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Giovanni de’ Vecchi da Borgo Sansepolcro, il pittore italiano dei tre della “fiammata mistica” di Zeri, è l’artista che chiaramente presenta il più grande corpus di opere in Italia. Quelle ascrivibili al lustro compreso fra il 1570-1575 circa non sono però numerose e molte sono a carattere monumentale, al contrario dei piccoli dipinti devozionali di El Greco.

La prima fonte a citare Giovanni de’ Vecchi come pittore è Giulio Mancini nelle sue

Considerazioni sulla pittura del 1620 circa, che ne diede una sintetica e negativa

descrizione, insieme con quella dedicata al conterraneo Durante Albert:

(…) morì Durante Alberti e Giovanni de’Vecchi dal Borgo S. Sepolcro, huomini che fecer più rumore perché in lor tempo nè vi furono pittori di grido e Federico Zuccari era fuori né Giuseppe haveva acquistato ancor reputatione, che per le lor gran sapere, come si vede in S. Paolo, che son cose ordinarie.

Hebbe eccesso in S. Pietro Montorio la prima cappella a man sinistra, e Durante in sua gioventù per quella cappella di S. Giovanni in S. Girolamo della Carità.319

Il Mancini diede quindi un giudizio poco lusinghiero sul pittore di Sansepolcro, il quale sarebbe riuscito a lavorare come pittore solo perché in quel momento non vi erano altri grandi artisti che gli potessero competere, menzionando solo lavori nelle chiese di San Paolo fuori le Mura e in San Pietro in Montorio, senza specificarne i temi rappresentati.

Un primo elenco più esaustivo delle opere di de’ Vecchi si trova nella Memoria delli

nomi dell'artefici delle pitture che sono in alcune chiese, facciate, e palazzi di Roma

di Gaspare Celio, edita a Napoli nel 1638. Celio menzionò dipinti e affreschi in parte oggi non più esistenti, come quelli per le chiese del Gesù, di Santa Trinità dei Pellegrini, di San Lorenzo in Damaso e di San Bartolomeo dei Vaccinari, mentre il

San Girolamo all’Aracoeli (fig. 109) e l’Adorazione dei pastori in Sant’Eligio degli

Orefici (fig. 115), databili, secondo gli studi, fra il 1573 e il 1574, sono tuttora in loco.320

Segue di poco l’opera di Giovanni Baglione Le nove chiese di Roma del 1639, nella quale il nome di Gio. de’ Vecchi dal Borgo ricorre in opere realizzate a mosaico, per i quali il pittore fornì i cartoni, in San Pietro e nell’Abbazia delle Tre Fontane, e in quadri perduti come il San Benedetto in estasi in San Paolo fuori le Mura e forse un

319

Mancini 1956, p. 207.

80 San Giacomo con ornamento in chiaro scuro in San Giovanni in Laterano dovuto ad

un non meglio precisato Giovanni dal Borgo, che potrebbe essere il de’ Vecchi ma anche Giovanni Alberti, anch’egli nativo di Borgo Sansepolcro.321

Da questo primo elenco si può notare che il de’ Vecchi riuscì ad ottenere importanti commissioni in chiese di prestigio, compreso San Pietro in Vaticano, a testimonianza della sua affermazione come pittore di scene sacre.

A parlare più dettagliatamente della vita di Giovanni de’ Vecchi fu nuovamente Giovanni Baglione nelle sue Vite, che, al contrario del Mancini, lo descrisse come abile pittore, tanto da poter confrontarsi con Taddeo Zuccari, e operante al palazzo di Caprarola al servizio del cardinale Alessandro Farnese,

Fu dal Borgo S. Sepolcro Gio. de’ Vecchi, & era buono, e valente Pittore. Servì il Cardinale Alessandro Farnese; & in diverse occorrenze per lui impiegò la sua opera, e particolarmente a Caprarola, dove fece assai belli lavori, e li migliori, che forsì habbia fatto in concorrenza dì Taddeo Zucchero all’hora Maestro.

