L’ E COMMERCE E IL CONTRATTO ON LINE
5. I L RUOLO DELL ’ INFORMAZIONE NELL ’ ATTUALE ORDINE SOCIALE E GLI OBBLIGHI INFORMAT
L’informazione viene segnalata come il “nuovo principio assiale dell’attuale ordine sociale” e, in quanto tale, costituisce oggetto di specifici obblighi contrattuali a livello internazionale, fondamento del regolare venire ad esistenza dell’operazione negoziale.75
La necessità di controbilanciare asimmetriche posizioni economiche e di potere ha portato dunque all’ampliamento dell’operatività dei vizi classici del consenso anche attraverso la rilevanza attribuita al dovere di informazione, in funzione della tutela dell’effettiva libertà
contrattuale.76 All’interno di tale contesto, va altresì ricordato come i corrispondenti diritti
74 Cfr. direttiva 2000/31/Ce, artt. 17, comma 1.
75 V.SCALISI, Nullità e inefficacia nel sistema europeo dei contratti, in Europa e diritto privato, 2001, p. 496. 76 Vedi T.LONGU, Brevi cenni sulla responsabilità del diritto contrattuale, in G.COMANDÈ (a cura), Persona e
tutele giuridiche, op. cit., nonché G.D’AMICO, “Regole di validità” e principio di correttezza nella formazione del
contratto, Napoli, 1996, p. 289, secondo il quale il codice civile si preoccupa di stabilire le condizioni “alle quali può
riconosciuti come fondamentali a consumatori e utenti appartengono invece alla dimensione personale, la quale a sua volta trascende – in quanto preesistente – la singola relazione di consumo.77
Già la direttiva comunitaria 97/7/Ce in materia di contratti a distanza, così come le legislazioni in attuazione della normativa, si fondavano sul principio di trasparenza del contratto.78 L’informazione in questo modo è “trascorsa dalla mera rilevanza di comportamenti omissivi in termini di dolo o di inganno circa aspetti o qualità rilevanti della lex contractus (e cioè della sede del processo formativo del volere) a vero e proprio set di obblighi e doveri a contenuto positivo, quale rimedio per definizione contro il deficit di conoscenze del contraente che non è stato in grado di procurarsele”.79
In tal senso, non è tanto la trasparenza che si conferma “come efficace e moderno modello di giustizia contrattuale”80, quanto il principio della buona fede oggettiva: l’art. 1469 ter c.c. non considera infatti la mancanza dei requisiti di chiarezza e di comprensibilità come oggetto e contenuto del controllo circa la legittimità di una clausola, bensì come premessa di tale controllo.81 D’altronde, da tempo dottrina e giurisprudenza hanno ricondotto gli obblighi di informazione alla clausola generale di buona fede nell’ambito della fase delle trattative precontrattuali,82 risultando più in generale il mercato non solo un luogo di scambi, ma un luogo
77 Cfr. P. PERLINGIERI, Relazione di sintesi, in P. STANZIONE, La tutela del consumatore tra liberismo e solidarismo,
Napoli, 1999, p. 345.
78 Cfr. artt. 117, 118, 124, 125, 125, d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385. V A. DI MAIO, Libertà contrattuale e dintorni,
in Riv. critica dir. privato, 1995, p. 17:
79 Non sembra che tali scopi siano completamente ignorati dal legislatore: la legge 30 luglio 1998, n. 281,
“Disciplina dei diritti del consumatore e degli utenti”, oltre a garantire la formazione equilibrata di ciascun rapporto contrattuale mediante la verifica delle modalità con cui le imprese esercitano la propria autonomia negoziale, ha riconosciuto come fondamentale il diritto dei consumatori e degli utenti “alla correttezza, trasparenza ed equità nei rapporti contrattuali concernenti beni e servizi” (art. 1, comma 2). Cfr. G. GUIZZI, Mercato concorrenziale e teoria
del contratto, in Rivista del diritto commerciale, 1999, p. 127. Si prevedono una serie di obblighi di comportamento
volti essenzialmente a tutelare la clientela sul piano della chiara e corretta informazione, ma che non sono privi di incidenza sugli aspetti sostanziali del regolamento contrattuale per i limiti di forma e di contenuto posti all’autonomia negoziale.
80 M.DE POLI, Libero mercato e controllo legale nei contratti del consumatore, in Riv. dir. civ., 1999, p. 801. 81 Il rapporto delineato tra buona fede e trasparenza trova una conferma implicita nella stessa normativa: secondo
quanto dispone l’art. 3, comma 2, d.lgs. n. 185 del 1999, le informazioni devono essere fornite “osservando i principi di buona fede e di lealtà in materia di transazioni commerciali, valutati alla stregua delle esigenze di protezione delle categorie di consumatori particolarmente vulnerabili”.
