Per la funzione HR la valutazione del potenziale rappresenta un’area strategica di investimento che contribuisce allo sviluppo aziendale in quanto – a fronte di contesti competitivi sempre più complessi – diventa essenziale poter contare non tanto su ciò che le persone sanno fare attualmente, ma su ciò che saranno in grado di fare, sviluppandosi e crescendo domani. E’ a partire dalla valutazione del potenziale che sempre più le organizzazioni sono chiamate a pianificare i propri interventi di formazione e sviluppo del patrimonio umano.
Dal punto di vista psicologico, il potenziale può essere definito come l’insieme delle energie, capacità e attitudini presenti in un determinato individuo, ma che non sono richieste dalla posizione che egli al momento ricopre o non sono utilizzate per mancanza di esperienza o di know-how.
Dal punto di vista organizzativo, il potenziale può essere considerato come il confronto tra le caratteristiche possedute da un individuo e quelle richieste per ricoprire al meglio una determinata posizione (requisiti attitudinali).
Come osservato in letteratura (Levati 1991), la valutazione del potenziale si caratterizza come una rilevazione di tipo qualitativo e relativo. In primo luogo, l’analisi del potenziale è volta non tanto a misurare un tratto o una caratteristica dal punto di vista quantitativo, bensì a coglierla nel suo nucleo distintivo essenziale. Questo significa abbandonare la logica psicometrica tradizionale, interessata a misurare l’intensità dei fenomeni (ad esempio, l’intelligenza in termini di QI), a favore di una prospettiva interessata a rilevare le modalità con cui una certa caratteristica si esprime (per continuare nell’esempio, di che tipo è l’intelligenza in questione, a quali condizioni può esprimersi). Tale nucleo distintivo essenziale è riconducibile al concetto di attitudine, nel quale si riconosce il dato comportamentale del potenziale, il substrato e il fondamento delle capacità concrete che poi le persone esprimono nei contesti lavorativi.
84 Pertanto la valutazione del potenziale è una rilevazione qualitativa che ha per oggetto le attitudini, intese come insieme di capacità che, per esprimersi, hanno bisogno di condizioni favorevoli di contesto e di motivazione. Le attitudini appartengono al patrimonio stabile dell’individuo che in quanto tale può essere indagato e rilevato. In secondo luogo, la valutazione del potenziale non ha carattere assoluto – nel senso che consente di stabilire, per così dire a priori, quanto potenziale ha un individuo – ma relativo. Essa, infatti, consiste in un confronto tra un profilo psicoattutudinale di uno specifico individuo e un insieme di caratteristiche richieste da una determinata posizione organizzativa all’interno di uno specifico contesto organizzativo.
La valutazione del potenziale può essere definita come un’attività diagnostica finalizzata a identificare le attitudini dei componenti di un’organizzazione, per poterne orientare lo sviluppo verso posizioni presenti e future più congruenti sotto il profilo delle caratteristiche psicoattitudinali.
Si sceglie di avviare all’interno di un’azienda una rilevazione del potenziale per una pluralità di finalità, essenzialmente riconducibili alle strategie e alle logiche di pianificazione delle RU:
avere un quadro chiaro e analitico delle risorse potenziali disponibili, a integrazione dei dati generati dalla valutazione delle prestazioni;
individuare i possibili candidati interni rispetto a una posizione organizzativa (soluzione che, rispetto alla scelta di pescare dal mercato esterno, può consentire di risparmiare costi culturali di adattamento e costi motivazionali);
pianificare il fabbisogno di RU nel medio e lungo periodo in modo coerente con i modelli di cambiamento organizzativo e le strategie aziendali, superando un orientamento tattico e di tamponamento delle emergenze;
programmare le esigenze di formazione e sviluppo delle risorse; programmare le carriere manageriali.
Il processo di valutazione del potenziale si compone di alcuni passaggi fondamentali, in ognuno dei quali sono coinvolti diversi attori: il vertice aziendale, la linea manageriale, la divisione delle RU, l’ufficio sviluppo, eventuali consulenti esterni.
