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Responsabilità del produttore.

LA RESPONSABILITÀ DEI SOGGETTI COINVOLTI NELLA GESTIONE DEI RIFIUTI.

1. Definizione di “produttore di rifiuti”: il caso Fincantier

1.1 Responsabilità del produttore.

In materia di rifiuti, la normativa europea, come anche quella italiana, conosce varie forme di responsabilità.

1. La c.d. responsabilità estesa del produttore del prodotto (extended producer responsibility - EPR).

2. La “responsabilità del produttore del rifiuto”. 3. La responsabilità condivisa

La prima tipologia di responsabilità, ossia la responsabilità estesa del produttore del prodotto, non va confusa con la seconda, ossia

con la responsabilità di chi produce il rifiuto e dei soggetti dediti al trattamento del rifiuto.

Si tratta, per così dire, di due piani ben distinti.

Con la recente normativa i legislatori europeo ed italiano hanno inteso responsabilizzare, in materia di rifiuti, anche i soggetti produttori dei beni destinati a trasformarsi in rifiuti allargando, quindi, l’asse degli interventi “a monte” di chi effettivamente produce il rifiuto.

Ed infatti, la stessa normativa comunitaria, come anche quella italiana (D.Lgs. n. 152/2006 e s.m.i.), dedicano alle due tipologie di responsabilità norme ben distinte.

Da un lato, l’art. 178-bis TUA, relativo alla Responsabilità estesa del produttore e, dall’altro lato, l’art. 188 TUA, che definisce le Responsabilità della gestione dei rifiuti.

Diversa dalla responsabilità estesa del produttore del prodotto (EPR) è invece la responsabilità del produttore del rifiuto e di chi lo sottopone materialmente ad attività di trattamento di cui all’art. 183, comma 1, lett. s) TUA.

A differenza della EPR, l’art. 188 TUA non statuisce la responsabilità per l’intero ciclo di vita delle merci (“dalla culla, attraverso la tomba, fino alla seconda culla”), ma vincola i soggetti concretamente implicati nel circuito della gestione dei rifiuti. L’art. 188 TUA afferma in sostanza il principio di corresponsabilità di tutti coloro che sono coinvolti nell’ambito del ciclo di gestione dei rifiuti, dal momento della loro produzione fino a quello del loro definitivo e completo recupero o smaltimento. Ciascun produttore iniziale o detentore ha un dovere di verifica e controllo sugli altri soggetti coinvolti nella gestione del rifiuto.

Premesso che l’orientamento giurisprudenziale relativo all’art. 188 TUA mostra, per alcuni versi, profili non più “coerenti” con il dettato letterale della norma, la responsabilità di coloro che materialmente gestiscono le operazioni sul rifiuto è finalizzata a

garantire esclusivamente il corretto svolgimento di dette operazioni.

In quanto tale, essa è ben diversa della responsabilità del produttore del prodotto e non è in grado di raggiungere le stesse finalità sottese alla EPR (es. ecodesign, prevenzione rifiuto, ecc.). La netta distinzione delle due famiglie di responsabilità è ben espressa nell’art. 178-bis, comma 2, TUA ove si afferma che «La responsabilità estesa del produttore del prodotto è applicabile fatta salva la responsabilità della gestione dei rifiuti di cui all’art. 188, comma 1, e fatta salva la legislazione esistente concernente flussi di rifiuti e prodotti specifici».

Ed infatti, gli interessi del produttore del prodotto e di chi gestisce un rifiuto non sono identici; i produttori dei beni sono interessati a limitare il flusso dei rifiuti mentre i gestori dei rifiuti certamente non trarrebbero vantaggio da una riduzione dei rifiuti, che costituiscono la loro “materia prima”.

Tanto chiarito, occorre fare una ulteriore distinzione.

Essa riguarda la nozione di “responsabilità condivisa”, un termine spesso utilizzato per sostenere che:

1. tutti i soggetti della filiera di gestione del rifiuto sono in solido responsabili in caso di mala gestio di un rifiuto;

2. ai sistemi collettivi istituiti in forza della EPR devono poter partecipare, in qualità di soci, anche i soggetti dediti alla raccolta e al trattamento del rifiuto (raccoglitori, riciclatori, ecc.);

3. i sistemi di EPR devono concertarsi / coordinarsi con i predetti soggetti dediti alla raccolta e trattamento del rifiuto.

