• Non ci sono risultati.

La legge-Zagatti :ancor più vincoli per il locatore!

Nel documento LA LOCAZIONE DI IMMOBILI URBANI (pagine 84-90)

LA DURATA DEL RAPPORTO

2.2 La legge-Zagatti :ancor più vincoli per il locatore!

Non sorprende che il legislatore del ’78, molto attento a tutelare la posizione contrattuale del conduttore, abbia voluto imporre tali limiti di durata.

Come si è già detto,però, tale imposizione non è necessariamente in contrasto con le più elementari leggi dell’economia classica,(al contrario dell’equo-canone), e d’altronde tutti gli ordinamenti europei contengono disposizioni analoghe : non deve stupire perciò che anche la l. 431/98, seppur prodotta da un legislatore intenzionato a

“liberalizzare” il mercato delle locazioni, contenga norme sulla durata dei contratti, e anzi, sia sotto certi aspetti ancor più restrittiva della l. 392 nei confronti del locatore !

85

Per quanto riguarda i “normali” contratti di locazione di immobili urbani, quelli cioè

“liberi”, il cui contenuto è lasciato all’autonomia delle parti, l’impianto normativo è senz’altro analogo a quello del ’78 : si dispone che i contratti “non possono avere durata superiore a quattro anni”, sostituendosi dunque di diritto il termine quadriennale alla pattuizione di durata inferiore, o mancante delle parti, e si prevede anche qui un rinnovo automatico del contratto di ulteriori quattro anni.

La norma in particolare prevede la possibilità di impedire il rinnovo da parte del locatore, alle condizioni che tra poco si vedranno, mentre nulla dice circa la facoltà di disdetta in capo al conduttore, ma,come ritiene parte della dottrina,22 una

“rinnovazione” è la formazione di un nuovo contratto, per il quale occorre necessariamente la volontà di entrambe le parti; dal lato del conduttore, quando si deve ritenere che tale consenso ci sia ? Secondo la costruzione di tale dottrina, sarebbe applicabile per analogia l’art. 1597 c.c., che in materia di locazioni in generale dispone che “La locazione si ha per rinnovata se, scaduto il termine di essa, il conduttore rimane ed è lasciato nella detenzione della cosa locata o se, trattandosi di locazione a tempo indeterminato, non è stata comunicata la disdetta a norma dell'articolo precedente” : sarebbe cioè richiesto al conduttore, affinchè il contratto si rinnovi, un comportamento attivo, consistente nel rimanere nel godimento del bene locato, o l’assenza di disdetta, che , a contrario, produrrebbe la mancata rinnovazione del contratto; costruzione giuridica farraginosa, a proposito della quale tra l’altro si deve dire che dell’applicabilità in via analogica di una norma scritta per locazioni di durata indeterminata è lecito dubitare.

In ogni caso, si deve notare che la legge conferma all’art.3, comma 6, la facoltà , già prevista dalla legge equo-canone, di recedere in qualsiasi momento dal contratto al solo conduttore, in presenza di gravi motivi, e quindi, a parte il fatto che anche a

22 Gabrielli-Padovini, op. cit., p.502

86

voler negare la facoltà di disdetta al conduttore, le conseguenze sul piano pratico sarebbero limitate al verificarsi di quei “gravi motivi” che la giurisprudenza non intende in modo particolarmente severo, si deve ritenere a fortiori che il conduttore disponga della facoltà di disdetta riconosciuta… persino al locatore !

In definitiva, il mancato riferimento espresso della legge non sembra d’intralcio al riconoscimento, imposto da ragioni di coerenza sistematica, anche al conduttore di poter impedire il rinnovamento del contratto.

