L A RESPONSABILITÀ CIVILE E IL RUOLO DEGLI INTERMEDIAR
2. L A RESPONSABILITÀ NELLA DIRETTIVA 2000/31/C E : PROFILI COMPARATISTIC
4.1. L A RESPONSABILITÀ CIVILE DEGLI I NTERNET PROVIDER IN CASO DI FATTO ILLECITO PROPRIO
Secondo un’affermazione che è ormai patrimonio comune dei civilisti, “il problema dell’illecito civile consiste principalmente… nella valutazione comparativa di due interessi contrapposti: l’interesse altrui minacciato da un certo tipo di condotta da un lato, e dall’altro l’interesse che l’agente con quella condotta realizza o tende a realizzare”.84
Anche stando a tale definizione, è possibile ritenere che qualora un utente ponga in essere un fatto illecito avvalendosi di un servizio prestato da un intermediario, non dovrebbe esserci ragione di dubitare che il prestatore sia tenuto a rispondere dei danni causati esclusivamente nel caso in cui il servizio offerto venga riconosciuto come ontologicamente volto (direttamente o indirettamente) a realizzare degli illeciti. Nel caso in cui il servizio offerto dal prestatore di per sé non abbia una specifica vocazione a delinquere, appare invece difficile individuare una precisa responsabilità in capo al gestore dello stesso (mentre sarà da ritenersi certamente responsabile l’utente che, avvalendosi di detto servizio, risulti aver realizzato l’illecito). È infatti oramai acquisito in dottrina e giurisprudenza che la responsabilità (civile e penale) del provider è giuridicamente configurabile in tutte quelle ipotesi in cui vi sia, da parte dello stesso, la violazione diretta di una norma correlata all’attività posta in essere (o al contenuto della stessa).85
Interviene in altre parole in tali eventualità la normale responsabilità che grava su chiunque per fatto illecito proprio, con il provider tenuto a rispondere direttamente degli eventuali illeciti perpetrati.86 È questo, ad esempio, il caso del content provider che deve rispondere
della illiceità dei contenuti immessi in Internet, ma anche quello dell’access provider che non controlli, nei limiti delle sue possibilità, l’affidabilità dei dati identificativi dei destinatari del servizio o dei dati tecnici in proprio possesso (non garantendo di conseguenza di potersi avvalere degli stessi qualora, su richiesta dell’autorità giudiziaria, questi dovessero risultare necessari per individuare ad esempio l’autore di un reato).87 Al
84 È notoriamente la tesi di P. TRIMARCHI, Illecito (diritto privato), in Enciclopedia del diritto, vol. XX, 1970, pp.
90-112. Più recentemente, si veda C. SALVI, La responsabilità civile, Milano, 1998, pp. 60 ss.
85 G. CASSANO – F. BUFFA, Responsabilità del content provider e dell'host provider, op. cit.
86 Caso in cui la responsabilità dell’intermediario può considerarsi pacifica, v. Ministero delle poste e
telecomunicazioni, Codice di autoregolamentazione per i servizi Internet, in Interlex, 22 maggio 1997, v. http://www.interlex.it/testi/cod65bis.htm.
87 In tale caso, si porrebbe una situazione del tutto analoga al caso in cui il provider abbia diffuso consapevolmente il
materiale (ad esempio, diffamatorio) proveniente da terzi. In tal caso, sussisterebbero i principi generali in materia di concorso nell’illecito, che impongono di configurare una sua responsabilità non per omesso controllo, quanto invece
contrario, sempre sotto il profilo della colpevolezza, la dottrina ha negato spesso la configurabilità di una responsabilità per il provider laddove sarebbe stata necessaria da parte dello stesso una capacità tecnica (vista l’enorme quantità di dati) e talora anche giuridica (si pensi all’eventualità di un’ispezione della corrispondenza degli utenti) di effettuare in ogni momento un monitoraggio continuo e preventivo dei siti ospitati sui propri server, nonché dei dati presenti al loro interno.88 Resta ad ogni modo fermo il fatto
che, da parte del prestatore, l’utente debba comunque essere avvisato in maniera adeguata del rischio di andare incontro a specifiche responsabilità qualora egli dovesse rendersi responsabile di determinate attività89; fondamentale in questo senso il ruolo giocato dal già
citato art. 2055 c.c., ai sensi del quale il provider potrebbe altrimenti risultare anch’esso – in assenza di tali accortezze – imputabile dell’eventuale illecito compiuto dall’utente.90 Di conseguenza, si può affermare di essere quindi in presenza di una colpa del prestatore quando questi non si limiti a svolgere il ruolo esclusivamente tecnico dell’intermediario,
per commissione del fatto lesivo. V. G. CASSANO – F. BUFFA, Responsabilità del content provider e dell'host
provider, op. cit.
