• Non ci sono risultati.

8. I CASI STUDIO INDAGATI

8.2 I presìdi indagat

8.2.1 Cece di Teano

Il Cece di Teano è una coltura rustica, tipica del comune di Teano (Caserta) e dei territori limitrofi, la cui coltivazione era prossima alla scomparsa, specie a favore della corilicoltura. Esso si caratterizza per le piccole dimensioni, l’irregolarità della superfice esterna, il colore più bruno rispetto alle altre varietà. Il sapore è tendenzialmente meno dolce, la cuticola più sottile rispetto ai ceci comuni. Questo cece attualmente appare in ripresa grazie all’azione di Slow Food e di alcuni produttori dell’Alto Casertano, che ne avevano custodito le sementi, e rientra nel novero dei presìdi di nuova istituzione. 8.2.2 Cipolla di Alife

La Cipolla di Alife prende il nome dal comune omonimo, situato nella parte alta della provincia di Caserta. La sua coltivazione è antichissima e, secondo una leggenda, risale addirittura alla dominazione romana: pare che i gladiatori fossero soliti strofinarsi il corpo con le cipolle per rassodare i muscoli. La cipolla ha mantenuto a lungo la sua importanza

tanto che nel Medioevo era usata per pagare gli affitti. La cipolla di Alife presenta bulbo poco schiacciato e buccia di colore rosso ramato vivace. Tradizionalmente si semina ad agosto, si trapianta tra gennaio e marzo e si raccoglie a mano tra luglio e agosto per essere confezionata in trecce, le cosiddette ‘nserte. Ha sapore delicato e si consuma prevalentemente cruda o come ingrediente di frittate. Si tratta di un presidio di recente istituzione.

8.2.3 Lupino Gigante di Vairano

Il Lupino Gigante di Vairano è una leguminosa seminata generalmente in autunno e raccolta a luglio, poco prima della piena maturazione, tagliando o estirpando le piante e lasciandole in campo a completare l’essicazione. Una volta raccolti, i baccelli vengono battuti e i semi raccolti sono puliti e selezionati. Per poterli consumare, è necessario immergerli in acqua fredda ventiquattro ore, sbollentarli due minuti e infine lasciarli in immersione per tre giorni in salamoia. Tradizionalmente i semi vengono consumati come antipasto. Nel presente lavoro sono state considerate due tipologie produttive, la prima con vendita dei lupini essiccati, la seconda con vendita del prodotto trasformato, ovvero i lupini in salamoia. Anche questo presidio è di recente istituzione.

8.2.4 Grano Marzellina

Il Marzellina è un grano duro coltivato storicamente nella Val Fortore, in provincia di Benevento. L’epoca di semina, che nelle annate più piovose si sposta dall’autunno alla primavera, ne ha determinato il nome. Generalmente era usato per il pane o mescolato con altri grani, la realizzare pasta tirata a mano. La farina appare grigia e contiene un alto valore proteico ed un basso indice di glutine. Rientra nei presìdi nascenti (nuova istituzione).

8.2.5 Grano Saragolla

La Saragolla è una varietà di grano duro a ciclo precoce, ritenuto tra gli antenati dei moderni grani duri (Giunta et al., 2007). È una varietà dotata di ottima resistenza alle principali fitopatie e all’allettamento. La semina si effettua in autunno e la raccolta in luglio-agosto. La semola possiede elevata qualità, con contenuti in proteine, amminoacidi, vitamine e minerali superiori rispetto alle più comuni varietà, al contrario, il tenore di glutine è minore. Ciononostante, nel tempo è stato sostituito da grani più produttivi, fino alla quasi estinzione. L’impiego di questo grano per la produzione di un pane tradizionale ha generato la proposta d’istituzione del presidio denominato Pane di Saragolla del Sannio, al momento non ancora attivato. Il presente studio, tuttavia, ha preso in considerazione la materia prima, appunto il grano Saragolla. Il presidio rientra tra quelli di nuova istituzione. Inoltre, per il Saragolla sono state ipotizzate due tipologie, la prima con macchine aziendali, l’altra che prevede il ricorso integrale al noleggio.

8.2.6 Pomodorino Verneteco Sannita

Il Verneteco Sannita è un pomodorino da serbo della Valle Telesina, piccolo e tondo, leggermente schiacciato in prossimità del picciolo con, in alcuni casi, apice appuntito. La buccia è di colore giallo più o meno intenso, mentre la polpa è rosata. Il nome deriva dalla possibilità di consumarlo anche in inverno, a seguito della conservazione all’aria, effettuata mediante tipici grappoli denominati pienneci o penneci. Consumato solitamente crudo, sul pane, o leggermente scottato, si caratterizza per la croccantezza della buccia. È anche ingrediente di ricette locali (zuppe, primi e secondi piatti) e si sta riscoprendo come condimento per la pizza. La sua coltivazione era quasi esclusivamente destinata all’uso familiare ma nel tempo è andata fortemente riducendosi a causa delle spopolamento dell’areale di origine e della concorrenza di altre varietà. Si tratta di un presidio di nuova istituzione.