In verità, il concetto della “responsabilità condivisa” - e il significato che lo stesso TUA attribuisce alla stessa - non giustifica nessuna di queste scelte.

Il termine “responsabilità condivisa” ha un significato ben circoscritto.

Partendo dal dato normativo, il TUA “riconosce” la “responsabilità condivisa” solo nel settore degli imballaggi,

definendola implicitamente all’art. 217, comma 2, TUA, mentre la norma “principe” della EPR, ossia l’art. 178-bis TUA, non fa alcun cenno alla “responsabilità condivisa”.

Invero, la “responsabilità condivisa” - esclusivamente “nota” nel settore degli imballaggi - non ha come destinatari gli operatori della filiera del rifiuto.

L’art. 217, comma 2, TUA, correla la “responsabilità condivisa” solo ed esclusivamente agli «operatori delle rispettive filiere degli imballaggi» e non anche agli «operatori economici», come definiti alla lett. q) dell’art. 218 TUA, che comprende, tra i tanti, anche i recuperatori e i riciclatori.

Gli unici ed esclusivi “destinatari” della “responsabilità condivisa” nel settore degli imballaggi sono quindi gli «operatori delle rispettive filiere degli imballaggi» (cfr. art. 217 comma 2 TUA), ossia i produttori ed utilizzatori come definiti alle lett. r) ed s) dell’art. 218 TUA.

Trattasi, in altre parole, dei «fornitori di materiali di imballaggio, fabbricanti, trasformatori e importatori di imballaggi vuoti e di materiali di imballaggio» nonché dei «commercianti, distributori, addetti al riempimento, utenti di imballaggi e importatori di imballaggi pieni».

La circostanza che la responsabilità sia dei soli produttori e utilizzatori trova esplicita conferma nell’art. 221, comma 1, TUA.

Sebbene la normativa sugli imballaggi preveda la cooperazione con gli operatori della filiera del rifiuto, l’art. 219, comma 2, TUA statuisce espressamente che tale cooperazione debba comunque avvenire «secondo i principi della ‘responsabilità condivisa’» come definita all’art. 217, comma 2 e quindi nel rispetto del fatto che la stessa è attribuita ai soli produttori e utilizzatori.

In sintesi, alla luce di quanto sopra affermato, è di tutta evidenza che il termine “responsabilità condivisa” ha un significato ben preciso e circoscritto:

• la “responsabilità condivisa”, in quanto assegnata ai produttori e utilizzatori, appartiene concettualmente alla “famiglia” della responsabilità estesa del produttore del prodotto (extended

producer responsibility - EPR);

• la “responsabilità condivisa” deve essere tenuta distinta dalla c.d. corresponsabilità, radicata nell’art. 188 TUA, per cui tutti i soggetti concretamente e materialmente implicati nel circuito della gestione dei rifiuti sono in solido responsabili per la gestione del rifiuto;

• al contempo, la nozione di “responsabilità condivisa” - esclusivamente riferibile al settore degli imballaggi e comunque al solo produttore / utilizzatore del prodotto (e non anche al produttore del rifiuto) - non può giustificare, o addirittura richiedere, che ai sistemi di EPR partecipino, in qualità di soci, anche i soggetti dediti alla raccolta e al trattamento del rifiuto. Tale richiesta, anche se a volte impropriamente prevista dal Testo Unico Ambientale, è concettualmente errata. È contrario ai principi della “responsabilità estesa del produttore” trasferire tale responsabilità su soggetti diversi dai produttori dello specifico prodotto. L’attuazione è di esclusiva competenza del settore industriale che ha prodotto e messo sul mercato il prodotto, successivamente divenuto rifiuto. L’esclusione del settore della gestione dei rifiuti dalla governance dei sistemi di EPR non rischia di eliminare il settore industriale di gestione dei rifiuti dal sistema della EPR;

• onde permettere che i sistemi di EPR si rapportino con gli operatori materialmente dediti alla gestione dei rifiuti, è opportuno che i rapporti tra le due categorie siano caratterizzati da cooperazione / coordinamento (ad es. nella forma di tavoli permanenti aventi ruoli di analisi, consultivo e di coordinamento). Ma anche qui è il caso di ricordare che tale attività di concertazione, opportuna al fine di coordinamento, non può certamente derivare dalla nozione di “responsabilità

condivisa” in quanto la stessa, come sopra illustrato, ha un significato ben circoscritto.