Il Baglione poi elencò, confermando le parole del Celio, le numerose opere realizzate dal de’Vecchi a Roma,

Qui in Roma nella chiesa dell’Aracoeli, a man diritta ha dipinta la terza cappella, ove sono le storie del Dottore s. Girolamo a fresco lavorate; e sopra l’altare un quadro di s. Girolamo penitentea olio fatto, da tutti assai lodato. E nella cappella di s. Diego dall’istesso lato del quadro del Santo fu da lui a olio figurato.

Et anche dentro la chiesa delle Monache di monte Citorio, ove anticamente citavansi le Tribu a dare i suffragii per li Magistrati Romani, ve n’è uno simile di suo.

Nel Tempio di Gesù ha dipinta tutta la cupola con diversi adornamenti, e puttini assai ricca, e ne’ quattro peducci di essa vi sono li quattro Dottori della Chiesa Latina Gregorio, Ambrogio, Girolamo e Agostino con gran maniera di condotti, e figuroni assai grandi.

Alla chiesa della Monache dello Spirito santo nella prima cappelletta a man manca ha di suo alcune istoriette a fresco della passione di Nostro Signore.

In s. Andrea della Valle evvi (?) di lui il quadro di s. Sebastiano press una delle porticelle.

Dentro il Tempio d’Aracoeli la storia dell’Angelo, che appare a s. Gregorio, e di tutta la processione a olio nel pilastrone dell’arco verso l’altar maggiore è sua. E di mano di Gio. vi sono anche nella Sagrestia alcuni suoi quadri a mezi tondi sotto la volta.

81 In s. Lorenzo in Damaso ha parimente di suo la facciata di rincontro all’altar maggiore, ov’è la storia di Levita sopra la graticola, e quantità di figure, con grande, e buona prattica conclusa.

E nella chiesa di s. Eligio degli Orefici in strada Giulia se di sua mano la cappella a man manca, ov’è la Natività di Nostro Signore a fresco.

Dentro la Trinità a Ponte Sisto nella seconda cappella a man diritta de’Salomoni ha sopra l’altare il Serafico s. Francesco, angeli e altre figura ad olio.

Nella chiesa di s. Pietro in Montorio la prima cappella a man manca di s. Francesco tutta da lui a fresco dipinta.

Per entro la chiesa di s. Angelo là, dove si va a Borgo Pio, è sua la pittura a olio del s. Michele, che tiene sotto i piedi il Demonio.

Sopra la porta di s. Nicolò incontro a Torre di Specchi la Madonna col Santo è di Gio. de’Vecchi.

Parimente nell’Oratorio di s. Marcello a man diritta vi sono a fresco lavora e due storie di s. Elena, quando fa rovinare gl’idoli, e comanda, che si cerchi la Croce; E quando sono ritrovate le Croci; E parimente sono di Giovanni la Sibilla e il Profeta grandi della prima historia, e il Profeta della seconda con gli Angeli e Imprese si sopra dell’una, e l’altra storia, assai belle, e da tutti commendate.

In una facciata a man diritta per andare in Banchi l’historia di Davide, e di Saule, e altre figure di chiaro scuro sono opere di lui.

Nella gran Basilica Vaticana li cartoni delli due Vangelisti di musaico di Giovanni, e Luca sono forme magnifiche del suo ingegno; come anche gli altri cartoni per la Tribuna a Scala Coeli, che di musaico furono lavorati.

E nella Basilica di s. Paolo fuori della porta Ostiense il quadro di San Benedetto, che spira, è bell’opera del suo p0ennello a olio, con gran quantità di figure in tela compito.

In s. Bartolomeo de’ Vaccinari alla Regola, un s. Bartolomeo, quadro dell’altare maggiore di quella chiesa, è co’ suoi colori espresso, e di sua mano concluso.

