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Tar Lombardia, sez. III, 12 maggio 1997, n.

586 – Pres. Mariuzzo – Est. Savoia – S.r.l. Flo-rentia c. IACP Milano e Impresa Pessina

2.13826

La cognizione del giudice amministrativo non è limi-tata al c.d. sindacato esterno, inerente alla congruità e alla ragionevolezza delle valutazioni compiute dall’Amministrazione, ma si estende anche alla fon-datezza della pretesa fatta valere dal ricorrente in giudizio e quindi alla verifica della conformità dell’operato dell’Amministrazione rispetto alla nor-ma. Ai fini di tale verifica il giudice amministrativo può disporre una consulenza tecnica, ancorché la vertenza attenga a un provvedimento che sia espres-sione di discrezionalità tecnica (nella fattispecie si trattava della verifica dell’anomalia di un’offerta per un appalto): l’ammissibilità della consulenza si ricava dal codice di procedura civile e dai principi sul processo affermati dalla Convenzione europea per i diritti dell’uomo.

... Omissis ...

Fatto e diritto Rilevato:

che con i ricorsi in epigrafe la ditta ricorrente ha im-pugnato, da una parte, le determinazioni con cui lo IACP ha provveduto all’approvazione della gara per i lavori relativi alla manutenzione straordinaria, all’adeguamento di impianti e all’abbattimento di bar-riere architettoniche per gli stabili ubicati in Milano, Via Palmieri 6 e Via Barilli 5, fabbricati nn. 12 e 13, limitatamente al III lotto, e, dall’altra, la definitiva ag-giudicazione degli stessi lavori alla ditta Pessina;

che i detti ricorsi possono essere riuniti, attesa la loro connessione oggettiva e soggettiva;

che nella relativa gara a procedura aperta veniva individuata la soglia di anomalia, con successiva ve-rifica dell’offerta delle ditte prima e seconda classifi-cata, estranea restando da detta verifica la ricorrente, collocatasi al terzo posto della graduatoria di gara;

che a’ sensi dell’art. 21 della l. n. 109/1994 le ditte partecipanti sono obbligate, a pena di esclusione, a presentare le giustificazioni dei prezzi offerti per le voci maggiormente significative, pari ad almeno il 75% dei lavori;

che l’istituto resistente, al momento della verifica dell’anomalia dell’offerta della prima ditta, aveva considerato solo quelle presentate in sede di gara, e, senza richiedere nuove giustificazioni, le aveva rite-nute congrue, escludendo conseguentemente la ne-cessità di acquisirne delle altre;

che la ricorrente ha censurato siffatto modo di agi-re, contestando sia la mancanza di verifica sia la in-congruenza della stessa, ritenendo l’offerta econo-micamente non valida;

che, inoltre, a suo avviso l’offerta avrebbe dovuto essere esclusa automaticamente sul solo fondamento della acclarata anomalia, tale essendo la previsione normativa allora vigente;

che la Sezione ha respinto la domanda di sospen-sione dell’aggiudicazione, ritenendo non applicabile la invocata esclusione automatica;

che la ricorrente ha proposto motivi aggiunti, rei-terando l’istanza cautelare, nuovamente respinta;

che il Consiglio di Stato, adito in sede di appello, ha annullato l’ordinanza della Sezione sul presuppo-sto della mancata verifica dell’anomalia dell’offerta da parte dell’istituto resistente;

che quest’ultimo, conformandosi senza riserva al-cuna alla pronuncia del Consiglio di Stato, ha richie-sto alle ditte interessate le giustificazioni della rispet-tiva offerta, le quali venivano ritenute congrue;

che lo IACP ha quindi nuovamente aggiudicato la gara alla ditta controinteressata e che pure tale aggiu-dicazione è stata qui gravata, sia per motivi analoghi a quelli proposti con il primo ricorso, sia perché an-che la nuova valutazione di congruità sarebbe immo-tivata e priva di riscontri oggettivi;

