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III.2. Romanticismo e Risorgimento: l'idea di popolo in Italia

III.2.3. Giuseppe Pitrè

Giuseppe Pitrè nacque in un piccolo paese del palermitano nel 1841 da una famiglia di lunga tradizione marinara che lo stimolò fin da bambino a raccogliere i canti e i racconti dei marinai. Grazie al sostegno di un prete ebbe modo di formarsi negli studi classici e durante i moti risorgimentali si arruolò tra i garibaldini, animato da un forte sentimento patriottico anelante ad un'Italia unita e soprattutto ad una Sicilia libera. Dopo l'Unità si iscrisse alla facoltà di medicina ed esercitò il mestiere tra la gente comune del suo paese, portando avanti i suoi interessi sulle tradizioni materiali della sua terra e soprattutto sulle fiabe, sulle leggende e sui proverbi che la spontaneità e l'innata poeticità degli umili avevano prodotto. Si occupò così

31 Per informazioni più dettagliate si rimanda a quanto esposto nel capitolo primo.

32 Domenico Comparetti traduce le Lezioni sulla scienza del linguaggio di Max Müller e influenza Angelo De

Gubernatis che nel 1872 pubblica il saggio Zoological Mythology.

33 Su Pitrè e il folclore italiano si vedano ALBERTO MARIO CIRESE, Cultura egemonica e culture subalterne.

Rassegna degli studi sul mondo popolare tradizionale, Palermo, Palumbo, 1989, pp. 170-175; G. COCCHIARA,

Storia del folklore in Europa, cit., pp. 382-402; J. ZIPES, La fiaba irresistibile, cit., pp. 146-170; IDEM, Il mondo

raccontato dal popolo: la straordinaria avventura di Giuseppe Pitrè in GIUSEPPE PITRÈ, Fiabe, novelle e racconti

popolari siciliani, traduzione di Bianca Lazzaro, introduzione e cura di Jack Zipes, prefazione di Giovanni Puglisi,

Roma, Donzelli, 2013, vol. I, pp. XVII-XLI; GIOVANNI PUGLISI, La fiaba di un tesoro ritrovato in G. PITRÈ, Op.

cit., pp. XIII-XVI; GIAN LUIGI BRAVO, Prima etnografia d'Italia. Gli studi di folklore tra '800 e '900 nel quadro

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degli innovativi studi di folclore, etnografia e antropologia della sua amata Sicilia, divorando con passione gli studi europei sul settore34 e portando la disciplina del folclore a raggiungere in

Italia livelli mai visti: in questa direzione vanno intesi la pubblicazione nel 1875 della raccolta Fiabe, novelle e racconti popolari siciliani, considerata da Calvino la più bella raccolta che l'Italia potesse sperare, e la fondazione nel 1882 dell'Archivio per lo studio delle tradizioni popolari, una rivista che si trovava al terzo posto in Europa nel campo delle riviste demologiche, in grado dunque di porre l'Italia all'avanguardia negli studi europei sul folclore e sulle origini dei popoli. Dal 1871 al 1913 pubblicò una vasta gamma di raccolte del più disparato materiale popolare siciliano, dalle fiabe ai proverbi, dai canti agli indovinelli, dai giocattoli ai passatempi, dai riti alle superstizioni, confluiti nei 25 volumi della Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane. L'episodio più significativo dell'attività di Pitrè fu l'istituzione del corso universitario di Demopsicologia, avviato nel 1911 e poi la pubblicazione dell'edizione nazionale delle sue opere per intercessione del Ministro Giovanni Gentile, a testimoniare il valore regionale e al contempo nazionale del suo operato, per aver contribuito a rinvigorire i sentimenti di amore patrio e per aver mantenuto in vita la letteratura orale delle classi umili siciliane.

Il valore di Giuseppe Pitrè si misura sulla base del forte sentimento patriottico per l'Italia ma soprattutto per la Sicilia, la sua terra natale a cui era profondamente legato, e per i siciliani. Quello che ci interessa osservare in questa sede è l'importanza culturale che ricopre la sua raccolta di fiabe nel contesto dell'Italia post-unitaria.

Illuminato dalla stessa fede di J. G. Herder e dei fratelli Grimm per le “voci del popolo”, Pitrè presenta con le sue fiabe l'intero mondo ideologico, sociale ed economico dei suoi compaesani, facendo emergere quello spirito vitale di accezione romantica, in grado di

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sopravvivere per secoli senza distruggersi e di forgiare il vero popolo siciliano, e più in generale italiano, di cui si sente l'eco nei romanzi di Verga e di Capuana: una sorta di Volksgeist dell'intero popolo italiano, osservato però dalla prospettiva del microcosmo siciliano, perché dopotutto, come lo stesso Alberto M. Cirese ha constatato a proposito dei canti popolari, Pitrè «tende dunque ad una visione complessiva e unitaria del canto popolare come espressione 'nazionale'» dove «l'unità si articola in una serie di varietà e di contrapposizioni formali, psicologiche e morali che tuttavia non la spezzano, così come le varietà regionali o storiche non spezzano l'unità della nazione e del 'popolare carattere' di cui i canti popolari sono appunto espressione»35.