82 G. GRISI, Gli oneri e gli obblighi di informazione, in G. ALPA –M.BESSONE (a cura), I contratti in generale.
Aggiornamento, 1991-1998, Torino, 1999, p. 717. Non possono essere accolti, pertanto, i tentativi diretti a collocare
il principio di autonomia contrattuale a livello superprimario, e a svalutare la concretizzazione della clausola di buona fede: tentativi portati alle estreme conseguenze mediante una concezione del mercato come luogo di comportamenti svincolati da condizionamenti eteronomi, che assolva l’unico compito di garantire gli interessi della produzione. Cfr. F. MACARIO, I diritti oltre la legge. Principi e regole nel nuovo diritto dei contratti, in Democrazia
di conciliazione di interessi in nome dei valori di cui all’art. 41, comma 2, Cost. derivanti da un’etica personalistica.83
Quanto alle innovazioni comportate dalla direttiva 2000/31/Ce, innanzitutto è possibile dedurre a partire dall’emanazione della direttiva un primo livello di inderogabilità assoluta, parimente operanti nei settori B2B e B2C, e concernente le informazioni generali e gli obblighi di informazione previsti per le comunicazioni commerciali (art. 7, 8, 9 d.lgs. 70/2003). Un secondo livello di inderogabilità si evince invece dalla previsione dell’art. 12, comma 3, limitato alle sole informazioni dirette alla conclusione di un contratto, il quale in particolare attiene all’obbligo di comunicare al destinatario le clausole e le condizioni generali dello stesso. Di terzo livello può considerarsi infine l’inderogabilità degli obblighi informativi di cui all’art. 12, comma 1, la quale però non si pone nel contratto concluso via e-mail, che è frutto comunque di una negoziazione individuale.
A quelli sopra indicati vanno poi ad aggiungersi quegli obblighi di informazione e di avviso prescritti dall’art. 1338 c.c., in base ai quali la parte che viene a conoscenza dell’esistenza di una causa di invalidità del contratto è tenuta a darne notizia all’altra parte, e quindi a tutelarne il legittimo affidamento nella validità del contratto stesso. Tali obblighi rientrano nel più ampio dovere di comportarsi secondo buona fede84 sia nella fase delle trattative che della formazione (art. 1337 c.c.)85 e dell’esecuzione di un contratto (art. 1375
c.c.), in virtù di una clausola generale presente nella disciplina tanto contrattuale quanto delle obbligazioni di quasi tutti gli ordinamenti di civil law.
83 “Tra questi valori c’è un rapporto di tensione che mediante la regola del diritto, deve essere convertito in un
rapporto di equilibrata integrazione”, v. L. MENGONI, Persona e iniziativa economica privata nella Costituzione, in
G. VETTORI (a cura), Persona e mercato. Lezioni, Padova, 1996, p. 39. Si veda in proposito anche G. OPPO, Impresa
e mercato, in Riv. dir. civ., 2001, n. 1, p. 421; M. LUCIANI, Economia nel diritto Costituzionale, in Dig. disc. pubbl., vol. V, Torino, 1990, p. 377, per cui la normativa in materia economica non si ispira ad una logica differenziata da quella che caratterizza l’intera Costituzione nel suo complesso. V. anche F. LUCARELLI, Modelli privatistici e diritti
soggettivi pubblici, Padova, 1990. È da segnalare, ancora, la posizione di A. BARBA, Consumo e sviluppo della
persona, op. cit., p. 393, che riporta la teoria del “mercato sociale”, in base a cui l’ordine sociale è considerato “non
solo quale fattore di correzione e integrazione del risultato ingiusto determinato dall’economia di mercato, ma raccolto e rispettato quale costituente, autonomo ed assiologicamente equivalente rispetto all’ordine giuridico e a quello economico, dell’assetto di sistema. Si riconosce… nella libertà economica che realizza il mercato il presupposto necessario per la sicurezza sociale e in quest’ultima il presupposto indispensabile per l’efficienza funzionale del mercato”. Solo la combinazione del costituente economico, di quello giuridico e di quello sociale possono infatti realizzare nel sistema la libertà come risultato.
84 “È pertinente il riferimento alla buona fede precontrattuale, ove la negoziazione abbia luogo on-line?
Probabilmente sì, purché sotto mutate spoglie, indotte dalle peculiarità del medium con cui ha luogo la trattativa”. Cfr. S. SICA, Commercio elettronico e categorie civilistiche: un’introduzione, in S. SICA – P. STANZIONE (a cura),
Commercio elettronico e categorie civilistiche, op. cit., p. 6.