Esaminando la disciplina posta dalla l. 431 ci si accorge ben presto della differenza di disciplina rispetto al 1978 : fermo restando , come detto, che il conduttore può recedere sempre in qualsiasi momento,per “gravi motivi”, al locatore non è più sufficiente per concludere il rapporto contrattuale rendere nota la sua volontà al conduttore con un preavviso di sei mesi rispetto alla scadenza del contratto : affinchè il rapporto possa essere interrotto, deve ricorrere uno dei presupposti dell’art. 3 :

“a) quando il locatore intenda destinare l'immobile ad uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado;

b) quando il locatore, persona giuridica, società o ente pubblico o comunque con finalità

pubbliche, sociali, mutualistiche, cooperative, assistenziali, culturali o di culto intenda destinare l'immobile all'esercizio delle attività dirette a perseguire le predette finalità ed offra al conduttore altro immobile idoneo e di cui il locatore abbia la piena disponibilità;

c) quando il conduttore abbia la piena disponibilità di un alloggio libero ed idoneo nello stesso comune;

d) quando l'immobile sia compreso in un edificio gravemente danneggiato che debba essere ricostruito o del quale debba essere assicurata la stabilità e la permanenza del conduttore sia di ostacolo al compimento di indispensabili lavori;

e) quando l'immobile si trovi in uno stabile del quale è prevista l'integrale ristrutturazione, ovvero si intenda operare la demolizione o la radicale trasformazione per realizzare nuove costruzioni, ovvero, trattandosi di immobile sito all'ultimo piano, il proprietario intenda eseguire

sopraelevazioni a norma di legge e per eseguirle sia indispensabile per ragioni tecniche lo sgombero dell'immobile stesso;

87

f) quando, senza che si sia verificata alcuna legittima successione nel contratto, il conduttore non occupi continuativamente l'immobile senza giustificato motivo;

g) quando il locatore intenda vendere l'immobile a terzi e non abbia la proprietà di altri

immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione. In tal caso al conduttore è riconosciuto il diritto di prelazione, da esercitare con le modalità di cui agli articoli 38 e 39 della legge 27 luglio 1978, n. 392.”

Se non sussiste nessuno di questi motivi, il locatore non ha modo di evitare il rinnovo contrattuale, e quindi si può comodamente affermare che in realtà la durata minima della locazione fissata dalla l.431 , riassunta nella formula “Quattro più quattro”, è un.... “Otto” ! Sembra più corretto affermare cioè che la reale durata minima imposta dalla legge sia di otto anni, a meno che a metà rapporto il locatore non possa eccepire una delle sette situazioni previste tassativamente dall'art.3, molte delle quali , tra l'altro, nella disponibilità del conduttore.

Solo alla seconda scadenza , come esplicitamente disposto dalla legge, opera un meccanismo analogo a quello già previsto dalla l. 392, essendo in questo caso sufficiente una lettera raccomandata all’altra parte in cui si rende nota la propria volontà di non rinnovare, per evitare un … “Otto più quattro” !

L’impianto è analogo a quello previsto dalla stessa l. 392 con riguardo alle locazioni ad uso non abitativo, per le quali opera esattamente un rinnovo tacito, con possibilità di disdetta, con preavviso, da parte del locatore, al verificarsi di motivi non dissimili da quelli contenuti nell’elenco dell’art. 3.

Passando in rassegna l’elenco dei motivi che legittimano il mancato rinnovo del contratto, per far valere i quali si dovrà tuttavia pur sempre attivare il locatore, non operando essi de iure, salta all’occhio come essi siano classificabili in tre categorie : a) Motivi inerenti al locatore. (le lettere a), b) e g)). Riguardo la lettera g), la legge introduce una discriminazione tra i locatori intenzionati a vendere l’immobile : tra questi, solo coloro i quali non risultino proprietari di altri immobili, oltre a quello in

88

cui essi stessi vivono, potranno esercitare la disdetta . La ratio è certamente tutta

“politica” : si presume che il proprietario di più di due immobili locati non abbia difficoltà economiche, e possa “sopportare” il peso di una vendita di un immobile locato, dalla quale avrebbe certamente potuto ricavare una cifra maggiore se l’immobile fosse stato “libero” ; tuttavia, la stessa discriminazione rischia non di essere coerente con i suoi fini : il locatore potrebbe ben essere proprietario di un solo immobile locato, e contemporaneamente, possedere ricchezze ingenti, il che fa dire a parte della dottrina 23 (in modo eccessivo, a mio avviso), che la norma è sospetta di irragionevolezza, e quindi di contrasto con l’art. 3 della Costituzione.