E finalmente la vita di s. Catherina da Siena dentro la cappella del Rosario, che è in questa chiesa della Minerva, dalla cornice a basso è sua dipintura a fresco.

Il Baglione, dopo questo lungo e dettagliato resoconto, concluse scrivendo che il de’Vecchi ebbe due eredi e che un suo ritratto era conservato all’Accademia di San Luca,

Quet’huomo hebbe grand’honore, e lasciò dopo la sua morte due figliuoli; uno de’quali chiamati Gasparo de’ Vecchi e attende al’architettura e portasi molto bene; e nella sua professione è per fare gran riuscita; e l’altro è Dottore di Medicina. Morì

82 vecchio a 78 anni nel 1614. Gio. de’ Vecch; e nell’Accademia habbiamo il suo ritratto.322

Pochi anni dopo le opere eseguite da Giovanni de’ Vecchi, oggi perdute, per le chiese di San Paolo fuori le Mura, San Bartolomeo dei Vaccinari, San Lorenzo in Damaso e l’unica rimasta a Sant’Eligio degli Orefici (fig. 115), sono citate brevemente, senza che se ne specifichi il tema rappresentato, da Pompilio Totti nel suo Ritratto di Roma del 1652.323

Nel XVIII secolo è Filippo Titi nella sua Descrizione delle Pitture del 1763 a elencare le opere date al de’Vecchi sparse in numerose chiese dell’Urbe,324 costituendo lo stesso corpus già delineato dal Baglione nel secolo precedente.

Melchiorre Missirini nelle sue Memorie della romana Accademia di San Luca scrisse che Giovanni de’ Vecchi divenne membro dell’Accademia di San Luca di Roma nel 1570. Il suo nome figura dopo il fondatore e principe della stessa Federico Zuccari. Nel 1596 fu Giovanni de’Vecchi ad essere eletto Principe dell’Accademia e, in quest’occasione, il pittore difese gli affreschi di Michelangelo nella Cappella Sistina di fronte ad una ventilata ipotesi di una ripresa della campagna di censura.325 Il de’ Vecchi quindi dimostrò di apprezzare l’arte del Buonarroti che invece aveva lasciato contrariati El Greco e Blocklandt.326

Al di là dei dipinti e degli affreschi eseguiti a Roma, solo in parte pervenuti, Baglione indicò che il de’Vecchi lavorò anche nel cantiere pittorico del palazzo Farnese a Caprarola, uno dei più importanti della maniera romana della seconda metà del XVI secolo, dovuto proprio al mecenatismo del cardinale Alessandro, che è stato un punto di incontro fra il de’Vecchi e El Greco e probabilmente anche per Anthonie Blocklandt.327

Al di là delle fonti storiche, la figura di Giovanni de’ Vecchi è stata sostanzialmente trascurata negli studi del XIX secolo, è agli inizi del Novecento che il pittore ha ricevuto attenzione e gli studi relativi alle sue opere romane andarono avanti.

Si è trovato il documento per il pagamento dell’affresco con l’Adorazione dei pastori in Sant’Eligio degli Orefici (fig. 115), datato al 1574,

322

Baglione 1642, pp. 127-129.

323

Totti 1638, p. 117, p. 184, p. 195, p. 219. Consultato on-line:

https://archive.org/stream/ritrattodiromamo00tott#page/116/mode/2up

324 Titi 1763, pp. 7, 40, 66, 69, 99, 121, 139, 159, 170, 172, 174, 176, 191, 193, 196, 234, 247, 271, 325, 428, 464.

http://penelope.uchicago.edu/Thayer/I/Gazetteer/Places/Europe/Italy/Lazio/Roma/Rome/_Texts/Titi/1763*/home.h tml

325Missirini, 1823, pp. 67-72. Consultabile on-line:

https://archive.org/stream/memorieperservi00lucagoog#page/n78/mode/2up

326

Vedi profili di El Greco e di Blocklandt capitolo II I tre artisti della “fiammata mistica” e i dipinti 1570-1575 p. 44.

