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La svolta del ’78 e la giurisprudenza costituzionale conseguente

Nel documento LA LOCAZIONE DI IMMOBILI URBANI (pagine 81-84)

LA DURATA DEL RAPPORTO

2.1 La svolta del ’78 e la giurisprudenza costituzionale conseguente

E’ dal legislatore del ’78 che vengono introdotti per la prima volta i limiti all’autonomia privata che invece essa inevitabilmente comprimono ,e cioè quelli relativi alla durata minima della locazione di immobili urbani : per le locazioni ad uso non abitativo è disposto un termine di sei anni (nove in presenza di attività alberghiere), per quelle abitative di quattro, con l’inciso in entrambi i casi che “se

21 Grasselli, op. cit., 232

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le parti hanno determinato una durata inferiore o hanno convenuto una locazione senza determinazione di tempo la durata si intende convenuta” per i termini stabiliti, e il rinnovo automatico alla scadenza del contratto, salva la possibilità per entrambe le parti di manifestare all’altra la volontà di non rinnovarlo (c.d. disdetta) entro un certo periodo prima della scadenza dello stesso (sei mesi per le locazioni abitative, dodici per le non abitative, diciotto per le non abitative “alberghiere”); come per la restante parte della disciplina del contratto , la l. 392 è anche in questo caso ancora il testo normativo di riferimento in materia di locazioni ad uso non abitativo.

La giurisprudenza di legittimità successiva all’entrata in vigore della legge-equo canone mostrò un atteggiamento critico verso tale legge, esprimendo la convinzione che una nuova legislazione organica della materia avrebbe dovuto configurare il contratto di locazione di immobili urbani come contratto a tempo indeterminato , con ciò esprimendo un orientamento ancor più “severo” della legge nei confronti del locatore , e sollevando svariate questioni di legittimità costituzionali concernenti appunto il regime del “quattro più quattro”.

La Corte Costituzionale riunì tutte le questioni sollevate in un unico procedimento, concluso con la S. 252/1983 (pronuncia questa, come si ricorderà già citata in sede di introduzione, e significativa di un intero orientamento restio ad elevare a diritto di rango costituzionale il diritto all’abitazione del conduttore, e portatore della convinzione secondo cui le scelte del legislatore in materia di locazione siano scelte politiche all’interno di una gamma di opzioni tutte costituzionalmente legittime, e come tali esorbitino dal controllo della Corte stessa; la questione è peraltro un obiter dictum nella sentenza, che affronta il problema della supposta incostituzionalità del

“quattro più quattro”).

Nella sentenza in questione la Corte respinge le ipotesi di contrasto del regime del

“quattro più quattro” con:

l’art.2 Cost.,ribadendo come accennato che il diritto all’abitazione, seppur nel suo

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dover essere tutelato dalla legge, non ha rango costituzionale,e quindi l’indeterminatezza del contratto non è presupposto indefettibile della sua realizzazione, ma solo una scelta tra le tante che il legislatore avrebbe potuto fare, e che non ha fatto ,sulla scorta di valutazioni politiche non sindacabili;

l’art.3 Cost., per la disciplina meno favorevole per il conduttore rispetto al conduttore parte di una locazione non abitativa, che potrebbe godere di una durata più lunga del contratto : la Corte afferma la necessità di valutare le discipline di locazione ad uso abitativo e non nel loro complesso, evidenziando che la minor durata della locazione non abitativa è compensata da un regime di “equo canone”

sconosciuto alle locazioni non abitative, oltreché non può essere trascurato che il differente trattamento trova giustificazione nelle somme “non indifferenti” necessarie ai conduttori parti di locazioni non abitative per avviare le attività destinate a svolgersi nell’immobile, ciò che renderebbe meritevole l possibilità di ammortizzare gli investimenti in periodi non brevi;

l’art.42, comma 2 Cost, la cui “funzione sociale” della proprietà sarebbe lesa dalla determinatezza della durata del contratto : la Corte ribadisce come il diritto di proprietà resti comunque un diritto soggettivo pienamente riconosciuto dalla Costituzione, e non possa essere trasformato tout-court in una “funzione sociale”, essendo possibile apporre sì dei limiti ad esso, ma essendo questo un compito riservato al legislatore ordinario, che la Corte afferma di non poter sindacare, specialmente in presenza di un complesso normativo, la legge equo-canone, su cui non è possibile incidere agendo sulle singole norme, ma di cui è possibile solo una rielaborazione globale, che è compito , appunto, del legislatore;

l’art. 31 Cost., dal momento che sarebbe ostacolata da locazioni di durata determinate la formazione di una famiglia : la Corte respinge tale affermazione, riconoscendo alla suddetta norma costituzionale “carattere puramente direttivo”, e affermando che si può riconoscere l’incostituzionalità solo delle norme che si pongano in contrasto diretto con l’art.31, e non anche quelle che possano avere “un

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qualche riflesso in maniera puramente indiretta e eventuale” su di essa;

l’art. 47 , comma 2 Cost.(“[La Repubblica] favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione[…]”.),:la Corte pur “non ignorando che da qualche scrittore è stata avanzata una diversa lettura dell’art.47, che garantirebbe il diritto all’abitazione”, non può non guardare al dato letterale della norma, che in effetti può essere letto addirittura antiteticamente rispetto al diritto all’abitazione inteso come tutela del conduttore, dato che parla di “proprietà”, e vi si potrebbe quindi ricavare addirittura un favor costituzionale per la proprietà della casa, rispetto all’instaurazione di un rapporto di locazione per il godimento della stessa !

Respinte tutte le questioni di legittimità costituzionale, il giudice delle leggi dell’ 83, pur ancora lontano dall’elevare a diritto di rango costituzionale il diritto all’abitazione, ha dunque pienamente avallato l’impianto normativo della durata quadriennale con rinnovo automatico, (salvo disdetta), negando che vi sia un qualche fondamento costituzionale alla necessaria indeterminatezza della durata del contratto, e ponendosi in definitiva nel solco della tradizione codicistica, ostile a vincoli in grado di impedire per periodi troppo lunghi la circolazione dei beni.

Nel documento LA LOCAZIONE DI IMMOBILI URBANI (pagine 81-84)