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GLI ACCORDI

Nel documento LA LOCAZIONE DI IMMOBILI URBANI (pagine 27-32)

Il fenomeno dell' eterodeterminazione del contenuto dei contratti da parte della legge è ben definito già nell'art.1374 c.c., che dispone che “il contratto obbliga le parti non solo a quanto è nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne deri-

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vano secondo la legge, o in mancanza, secondo gli usi o l'equità”. Essendo pacifico che usi e equità abbiano solo carattere suppletivo, è ormai superata anche la dottrina

5 che , in ossequio all'antico “dogma della volontà”, concepiva una “gerarchia” di fonti integrative del contenuto del contratto in cui la volontà delle parti fosse sovraordinata alla legge : è ormai acquisito pressochè unanimemente che la legge e la volontà conocorrano su un piano di parità alla determinazione del contenuto del contratto ; tale concezione porta anche alla naturale conseguenza che le parti sono vincolate alla legge anche se entrata in vigore successivamente alla stipulazione del contratto, e indipendentemente dal fatto che le parti la conoscessero al momento dell'accordo .6

La legge 431 è largamente partecipe dell’integrazione del contenuto dei contratti di locazione di immobili urbani, e lo fa anche e soprattutto per via mediata, attraverso cioè il rinvio normativo a queste fonti che legislative non sono, anche se sono elaborate sulla base di un Decreto Ministeriale, e cioè gli Accordi locali.

In seguito all'entrata in vigore della l.431 ne sono stati stipulati esattamente cento in tutta Italia, distribuiti omogeneamente sul territorio (la regione con più comuni

“diligenti” è stata la Toscana, con dieci accordi territoriali), la cui maggior parte (ma non certo la totalità)è stata poi “rinnovata” tre anni dopo, in seguito al nuovo Decreto Ministeriale.

Si capisce quindi l'importanza del D.M. 14 Luglio 2004 , che rimedia, come prescritto dalla stessa legge, all'inerzia dei Comuni che non avevano mai promosso la conclusione di accordi, fornendo finalmente su tutto il territorio nazionale la possibilità di stipulare contratti a canone eterodeterminato (anche se occorre dire che naturalmente questa esigenza si pone maggiormente nei comuni a maggiore densità

5 Santoro Passarelli, Dottrine generali, citato in F. Galgano, Diritto civile e commerciale,2004, p.

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6 F. Galgano, Diritto civile e commerciale,2004, p. 186

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abitativa, i quali avevano tutti provveduto) , e dei Comuni che avevano prodotto un primo accordo dopo il 1998, senza però , come disposto dalla legge , promuoverne un secondo, dopo tre anni e il relativo nuovo Decreto.

Il contenuto di questi accordi è omogeneo in tutti i Comuni ; da uno studio compa- rato di dieci accordi territoriali - “campione” emerge che tutti questi accordi dispongono, in genere in testi non eccessivamente lunghi :

il rinvio alle norme che li prevedono;

il richiamo agli accordi-tipo predisposti dal Decreto Ministeriale 30 Dicembre 2002, specificando che se si volesse stipulare uno dei tre tipi contrattuali eterodeterminati, si dovrebbero concludere “utilizzando obbligatoriamente” i contratti-tipo allegati allo stesso Decreto;

un rinvio al D.M. per quanto riguarda gli “Oneri accessori” a carico del conduttore;

le “esigenze di transitorietà” in cui presenza si può stipulare un contratto di cui all’art. 5, comma 1 (di ciò si parlerà analiticamente nel capitolo dedicato alla durata del contratto).

Una dissertazione leggermente più lunga merita infine quello che si può ritenere il contenuto principale di tali accordi, punto nevralgico dell'intero disegno riformatore del '98 : i criteri concreti per determinare l'esatto importo dovuto come canone nei contratti eterodeterminati.

Al riguardo, il D.M. Del 2002 stabilisce che gli accordi :

“individuano, anche avvalendosi della banca dati dell’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia del territorio, insiemi di aree aventi caratteristiche omogenee per:

- valori di mercato;

- dotazioni infrastrutturali (trasporti pubblici, verde pubblico, servizi scolastici e sanitari, attrezzature commerciali, ecc.);

- tipologie edilizie, tenendo conto delle categorie e classi catastali.