83 Addì 21 aprile 1574, Joannes quondam Francisci de Vechijs de Burgo S. sepulchri, pictor, fa patti per dipingere una Nascita nella chiesa di S. Eligio, quale opera deve terminare per il prossimo Natale.328

L’affresco è quindi vicino di poco successivo al presunto incontro della “fiammata mistica”.

Già Roberto Longhi nel 1920, incluse Giovanni de’Vecchi fra i vari artisti della maniera con i quali El Greco dovette stare a contatto nei suoi anni romani, notando che, come gli altri pittori degli anni settanta del XVI secolo presenti a Roma, l’artista di Sansepolcro era attratto dal colore veneto.329

Hermann Voss nello stesso anno contestualizzò il clima controriformistico in cui de’Vecchi operò e osservò come l’aspetto monumentale e architettonico iniziò a subordinare la pittura sacra, influenzando negativamente anche i Dottori della chiesa, oggi perduti, nella chiesa del Gesù del de’Vecchi e i suoi Santi Luca e Giovanni in San Pietro. Tuttavia Voss affermò anche che le opere rimaste del pittore erano poche per poter darne un giudizio esaustivo e che l’artista di Sansepolcro non poteva essere classificato in una precisa scuola pittorica. Valutò però positivamente l’Adorazione

dei pastori in Sant’Eligio degli Orefici (fig. 115) per il suo naturalismo vicino a

quello di Taddeo Zuccari.330

Frederick Antal descrisse de’Vecchi, nell’ambito della decorazione del palazzo di Caprarola, come un artista caratterizzato da figure angolose e ritmiche, di un gusto arcaico. Alcuni dei suoi stilemi risentono della rigidezza di Rosso Fiorentino, come se la linea manieristica toscana fosse stata dinamicizzata da quella nordica.331

Ma riguardo proprio a Caprarola, non era ancora chiaro quali affreschi fossero di mano di Giovanni de’Vecchi. Baglione al contrario di quelli nelle chiese di Roma. non specificò con precisione quali affreschi il de’Vecchi avesse realizzato.

È soltanto nel 1935 che Franz Baumgart trovò e pubblicò il poemetto di Aurelio Orsi,

La Caprarola, dedicato al cardinale Alessandro Farnese, la cui scomparsa nel 1589 fa

datare il manoscritto entro quell’anno. In questo poemetto Aurelio Orsi, che Baumgart fraintese in “Ameto Orti”, lodò anche gli artisti operanti nella residenza di Caprarola, Taddeo e Federico Zuccari, Jacopo Bertoja e Giovanni de’Vecchi da Borgo Sansepolcro, indicando anche dove furono attivi. Il de’Vecchi avrebbe lavorato nella Sala del Mappamondo nel 1574 e nella sala degli Angeli nel 1575.332 Negli anni successivi si ebbero nuove informazioni biografiche sul pittore.

328 Churchill 1912, p. 128. 329 Longhi 1920, p. 88. 330 Voss 1994, pp. 328-329. 331 Antal 1975, p. 84. 332

Baumgart 1935, pp. 99-100, versi 100-121 e 139-148. I versi sono stati pubblicati anche da Faldi 1962. Vedi scheda 26.

84

Nel 1940 la data di morte di Giovanni de’Vecchi fu posticipata al 1615, invece che all’anno precedente come affermato dal Baglione.333

Si scoprì inoltre che il pittore di Borgo Sansepolcro non si occupò solo ed esclusivamente di pittura.

