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Il momento pianificatorio: il diritto costituzionale ad un

Capitolo III. La dottrina

5. Il momento pianificatorio: il diritto costituzionale ad un

costituzionalmente rilevanti

A questo punto si giunge al momento dell’esercizio del potere pianificatorio, ossia quello in cui si approva lo strumento urbanistico attraverso il quale il diritto in esame trova sostanziale attuazione, pur tuttavia nel bilanciamento con altri valori costituzionali. In questo senso il problema della concreta realizzazione di edifici di culto deve essere analizzato alla luce della qualificazione giuridica degli stessi dal punto di vista urbanistico-edilizio che rinviene il suo fondamento nell’articolo 16 comma 8°121 del d.P.R. n.380 del 2001(Testo unico in materia edilizia). Esso ricomprende tra le opere di urbanizzazione secondaria oltre ad asili nido, scuole, mercati di

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Art.16 comma 8° d.P.R. n.380 del 2001 (Testo unico in materia edilizia), “Contributo per il rilascio del permesso di costruire”: “Gli oneri di urbanizzazione secondaria sono relativi ai seguenti interventi: asili nido e scuole materne, scuole dell'obbligo nonché strutture e complessi per l'istruzione superiore all'obbligo, mercati di quartiere, delegazioni comunali, chiese e altri edifici religiosi, impianti sportivi di quartiere, aree verdi di quartiere, centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie. Nelle attrezzature sanitarie sono ricomprese le opere, le costruzioni e gli impianti destinati allo smaltimento, al riciclaggio o alla distruzione dei rifiuti urbani, speciali, pericolosi, solidi e liquidi, alla bonifica di aree inquinate.”.

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quartiere e centri sociali, anche “chiese e altri edifici religiosi”. Tale disposizione deve essere letta in combinato disposto con l’articolo 41quinquies122

della legge n.1150 del 1942 come

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Art.41-quinquies legge n.1150 del 1942 (Legge urbanistica),(come modificato dall’art. 17 della legge n.765 del 1967, legge “Ponte” recante modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150): i commi da 1° a 5° sono stati abrogati dall’articolo 136 del d.P.R. n. 380 del 2001; il comma 6° prevede “Nei Comuni dotati di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione, nelle zone in cui siano consentite costruzioni per volumi superiori a tre metri cubi per metro quadrato di area edificabile, ovvero siano consentite altezze superiori a metri 25 non possono essere realizzati edifici con volumi ed altezze superiori a detti limiti, se non previa approvazione di apposito piano particolareggiato o lottizzazione convenzionata estesi alla intera zona e contenenti la disposizione planovolumetrica degli edifici previsti nella zona stessa.”; il comma 7° è stato parimenti abrogato dall’articolo 136 del d.P.R. n. 380 del 2001; il comma 8° prevede “In tutti i Comuni, ai fini della formazione di nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, debbono essere osservati limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza tra i fabbricati, nonché rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi.”; infine il comma 9° prevede “I limiti e i rapporti previsti dal precedente comma sono definiti per zone territoriali omogenee, con decreto del Ministero per i lavori pubblici di concerto con quello per l’interno, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici. In sede di prima applicazione della presente legge, tale decreto viene emanato entro sei mesi dall’entrata in vigore della medesima.”.