Pitrè sentiva che l'evolversi della società ottocentesca in direzione progressista, con l'atteggiamento positivista di chi confidava nel progresso e nella scienza, nelle innovazioni della tecnologia per alleviare le fatiche del lavoro umano, rischiava di compromettere quel mondo atavico fatto di buoni sentimenti, di spontaneità e di sapere popolare: il suo immenso lavoro sul folclore aveva lo scopo di tutelare un patrimonio umano che doveva essere ancora capace di tramandarsi di padre in figlio, avvalendosi del supporto scritto. A riconoscerne il valore era intervenuto anche il Ministro Vittorio Emanuele Orlando che, per commemorare la recente dipartita di Pitrè nell'aprile del 1916, disse:

in tempi, in cui a questa nuova scienza della psicologia dei popoli credevano e non pochi irridevano, egli con mente davvero divinatrice seppe intuire tutta l'importanza della documentazione intima dell'anima popolare, seppe comprendere tutto il valore di questa cultura, di questa filosofia, che il popolo analfabeta crea a se stesso con le sue leggende, coi suoi canti, coi suoi motti arguti o profondi, pieni di saggezza e pieni di umanità36.

Analogamente Jack Zipes osservò che le raccolte di Pitrè

sono più importanti delle fiabe dei Grimm perché […] possiedono uno squisito carattere di genuinità, e riflettono gli usi, le credenze e le superstizioni della gente comune di Sicilia molto più di quanto la gran parte delle raccolte ottocentesche europee non riesca a ritrarre le esperienze della gente comune dei rispettivi paesi. Come ulteriore conseguenza, esse evidenziano quanto siano letterarie le storie dei Grimm, al pari di altre raccolte compilate da studiosi europei a cavallo tra Otto e Novecento37.

35GIUSEPPE BONOMO, Pitrè la Sicilia e i siciliani, Palermo, Sellerio editore, 1989, p. 133.

36 Citato da G. PUGLISI, Op. cit., p. XIV.

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Osservando un po' più nel dettaglio le fiabe riunite nella prima delle cinque sezioni di racconti di cui è costituita l'opera38, si possono rintracciare tipologie diverse. Un primo gruppo

abbastanza cospicuo ha protagoniste femminili, cosa non frequente nelle raccolte di Straparola, di Basile e dei Grimm in cui prevalgono, come ha notato Zipes39, personaggi maschili. Le donne

protagoniste di molte fiabe siciliane, fatto dovuto alla prevalenza di narratrici femminili, sono caratterizzate da coraggio, astuzia e determinazione nell'agire ad esclusivo vantaggio personale. Un secondo gruppo di fiabe raccoglie quelle più affini al modello dei Grimm con personaggi maschili che si trovano a lottare violentemente gli uni contro gli altri per ottenere ricchezza e potere; queste fiabe sono la riproposizione di racconti diffusi in tutta la cultura occidentale per cui ad esempio la siciliana Don Giuseppi Piru è una variante di Il gatto con gli stivali. Ci sono poi molte altre fiabe in cui prevale la vena umoristica, che prende come bersaglio i difetti di alcuni santi, oppure la vena satirica di tipo anticlericale in cui si condannano le malefatte delle istituzioni ecclesiastiche.

Le fiabe di Pitrè sono importanti perché ritraggono, attraverso la particolare realtà siciliana fatta di ingiustizie, amoralità, povertà e desiderio di riscatto, destinato a rimanere irrealizzato, la verità di tutto l'universo italiano, il mondo vero della gente vera, quello della saggezza popolare e dell'arrendevolezza di fronte ad una sorte avversa e irreparabile che troverà voce nei proverbi di padron 'Ntoni e nelle disgrazie della famiglia Malavoglia, realisticamente e magistralmente tratteggiate dalla penna di Giovanni Verga.

38 L'opera, come spiega lo stesso Pitrè nel discorso introduttivo alla sua raccolta, è divisa in 4 volumi ma suddivisa

in 5 sezioni: la prima contiene i racconti di fate, di principesse, di draghi e quant'altro si confà al genere della fiaba; la seconda raccoglie novelle di piacevolezze, burle, facezie; la terza contiene leggende, la quarta proverbi e modi di dire, la quinta infine contiene favolette e apologhi.

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