che anche in tale secondo giudizio venivano pro-posti motivi aggiunti, mentre la pronuncia cautelare veniva differita alla decisione del merito;

ritenuto:

che la delibera impugnata con il primo ricorso è sta-ta integralmente sostituista-ta da quella successiva, che ne ha confermato il dispositivo, epperò previo adempi-mento dell’obbligo di verifica dell’anomalia e conse-guente accertamento della serietà ed attendibilità dell’offerta originariamente presentata dall’impresa aggiudicataria;

che i due ricorsi hanno dunque ad oggetto l’identi-ca gara, rispetto alla quale il ricordato intervento del Consiglio di Stato, ancorché adottato in sede cautela-re, ha indotto l’Istituto a rinnovare parzialmente il procedimento per ricondurlo a canoni di legittimità;

che la rivalutazione dell’offerta presentata dalla controinteressata, nonché di quella della seconda graduata debbono essere conseguentemente verifi-cate con riferimento alla contestata antieconomicità delle stesse, dedotta con il primo ricorso e reiterata con il secondo;

che va quindi affermato che la presente controver-sia è sostanzialmente unica proponendosi la ricor-rente, dopo aver visto accolta la domanda pertinente l’obbligo di verifica, di far accertare in giudizio la fondatezza della susseguente pretesa di aggiudicare

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GIURISPRUDENZA la gara a suo favore, previa dimostrazione del

presup-posto di fatto della ridetta non accettabilità delle altre offerte presentate dalle controinteressate;

che per quanto attiene all’eccezione di inammissi-bilità del secondo ricorso, sollevata dall’Istituto sul ri-lievo che la seconda aggiudicazione sarebbe interve-nuta in mera esecuzione della pronuncia cautelare del Consiglio di Stato, va osservato che, diversamente da quanto a tal fine argomentato, si tratta di delibera che, riprendendo autonomamente in esame la vicenda di gara, ha sì reiterato la precedente aggiudicazione, ma sulla scorta di elementi nuovi e diversi rispetto a quelli innanzi apprezzati;

che in sede di discussione orale la ricorrente ha ri-chiesto l’ammissione di una verificazione o consu-lenza tecnica d’ufficio, sia pure subordinatamente al non accoglimento delle dedotte censure di natura sin-tomatica;

considerato:

che la Sezione ha da tempo affermato che, «per quanto attiene all’individuazione dei presupposti della fattispecie normativa, la cognizione in sede giurisdizionale non può ritenersi limitata all’accerta-mento dei vizi dell’atto e al solo sindacato esterno di quest’ultimo, ma si confronta direttamente con la norma anche ai fini di una possibile diversa defini-zione della vicenda litigiosa, onde accertare la fonda-tezza della pretesa affacciata in giudizio» (cfr. Tar Lombardia, sez. III, 16 luglio 1996, n. 1198);

che se nella controversia in esame ci si limitasse al c.d. sindacato esterno, il giudice dovrebbe, alla luce delle censure di carenza di motivazione, limitarsi a va-lutare la congruità e logicità delle ragioni addotte dalla Commissione stessa, il che definirebbe solo il pendente rapporto processuale, ma non già l’instaurata contro-versia, contestualmente affidata a ragioni sostantive, direttamente incidenti sul possibile esito della gara;

che, infatti, siffatto modo di condurre il processo, procedendo attraverso l’eventuale assorbimento dell’ultima doglianza dedotta, lascerebbe in ombra i reali contenuti della vicenda litigiosa, che si defini-sce non già nell’astratta valutazione sulla esattezza del ragionamento dell’Istituto, quanto sulla reale e concreta sufficienza delle giustificazioni addotte a comprova della serietà delle offerte, presentate dalle imprese controinteressate;

che è avviso del Collegio che soltanto per tale via sia possibile garantire in concreto l’effettività della tutela giurisdizionale in ordine allo svolgimento del-la gara all’esame;