88 Così come in ambito penale, dove con l’esclusione della colpa per quanto già detto difficilmente è
ravvisabile dalla dottrina una corresponsabilità per il reato altrui (essendo stato questo già consumato nel momento in cui il provider ne sia venuto a conoscenza), parimenti in ambito civile l’assenza dell’elemento soggettivo fa ritenere solitamente preclusa la configurabilità di una responsabilità da illecito per il fatto da parte del gestore del sito (fatto dal quale il provider deve ad ogni modo essere rimasto del tutto estraneo). Sempre in merito al problema della responsabilità civile del provider, si vedano M. FRANZONI, Le
responsabilità del provider, in AIDA, 1998, p. 248; M. FAZZINI, Problemi di competenza territoriale e
responsabilità del service provider in Internet, in AIDA, 1999, p. 675; C. GATTEI, Considerazioni sulla
responsabilità dell’Internet provider, in Interlex, 23 novembre 1998 (www.interlex.it/regole/gattei2.htm); S.
MAGNI – S.M. SPOLIDORO, La responsabilità degli operatori in Internet: profili interni ed internazionali, in
Dir. inf e inf., 1997, p. 63; G.M. RICCIO, Anonimato e responsabilità in Internet, in Dir. inf. e inf., 2000, n. 2,
p. 314; R. RISTUCCIA – L. TUFARELLI, La natura giuridica di Internet e le responsabilità del provider, in
Interlex, 19 giugno 1997 (www.interlex.it/regole/ristufa.htm); P. SAMMARCO, Assegnazioni dei nomi a
dominio su Internet, interferenza con il marchio, domain grabbing e responsabilità del provider, op. cit., p.
67. In dottrina, si rimanda invece per gli aspetti penalistici ad A.MANNA, Considerazioni sulla responsabilità
penale dell’Internet provider in tema di pedofilia, relazione svolta al seminario internazionale organizzato dal
CED sul tema I reati informatici, Roma, 15-16 dicembre 2000; A. MONTI, Uno spettro si aggira per
l’Europa: la responsabilità del provider, in Interlex, 12 dicembre 2000
(www.interlex.it/regole/amonti40.htm); L. NIVARRA, La responsabilità del provider, in atti dell’incontro di
studi Il diritto dell’informatica, organizzato dal Consiglio Superiore della Magistratura, Roma, 8-10 marzo 2001; S. SEMINARA, La responsabilità penale degli operatori su Internet, op. cit.; F. BUFFA, Internet e
criminalità. Finanza telematica off-shore, Milano, 2001, pp. 155 ss.; G. FORNASARI, Il ruolo dell’esigibilità
nella definizione delle responsabilità del provider, in Atti del convegno Il diritto penale nell’epoca di Internet, organizzato dall’Università di Trento, 22-23 ottobre 1999.
89 Sia secondo la direttiva e la legge di recepimento sui contratti a distanza, sia secondo la direttiva sul commercio
elettronico, è dovere del professionista fornire al consumatore una serie di informazioni; esistendo infatti un obbligo di informare, la reticenza costituisce dolo omissivo, e la conseguenza è allora l’impugnativa: per dolo determinante, quando non si sarebbe altrimenti avuta la stipulazione del vincolo; per dolo incidente, quando risulti che il vincolo sarebbe stato comunque concluso, senza però l’accettazioni di quelle deteriori condizioni. Per ulteriori precisazioni sul tema, G. COMANDÈ, Vendita a distanza: regole comuni per l’Europa, in Guida al diritto, 1999, n. 28, pp. 26 ss.
90 Intervento C.ROSSELLO al congresso Il futuro della responsabilità sulla Rete. Quali regole dopo la sentenza sul
casoGoogle/ViviDown?, organizzato dalla Fondazione “Centro di iniziativa giuridica Pietro Calamandrei”, Roma,
ma quando risulti viceversa partecipe – più o meno attivamente – della realizzazione di un illecito.
