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I motivi di censura nei riguardi dell’articolo 72

2.1. La parte ricorrente

2.1.4. Le censure nei confronti degli articoli 70 e 72

2.1.4.2. I motivi di censura nei riguardi dell’articolo 72

Gli ultimi quattro motivi di censura articolati dal ricorrente si appuntano sull’articolo 72 relativo al piano per le attrezzature religiose.

a)Sui commi 4° e 7° lettera e) per violazione degli articoli 117 comma 2° lettera h) e 118 comma 3° della Costituzione

Il primo degli ultimi quattro profili di costituzionalità rilevato dal ricorrente concerne i commi 4° e 7° lettera e) dell’articolo 72 della legge in seguito alla loro introduzione ad opera dell’articolo 1 comma 1° lettera c) della legge regionale n.2 del 2015. A giudizio del ricorrente essi violano l’articolo 117 comma 2° lettera h) e l’articolo 118 comma 3° della Costituzione. L’articolo 117 comma 2° lettera h) attribuisce alla potestà legislativa esclusiva dello Stato la materia “ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale” e l’articolo 118 comma 3° stabilisce che “La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle

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lettere b) e h) del secondo comma dell’articolo 117, e disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali.” La disciplina regionale, nonostante faccia “salva l’autonomia degli organi statali”, prescrive al comma 4° che nel corso del procedimento per la predisposizione del piano vengano “acquisiti i pareri di organizzazioni, comitati di cittadini, esponenti e rappresentanti delle forze dell’ordine oltre agli uffici provinciali di questura e prefettura al fine di valutare possibili profili di sicurezza pubblica ” e, alla lettera e) del comma 7°, che il piano delle attrezzature religiose deve prevedere tra l’altro “la realizzazione di un impianto di videosorveglianza esterno all’edificio”. Secondo il ricorrente tali disposizioni statuiscono in una materia, quella dell’ “ordine pubblico e sicurezza”, di competenza legislativa esclusiva dello Stato che, a norma dell’articolo 118 comma 3°, si vede riservata pure l’attribuzione della disciplina di eventuali forme di coordinamento tra Stato e Regioni nella stessa materia.

b)Sul comma 4° ultimo periodo per violazione dell’articolo 19 della Costituzione

La seconda censura di costituzionalità relativa all’articolo 72 è mossa dal ricorrente al comma 4° ultimo periodo per violazione dell’articolo 19 della Costituzione. Qui si afferma “la facoltà per i comuni di indire referendum nel rispetto delle previsioni

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statutarie e dell’ordinamento statale.” sui piani per le attrezzature religiose. Ad avviso del ricorrente la facoltà da parte dei comuni di indire referendum in materia subordina l’effettiva possibilità di rivolgere determinati spazi all’accoglimento di luoghi di culto e attrezzature destinate a servizi religiosi “a decisioni espressione di maggioranze politiche o culturali o altro”.

c)Sul comma 7° lettera g) per violazione degli articoli 3, 8 e 19 della Costituzione

La terza censura di costituzionalità sull’articolo 72 si appunta sul comma 7° lettera g) per violazione degli articoli 3, 8 e 19 della Costituzione. Tale disposizione chiude l’elenco relativo al contenuto del piano delle attrezzature religiose indicando che cosa “deve prevedere tra l’altro”. La lettera g) indica che “tra l’altro” il piano deve prevedere: “la congruità architettonica e dimensionale degli edifici di culto previsti con le caratteristiche generali e peculiari del paesaggio lombardo, così come individuate nel PTR.”. Secondo il ricorrente la formula, richiamandosi alle “caratteristiche generali e peculiari del paesaggio lombardo”, è ambigua e non pienamente comprensibile sul piano concettuale tanto da poter ingenerare

prassi applicative largamente discrezionali e,

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enti confessionali in ragione delle particolarità stilistiche ed architettoniche che ne caratterizzano i luoghi di culto per motivi legati alla storia nazionale e a quella della singola confessione.

d)Sul comma 5° per violazione dell’articolo 117 comma 2° lettera l) della Costituzione

L’ultimo rilievo di costituzionalità avanzato dal ricorrente alla disposizione dell’articolo 72 riguarda il comma 5° della stessa. Essa si occupa dei termini per l’adozione e approvazione del piano prescrivendo per i comuni che intendano prevedere nuove attrezzature religiose un termine di “diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge regionale recante “Modifiche alla legge regionale 11 marzo 2005, n.12 (Legge per il governo del territorio) – Principi per la pianificazione delle attrezzature per servizi religiosi”.”; ed eventualmente, in caso di decorso di tale termine, che “il piano è approvato unitamente al nuovo PGT.”. Il ricorrente asserisce l’esistenza di un contrasto con l’articolo 117 comma 2° lettera l) della Costituzione che annovera tra le materie oggetto di competenza legislativa esclusiva dello Stato la “giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa”. La criticità, a giudizio del ricorrente, risiede nella circostanza che la contestata disposizione non sancisce un obbligo per tutti i comuni di adottare ed approvare l’apposito piano per la realizzazione di

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nuove attrezzature religiose, ma una mera facoltà per quelli che intendano prevederle. E al riguardo il ricorrente fa presente che l’articolo 3 del decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n.1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’articolo 17 della L. 6 agosto 1967, n.765) nello stabilire i rapporti massimi tra gli spazi destinati a insediamenti residenziali e quelli pubblici o riservati ad attività collettive, prescrive che nella programmazione territoriale comunale siano previsti almeno 2 metri quadrati per abitante da destinare ad attrezzature di interesse comune tra le quali quelle religiose. Si tratta di una previsione normativa di dotazioni minime che, secondo il ricorrente, ha natura inderogabile, inerisce la materia dell’ “ordinamento civile” e risponde ad esigenze di tipo pubblico che si collocano in posizione sovra ordinata rispetto agli interessi individuali.

Qui termina la disamina dei rilievi di costituzionalità operati dal ricorrente in merito alle disposizioni degli articoli 70 e 72 della legge regionale 11 marzo 2005, n.12 come modificati dalla legge regionale 3 febbraio 2015, n.2. Occorre dunque procedere

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ad analizzare la difesa della Regione Lombardia nei confronti delle suddette censure.