Il primo passo per la riuscita dell’intero intervento è rappresentato dal coinvolgimento del vertice aziendale. Il vertice aziendale definisce le linee strategiche e gli obiettivi aziendali che sono alla base dell’intervento, genera e mantiene vivi nel tempo il contributo e il commitment della linea gerarchica. La direzione delle RU progetta
85 un’adeguata strategia di comunicazione – in cui vengono chiariti obiettivi, modalità e ruoli del programma – nei confronti sia della linea sia dei destinatari diretti. In questa fase iniziale è anche necessario individuare i segmenti di popolazione aziendale il cui potenziale si intende valutare. Per quanto riguarda i criteri per la scelta dei candidati da sottoporre al processo di valutazione secondo Del Pianto (1999) sono:
chi ha fornito ottime prestazioni in maniera continuativa nel tempo;
chi mostra caratteristiche particolarmente coerenti con ruoli di maggiore responsabilità;
chi è in possesso di una forte motivazione e si propone in autocandidatura per ruoli diversi.
Il programma può, invece, essere esteso ad ampie fasce di popolazione aziendale nel caso di profondi cambiamenti organizzativi e culturali che spesso richiedono l’attivazione di processi consistenti di mobilità interna orizzontale e verticale.
Successivamente si entra negli aspetti tecnici che consistono nella scelta del metodo diretto o indiretto e nella costruzione della griglia di riferimento per la rilevazione del potenziale. La griglia di riferimento è una scheda che contiene un elenco organico di categorie produttive di potenziale e all’interno della quale vengono raccolte in modo organizzato le informazioni relative a ciascuna di queste categorie. La lettura d’insieme e la correlazione tra le informazioni raccolte consentono di arrivare alla definizione del profilo psicoattitudinale della persona valutata. E’ importante sottolineare che queste scelte metodologiche vanno operate tenendo conto sia degli obiettivi specifici del progetto di valutazione del potenziale, sia delle caratteristiche culturali dell’organizzazione. Infine, una volta terminate la raccolta e l’analisi dei dati e la stesura dei profili, si procede alla creazione del così detto “comitato di sviluppo”, di cui tipicamente fanno parte il vertice aziendale, una selezione ristretta di manager di linea, la direzione delle RU e, nel caso sia stata coinvolta, una rappresentanza della consulenza esterna. Tale comitato è impegnato nelle seguenti attività:
condividere la valutazione del potenziale;
incrociare in maniera organica le valutazioni del potenziale con tutti gli altri dati relativi ai collaboratori interessati, come ad esempio gli esiti della valutazione delle prestazioni;
costruire a partire da questi dati dei piani di sviluppo personalizzati coerenti con le linee strategiche dell’azienda;
86 definire piani di formazione, quanto più possibile individualizzati a sostegno dello
sviluppo del potenziale.
I metodi per la valutazione del potenziale possono essere raggruppati in due categorie sulla base della diversa fonte da cui provengono i fatti che costituiscono la base della raccolta dati e dell’elaborazione delle informazioni: metodo diretto e metodo indiretto. Nel metodo diretto (osservazione diretta) i fatti rilevati, attraverso strumenti appositamente sviluppati, coinvolgendo in prima persona il valutato; nel caso del metodo indiretto (raccolta di testimonianze), invece, le informazioni vengono raccolte tramite soggetti terzi che conoscono dal punto di vista lavorativo il valutato, ad esempio il capo, i colleghi di altre unità interne, ecc.. Il metodo diretto rispetto al metodo indiretto ha come vantaggio la maggiore neutralità e una più elevata oggettività della rilevazione, per contro, ha una minore attivazione e coinvolgimento dell’organizzazione nel processo. Il metodo indiretto, invece, ha il suo punto di forza nel fatto che genera un elevato coinvolgimento dell’organizzazione, mentre presenta delle criticità in termini di qualità e attendibilità delle informazioni raccolte attraverso le testimonianze.
La scelta tra i due metodi va fatta alla luce della maggiore o minore adeguatezza rispetto a una serie di variabili: i valori e la cultura organizzativa; il livello, l’anzianità e le caratteristiche delle risorse interessate; le strategie di cambiamento e il momento storico, lo stile di management esistente.