che è conseguentemente necessario ai fini del de-cidere accertare se le giustificazioni prodotte dalle controinteressate a richiesta dell’Istituto siano o me-no idonee ad accreditare l’affidabilità delle offerte presentate: e ciò sul fondamento di elementi di ordi-ne rigorosamente oggettivo, quali i listini dei prezzi, i contratti di lavoro ovvero anche la particolare capa-cità organizzativa della stessa società;

che va conseguentemente disposta una consulen-za tecnica d’ufficio preordinata a consentire la ri-chiesta verifica;

che la circostanza che si verta nella specie in tema di discrezionalità tecnica non esclude l’ammissibili-tà di tale mezzo di prova coerentemente con l’orien-tamento espresso dalla Sezione nella sentenza n.

458/96, laddove ha affermato che «con riguardo a tutti i processi diversi da quello avanti il giudice ordi-nario, il codice di procedura civile rappresenta il pro-totipo di essi, al quale va quindi fatto necessario rife-rimento» (cfr. Corte Cost. 17 maggio 1995, n. 177;

Cons. Giust. amm.va, 13 giugno 1996, n. 196);

che nella medesima pronuncia è stato, poi, richia-mato l’art. 6 della Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo, resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 e direttamente applicabile nel processo ammi-nistrativo (cfr. ord. n. 64/1994 della Corte Cost.), per affermare che deve essere costantemente garantita la parità delle posizioni processuali in causa, in modo che ciascuna di esse possa far valere le proprie prete-se, attingendo ad un adeguato regime probatorio;

che detto ordine di idee è rafforzato dalla congiun-ta, tassativa prescrizione dell’art. 13 della stessa Convenzione, che codifica il diritto al giusto proces-so, quale garanzia a che le pretese affacciate davanti ad un Giudice siano da questi saggiate sul loro intrin-seco fondamento di fatto e di diritto (cfr. sent. 20 ago-sto 1996, n. 1319 della Sezione);

che al fine di espletare il suddetto mezzo istrutto-rio va data delega al Giudice relatore quanto alla no-mina del CTU, al giuramento di questi e alla formula-zione dei quesiti;

... Omissis ...

IL COMMENTO

di Aldo Travi Premessa

La sentenza del Tar Lombardia, sez. III, può essere presa in considerazione da due punti di vista diversi.

Il primo punto di vista riguarda l’interpretazione accolta dal Tar, in riferimento alla possibilità, per il giudice amministrativo, di disporre in via generale una consulenza tecnica. Da questo punto di vista la soluzione accolta dal Tar non mi pare condivisibile.

Il secondo punto di vista riguarda l’esigenza di una riflessione più incisiva sui mezzi istruttori a di-sposizione del giudice amministrativo, nelle ipotesi di giurisdizione di sola legittimità. Da questo altro

punto di vista la pronuncia del Tar Lombardia espri-me il disagio (condivisibile) di fronte a una disciplina dei mezzi istruttori che risulta inadeguata.

Inammissibilità della consulenza tecnica nel nostro processo amministrativo

Con riferimento alla giurisdizione amministrativa di legittimità, l’art. 44, comma 1, t.u. Cons. Stato, che a sua volta riproduce l’art. 16 della legge Crispi del 1889, dispone che il giudice amministrativo possa

«richiedere ... nuovi schiarimenti o documenti, ovve-ro ordinare all’amministrazione ... di fare nuove veri-ficazioni». Solo nelle ipotesi di giurisdizione di

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GIURISPRUDENZA rito, ai sensi dell’art. 44, comma 2, t.u. Cons. Stato,

il giudice amministrativo «può inoltre ordinare qua-lunque altro mezzo istruttorio», che l’art. 27, r.d. 17 agosto 1907, n. 642, specifica in esame di testimoni, effettuazione di ispezioni, esecuzione di perizie.