Furono rinvenuti documenti che attestavano l’attività di Giovanni de’Vecchi nel cantiere architettonico dell’erigenda chiesa di Santa Maria Traspontina. In particolare il pittore si sarebbe occupato della misurazione di vari elementi architettonici fra il 1570 e il 1574, probabilmente seguendo le linee del progetto del 1566 dovuto a Giovanni Sallustio Peruzzi, figlio del più noto Baldassarre. Nel 1572, l’anno della “fiammata mistica”, de’Vecchi risulta

A li 27 de settembrio sono stati datti a m. Giovanni di Vecchi a bon conto dello so misure fatte e la nova chiesa de la Traspontina scudi 4 di moneta334

Ma è soltanto negli anni sessanta che a Giovanni de’ Vecchi è stato dedicato uno studio approfondito nel quale si è delineata una cronologia delle sue opere prima elencate confusamente dal Baglione. De Vecchi si sarà probabilmente formato nella nativa Borgo Sansepolcro sulle opere di Rosso Fiorentino, di Jacopo Ligozzi, del conterraneo Cristoforo Gherardi detto il Doceno, attivo a palazzo Vecchio a Firenze, e di Santi di Tito, pure di Borgo Sansepolcro. È forse proprio a Santi di Tito che de’Vecchi potrebbe essere giunto a Roma alla fine degli anni sessanta per lavorare insieme a lui nel palazzo del Belvedere nella sala maggiore ad affreschi narranti la storia di Nabuccodonosor, del quale gli spetta la scena con Nabuccodonosor che

discute con i due profeti, i quali accennano i castighi di Dio, ed un angelo con la spada in mano. In questa pittura giovanile de’Vecchi presenta un insolito senso del

colore e del chiaroscuro, di non poco rinnovamento nell’accademico ambiente della maniera tosco-romana basato sul disegno, e un interesse verso l’apertura dei paesaggi. Queste caratteristiche così eterodosse sono visibili anche nelle successive opere. Agli inizi degli anni settanta va datato il San Girolamo della cappella Delfini nella chiesa dell’Aracoeli (fig. 109), dato che la famiglia risulta titolare del sepolcro già nell’anno 1573, entro il quale deve risalire la pala. A questa andrebbe affiancato il

San Diego risana un cieco nella cappella Cenci della stessa chiesa, per le figure

ritagliate da un intenso chiaroscuro. La figura del cieco inginocchiato rimanda al pastore della poco successiva Adorazione dei pastori in Sant’Eligio degli Orefici, del 1574 circa (fig. 115). L’affresco è caratterizzato da una spazialità appiattita e da una

333

Noack 1940, p. 152.

334

Fasolo 1951. Archivio di stato di Roma, Fondo Corporazione religiose, Archivio di Santa Maria Traspontina, busta 900, vecchio 185, intitolato Libro de la fabrica nova.

85

rievocazione della Roma antica, oltre che testimoniare una vicinanza con Taddeo Zuccari. La mano di de’Vecchi è difficilmente individuabile negli affreschi del palazzo Farnese di Caprarola, a causa delle informazioni di Baglione che cita Raffaellino da Reggio come collaboratore di de’Vecchi, facendo sì che si aprisse un lungo dibattito attributivo.335 Alla seconda metà degli anni settanta sono da riferirsi le pale nella pinacoteca di Borgo Sansepolcro, la Natività della Vergine e la

Presentazione al tempio, dove Roli vede la possibilità di un contatto con l’arte di

Blocklandt. Al 1577-79 risalgono gli affreschi nella cappella Capranica in Santa Maria sopra Minerva, definiti di un severo pietismo controriformistico e i cui effetti chiaroscurali veneteggianti sono da spiegabili con l’avvicinarsi del de’Vecchi alla pittura di Girolamo Muziano. Alla maturità del pittore appartengono i successivi affreschi all’Oratorio del Santissimo Crocifisso, sotto l’egida del Cardinale Alessandro Farnese. Anche il S. Francesco in S. Pietro in Montorio della fine degli anni settanta riflette uno stile ombreggiato e coloristico, usato per una spiritualità drammatica e austera. Dopo aver disegnato cartoni per dei mosaici in San Pietro e per Santa Maria Scala Coeli alle Tre Fontane, secondo il revival paleocristiano del ritorno alla purezza delle origini in auge con la Controriforma,336 va segnalato il suo S.