All'interno delle aree omogenee individuate ai sensi del presente comma, possono essere

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evidenziate zone di particolare pregio o di particolare degrado. (art.1,c.2)

3. Per ogni area od eventuale zona, gli Accordi locali, con riferimento agli stessi criteri di individuazione delle aree omogenee, prevedono un valore minimo ed un valore massimo del canone. (art.1, c.3)

4. Nella definizione del canone effettivo, collocato tra il valore minimo ed il valore massimo delle fasce di oscillazione, le parti contrattuali, assistite - a loro richiesta - dalle rispettive organizzazioni sindacali, tengono conto dei seguenti elementi:

- tipologia dell'alloggio;

- stato manutentivo dell'alloggio e dell'intero stabile;

- pertinenze dell'alloggio (posto auto, box, cantina, ecc.);

- presenza di spazi comuni (cortili, aree a verde, impianti sportivi interni, ecc.);

- dotazione di servizi tecnici (ascensore, riscaldamento autonomo o centralizzato, condizionamento d'aria, ecc.);

eventuale dotazione di mobilio.(art.1, c.4);

Sulla base del Decreto, in effetti tutti gli Accordi locali effettuano due operazioni : dividono il territorio cittadino in “zone”, assegnando a ogni zona un pregio minore o maggiore, e stabiliscono un elenco di parametri ,i quali sono all'incirca gli stessi in tutti gli Accordi locali, (ad es., il riscaldamento autonomo, la presenza di un cortile, etc. etc.) sulla cui base l'immobile è classificato come di minore o maggior “valore”, proporzionalmente ai parametri “posseduti”; attraverso la “combinazione” dei due aspetti poi è possibile ricavare per ogni immobile accatastato nel Comune, il canone mensile che deve essere corrisposto dal conduttore per un contratto di locazione

“eterodeterminato”, per metro quadro dell'immobile, dovendosi poi naturalmente moltiplicare questo dato per la “metratura” concreta dell'immobile per ottenere il

“risultato” finale.

Non è possibile qui esaminare in modo esauriente come la “fantasia” delle organizza- zioni locali abbia operato, e quale diversità sia riscontrabile da Accordo locale a Ac- cordo locale per quanto riguarda il grado di complessità con cui è “classificato” il territorio comunale , o l'esatto procedimento “matematico” richiesto per calcolare il valore del canone, o ancora i parametri ai quali si dà rilevo ai fini di accertare il

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pregio dell’immobile; può bastare un rapido esame dell'Accordo concluso nel Comune di Bologna; in esso:

− all'articolo 2 si stabilisce la divisione del territorio di Bologna in : “Zona di pregio”, “Zona A” e “Zona B”, allegando anche una mappa esplicativa all' Allegato “A”;

− all'articolo 3 si stabilisce che venga valutato il numero di “vani utili” in cui è diviso l'immobile;

− all'articolo 4 stabilisce 14 parametri (costruzione post 1985, presenza di doppio servizio, presenza di riscaldamento autonomo, etc.) , disponendo poi che in funzione del numero di parametri posseduti l'immobile sarà classificato in “Fascia minima”, “Fascia media” , o “Fascia massima”

(rispettivamente : fino a tre para- metri, da quattro a sei, più di sei).

− Nell'allegato “C” stabilisce le tariffe corrispondente a ogni metro quadro d'immobile, ricavabili con alcuni semplici calcoli, a partire dalla

conoscenza della via in cui l'immobile è situato, il numero di vani utili in esso presenti, il numero di requisiti da esso posseduto.

Sulla base del Decreto, tutti gli Accordi prevedono poi :che nel calcolare l'estensione in metri quadrati dell'immobile, siano prese in considerazione anche le superfici di autorimesse e posti auto esclusivi, (in percentuali variabili, che oscillano tra il dieci e il venti per cento ), e che vi sia una maggiorazione percentuale nel canone se l'immobile risulti ammobiliato .

Della complessità del meccanismo dei rinvii “locali” e dei suoi effetti negativi sul numero di contratti “agevolati” si è già detto.

Quello che occorre osservare per completezza d'analisi è che dopo la modifica del 2002 alla l.431 gli Accordi locali hanno perso parte della loro importanza nell' equilibrio della disciplina del contratto : se si considera che già prima la determina-

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zione dei criteri generali per la definizione dei canoni spettava al Ministero, sulla base della Convenzione, adesso che anche la determinazione dei contratti-tipo è stata rimessa al Ministero (che infatti con il D.M. 30 Dicembre 2002 è intervenuto in materia), per le già citate esigenze di uniformazione e standardizzazione ,residua poco spazio normativo a questi atti.

In particolare, il legislatore del 2002 ha specificato quale fosse uno dei campi d'azio- ne espressamente riservati agli Accordi, che per la sua marginalità e il carattere tecni- co ben fanno intendere come fosse cambiato l'orientamento legislativo rispetto al '98, nel senso di valorizzare maggiormente il Decreto, e ridurre tendenzialmente gli Accordi a strumenti “tecnici”: dispone l'art. 2 della legge 2/2002 che gli accordi locali possano definire delle scelte tra le alternative poste dal Decreto in merito a specifiche condizioni contrattuali, e “con particolare riferimento ai criteri per la misurazione della superficie degli immobili” !

Nel documento LA LOCAZIONE DI IMMOBILI URBANI (pagine 27-32)