Queste disposizioni sono state interpretate nel sen-so che nelle ipotesi di giurisdizione di legittimità siano ammesse richieste di chiarimenti, di documenti o di verificazioni e che siano invece escluse le perizie e gli altri mezzi di prova consentiti per la giurisdizione di merito (1). La perizia (consulenza tecnica) è ammessa solo, con norma che ha carattere d’eccezione, dall’art.

16, legge 28 gennaio 1977, n. 10, sul contenzioso in materia edilizia, ed è stata introdotta, in seguito a un noto intervento della Corte costituzionale, nel conten-zioso in materia di pubblico impiego (2).

L’esclusione della perizia nel processo amministra-tivo di legittimità fu riconosciuta anche da quella au-torevole dottrina che, alla considerazione della cospi-cua limitazione nei mezzi istruttori per i giudizi di legittimità, replicò che «nel potere di ordinare all’Am-ministrazione di fare nuove verificazioni è incluso an-che quello di ordinare an-che le dette verificazioni assu-mano il contenuto di una perizia, di un accesso od ispezione o di una inchiesta testimoniale» (3). L’as-sunzione, nei contenuti di una verificazione, di analisi proprie delle perizie o consulenze tecniche non com-portava, infatti, l’ammissibilità della consulenza tec-nica nel processo amministrativo, ma comportava so-lo la possibilità di acquisire al processo attraverso so-lo strumento delle verificazioni elementi di giudizio ana-loghi a quelli che si sarebbero potuti acquisire con le perizie.

L’inammissibilità della consulenza tecnica è stata dichiarata massicciamente dalla giurisprudenza am-ministrativa (4) e riconosciuta anche dalla giurispru-denza costituzionale (5), e non mi sembra possa esse-re negata attraverso il richiamo al codice di procedura civile. Innanzi tutto, come ci ricordano le analisi di Ni-gro su questo tema, si deve escludere qualsiasi auto-matismo circa l’applicabilità del codice di procedura civile per superare lacune delle leggi sul processo am-ministrativo: processo civile e processo amministrati-vo corrispondono a modelli diversi e gli istituti del pri-mo non trovano necessariamente riscontro nel secondo (6). Inoltre il richiamo al codice di procedura civile può essere giustificato in presenza di una lacuna evidenziabile nella disciplina del processo ammini-strativo: nel caso in esame, invece, non si ha una lacu-na, perché il quadro dei mezzi istruttori nel processo amministrativo è sufficientemente delineato dalla leg-ge. In questo caso attraverso il richiamo al codice di rito non si vorrebbe colmare una lacuna, ma si vorreb-be ottenere un ampliamento dei mezzi istruttori con-templati dalla legge.

Anche il riferimento alla Convenzione europea per i diritti dell’uomo non pare decisivo, a sostegno della soluzione accolta dal Tar (7). Il principio della parità delle posizioni processuali, che il Tar desume dagli artt. 6 e 13 della Convenzione, trova riscontro nel principio dell’equilibrio delle parti nel processo e particolarmente nel contraddittorio, che è già desu-mibile dall’art. 24 Cost. ed è stato più volte affermato dalla Corte costituzionale anche rispetto al processo amministrativo. Corollario di questo principio è la

il-legittimità di ogni posizione di privilegio dell’Am-ministrazione nel giudizio amministrativo, come ha chiarito puntualmente la Corte in varie occasioni (8).

Ma allora, se si ritiene che l’esclusione della consu-lenza tecnica possa configurare un ingiusto privile-gio processuale per l’Amministrazione, la soluzione va ricercata in termini di illegittimità costituzionale, e non attraverso una pronuncia che eviti l’applicazio-ne della disciplina incostituzionale.

