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I codici di autoregolamentazione del fundraising

Nel documento IL FUNDRAISING (pagine 151-156)

In Italia, fino a qualche anno fa, non si sentiva nel Terzo Settore l’esigenza di creare un codice per la raccolta fondi in quanto la maggior parte delle risorse proveniva dalla Pubblica Amministrazione.

L’attività di fundraising era marginale, veniva presa in considerazione da organizzazioni non profit di grandi dimensioni, solitamente facenti parti di organizzazioni operanti a livello mondiale che avevano già esperienza nella raccolta fondi grazie al modello americano.

Oggi, però, i fondi pubblici da una parte vengono diminuiti per mancanza di risorse, dall’altra sono aumentati i bisogni sociali della comunità, quindi aumentano le richieste di aiuti pubblici. In questo scenario, l’attività di fundraising sta prendendo piede nelle organizzazioni non profit: l’attività di fundraising viene praticata da un numero di organizzazioni non profit in continua crescita. La raccolta fondi, quindi, è diventata in questi anni molto competitiva, si ritiene opportuno, quindi, tutelare questo nuovo mercato attraverso le creazione di un’Authority statale in grado di regolare lo scambio della donazione.

L’importanza che ora viene riconosciuta alla raccolta fondi ha creato una forte competizione per attirare il donatore; le organizzazioni non profit, infatti, sostengono elevate spese promozionali per creare un rapporto di fiducia con il potenziale donatore, creando, così, nuovi voci di spesa, fino a poco tempo fa impensabili, che si traducono in costi aggiuntivi per l’azienda non profit.

Il fundraising, quindi, ha aperto le porte ad un nuovo modo di pensare al Terzo Settore: è necessario comprendere che si è creato un nuovo mercato basato sulla competizione nella solidarietà.

Il mercato della donazione si basa su una relazione tripolare, in quanto comprende il donatore, l’organizzazione non profit e il cliente. Questa tipologia di mercato è sempre esistita, solo che nel passato veniva messa in risalto solo la relazione tra beneficiario e azienda non profit, lo scambio tra l’ente e il donatore era sporadico perché c’erano gli enti pubblici ha coprire ogni esigenza.

L’emergere di questo nuovo scambio tra donatore e aziende non profit ha messo in evidenza la necessità di creare un codice disciplinare per dare delle regole a questo mercato in crescita. Lo scambio tra queste due entità, come accade tra aziende profit e cliente, si basa sulla fiducia: è l’elemento fondamentale su cui si basa il rapporto tra donatore ed organizzazione non profit. Nel settore privato sono previste norme a tutela di questo rapporto: se la fiducia

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viene meno a causa di comportamenti scorretti da parte dell’azienda profit, i clienti hanno a disposizione degli strumenti giuridici per tutelare la propria posizione.

Nel caso di organizzazione non profit, invece, questo non è possibile. Infatti, se la fiducia pubblica viene fortemente provata da un’azienda non profit che opera in modo scorretto, si crea un risvolto negativo molto pericoloso che influisce su tutto il mondo non profit, danneggiandone la reputazione.

L’attenzione pubblica ricade non solo sull’organo dell’organizzazione non profit interessata, bensì tutto il Terzo Settore passa sotto la lente di ingrandimento. Per evitare questo enorme danno, è necessario trovare delle forme di tutela da organizzazioni non profit che non sanno operare con il giusto metodo.

Il codice di autoregolamentazione serve per rispondere a queste esigenze: le norme previste nel documento aiutano a creare e coltivare la fiducia della comunità, con conseguente aumento delle donazioni. Il processo informativo deve avvenire in modo trasparente sia per tutelari i donatori, sia per aiutare le organizzazioni non profit ad ottenere un flusso di donazioni maggiore.

In Italia non esistono delle vere e proprie norme che tutelano la donazione; nella classifica dei paesi che donano di più in rapporto alla popolazione, infatti, l’Italia si posiziona tra gli ultimi posti. La popolazione italiana non ha molta fiducia nelle organizzazione non profit, intensa sia come certezza che il proprio contributo economico venga erogato a quella determinata azienda non profit, sia nel senso che l’ente utilizzi in modo corretto, efficace ed efficiente le donazioni ricevute.

Per risolvere questo problema, nel 1996 c’è stato il primo tentativo di regolamentazione del Terzo Settore: la carta della donazione italiana. Questo documento è il frutto del lavoro di professionisti del non profit, esponenti del mondo universitario, enti, associazioni, organizzazioni del Terzo Settore.

Lo scopo principale del documento è cercare di aumentare le donazioni attraverso la creazione di un ambiente sicuro e garantito attraverso lo scambio di informazioni necessarie per conoscere e valutare le attività delle organizzazioni non profit.

Il documento di autoregolamentazione è rivolto principalmente a tutte le organizzazioni non profit, ma anche ai cittadini, imprese profit, pubblica amministrazione per accrescere la loro fiducia nel settore non profit.

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Oltre alla carta della donazione italiana, negli ultimi anni sono nati diversi codici etici che regolamentano la gestione dell’attività di fundraising, in particolare il ruolo del fundraiser all’interno delle organizzazioni non profit.

Questi codici sono recenti, quindi necessitano di continue rivisitazioni e miglioramenti perché esistono ancora della lacune su aspetti fondamentali del settore, come, per esempio, la determinazione del compenso dei fundraiser.

151 Conclusioni

L’elaborato è stato scritto con l’obiettivo di mettere in evidenza i vantaggi di una raccolta fondi strutturata e pianificata.

Le esigenze del mondo non profit hanno bisogno di soluzioni adeguate in quanto sono notevolmente differenti rispetto a quelle delle imprese profit.

L’intervento massiccio dello Stato ha precluso la possibilità alla raccolta fondi di evolversi nel tempo; ora, però, è arrivato il momento di far riemergere questa disciplina, prendendo spunto dal fundraising attivo nei paesi esteri.

In Italia esiste fin dall’antichità la cultura del dono: la religione cristiana ha reso la donazione un’attività naturale, quasi automatica. Questa cultura ha perso importanza durante la storia, ma è tuttora presente nella comunità sociale. Si ritiene opportuno, quindi, che il Terzo Settore riattivi questa pratica attraverso nuove tecniche, cercando di modificare le tecniche utilizzate soprattutto in America in base alle caratteristiche della comunità italiana.

Il mondo non profit è minato da esperienze negative che hanno intaccato la fiducia dei donatori, sia potenziali che effettivi. Il fundraising, quindi, si ritrova ad operare in una situazione estremamente delicata in quanto deve riuscire a superare le barriere e creare nuovamente rapporti di fiducia con il pubblico di riferimento.

Data l’importanza che il Terzo Settore sta avendo in questi ultimi anni, si ritiene opportuno prevedere non solo codici etici, ma anche normative adeguate per permettere di salvaguardare le organizzazioni non profit che operano in modo corretto e per il perseguimento dell’interesse comune.

Il solo fatto di operare per la comunità non basta a motivare le donazioni: è necessario dimostrare che l’amministrazione finanziaria delle organizzazioni non profit avviene in modo efficace e trasparente.

In conclusione, quindi, si ritiene opportuno avviare un procedimento per redigere delle leggi di regolamentazione del settore che abbiano come scopo principale la condanna dei comportamenti non etici ed immorali; inoltre, si ritiene necessario prevedere anche per la professione del fundraiser un albo che preveda l’iscrizione obbligatoria con lo scopo di arginare i casi di fundraiser che operano in modo scorretto.

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