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L’OBBLIGO DI MANUTENZIONE DOPO LA LEGGE EQUO-CANONE

Nel documento LA LOCAZIONE DI IMMOBILI URBANI (pagine 50-55)

GLI OBBLIGHI A CARICO DEL LOCATORE

3. L’OBBLIGO DI MANUTENZIONE DOPO LA LEGGE EQUO-CANONE

Come si vedrà, la disciplina dell’obbligo di manutenzione dell’immobile da parte del locatore è stata integrata e innovata dall’art. 9 della l. 392/78, che coniando l’eterogenea categoria giuridica degli “oneri accessori”,le cui spese sono addossate

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al conduttore dalla legge, si è occupata di “servizi comuni” ma anche , marginalmente, di aspetti inerenti alla manutenzione, derogando in alcune parti il codice , e spostando la “linea di confine” tra obblighi a carico del locatore e del conduttore decisamente in senso sfavorevole a quest’ultimo.

Un altro aspetto però su cui ha influito la legge 392 è la derogabilità della ripartizione degli obblighi di manutenzione così come regolata dal Codice , che nel periodo precedente l’entrata in vigore della legge era ammessa unanimemente dalla dottrina, non essendo gli artt. 1575 e 1576 qualificabili come norme di ordine pubblico,e come tale non derogabili; in altre parole, era loro riconosciuta efficacia suppletiva, ma non imperativa.

Con la legge equo-canone invece,la dottrina10 e la giurisprudenza post-’78 affermavano l’inderogabilità di tale regime, basando tale conclusione sul disposto della “clausola di chiusura” della legge, l’art. 79, che sanzionava di nullità “ogni pattuizione diretta […] ad attribuirgli (al locatore) altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della presente legge”.

Certamente non vi sono, nella legge 392, disposizioni che trattano dell’obbligo di manutenzione, se escludiamo quelle inserite negli spazi dell’art.9 .

Tuttavia, come già di evince dal nome informale che viene associato alla legge, l’aspetto centrale di tutto l’impianto normativo della 392 è l’imposizione di un canone massimo : se si ponessero a carico del conduttore le spese di manutenzione ordinaria, che potrebbero anche raggiungere dimensioni economiche non indifferenti, si finirebbe con lo

10 Carrato A., Scarpa A. , “Le locazioni nella pratica del contratto e del processo”, 2005, Giuffrè ,p.

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stravolgere la ratio stessa della legge, eludendo la volontà legislativa di tutelare il contraente debole-conduttore; tali patti in deroga, in virtù dell'art. 79, sono dunque da considerarsi nulli, per il loro contrasto con tutte le norme che regolano l'equo canone della 392.

Una parte della dottrina11 ha parlato anche a proposito di tali patti in deroga di un “abuso del tipo contrattuale” e di una “fattispecie surrogabile in senso economico rispetto alla normativa che sanzionava gli accordi produttivi di un aggravio economico per il conduttore eccedente l'ammontare legale massimo”, a sostegno di un orientamento che trova peraltro anche il pieno favore della Corte di Cassazione (Cass. 5 Agosto 2002, n. 11703, che parla a tal proposito di clausole nulle perché “in frode alla legge”, richiamando così l’art. 1344 c.c., Cass. 9 Ottobre 1996, n.8819, Cass. 17 Ottobre 1992, n. 11401).

Con l'entrata in vigore della l. 431/98, che “liberalizza” il canone per la generalità dei contratti di locazione, si deve considerare rimosso il “blocco”

a eventuali patti derogativi della disciplina codicistica ? La conclusione dovrebbe essere positiva per i contratti ordinari, mentre per i contratti

“eterodeterminati” valgono le stesse osservazioni avanzate nella vigenza della legge equo-canone.

A tale proposito, parte della dottrina 12 si è impegnata sul tema, affermando che certamente, clausole inserite nei contratti eterodeterminati che prevedessero l’obbligo di manutenzione , ordinaria e straordinaria, a carico del conduttore, sarebbero da considerarsi nulle, perché in frode alla legge, mentre lo stesso non potrebbe dirsi di clausole di

11 A. Carrato, A. Scarpa, op. cit., p.88

12 Gabrielli, Padovini, op. cit., p. 291.

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esonero del locatore dalla manutenzione, in quanto queste porrebbero a carico del conduttore il solo rischio che la cosa si deperisca.

Si deve osservare anche che il Decreto Ministeriale del '99 prevedeva la possibilità della previsione di “particolari clausole in materia di manutenzioni ordinarie e straordinarie” negli accordi locali : tale possibilità peraltro è rimasta lettera morta, non rinvenendosi in alcun accordo locale, tra quelli esaminati, norme al riguardo.

Per quanto riguarda le locazioni ad uso non abitativo, non essendo presenti nella l.392 limiti alla determinazione del canone, ad una prima analisi le deroghe al regime codicistico devono considerarsi ammissibili (così Cass.,4 Novembre 2002,n. 15338).

Tuttavia parte della dottrina fa notare che nella l. 392 c'è una norma, quella sull'aggiornamento del canone (che dispone che le parti possano sì pattuire clausole di aggiornamento automatico, ma nella misura massima del 75 per cento dell'indice ISTAT dei prezzi al consumi), che incide sull'equilibrio economico determinabile dalle parti con il contratto : tale norma potrebbe essere in sostanza elusa da una pattuizione modificativa della ripartizione codicistica degli obblighi di manutenzione, e potrebbe verificarsi quello che in realtà sarebbe un surrettizio aggiornamento del canone; tale dottrina conclude quindi nel senso dell'inammissibilità delle clausole derogatorie anche per le locazioni non abitative, in forza del combinato disposto dell'art. 79 e dell'art. 32 della legge equo-canone.

3.1 Il problema della ricostruzione dell’immobile

La dottrina si è cimentata anche con la seguente questione : se l’immobile oggetto di

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una locazione va distrutto, ad esempio a seguito di un incendio, rientra la sua ricostruzione all’interno dell’obbligo di manutenzione (in questo caso sicuramente straordinaria) ?

La dottrina è unanime nel respingere la conclusione negativa, sulla base della considerazione che la manutenzione, “pur potendo essere di rilevante entità, presuppone sempre il permanere del bene nella sua originaria integrità”. 13

Più sottile è però la questione della ricostruzione parziale (ad esempio, la

ricostruzione dei solai interni e dell’impianto elettrico di un immobile devastato da un incendio, sebbene non totalmente distrutto).

Qui effettivamente maggiori sarebbero le ragioni a favore del classificare tali opere all’interno dell’obbligo di manutenzione; parte della dottrina scioglie l’impasse ricorrendo a un criterio di proporzionalità tra il valore delle opere da compiersi e il valore del bene rimasto : se il primo dato supera di gran lunga il secondo, non c’è dubbio che si trovi fuori dall’area di applicabilità dell’obbligo di manutenzione.

13 Gabrielli, Padovini, op.cit., p.267

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CAPITOLO IV

Nel documento LA LOCAZIONE DI IMMOBILI URBANI (pagine 50-55)