Sorge quindi il dubbio che il richiamo alla Con-venzione europea abbia rappresentato, nella senten-za in esame, un espediente per evitare di porre il pro-blema nei suoi termini più lineari, ossia nei termini di una questione di legittimità costituzionale. E que-sto dubbio risulta accentuato dal fatto che la Corte costituzionale, nel 1989, era già stata chiamata a pro-nunciarsi sulla legittimità della limitazione dei mezzi istruttori nella giurisdizione amministrativa di legit-timità e aveva dichiarato la questione infondata e inammissibile: infondata perché la Corte non ha ri-scontrato alcuna lesione del diritto alla difesa, e inammissibile perché la concreta inclusione di un mezzo istruttorio in un dato sistema processuale ine-rirebbe, secondo la Corte, alla discrezionalità del le-gislatore (9). D’altra parte una questione analoga,

Note:

(1) Cfr. in questo senso già La Torre, Il sistema delle prove avanti il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, in Studi in occasione del centenario del Consiglio di Stato, vol. III, Roma, 1932, 573.

(2) Corte Cost. 10 aprile 1987, n.146, in Dir. proc. amm., 1987, 558, che ha comportato l’introduzione nel processo amministrativo sul pubblico impiego dei mezzi istruttori am-messi nel processo del lavoro. A fronte di una interpretazio-ne restrittiva della portata di questa pronuncia della Corte costituzionale, quale si riscontra attualmente in certa giuri-sprudenza amministrativa, va ribadito che la pronuncia del-la Corte (come è evidenziato anche dal confronto con Corte Cost. 28 giugno 1985, n. 190, in Foro it., 1986, I, 1) si riferi-sce ad ogni ipotesi di giudizio in materia di pubblico impiego, indipendentemente dal fatto che siano coinvolti diritti sog-gettivi o interessi legittimi, o che il giudizio attenga a pretese patrimoniali o all’impugnazione di provvedimenti. In questo quadro si valuti anche Tar Lombardia, sez. III, 11 aprile 1996, n. 463, in Foro it., 1997, III, 118 (richiamato nella sen-tenza in commento), che ha ammesso la consulenza tecni-ca nel giudizio concernente un diniego di assunzione (per inidoneità psichica) in esito a un pubblico concorso.

(3) Cammeo, Sulle prove nel procedimento dinanzi alle giuri-sdizioni di giustizia amministrativa, in Giur. it., 1916, III, 106.

(4) Cfr., per esempio, Tar Emilia–Romagna 24 novembre 1992, n. 369, in Trib. amm. reg., 1993, I, 160.

(5) Cfr. Corte Cost. 18 maggio 1989, n. 251, in Foro it., 1989, I, 2700.

(6) Nigro, L’appello nel processo amministrativo, Milano, 1960, 47 ss.

(7) Sui riflessi della Convenzione europea sul processo am-ministrativo, cfr. Gallo, La convenzione europea dei diritti dell’uomo nella giurisprudenza dei giudici amministrativi ita-liani, in Dir. amm., 1996, 499 ss.

(8) Cfr., per esempio, Corte Cost. 19 dicembre 1974, n. 284, in Giur. cost., 1974, I, 2953.

(9) Corte Cost. 18 maggio 1989, n. 251, in Foro it., 1989, III, 2700. Questa pronuncia della Corte costituzionale era espressamente presa in considerazione in Tar Lombardia, (segue)

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GIURISPRUDENZA sollevata sempre dal Tar Lombardia avanti alla Corte

di giustizia in riferimento al diritto comunitario (10), non aveva avuto successo (11).

Si tenga presente, per una completezza della valu-tazione della pronuncia in commento, che le senten-ze dei Tar che dispongano solo mezzi istruttori non sono appellabili, ma che la decisione di un ricorso as-sunta dal Tar sulla base di una consulenza tecnica, in ipotesi di giurisdizione amministrativa di sola legitti-mità, è ritenuta per ciò stesso viziata (12).

Inammissibilità della consulenza tecnica e «discrezionalità tecnica»

Nel processo amministrativo, come si è visto, l’esclusione della consulenza tecnica è ricavata dalla contrapposizione fra «verificazioni» e «perizie»:

nella giurisdizione di legittimità sono ammesse solo

«verificazioni», dunque sono escluse le «perizie»

(consulenze tecniche). Tutto il ragionamento presup-pone che «verificazioni» e «perizie» siano istituti di-versi. Questa condizione sembra quasi unanimemen-te affermata e sembra postulata anche nella senunanimemen-tenza in commento.

