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I NTERNET E LA DETERRITORIALIZZAZIONE DEL DIRITTO

Nel documento Social Network eTutela Della Persona (pagine 106-109)

S OCIAL NETWORK E DIRITTI DELLA PERSONALITÀ

1. I NTERNET E LA DETERRITORIALIZZAZIONE DEL DIRITTO

Come ampiamente risaputo, Internet non costituisce un’entità fisica o tangibile, ma piuttosto una “rete” dalle dimensioni enormi, in grado di interconnettere un numero infinito di più ristretti gruppi di reti informatiche già collegate fra di loro. Internet, di conseguenza, non appartiene ad alcuno, non è finanziata da istituzioni, governi o organizzazioni internazionali e non è un servizio commerciale: una natura complessa, la sua, che ne costituisce al contempo sia la forza che la debolezza.1

Ne costituisce un punto di forza poiché tale rete planetaria può non essere soggetta ad alcuna influenza esterna, con la conseguente possibilità di raggiungere quindi un’indipendenza anche assoluta; allo stesso tempo ne rappresenta tuttavia la debolezza, poiché la sua connotazione a-centrica (ed allo stesso tempo policentrica) comporta tutta una serie di inconvenienti derivanti proprio dalla mancanza di un effettivo controllo dall’alto, con la conseguente nascita di fattispecie criminose spesso nuove e mai considerate in passato.2

La motivazione fin qui indotta come base della debolezza di Internet, ossia la

deterritorializzazione attribuibile alla stessa natura della Rete, permette a sua volta di introdurre

un’ulteriore serie di aspetti raffiguranti le criticità del servizio emerse nel corso degli ultimi anni.

Innanzitutto, l’avvento della Rete ha messo in crisi l’idea di diritto quale insieme di regole ancorato a un ambito territoriale determinato, che ne segni il raggio d’azione in relazione ad un

1 V. M. IASELLI, Il Web 2.0, in Altalex, 24 luglio 2010 (v. http://www.altalex.com/index.php?idnot=11675). 2 Ibidem.

gruppo di individui fisicamente insediati su un medesimo territorio.3 Il “diritto di Internet” (specie del genus “diritto dell’informazione e della comunicazione”) è infatti per sua vocazione transnazionale e sovranazionale, pertanto lo Stato tradizionalmente inteso (ovvero il Parlamento in quanto espressione del potere legislativo) sembra doversi ormai inevitabilmente misurare con una crisi della nozione di sovranità, non risultando in grado di assicurare appieno l’esercizio di quest’ultima rispetto alle attività poste in essere sulla Rete stessa. 4

Inoltre, secondo una concezione tradizionale, gli individui appaiono soggetti a delle regole in quanto legati ad un territorio, mentre la dinamica della Rete accredita l’idea di un diritto stando al quale il soggetto appare vincolato a determinate regole solo perché facente parte di una comunità virtuale, indipendentemente dal luogo fisico sul quale si trova ad operare nel mondo reale. Il diritto di Internet presenta quindi effettivi problemi di reale vigenza: l’assenza del tradizionale riferimento ad un territorio in senso fisico fa infatti sentire tutto il suo peso sul piano delle regole sostanziali come sul versante della disciplina processuale applicabile, nonché infine su quello della garanzia di successo di un sistema preventivo e sanzionatorio.5

Il problema diventa allora quello di capire quali debbano essere le regole per accedere alla comunità, le regole per restare nella comunità, le regole di verifica dell’operato della comunità6; e lo stesso dibattito sull’approccio più idoneo a governare la Rete non può che muovere dal venir meno del principio stesso di statualità del diritto.7

Se infatti in passato il diritto proprio dello stato-nazione (ovvero radicato territorialmente) ha consentito il consolidarsi della democrazia e il riconoscimento dei diritti fondamentali dell’individuo, la possibilità offerta dalle tecnologie telematiche di ricomporre la comunità degli individui in funzione di paradigmi diversi dal territorio dello stato ormai impone, d’altro canto, di ridefinire il significato di concetti quali legittimazione del potere, procedure democratiche, diritti di cittadinanza, e così via.

3 Sul carattere transnazionale dell’Internet law, appaiono pertinenti le osservazioni di N.IRTI, in N. IRTI – E.

SEVERINO, Le domande del giurista e le risposte del filosofo, in Contratto e Impr., 2000, p. 668, che ponendo l’accento “sull’indebolimento della capacità normativa” nei settori economici, sottolinea la perdita del carattere della territorialità del diritto. Scrive l’A.: “La territorialità è tra i caratteri fisionomici del diritto moderno. I codici sono leggi del territorio. Questo significa che le ideologie politiche, come portatrici di progetti normativi, appartengono alla territorialità degli stati, mentre il capitalismo e la tecnica si dilatano nella spazialità planetaria. Il divario determina un’intima scissione: tra l’individuo quale membro della civitas politico-giuridica e l’individuo quale membro dello spazio economico. Il diritto perde capacità regolatrice: esso non può dare misura a ciò che sta oltre le sue proprie frontiere”.

