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Gli strumenti tradizionali di pianificazione delle carriere

Il meccanismo di pianificazione delle carriere usato tradizionalmente dalle aziende si fonda sull’idea di poter conoscere anticipatamente sia le necessità aziendali, definite

95 qualitativamente attraverso la descrizione e la valutazione delle posizioni, sia il potenziale e le aspirazioni di crescita degli individui.

In questo senso, è un meccanismo che costruisce la carriera in termini di promozione al livello organizzativo superiore, valutando la sussistenza delle competenze necessarie alla nuova posizione nei possibili candidati. Per facilitare tale processo, è essenziale ricercare, tra le mansioni di partenza e quelle di approdo, relazioni di contenuto o di natura del compito che facilitino il passaggio dalle une alle altre.

Questa logica ha portato allo strutturarsi di due modelli di carriera: la carriera professionale e la carriera lineare.

La pianificazione delle carriere si fonda su una descrizione articolata dei profili professionali e la costruzione di una mappa complessiva di riferimento, che permette di individuare le competenze richieste da ciascuna posizione. La mappa è definita coerentemente con la strategia e con gli obiettivi dell’azienda. Al suo interno sono collocate sia le competenze specifiche di funzione – scomponibili in conoscenze e capacità richieste dalla funzione – sia le competenze relative al livello gerarchico – esprimibili in termini di capacità gestionali richieste dall’ampiezza delle proprie responsabilità. Attraverso le informazioni provenienti dalla valutazione della prestazione e del potenziale si ricavano le indicazioni necessarie per procedere alle scelte inerenti ai percorsi di carriera.

Gli strumenti per realizzare l’attività di pianificazione delle carriere in questa logica tradizionale sono sostanzialmente due:

1. il piano di successione per cooptazione verticale; 2. il piano di rimpiazzo multiplo.

1) Il piano di successione per cooptazione verticale

Con il piano di successione per cooptazione verticale ogni risorsa collocata in una posizione chiave per lo sviluppo e il successo dell’organizzazione individua fra i suoi collaboratori un potenziale sostituto: la scelta verterà sulla risorsa ritenuta più idonea e qualificata a ricoprire quel ruolo in futuro.

Una volta individuata la risorsa, questa viene preparata all’eventuale successione attraverso attività di formazione, momenti di affiancamento diretto ed esperienze sul campo finalizzate all’acquisizione delle conoscenze specifiche del ruolo e delle

96 competenze gestionali necessarie. Pur assicurando il vantaggio di garantire una continuità all’azienda e un passaggio graduale di responsabilità, la cooptazione verticale presenta diversi limiti. Innanzitutto, l’essere basata su una logica di lungo termine: difficilmente è applicabile in contesti instabili o ad elevata turbolenza, che richiedono frequentemente una ridefinizione degli obiettivi e un adattamento delle competenze richieste per ricoprire le posizioni chiave in azienda. In secondo luogo, non può essere neppure adatta a fronteggiare emergenze ed eventi eccezionali, cioè in caso si renda improvvisamente vacante una posizione. In terzo luogo, la crescita del futuro successore è affidata a colui che lo ha selezionato: ciò implica il rischio che il successore, assorbendo completamente i suoi insegnamenti, tenda a replicarne, in modo inconsapevole il modello rischiando di creare una situazione di estrema staticità e immobilità nella gestione successiva che condiziona la capacità della struttura di reagire di fronte al cambiamento. Infine, la condizione psicologica della risorsa designata. Il suo avanzamento di carriera è legato alle sorti del capo e dipende dalla sua promozione o dalle sue dimissioni, eventi su cui non può influire: può derivarne la sensazione di non avere un reale spazio di crescita provocando la sua demotivazione e quindi l’effetto opposto a quello ricercato. Questo meccanismo potrebbe portare l’azienda a perdere nel tempo risorse di qualità.

2) Il piano di rimpiazzo multiplo

Il piano di rimpiazzo multiplo è l’evoluzione del precedente con cui ha in comune l’obiettivo di individuare, tra i diretti collaboratori, la risorsa più idonea a sostituire il capo. Tuttavia esistono delle differenze: una diffusione più estesa all’interno dell’organizzazione , in quanto la procedura è adatta per un ampio numero di posizioni; la periodicità costante dal momento che la procedura è ripetuta a intervalli fissi; il fatto che ciascun candidato è verificato rispetto alle possibilità di crescita sia verticale che orizzontale. Per capire chi prenderà il posto del capo ci si può affidare alle valutazioni degli specialisti di risorse umane rispetto alla possibilità di ricoprire con risorse interne ruoli che diverranno vacanti nel breve periodo.

Considerando le singole posizioni e le singole persone, attraverso interviste e riunioni con i manager di linea vengono considerate le possibilità di uscita, di trasferimento, di promozione di ciascun lavoratore. Una volta raccolte le informazioni relative ai

97 potenziali candidati alla promozione, queste vengono incrociate con le competenze richieste dalle posizioni da ricoprire. Si arriva così a definire le cosiddette tavole di rimpiazzo, piani di successione, che indicano coloro che a breve o a lungo termine possono “rimpiazzare” la risorsa che attualmente ricopre la posizione.

Questo sistema però presenta gli svantaggi tipici di un processo basato sull’idea di continuità. Il meccanismo si basa sulla successione gerarchica e il limite è di non riuscire a reagire efficacemente ai cambiamenti in atto nel contesto, che richiedono alle organizzazioni capacità di riprogettare le strutture, snellendole: parecchie posizioni tendono a scomparire, o quantomeno a trasformarsi in modo rilevante, rendendo obsoleta la definizione dei rimpiazzi operati. Pertanto si tratta di una logica che può funzionare in contesti organizzativi stabili, in cui si possono conoscere e pianificare con precisione i fabbisogni quantitativi e qualitativi di risorse in relazione agli obiettivi e alle strategie aziendali. Proprio per la sua staticità e rigidità non è invece adatta a contesti incerti e variabili, dove il cambiamento organizzativo – di strutture, processi e mansioni – diventa la regola e il costante sviluppo delle competenze possedute dalle persone rappresenta l’unico spunto per il vantaggio competitivo.