8.2.7 Fagiolo dente di morto di Acerra

Il dente di morto di Acerra è un fagiolo cannellino, così denominato per il colore bianco opaco, che ricorda il colore dei denti di un morto. La sua coltivazione nell’areale Acerrano risulta molto antica e nota. Infatti, le prime informazioni relative alla coltivazione di fagioli cannellini risalgono infatti al ‘700, mentre agli inizi del ‘900 si hanno notizie di fagioli esportati in America, denominati appunto Acerra.

La coltivazione è caratterizzata da piante a cespuglio, non rampicanti, di colore verde intenso, e tradizionalmente seminato in due diverse epoche, aprile e luglio, per contare su due diversi periodi di raccolta. La buccia è estremamente sottile e cuoce rapidamente. La pastosità e il sapore intenso ne fanno un ingrediente caratteristico di alcune delle pietanze tradizionali napoletane: pasta con fagioli e diverse tipologie di zuppe. Il presidio del Fagiolo dente di morto è l’unico tra quelli indagati di vecchia istituzione.

8.2.8 Noce della Penisola Sorrentina

La Penisola Sorrentina rappresenta la culla della coltivazione del noce in Campania, con frutti apprezzati per le proprie caratteristiche organolettiche, alle quali si legano tradizionali ricette (biscotti, torroni, nocillo, etc.). La coltivazione ha luogo in peculiari terrazze, spesso in consociazione con altre colture erbacee ma anche arboree (es. agrumi). La raccolta (bacchiatura) si esegue da settembre a fine ottobre, a seconda delle zone, si effettua tradizionalmente con lunghe pertiche di castagno e necessita di grande abilità. Nonostante le apprezzate caratteristiche dei frutti, negli ultimi decenni questa coltivazione ha visto una forte abbandono, a causa delle difficili condizioni di coltivazione e della mancata rispondenza agli attuali standard di mercato (disomogeneità dei frutti). Appare evidente come il rischio di scomparsa di questa coltivazione, in un areale come quello della Penisola Sorrentina, possa costituire un problema anche dal punto di vista ambientale e paesaggistico. Per il noce sono state ipotizzate tre tipologie produttive, due specializzate, che si differenziano per la modalità di raccolta, manuale (tradizionale) e meccanica ed una tipologia con raccolta manuale e consociata con ortive. La presenza della consociazione è, infatti, tradizionalmente praticata al fine di

incrementare il reddito aziendale, specie laddove vi siano le condizioni ambientali e disponibilità di manodopera familiare. La meccanizzazione della raccolta, invece, potrebbe rappresentare un’innovazione, peraltro, talvolta già sperimentata, al fine di ridurre una delle principali problematiche della coltivazione. Il noce è tra i presìdi appena istituiti.

8.2.9 Pisello Centogiorni

Il Pisello Centogiorni rappresenta una varietà tradizionale dell’area Vesuviana, il cui nome indica la durata media del ciclo produttivo. Da sempre è coltivato per l’autoconsumo familiare, in virtù delle apprezzate qualità organolettiche. Ciononostante, la coltivazione ha visto nel tempo un drastico calo a causa soprattutto dell’elevato fabbisogno di lavoro richiesto e delle minori rese rispetto alle più diffuse alternative. Rientra nel novero dei presìdi di nuova istituzione.

8.2.10 Vecchie varietà di Albicocche del Vesuvio

La Campania, ed il Vesuviano in particolare, sono stati per decenni anche il principale areale produttivo delle albicocche a livello nazionale, il che ha portato alla selezione di un gran numero di varietà locali (es. Boccuccia, Pellecchiella, Vitillo, Cafona, Vicienzo e’ Maria). Tali varietà, generalmente dal sapore dolce, ritenuto superiore a quello delle varietà concorrenti, hanno visto, specie a partire dagli anni settanta, ridurre fortemente la propria superficie, soppiantate da varietà meno deperibili, nonché dall’espansione edilizia. Il presidio ha lo scopo di preservare questi prodotti di elevato pregio e dalla lunga storia, che si prestano bene anche alla trasformazione in confetture ed all’uso nella pasticceria. È tra i presìdi di nuova istituzione.

Tabella 8.1 – I presìdi indagati

Provincia Presidio Istituzione Tipologia Sigla

Caserta Cece di Teano Nuova CecT

Cipolla di Alife Recente CipA

Lupino gigante di Vairano Recente senza

trasformazione LGV con

trasformazione LGVs

Benevento Grano Marzellina* Nuova GraM

Grano Saragolla* Nuova macchine

aziendali GraS noleggio GraSn

Pomodorino Verneteco Sannita Nuova PomV

Napoli Fagiolo dente di morto di Acerra Vecchia FagD

Noce della Penisola Sorrentina Nuova raccolta

manuale NocS

raccolta

meccanizzata NocSm consociato NocSc

Pisello Centogiorni Nuova PisC

Vecchie varietà di Albicocche del Vesuvio Nuova AlbV

Nota: * = prodotto ufficialmente non ancora presidio.