Tuttavia, se si cerca di capire quali siano i profili di diversità fra i due istituti (e, quindi, se si cerca di capire in che cosa essi siano istituti diversi) il quadro risulta piuttosto frastagliato. È ormai unanime l’ade-sione alla tesi (dimostrata ampiamente da Benvenu-ti) (13), secondo cui le verificazioni non costituisco-no un elemento d’integrazione dell’istruttoria procedimentale condotta precedentemente dall’Am-ministrazione, ma costituiscono un mezzo proprio dell’istruttoria processuale condotta dal giudice: di conseguenza, per questo profilo, non divergono dalle perizie. Per altri profili, però, si riscontra una rilevan-te divergenza di posizioni.

In particolare, secondo alcuni la differenza fra ve-rificazioni e consulenza tecnica concerne i contenuti dell’indagine istruttoria propria dell’uno e dell’altro istituto; secondo altri, invece, la differenza in veste concerne le modalità dell’assunzione e, soprattutto, l’individuazione dei soggetti chiamati ad espletare la prova.

La prima lettura è accolta dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato. Il Consiglio di Stato ha affermato che le verificazioni, a differenza delle consulenze tecniche, possono riguardare solo l’«accertamento»

di fatti, e non la loro «valutazione»: consistono quin-di in un’attività tipicamente ricognitiva (14).

La ragione di questa limitazione viene ricondotta ai principi sulla giurisdizione di legittimità e soprat-tutto all’esigenza di garantire la riserva all’Ammini-strazione delle valutazioni tecnico–discrezionali.

Coerentemente con ciò, sono ritenute invece possibi-li le consulenze nelle ipotesi di giurisdizione di meri-to: in tale giurisdizione, infatti, il giudice ammini-strativo può estendere il suo sindacato ai profili dell’opportunità, della convenienza, della condivisi-bilità di una certa soluzione (15).

La seconda lettura ha trovato più ampio seguito nella dottrina (16). In base ad essa le verificazioni possono concernere, oltre all’accertamento dei fatti, elementi riguardanti la loro valutazione: hanno

quin-di la stessa ampiezza quin-di contenuti propria delle con-sulenze.

È stato fatto notare che la posizione del Consiglio di Stato si basa su nozioni equivoche (come quella di

«discrezionalità tecnica») e su affermazioni apoditti-che (come l’equivalenza fra apprezzamenti tecnici e riserva all’Amministrazione di una valutazione tec-nica); che nello stesso tempo, però, non si può esclu-dere la possibilità che in certe ipotesi una valutazione tecnica sia riservata in via esclusiva dal legislatore all’Amministrazione (17).

Ciò induce a ritenere che al giudice amministrati-vo non sia precluso, da ragioni di principio, di dispor-re indagini tecniche inedispor-renti anche a profili valutati-vi: altrimenti lo stesso art. 16, l. n. 10/1977, che riguarda un’ipotesi di giurisdizione di legittimità, nell’ammettere espressamente la possibilità di con-sulenze tecniche risulterebbe contraddittorio. Al giu-dice amministrativo, invece, è precluso disporre in-dagini estese alla valutazione dei fatti in ipotesi in cui tale valutazione sia riservata per legge

Ciò induce a ritenere che al giudice amministrati-vo non sia precluso, da ragioni di principio, di dispor-re indagini tecniche inedispor-renti anche a profili valutati-vi: altrimenti lo stesso art. 16, l. n. 10/1977, che riguarda un’ipotesi di giurisdizione di legittimità, nell’ammettere espressamente la possibilità di con-sulenze tecniche risulterebbe contraddittorio. Al giu-dice amministrativo, invece, è precluso disporre in-dagini estese alla valutazione dei fatti in ipotesi in cui tale valutazione sia riservata per legge