85 L’art. 1337 c.c. parla di buona fede nelle trattative e al momento della formazione del contratto, per cui gli
obblighi di informazione – come singola fattispecie di attuazione del principio – diventano obbligo sia durante le trattative sia durante la formazione del contratto, soprattutto se consideriamo l’ipotesi in cui il contratto si conclude senza essere preceduto da un fase di trattativa. Cfr. A. MUSIO, La buona fede nei contratti dei consumatori, Napoli,
2001, pp. 98 ss.; G. PIGNATARO, Buona fede oggettiva e rapporto giuridico precontrattuale: gli ordinamenti italiano
La consapevolezza della centralità della persona umana anche nelle vicende patrimoniali e negli affari commerciali garantisce – con specifico riferimento al nostro sistema – elaborazioni costituzionalmente corrette, in quanto rispettose dei valori del personalismo e del solidarismo86; di conseguenza, l’obbligo di correttezza e buona fede deve impedire che i rapporti interprivati divengano occasione di abuso e sopraffazione di una parte a danno dell’altra.87
Senza difficoltà, dunque, si può affermare che l’informazione assume maggior rilievo in quei rapporti in cui forte è lo squilibrio tra le posizioni delle parti, soprattutto in relazione alle possibilità di accesso alla conoscenza di elementi essenziali nell’ambito dell’assetto degli interessi.
La debolezza conoscitiva è dunque istituzionalizzata nei contratti in cui la figura del consumatore rappresenta “colui che dispone per definizione di un flusso di informazioni di gran lunga inferiori a quello di cui può disporre l’altro”.88 Di conseguenza, “non si può isolare il ruolo di consumatore dal ruolo di persona e cittadino, anche perché le due tutele non si escludono”: laddove si ritenga che la libertà contrattuale debba identificarsi con l’esigenza di assicurare ad entrambi i contraenti le stesse chance e possibilità di decisione, potrà convenirsi che coerenti con tale obiettivo sono tecniche o interventi che impongano doveri di comportamento e di onesto e corretto agere, specie con riguardo al dovere di informare la parte caratterizzata da “debolezza conoscitiva”.89
In questo contesto, il legislatore ha così operato una serie di interventi specifici attraverso i quali recuperare la posizione squilibrata del consumatore con predisposizioni “automatiche”, anche senza più fare solo affidamento sui classici strumenti di protezione offerti dal nostro codice civile quale appunto il generico concetto di buona fede.90 In questo modo si è giunti a una graduale evoluzione secondo al quale da un lato si collocano le previsioni codicistiche già citate, ex. art. 1337 c.c.; dall’altro la legislazione speciale di matrice comunitaria (l’informazione, quale preludio della conoscenza, ha da sempre caratterizzato gli interventi del legislatore europeo), che costituisce un tipo di tutela
86 V. G. SCIANCALEPORE, La tutela del consumatore: profili evolutivi e commercio elettronico, in S. SICA – P.
STANZIONE (a cura), Commercio elettronico e categorie civilistiche, op. cit., p. 198.
87 È la volontà “sostanziale” che “torna ad affacciarsi alla ribalta del diritto: non più come alfiere di una giustizia di
classe, bensì quale portatrice di innovazioni valide soprattutto sul piano etico”.E. CALÒ, Il ritorno della volontà,
Milano, 1999, pp. 38 e 173.
88 V A. DI MAIO, Libertà contrattuale e dintorni, op. cit., p. 17.
89 P. PERLINGIERI, Relazione di sintesi, in P. STANZIONE, La tutela del consumatore tra liberismo e solidarismo, op.
cit., p. 347. In tale prospettiva, il consenso costituisce una garanzia circa il giusto equilibrio delle ragioni dello scambio, nella misura in cui i coefficienti formali di legalità all’atto siano stati rispettati: là dove il contratto non sia affetto da vizi, non sia contrario a norme interpretative e la causa sia lecita, non vi è alcuna ragione di dubitare dell’intrinseca giustizia dell’operazione.
90 Cfr. A. MUSIO, Obblighi di informazione nel commercio elettronico, in S. SICA – P. STANZIONE (a cura),
differenziata rispetto a quella predisposta dall’ordinamento – nello specifico – italiano. Infatti, mentre le leggi speciali stabiliscono i requisiti dell’atto e pongono per le parti contraenti oneri da osservare in vista della valida conclusione del contratto, invece la disciplina codicistica fissa obblighi reciproci di comportamento: per cui da una parte si collocano le regole di responsabilità che tendono essenzialmente ad una funzione risarcitoria, dall’altra le norme di validità che regolano la conformazione strutturale dell’atto, poiché mentre le norme di legislazione speciale mirano a garantire la certezza dei rapporti giuridici, essendo espressione del principio di legalità, le regole di risarcimento tendono invece direttamente a questi risultati.91 Occorre semmai riconoscere ancora l’insopprimibile esigenza che permetta di dare luogo al riavvicinamento delle legislazioni statali dei singoli paesi, innanzitutto europei, attraverso specifiche intese programmatiche assunte in sede istituzionale al fine di garantire l’omologazione delle discipline; una unificazione normativa che presuppone a sua volta il raggiungimento anche di un’unica cultura economica, all’interno di una più vasta economia di mercato.92 L’intenzione, ovviamente, è quella di impedire che tra i paesi dell’Unione Europea possano intercorrere ipotesi differenziate di responsabilità, e quindi, di tutela del consumatore, determinando così la conseguenza di una “fuga” dei flussi verso opportunità maggiormente liberiste nei confronti dell’attività d’impresa. 93