b) Motivi inerenti allo stato dell’immobile (lettere d) e e)).

c) Motivi inerenti al conduttore (lettere c) e f)). Questi ultimi sono di grande interesse, perché sintomatici dell’intera ratio della legislazione speciale circa la locazione di immobili urbani : tutto il sistema di tutele costruito intorno al conduttore ha senso in quanto e fino a che egli si serva dell’immobile per soddisfare il proprio diritto alla casa; se egli non occupa l’immobile, magari sublocandolo “in nero” , egli non è più meritevole di tali tutele, e non è nemmeno più considerabile come contraente debole, dal momento che non si serve dell’immobile per abitarvi, ma verosimilmente per altri fini economici, il che non può che renderlo, agli occhi del legislatore, uguale al locatore.

Uguale percorso logico si può fare a proposito del conduttore che abbia un altro alloggio dove abitare nello stesso Comune, perché, pur essendo meno “riprovevole”

la sua posizione di quella del conduttore che non abita nell’immobile locato, si deve considerare l’interesse sacrificato del locatore : un sacrificio, evidentemente, non più necessario in questo caso.

23 Gabrielli-Padovini, op. cit., p.505.

89

La legge dispone poi due ordini di sanzioni a tutela dell’effettivo rispetto dell’art.3,c.1..

In primo luogo, si stabilisce che laddove il contratto non si sia rinnovato, ma illegittimamente, (il locatore abbia cioè opposto una ragione non contemplato nell’art.3, o non abbia opposto alcuna ragione, e il conduttore, magari nell’erronea convinzione c che vi fosse tenuto, ha accettato il mancato rinnovo), il locatore è tenuto a un risarcimento non inferiore a trentasei mensilità dell’ultimo canone percepito(art. 3, comma 3); una sanzione severa, tesa a prevenire prevaricazioni da parte del locatore , ma che si presta ad abusi : si pensi a un conduttore che già aveva in programma di cambiare abitazione , e che si vede il locatore, alla scadenza dei quattro anni, pretendere il mancato rinnovo e il contestuale rilascio dell’immobile senza addurre motivi : egli potrà “traslocare”, e poi agire in giudizio con successo per ottenere il cospicuo risarcimento !

In secondo luogo, la legge affronta il delicato problema del caso in cui il locatore abbia addotto per evitare il prolungamento del rapporto contrattuale uno dei motivi stabiliti ex-lege (evidentemente non si parla quindi dei motivi legati al conduttore), senza però darvi seguito nei fatti : non vada ad abitare nell’immobile, non lo destini al fine culturale, non venda l’immobile : il locatore è qui sanzionato con il medesimo già visto risarcimento , o , in alternativa, a scelta del conduttore, al ripristino del contratto (art.3, comma 5) (una sorta di esecuzione in forma specifica).

Un’osservazione circa quest’ultima norma : è pacifico, sia nel dato letterale che nell’interpretazione della dottrina e della giurisprudenza, che , affinchè il mancato rinnovo non sia illegittimo, il locatore debba attuare il motivo specifico indicato nella comunicazione al conduttore : non sarebbe ammissibile che il locatore riprenda possesso dell’immobile adducendo la necessità di un alloggio per il proprio figlio, e poi lo destini a sede di una cooperativa,sebbene anche questo sia un motivo teoricamente sufficiente ad evitare il rinnovo.

90

Un’ultima annotazione : la legge non specifica l’esatta modalità con cui esercitare la disdetta , tuttavia sembra che si possano applicare, per analogia, le disposizioni circa la seconda scadenza del contratto (quella in cui anche il locatore può esercitare

“liberamente” il potere di disdetta), e che, quindi, sia necessaria e sufficiente una lettera raccomandata all’altra parte.

Nel documento LA LOCAZIONE DI IMMOBILI URBANI (pagine 84-90)