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Art.3 del d.m. n.1444 del 1968 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi, da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'art.17 della legge n. 765 del 1967), “Rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e gli spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi”: “Per gli insediamenti residenziali, i rapporti massimi di cui all'art. 17, penultimo comma, della legge n. 765 del 1967 sono fissati in misura tale da assicurare per ogni abitante - insediato o da insediare - la dotazione minima, inderogabile, di mq 18 per spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggio, con esclusione degli spazi destinati alle sedi viarie. Tale quantità complessiva va ripartita, di norma, nel modo appresso indicato:a) mq 4,50 di aree per l'istruzione: asili nido, scuole materne e scuole dell’obbligo; b) mq 2,00 di aree per attrezzature di interesse comune: religiose, culturali, sociali, assistenziali, sanitarie, amministrative, per pubblici servizi (uffici P.T., protezione civile, ecc.) ed altre;c) mq 9,00 di aree per spazi pubblici attrezzati a parco e per il gioco e lo sport, effettivamente utilizzabili per tali impianti con esclusione di fasce verdi lungo le strade; d) mq 2,50 di aree per parcheggi (in aggiunta alle superfici a parcheggio previste dall'art. 18 della legge n. 765 del 1967: tali aree - in casi speciali - potranno essere distribuite su diversi livelli. Ai fini dell'osservanza dei rapporti suindicati nella formazione degli strumenti

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modificato dall’articolo 17 della legge n.765 del 1967 (c.d. legge “Ponte”), la quale ha stabilito l’obbligo per i Comuni di rispettare standard urbanistici minimi in dettaglio fissati dall’articolo 3123

del d.m. n.1444 del 1968 al quale essa rinvia. Esso prevede una dotazione minima inderogabile di aree per abitante di 18 mq. da destinare a spazi pubblici o attività collettive di cui 2 mq. per le attrezzature di interesse comune religiose, culturali, sociali, assistenziali, sanitarie, amministrative, per pubblici servizi ed altre. Nonostante ciò si pone il problema della discrezionalità in concreto esercitata dall’ente al momento della decisione della distribuzione di tali 2 mq. dedicati non soltanto agli edifici di culto ma anche ad altre attrezzature di interesse comune. La dottrina124 ha rilevato peraltro come a livello legislativo regionale sia possibile, attraverso interventi sulla disciplina delle dotazioni urbanistiche, incidere maggiormente sulle condizioni di attuazione del diritto costituzionale in esame ad esempio dedicando nello specifico aree ad attrezzature religiose. Tuttavia fermi restando questi limiti quantitativi, residua, come più sopra accennato, il problema dell’ampio potere valutativo

urbanistici, si assume che, salvo diversa dimostrazione, ad ogni abitante insediato o da insediare corrispondano mediamente 25 mq di superficie lorda abitabile (pari a circa 80 mc vuoto per pieno), eventualmente maggiorati di una quota non superiore a 5 mq (pari a circa 20 mc vuoto per pieno) per le destinazioni non specificamente residenziali ma strettamente connesse con le residenze (negozi di prima necessità, servizi collettivi per le abitazioni, studi professionali, ecc.).”.

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A. Roccella, Esigenze religiose e piani urbanistici, in Rivista giuridica di urbanistica, 1994.

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dell’autorità la quale può prevedere anzitutto la possibilità di edificare immobili di culto in alcune zone e non in altre (si fa riferimento sul punto alla sentenza n.2485 del 2013 del T.A.R. della Lombardia nella quale si è stabilito che ciascun Comune è tenuto ad individuare aree da destinare a servizi religiosi, ma non necessariamente devono essere accolte le istanze di tutti i soggetti richiedenti); che l’esecuzione di tali opere avvenga per iniziativa di un privato ed infine il loro insediamento su suolo pubblico ovvero privato dovendo eventualmente in quest’ultimo caso procedere all’attivazione di una procedura espropriativa. Infine occorre rilevare che l’attuazione del diritto costituzionale ad un edificio di culto possa prevedere la realizzazione di immobili destinati anche in zone non dedicate, in favore di minoranze religiose. Ciò deriva da una interpretazione costituzionalmente conforme della disciplina in materia di zonizzazione nella logica della garanzia del diritto presupposto dall’articolo 19 della Costituzione. Essa a tal fine non può realizzare un modello rigido di destinazione delle aree ma dovrà consentire la possibilità di insediare anche opere compatibili o complementari rispetto alla finalità urbanistica complessiva della zona; quindi in sostanza, in riferimento all’articolo 2125 del d.m.

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Art.2 del d.m. n.1444 del 1968 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi, da osservare ai fini della