4 Cfr. G. PASCUZZI, Il diritto dell’era digitale. Tecnologie informatiche e regole privatistiche, 2002, Bologna, p. 182. 5 In argomento, v. T. BALLARINO, Internet nel mondo della legge, Padova, 1988; U. DRAETTA, Internet e

commercio elettronico nel diritto internazionale dei privati, Milano, 2001.

6 Già sul finire del secolo scorso, nelle aule giudiziarie statunitensi è stato discusso il caso di un soggetto escluso da

una comunità virtuale per decisione del provider in quanto persona non desiderabile: il soggetto era stato accusato di porre in essere attività di spamming, ossia spedizione di pubblicità non sollecitata. Cfr. Cyber Promotions v. Apex, 1997, n. Civ. A. 97-5931, WL 634384 (E.D. Pa. Sept. 30, 1997).

7 M. LEMLEY, The Law and Economics of Internet Norms, Chicago-Kent Law Review, Vol. LXXIII, 1998, pp.

Alla luce di quanto descritto, risulta quindi comprensibile il motivo per il quale un ampio dibattito si è aperto nell’ultimo decennio sull’approccio più idoneo a governare la Rete.8 Il profilo è duplice: occorre infatti individuare tanto i soggetti più idonei a porre le norme (ad esempio, organizzazioni internazionali, istituzioni della Rete, ecc.), quanto le tipologie di norme più efficaci (norme cogenti, mere raccomandazioni, standard tecnici, ecc.).

Poiché le attività poste in essere sulla Rete travalicano il confine degli stati, in molti sostengono occorra innanzitutto guardare agli strumenti del diritto internazionale per apprestare una disciplina di tali attività.9

Allo stesso tempo, su un piano più generale, si sta assistendo in questi anni ad una moltitudine di processi decentrati di produzione giuridica in vari settori della società civile mondiale (le aree nelle quali maggiormente visibile è l’emersione di questo pluralismo giuridico sono quelle dei diritti umani, o della lex mercatoria, o delle imprese multinazionali), ed in modo assolutamente indipendente dagli stati-nazione10; l’Internet law infatti presuppone del resto un dialogo costante del giurista con i cultori delle altre discipline, in quanto sarebbe impensabile oggi comprendere suddetti fenomeni e fornirvi adeguata risposta giuridica senza l’irrinunciabile apporto dell’economista, del tecnologo, del sociologo.11 Tutti fenomeni racchiusi da anni all’interno della ampia definizione di globalizzazione del diritto12, ed in merito ai quali ormai da diversi anni risulta manifesta la necessità di dare oramai loro sostanza sistemica.13

8 Cfr. G. PASCUZZI, op. cit., p. 186. Primo trattato internazionale sui reati commessi via Internet o alte reti di

computer può essere considerata la Convenzione sul Cybercrime elaborata dal Consiglio d’Europa e aperta alla sottoscrizione degli stati a Budapest il 23 novembre 2001. La convenzione si occupa principalmente di violazione del copyright, frodi telematiche, pedofilia, attentati all’integrità delle reti; il suo obiettivo principale è stato quello di proseguire una politica criminale comune finalizzata alla protezione contro il cyber-crime, adottando una legislazione appropriata e favorendo la cooperazione internazionale. Nel preambolo della Convenzione, infatti, si legge: “Gli stati membri del Consiglio d’Europa , e gli altri stati firmatari… consci dei profondi cambiamenti prodotti dalla digitalizzazione, dalla convergenza e dalla continua globalizzazione delle reti di calcolatori… riconoscono la necessità di una cooperazione tra gli stati e l’industria privata nel combattere il cyber crime… credono che una lotta effettiva al cyber-crime richiede una aumentata, rapida ed efficace cooperazione internazionale in materia criminale”.

9 S.SELIN, Governing Cyberspace: The Need of International solutions, in Gonz. L. Rev., 1997, n. 32, p. 365. 10 R. DAHRENDORF, La sconfitta della vecchia democrazia. Nel mondo senza Nazioni la vecchia democrazia

perderà, in La repubblica, 26 gennaio 2000, p. 1.

11 A riguardo, S. SICA, Commercio elettronico e categorie civilistiche; un’introduzione, in S. SICA P. STANZIONE,

Commercio elettronico e categorie civilistiche, Milano, 2002.

12 Si rinvia alle analisi in riguardo in M.R. FERRARESE, Le istituzioni della globalizzazione. Diritto e diritti nella

società transnazionale, Bologna, 2000, ed in ID, Il diritto al presente. Come la globalizzazione cambia il tempo del

diritto, Bologna, 2002.

13 Si segnala, per quanto riguarda la dottrina estera, G. TEUBNER (a cura), Global Law without a state, Dartmouth,

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