadou Sombié

R. Quando un anziano muore si ricorre al suono di un balafon tradizionale Di solito è

verso le sei del pomeriggio che viene sepolto, normalmente è verso quest’ora che la tomba e l’anziano sono pronti. La sera nel corso della sepoltura riceve dei couris28e dell’acqua, perché possa farne uso lungo il cammino che lo aspetta.

[Possiamo ora individuare, analiticamente, le cinque fasi principali del complesso rituale funerario29.

Fase A: trattamento rituale del “corpo” prima della sepoltura.

Innanzitutto si parte dalla musica, utilizzata come codice linguistico al fine di comunicare l’estremo saluto al morto, esposto allo sguardo dei parenti in “carne e ossa” per l’ultima volta prima dell’interramento. Alle persone incaricate di seppellirlo viene affidato il compito di depor- re nella tomba 40 cauris, altre volte succede invece che siano lasciati al defunto dei soldi, insie- me all’acqua, indispensabile per affrontare il lungo viaggio. Quando, a fine giornata, si sono por- tati a termine tutte queste pratiche si procede all’interramento.

Fase B: dei sacrifici in onore agli spiriti protettori del defunto.

A quanto pare solo dopo l’avvenuta sepoltura, si può dare inizio ai sacrifici, il primo dei quali ad essere menzionato dagli informatori è quello di un pollo; l’officiante, nella fattispecie il nostro Mamadou, esegue le sue operazioni rituali seduto presso l’altare, che come sappiamo non è sem- pre lo stesso. Cambia tutto quando il defunto non è sposato. Mamadou nel commentare tale even- tualità, si inoltra in una lunga digressione che purtroppo non si riesce a tradurre; ma acquisiamo il dato, che morire celibi (cfr. infra, nota 37, p. 80) comporta un sovvertimento dell’ordine ritua- le, di conseguenza il funerale deve in qualche modo essere rivisitato. Il periodo dedicato ai sacri- fici deve durare secondo la tradizione cinque giorni, al termine dei quali si apre un nuovo ciclo.

Fase C: la divinazione del charlatan.

Trascorsi questi primi cinque giorni di cerimonie, ci si reca dal charlatan per conoscere il motivo del decesso, in quanto solo lui, in qualità di mediatore istituzionale, ha facoltà in materia. La formula

28. I cauris sono delle piccole conchiglie, che hanno svolto nelle società dell’Africa Occidentale, una funzione plurima: in primo luogo, erano utilizzati come moneta di scambio; in secondo luogo, come strumento di mediazione, nelle sedute divi- natorie, tra lo stregone e gli spiriti consultati; infine, erano una risorsa per gli usi ornamentali. In un modo o nell’altro erano sempre presenti, svolgendo una funzione fondamentale nei rapporti di scambio delle società del territorio.

29. La risposta registrata è alternata da periodi, affermazioni di difficile interpretazione; per cui, per renderla fruibile, mi trovo costretto a darne un resoconto personale frutto di una mia libera interpretazione del discorso, grazie anche al supporto di ele- menti raccolti dall’osservazione fatta sul campo in occasione di un decesso avvenuto vicino alla casa dove alloggiavo.

proverbiale con la quale si pone il quesito è la seguente: «On doivent charlater savoir: tu est mort de

quel mort?». Qualora si arrivi ad escludere con certezza che né la sorcellerie né i gri-gri30sono impli-

cati nel decesso in questione, vuol dire che l’estinto è stato fedele al giorno assegnatogli per morire. Fase D: il funerale.

A questo punto figli e nipoti organizzano una cerimonia che è un funerale “secco”31. Quel gior-

no si sacrifica un gallo. Per il giorno del funerale ci devono essere in tutto due galli e tre polli. Il primo è ucciso dai genitori a favore del figlio, mentre tutti i successivi sono i parenti del defunto a sacrificarli. Conclusi questi primi sacrifici, coloro che ne hanno la possibilità possono sacrificare anche una capra per il morto. Dopo che si è uccisa la capra, colui che organizza il funerale pare che si debba preoccupare anche delle bevande, della musica, del cibo e di molte altre cose. Cose che ven- gono offerte indistintamente a tutte le persone che partecipano al funerale: è questo il motivo per il quale i parenti più stretti, in particolar modo quelli appartenenti al proprio clan, devono accorrere in suo soccorso. Mamadou, mi propone un esempio concreto, ricordando quanto accaduto in occasio- ne della morte di suo padre, quando fu economicamente sostenuto da molte persone del villaggio. Per un mese, a partire dal giorno del decesso del padre, Mamadou riferisce di avere sempre portato con sé qualcosa, alludendo anzitutto ad un particolare modo di abbigliarsi, ma probabilmente anche altro. Secondo il suo racconto, avrebbe poi intrapreso un lungo giro per il villaggio accompagnato dal suono dei balafon. Lungo il percorso ogni persona incontrata gli offriva del denaro in dono.

Fase E: rituali apotropaici.

Al termine del funerale, dopo che gli anziani hanno consumato e diviso cibo e bevande, si alzano per pronunciare la seguente formula rituale: «Il sabato si spedirà il pollo, che qualcuno

verrà a prendere»32. Arrivati a questo punto, il fratello minore dell’estinto viene a raccogliere per

portarle via le tracce lasciate dalle offerte ricevute fino ad allora, naturalmente rispettando un rigoroso criterio rituale. Infine, come ultimo e definitivo atto, esce e porta a sacrificare il pollo lontano dal villaggio, in prossimità di un incrocio. Non è difficile capire che la finalità d’ogni singola azione intrapresa in quest’ultima fase della cerimonia, è quella di non far più tornare indietro il morto. La valenza apotropaica del rituale è del tutto evidente. Il riferimento ad un “incrocio” come luogo prediletto dove dare conclusione alla lunga serie dei sacrifici serve a sta- bilire la definitiva separazione tra il defunto e il mondo dei vivi: il luogo non è scelto a caso, vor-

30. Si tratta di un oggetto dalle proprietà magiche, simile ad un fétiche o ad un amuleto. Più specificamente il termine si riferisce a un qualsiasi oggetto, considerato immagine o ricettacolo di una potenza sovrumana, normalmente colloca- to fuori dal perimetro del villaggio.

31. Al punto 23.51 sembra pronunciare questo termine, ma non ne sono sicuro. Comunque sia l’intenzione è chiara, si richiama ad un’azione rituale che chiude una lunga parentesi, completandola definitivamente.

32. Ma tutto ciò che segue resta praticamente intraducibile; nel bel mezzo di questa confusione si coglie prima la paro- la “coltello” poi “locale” completamente decontestualizzati da tutto il resto, finisce al punto 25.48 con la chiara e nitida esclamazione: “dove è stato sacrificato il pollo”.

rei qui ricordare che l’incrocio33rappresenta uno spazio ideale molto particolare pregno di signi-

ficato simbolico]. – 26.18

D. 17) Secondo quali criteri un giovane Turka sceglieva la futura moglie?