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I criteri di risarcimento del danno ambientale.

IL DANNO AMBIENTALE

8. La disciplina europea in tema di ambiente: la direttiva comunitaria nr 2004/35/CE

8.7 I criteri di risarcimento del danno ambientale.

Degno della massima attenzione è il profilo attinente alla disciplina che la direttiva impone circa le modalità di risarcimento del danno ambientale.

Come si è già evidenziato, anche in questo caso il testo definitivo della direttiva risente del dibattito pregresso che è transitato attraverso tappe intermedie significative tra le quali la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla responsabilità civile per danno all'ambiente da attività pericolose ratificata a Lugano il 21-22 giugno 199372 ed il Libro Bianco sulla responsabilità per

72 Sulla Convenzione, cfr. Giampietro, La responsabilità civile per danni

danni all'ambiente presentato dalla Commissione europea nel febbraio del 2000; quest'ultimo documento, assieme all'Explanatory Report alla Convenzione di Lugano, costituiscono una guida preziosa per chi voglia seguire l'andamento del dibattito europeo.

In generale è da osservarsi subito come dalla direttiva emerga la squalificazione del criterio della valutazione equitativa del danno. In effetti il rimettere al giudice la valutazioni di danni di incerta quantificazione in termini è una comoda soluzione per i legislatori, ma presenta il difetto di contraddire lo scopo ultimo delle regole di diritto uniforme quali sono appunto le direttive comunitarie. Rifiutata la soluzione più comoda la direttiva, seguendo in ciò le orme del dibattito pregresso, si riallaccia ai criteri suggeriti dalla lunga stagione della analisi costi e benefici, e delinea quindi una serie articolata di criteri che ruotano attorno alla nozione di ripristino delle risorse ambientali danneggiate. Prima di ricordare tale articolazione nei suoi dettagli è però opportuno porre in rilievo come essi siano coerenti con il regime di responsabilità ambientale voluto dalla Commissione, il quale si caratterizza per il suo scopo ripristinatorio e non afflittivo. Per questo motivo, i criteri di valutazione del danno ambientale dovevano essere così strutturati da rappresentare esclusivamente il valore delle risorse naturali e dei servizi perduti73, senza aprire le porte a criteri che mirano alla punizione del reo. Ciò, del resto, discende immediatamente dall'idea per cui la responsabilità in campo ambientale ha di mira l'internalizzazione delle esternalità negative secondo i noti schemi dell'economia del benessere, mentre sarebbe discorsivo introdurre criteri di cosiddetta over-

responsabilità civile per danno all'ambiente da attività pericolose ratificata a Lugano il 21-22 giugno 1993, in Ambiente, Consulenza e pratica per l'Impresa, 1993, p. 8.

73 Liability for damage to natural resources, Erasmus University Rotterdam,

deterrence, perché in tal modo si creerebbero squilibri inefficienti

nella allocazione delle risorse speculari a quelli che si ottengono lasciando che i costi delle esternalità negative siano pagati da soggetti terzi.

In ogni caso, la direttiva determina all'art. 7 ("Determinazione delle misure di riparazione") ed in un apposito Allegato II i criteri che gli operatori e le Autorità competenti dovranno seguire per la riparazione del danno all'ambiente74, distinguendo analiticamente le diverse ipotesi di danno ambientale a seconda che si tratti di danno arrecato all'acqua e agli habitat naturali protetti, oppure al terreno.

Per l'ipotesi di danno alle acque ed alle specie ed agli habitat naturali protetti la riparazione è conseguita riportando l'ambiente danneggiato alle condizioni originarie tramite misure di riparazione primaria, complementare e compensativa, da intendersi come segue: per riparazione "primaria" dovrà intendersi qualsiasi misura di riparazione che riporta le risorse e/o i servizi naturali danneggiati alle o verso le condizioni originarie; qualora le risorse naturali e/o i servizi danneggiati non tornino alle condizioni originarie, sarà intrapresa la riparazione "complementare", espressione con la quale deve intendersi qualsiasi misura di riparazione intrapresa in relazione a risorse e/o servizi naturali per compensare il mancato ripristino completo delle risorse e/o dei servizi naturali danneggiati.

Lo scopo della riparazione "complementare" è di ottenere, se opportuno anche in un sito alternativo, un livello di risorse naturali e/o servizi analogo a quello che si sarebbe ottenuto se il sito danneggiato fosse tornato alle condizioni originarie. Laddove possibile e opportuno, il sito alternativo dovrebbe essere geograficamente collegato al sito danneggiato, tenuto conto degli interessi della popolazione colpita.

Infine, la riparazione "compensativa" è avviata per compensare la perdita temporanea di risorse naturali e servizi in attesa del ripristino. La compensazione consiste in ulteriori miglioramenti alle specie e agli habitat naturali protetti o alle acque nel sito danneggiato o in un sito alternativo. Essa non è una compensazione finanziaria all'ente pubblico esponenziale.

La ratio profonda di tali criteri è quella di escludere nella massima misura possibile la compensazione puramente pecuniaria, in cui si contempli lo Stato incassare risarcimenti spesso cospicui, ma necessariamente − data la struttura delle finanza pubblica − non finalizzati alla preservazione dell'ambiente.

Ciò spiega anche la ragione per cui la direttiva sottolinea che a titolo di riparazione primaria si debba considerare la possibilità di intraprendere azioni per riportare direttamente le risorse naturali e i servizi alle condizioni originarie in tempi brevi, oppure quella di lasciare che ciò avvenga attraverso il ripristino naturale, ove le fonti dell'inquinamento siano cessate; ed anche la ragione per cui sia introdotto altresì l'obbligo di spendere il risarcimento in misure ripristinatorie.

L'Allegato II alla direttiva prevede inoltre che se non è possibile usare, come prima scelta, i metodi di equivalenza risorsa-risorsa o servizio-servizio, si devono utilizzare tecniche di valutazione alternative.

L'Autorità competente può prescrivere il metodo per determinare la portata delle necessarie misure di riparazione complementare e compensativa.

Se la valutazione delle risorse e/o dei servizi perduti è praticabile, ma la valutazione delle risorse naturali e/o dei servizi di sostituzione non può essere eseguita in tempi o a costi ragionevoli, l'Autorità competente può scegliere misure di riparazione il cui costo sia equivalente al valore monetario stimato delle risorse naturali e/o dei servizi perduti.

In riferimento all'ipotesi di danno al terreno, la direttiva prevede che si debbano adottare le misure necessarie per garantire, come minimo, che gli agenti contaminanti pertinenti siano eliminati, controllati, circoscritti o diminuiti in modo che il terreno contaminato, tenuto conto del suo uso attuale o approvato per il futuro al momento del danno, non presenti più un rischio significativo di causare effetti nocivi per la salute umana.

Anche in questo caso, la direttiva infine sottolinea che vada presa in considerazione un'opzione di ripristino naturale, ossia un'opzione senza interventi umani diretti nel processo di ripristino.

9. L'impatto della Direttiva sulla precedente situazione