Secondo quanto accennato nel paragrafo precedente, quella che interviene rappresenta in particolare una responsabilità per colpa specifica, cioè per violazione di legge: in altre parole, eliminata l’inversione dell’onere della prova ed accantonata ogni velleità di rendere gli intermediari oggettivamente responsabili, è stato scelto come momento centrale di riferimento il criterio della diligenza, il quale comporta una valutazione relazionale tra la comparazione della condotta tenuta nel caso concreto e la condotta che in astratto avrebbe dovuto essere adottata.91
Da questo punto di vista, la sensibilità manifestata nei confronti della condotta concreta conferma la predilezione dell’ordinamento verso delle regole generali, piuttosto che verso regole rigide: una caratterizzazione che, come opportunamente rilevato in dottrina, permette tra l’altro anche di avvicinare ulteriormente tra loro le esperienze di common law e di civil law.92
Ciò equivale innanzitutto a dire, come minimo, che anche nei confronti dei prestatori di servizi della società dell’informazione operano tanto il principio solidalistico quanto la
clausola generale di correttezza93; del resto, la direttiva 2000/31/Ce, al considerando n. 48,
dichiara di non voler pregiudicare “la possibilità per gli stati membri di chiedere ai prestatori di servizi… di adempiere al dovere di diligenza che è ragionevole attendersi da loro ed è previsto dal diritto nazionale, al fine di individuare e prevenire alcuni tipi di attività illecite”, così come anche il nostro stesso ordinamento impone a chiunque svolga un’attività di non arrecare per quanto possibile danni a terzi.94
In mancanza di indicazioni normative di diverso tenore, tornano dunque pienamente operanti i principi validi nei singoli ordinamenti nazionali in materia di imputazione della responsabilità civile; se quindi un’attività avrà luogo in compartecipazione con l’utente,
91 G. PINO, Assenza di un obbligo generale di sorveglianza a carico degli Internet Service Providers sui contenuti
immessi da terzi in rete, op. cit., 2004.
92 G. PONZANELLI, Verso un diritto per la responsabilità degli Internet service providers, in S. SICA –P. STANZIONE,
Commercio elettronico e categorie civilistiche, op. cit., p. 377.
93 Cfr F. DI CIOMMO, Responsabilità civili in Internet: i soggetti, i comportamenti illeciti, le tutele, intervento tenuto
presso la European School of Economics nell'ambito del Corso di formazione “Diritto dell'Internet” il 19 gennaio 2004. Cfr. http://www.altalex.com/index.php?idnot=6878.
94 Un argomento di questo tipo è apertamente sposato, contro la tesi di un obbligo generale di controllo del provider
sui contenuti immessi da terzi nello spazio Web approntato dal provider stesso, dal Tribunale Monza, sez. di Desio, 14 maggio 2001, con nota di S. MEANI, Sito internet contraffattore ed uso distorto del linking, del framing, del
crawling, e dei meta-tag, op. cit., pp. 1625 ss.; sul punto, si vedano altresì le osservazioni di R. PARDOLESI –B. TASSONE, I giudici e l’analisi economica del diritto privato, op. cit., pp. 132-134.
allora l’intermediario finirà con il condividere con lo stesso user una responsabilità solidale per il danno derivatone, stando a quanto sancito dall’art. 2055 c.c.95
Ad ogni modo, sempre in relazione alla responsabilità dei provider, è bene ribadire che quando si sostiene l’applicazione della clausola di correttezza – interpretata alla luce del principio di solidarietà – non si vuole imporre in capo all’intermediario alcun obbligo o dovere di attivarsi in soccorso degli utenti: del resto, il principio operante nel nostro ordinamento (in funzione del quale qualsiasi attività professionale deve essere svolta con diligenza) risulta già di per sé sufficiente a fondare l’obbligo giuridico in capo ai provider di agire prestando, per quanto possibile, attenzione agli interessi altrui.96 Non a caso, anche da parte di chi ha messo in discussione il fatto che l’obbligo risarcitorio possa trovare fondamento nel principio di solidarietà, è stata ugualmente ammessa l’importanza del criterio della solidarietà in ambito aquiliano97, intendendo tale criterio come “attenzione all’altrui interesse” e non come “obbligo di attivarsi nell’interesse altrui”.98
4.2.LA RESPONSABILITÀ CIVILE DEGLI INTERNET PROVIDER IN CASO DI ILLECITO COMPIUTO