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Il Documento di Buona Causa

Nel documento IL FUNDRAISING (pagine 39-44)

La buona causa è la riformulazione della mission in modo da far emergere i concetti che sono rilevanti per la società; deve rispondere alla seguente domanda: “perché qualcuno dovrebbe darmi una mano?”

La buona causa, assieme alla mission e alla vision, è il punto di partenza per poter definire tutto il processo di fundraising in quanto è fortemente collegata all’identità dell’organizzazione.

La buona causa rappresenta efficacemente l’impatto positivo che l’organizzazione crea nei confronti del pubblico; è quindi coerente con la mission ma si differenzia da quest’ultima poiché la mission è concentrata sull’organizzazione, mentre la buona causa è concentrata sugli altri. La buona causa definisce un valore creato per il pubblico e utilizza un linguaggio comprensibile a tutti, mentre la mission è molto ristretta e utilizza un linguaggio tecnico. Il comitato di sviluppo è l’organo preposto per la redazione e revisione della buona causa; è una squadra di indirizzo per l’organizzazione, quindi è coinvolta direttamente ed opera ad un livello strategico.

Il coinvolgimento diretto indica che i membri del comitato abbiano un alto grado di responsabilità diretta, siano disponibili a dedicare molto tempo al fundraising in modo strutturato e continuativo, conoscano a fondo gli obbiettivi dell’organizzazione e del fundraising.

Le decisioni del comitato di sviluppo avvengono a livello strategico, questo significa che sono orientate al medio termine (solitamente tre anni), chiariscono gli obiettivi istituzionali, sia a livello strategico che operativo, individuano i vincoli al fundraising e la sua struttura.

Solitamente il comitato di sviluppo è costituito dai seguenti membri • uno o più rappresentanti del Consiglio di Amministrazione; • l’organo direttivo;

• i responsabili delle varie aree organizzative; • il responsabile della raccolta fondi;

• gli eventuali consulenti esterni;

• eventuali volontari che l’organizzazione reputi utile coinvolgere.

Il compito principale del comitato di sviluppo, oltre a quello della redazione della buona causa e del relativo documento, è quello di analizzare il fabbisogno economico dell’organizzazione, preparare il piano di fundraising e di metterlo in opera.

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Il comitato, inoltre, insieme alla Commissione Fundraising e all’Ufficio Fundraising, su richiesta dell’organizzazione non profit, deve:

• definire gli obiettivi strategici della raccolta fondi tenendo conto della strategia generale dell’organizzazione e in linea con il progetto economico prefissato;

• approvare il piano degli eventi speciali e la sua realizzazione;

• controllare ed eventualmente rivedere il ciclo delle donazioni annuali e valutare tutti i materiali relativi alle operazioni di mailing e di telemarketing sociale;

• gestire le sollecitazioni dei grandi donatori;

• identificare i potenziali donatori, contribuire alla loro classificazione e scegliere adeguate strategie di sollecitazione;

• redigere strategie per la donazione pianificata.

Il comitato solitamente segue quattro passi per definire la buona causa in modo da coinvolgere tutti i membri per la sua definizione e per far sì che venga da tutti condivisa:

1. si individuano le parole chiave che meglio descrivono l’attività dell’organizzazione; 2. si selezionano le parole più significative;

3. si crea una formulazione che comprenda le parole selezionate; 4. si testa la buona causa prima all’interno e poi all’esterno.

La buona causa è la base per poter redigere il Documento Buona Causa, il quale è definito come “un documento scritto che riassume e raccoglie una serie di informazioni utili per permettere all’organizzazione non profit di rappresentare sé di fronte ai propri pubblici interessi.”17

Questo documento, attraverso continue personalizzazioni, diventa un utile strumento informativo per il potenziale donatore e viene utilizzato dai vari membri e consulenti come linea guida per la redazione di tutto il materiale promozionale e divulgativo dell’organizzazione.

Il documento buona causa è scritto da una sola persona, in genere il responsabile della raccolta fondi; prima di essere redatto, però; è buona norma tenere conto di vari contributi del personale sia retribuito che volontario:

• intervistare i più importanti leader dell’organizzazione;

• raccogliere il materiale promozionale distribuito nei vari anni sia dall’organizzazione che da altre aziende non profit operanti sullo stesso settore;

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• sintetizzare il materiale e redigere una prima bozza del documento da sottoporre ai leader dell’organizzazione e raccogliere idee e suggerimenti;

• preparare una bozza definitiva per l’approvazione finale.

Il Documento Buona Causa deve essere compreso da tutti coloro che operano all’interno dell’organizzazione, in particolare quelli che rappresentano l’organizzazione agli occhi dei potenziali donatori; questi “rappresentanti” devono comunicare in modo persuasivo il documento ai potenziali donatori per convincerli a diventare donatori effettivi.

Il Documento Buona Causa si suddivide in due parti: il documento stesso, utilizzato per uso interno, e la documentazione promozionale che comunica la buona causa al pubblico. Il Documento Buona Causa fornisce, quindi, una serie di informazioni su tutto quello che un potenziale donatore potrebbe aver bisogno o desiderio di sapere sull’organizzazione.

Le componenti principali del documento sono le seguenti:

1. Mission: il perché l’azienda non profit esiste, per ulteriori approfondimenti vedere il paragrafo 2 di questo capitolo.

2. Obiettivi strategici: rispondono alla domanda “che bisogni serve l’organizzazione?”, verranno approfonditi nel successivo paragrafo.

3. Obiettivi operativi: rispondono alla domanda “in che modo si risolveranno le sfide che

si voglio affrontare?”, verranno approfonditi nel successivo paragrafo.