Sebastiano in S. Andrea della Valle, datato al 1614, un anno prima che de’Vecchi

morisse.337

Dopo questo approfondito studio, nel corso degli anni settanta del XX secolo si è continuato a descrivere la figura di Giovanni de’Vecchi come insolita, di un certo risalto nel panorama artistico romano a causa della sua sensibilità per il colore, molto inconsueta a Roma, includendo il possibile incontro con El Greco e Blocklandt.338 Conviene su questa linea anche Antonio Pinelli, che sottolinea come il colorismo di de’Vecchi dovette essere un’innovazione non da poco nella Roma della fine del XVI secolo. In accordo anche con Zeri, le figure dipinte dal de’Vecchi, diafane e spettrali, seguono una deformazione come se fossero consumate da una fiamma interna, creando scene di profondo lirismo spirituale e segnalando una possibile influenza di Blocklandt e di El Greco. A questa caratteristica si aggiunge una costruzione spaziale appiattita, ora con fitti raggruppamenti di figure, ora rarefatti, che aiutano la tensione compositiva. Il de’Vecchi è però in grado di alternare il suo registro linguistico e di avvicinarsi all’accademismo zuccaresco, più consono alla maniera, a Caprarola.339

335

Roli 1964, pp. 45-56. Vedi scheda 26.

336

Vedi capitolo II Gli eventi della storia p. 29.

337 Roli 1965, pp. 324-334. 338

Grassi 1971, pp. 176-178 la sua pittura sacra è da mettere in relazione con Palma il Giovane, Tintoretto e Gerolamo Muziano; Moscone1976, pp. 265-266.

86

La bibliografia successiva ha confermato la datazione al 1573 circa del San Girolamo all’Aracoeli (fig. 109), al 1574 dell’affresco con l’Adorazione dei pastori in Sant’Eligio (fig. 115).340

Nel 1970 al de’Vecchi è stato anche attribuito l’affresco raffigurante l’Orazione nell’Orto nell’Oratorio del Gonfalone, datandolo all’incirca al 1573.341

Questa interessante attribuzione di una parte di uno dei più significativi cicli della Controriforma a Giovanni de’ Vecchi non è quasi mai però stata confermata dalla bibliografia successiva.342

A studiare in questi ultimi anni la personalità artistica di Giovanni de’Vecchi da Borgo Sansepolcro, è stata soprattutto Patrizia Tosini.

La studiosa ha sottolineato che le particolari caratteristiche pittoriche del pittore biturgense, così eterodosse nell’ambiente romano, sono da spiegarsi con il contatto con artisti fiamminghi gravitanti nei cantieri del cardinal Farnese, quali Bartolomeus Spranger, Joos van Winghe e lo stesso Anthonie Blocklandt. Il tonalismo veneto sembra quasi filtrato a Roma da questi pittori forestieri, ai quali va certamente aggiunta l’originale figura di El Greco con i suoi bagliori, definiti fluorescenti, che devono aver colpito il pittore di Sansepolcro. Anche la struttura spaziale appiattita e irregolare delle composizioni di de’Vecchi rimanda alla scuola di Haarlem e di Utrecht. La Tosini ha inoltre posticipato la data di nascita di Giovanni de’ Vecchi, scoprendo il certificato di battesimo nell’Archivio di Borgo Sansepolcro in data 1543, invece che il 1536 come si era precedentemente desunto da Baglione, il quale scrisse che de’Vecchi morì nel 1614 all’età di 78 anni. Il pittore, di conseguenza, nel 1614 doveva avere circa 71 anni.343

Poco dopo venivano attribuiti a de’Vecchi gli affreschi nelle volte di tre sale nel palazzo Mattei di Paganica, ipotesi sostenuta dal ritrovamento dei pagamenti al pittore per i relativi cartoni fra il 1593 e il 1596. Queste pitture vicine per stile e ripartizione decorativa a quelli di Caprarola, dimostrano la capacità del pittore di