4. Programmi e servizi: descrizione dettagliata delle modalità attraverso cui l’organizzazione persegue gli obiettivi operativi per raggiungere la mission. I potenziali donatori vogliono sapere a chi giova l’operato dell’organizzazione; è importante, quindi, esaminare i vari servizi materialmente offerti e cercare di descriverli al pubblico attraverso la narrazione della storia dei beneficiari. I donatori, infatti, sono molto sensibili alla narrazione di storie vere e “rispondono meglio alle richieste di donazioni in cui si parla di persone vere, perché il racconto dà un volto umano ai programmi e ai servizi che vengono offerti.”18

5. Organi di governo: in questa sezione si descrive come viene eletto e nominato l’organo direttivo e i suoi regolamenti, come rappresenta la comunità e la popolazione nei servizi erogati. L’organo direttivo rappresenta per i potenziali donatori una fonte informativa sulla natura e sulla qualità dell’organizzazione, ecco perché ha un ruolo importante per ottenere donazioni. Innanzitutto è necessario descrivere il metodo attraverso il quale vengono selezionati i membri dell’organo direttivo: questo punto

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diventa delicato nel caso in cui l’elezione avvenga per nomina “politica” perché può risultare sgradita al pubblico. Si ritiene che sia importante non nascondere tale nomina, bensì si dovrebbe spiegare il motivo di questa scelta (ad esempio per garantire la rappresentanza di alcuni regioni geografiche).

Definito il procedimento di nomina ed elezione dei membri è necessario spiegare in che modo l’organo direttivo rappresenti le fasce della popolazione a cui si rivolge l’organizzazione. I donatori verificano sempre più l’adeguatezza dei membri con il pubblico di riferimento; per questo motivo è importante che l’organizzazione conosca a fondo il proprio pubblico per poter confrontare le loro caratteristiche con quelle del consiglio di amministrazione.

In questa sezione è utile esporre le qualità che devono avere i membri dell’organo direttivo: questi, infatti, devono intrattenere dei rapporti significativi con ambienti dinamici e in continua evoluzione, è indispensabile quindi che le persone abbiano un forte carisma e siano ben conosciute dal pubblico di riferimento.

Un altro punto importante nella sezione dedicata alla governance è la descrizione delle funzioni dell’organo direttivo e l’enunciazione del piano per il monitoraggio, la valutazione e la fidelizzazione dell’organo direttivo.

6. Personale: determina la composizione del personale, sia retribuito che volontario, per un’efficace erogazione dei servizi. Questa sezione rivela il grado di competenza e di professionalità dell’organizzazione, è importante quindi inserire le qualifiche del personale operante all’interno dell’azienda non profit e l’organigramma che illustra la struttura e il funzionamento del personale. Attraverso questi due strumenti il donatore è in grado di capire se l’azienda non profit abbia al suo interno le giuste competenze e qualità per poter erogare il servizio in modo efficace.

7. Strutture o meccanismi di erogazione dei servizi: descrizione dell’ambiente e delle norme utilizzate per realizzare il programma. In questa sezione si spiega le modalità di fruizione dei programmi e dei servizi per dimostrare la loro convenienza ed accessibilità; la facilità con cui si accede alla sede dell’azienda non profit oppure la sua capacità di avere servizi di mobilità avranno un impatto positivo sul donatore, tutto deve comunque essere relazionato al tipo di programma e servizio offerto;

8. Finanze: esposizione in modo chiaro e con l’aiuto di grafici dell’andamento dell’organizzazione e il modo in cui l’organizzazione acquisisce e spende le proprie risorse finanziarie.

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9. Pianificazione, sviluppo e valutazione dell’organizzazione: descrizione dei processi a breve e lungo termine utilizzati dall’organizzazione e valutazione dei programmi già attuati. Inserire i documenti riguardanti la pianificazione e la valutazione aiuta a creare fiducia nei donatori, si dimostra infatti di avere a cuore il problema dell’accountability.

10. Storia della nascita e della crescita dell’organizzazione: breve descrizione di come e perché l’associazione è nata, indicando chi l’ha formata e quali sono stati i risultati ottenuti. In questa sezione è utile concentrarsi sulle persone e le personalità che hanno reso possibili i successi dell’azienda non profit e tralasciare un elenco di date e di fatti perché il donatore non dà a questi dati nessuna importanza ai fini del suo contributo economico. Il donatore, infatti, si concentra sui successi narrati attraverso storie vere, riconosce quali esigenze sociali l’organizzazione è riuscita a soddisfare in passato e quindi si convince che l’azienda non profit possiede le capacità per raggiungere gli obiettivi strategici che si è data per il futuro.

Il documento buona causa così redatto raccoglie i tratti fondamentali dell’organizzazione, diventa quindi la base per tutte le comunicazioni: il copywriter lo utilizzerà per realizzare il testo dei manifesti o delle lettere per richiedere donazioni, il grafico per definire l’immagine dell’azienda non profit, il responsabile del telemarketing per redigere la scheda guida della telefonata.

Il documento buona causa deve essere redatto in modo preciso e accurato per cogliere l’attenzione del potenziale donatore. Attirare l’attenzione , infatti, è diventato al giorno d’oggi un problema: ogni individuo è soggetto a una miriade di messaggi pubblicitari di ogni tipo e categoria.

Le persone, inconsciamente, hanno sviluppato una soglia di attenzione selettiva per difendersi dall’eccesso di informazione che caratterizza la nostra epoca. Questo muro permette di non considerare i messaggi che non riescono a oltrepassarlo.

In questo ambiente l’ente del Terzo Settore deve cercare di “giungere a un’immagine, a un messaggio, che attragga l’attenzione del potenziale donatore, superando la sua personale soglia di percezione selettiva.”19

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Nel documento IL FUNDRAISING (pagine 39-44)