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6. L A T EORIA DEL P REZZO G IUSTO

6.3 I Romanisti ed i Canonisti medievali

Le dottrine del diritto romano sono ampiamente riprese in epoca medievale (segnatamente nel XII e XIII secolo), in particolar modo dalla Scuola di Bologna10.

Il problema del limite da imporre alla libera contrattazione, seppur in casi eccezionali, conduce gli studiosi bolognesi alla riscoperta dell’istituto della laesio enormis, che viene anche successivamente esteso dai terreni agli altri beni e dai soli venditori agli acquirenti. Ciò ha portato anche a trattare, di fatto, la questione del prezzo giusto.

In questa epoca, sono diversi gli autori che affrontano il tema del prezzo giusto, approfondendolo, in particolare, sotto i seguenti aspetti:

1) Entro quale gamma possa oscillare il prezzo per ritenersi congruo. 2) Tempi entro i quali è possibile annullare l’accordo.

3) Qual è il prezzo giusto, ovvero chi e come lo determina.

Per quanto riguarda la gamma entro la quale può oscillare il prezzo, bisogna considerare che la laesio enormis nasce sostanzialmente a tutela del venditore in relazione ai beni fondiari, per cui stabiliva con chiarezza il prezzo minimo, il quale non poteva risultare inferiore alla metà del prezzo giusto. Con l’allargamento del campo di applicazione di questo istituto ad altri beni e ad agli acquirenti, viene a porsi anche il problema del limite superiore del prezzo. Sotto questo aspetto si determinano sostanzialmente due tendenze, la prima affermava che il prezzo non potesse superare il doppio del prezzo giusto [Alberico (XII sec.); Martino (m.1272), Piacentino (1130- 1192)], la seconda, di Azo (1150-1225), sosteneva che non potesse essere superiore al 50% del prezzo giusto (Baldwin, 1959)

      

8 Agostino da Ippona cita di il caso di un uomo che trovò un manoscritto in vendita ad un prezzo ridicolmente basso a causa dell'ignoranza del venditore in relazione al vero valore dell’articolo. L'acquirente però, per senso di onestà, pagò il giusto prezzo per il manoscritto che era notevolmente superiore al prezzo originario (Agostino da Ippona, De Trinitate, Lib. XIII, cap. 3, P.L. 42: 1018).

9 Per romanisti si intendono gli studiosi di diritto romano, mentre per canonisti quelli di diritto canonico. 10 Scuola di giuristi e studiosi (XII–XIII secolo), con centro in Bologna, che ricostruì l'opera di Giustiniano I, il Corpus iuris civilis, e ne produsse un'analisi approfondita, riscoprendo e reinterpretando i testi classici. Per l’abitudine a commentare i testi con numerose glosse, tali autori furono denominati anche Glossatori. I maggiori esponenti della Scuola di Bologna sono generalmente considerati Irnerio ed Accursio. Altri importanti glossatori furono Alberico, Azo o Azzone, Bulgaro, Iacopo di Porta Ravennate, Martino, Odofredo, Piacentino, Ugo di Porta Ravennate. 

Un’altra questione riguarda il lasso di tempo di applicabilità di queste norme, più breve (quattro anni dalla vendita) o lungo (fino a trent’anni); con una prevalenza tendenziale della prima impostazione (Baldwin, 1959).

Ma chi stabilisce il giusto prezzo e con quali modalità? Come già evidenziato, in epoca romana ciò era demandato di solito ad un giudice, che, in caso di mancanza di competenza nella materia, poteva incaricare un bonus vir, che di fatto risultava essere uno stimatore. Nel Medioevo ciò resta più vago ma alla fine, sostanzialmente, si segue la stessa soluzione. Particolari dettagli in questo senso vengono forniti nell’Ars notariae di Raniero di Perugia (1185-1245) (Baldwin, 1959).

Riguardo al metodo, una sintesi molto efficace viene offerta da Odofredo (m.1265), che perviene a definirne quattro: 1) Prezzo corrente; 2) Confronto con bene simile; 3) Mediante i redditi ottenibili dal bene; 4) Stima del buon uomo (Baldwin, 1959). Il primo metodo rappresenta, di fatto, il valore di mercato del bene, il secondo metodo piò essere assimilato ad un valore di surrogazione, il terzo metodo si configura come una capitalizzazione dei redditi, infine, il quarto come una stima a vista effettuata da un esperto. Va detto che, secondo Odofredo, gli ultimi tre sono praticamente espedienti per ottenere il primo in casi particolari, che si applicano sostanzialmente alla terra, per la maggiore difficoltà nell’ottenere valori di mercato (Baldwin, 1959).

In generale, il prezzo corrente viene visto come il prezzo di mercato, per questo varia nel tempo e nello spazio, come incontro tra domanda e offerta. Tuttavia, pare essere accettato anche il prezzo corrente stabilito da autorità in mercati regolati, ma non in situazioni monopolistiche. Pertanto, il problema del prezzo viene sostanzialmente inquadrato, anche in ambito medievale, come una libera contrattazione e per tale ragione ci si pone il problema delle frodi. Sia Odofredo che Azo (1150 c.a.-1225) sono sostanzialmente concordi nel distinguere tra frodi volontarie e involontarie (errori) (Baldwin, 1959).

Molto importante risulta il contributo di un altro giurista della Scuola di Bologna, Graziano (1075/80-1145/47), il quale dà origine ad una vera e propria scuola, quella dei Decretisti11, che prendeva il nome dalla sua opera più significativa (il Decretum), considerato una pietra miliare del diritto canonico. I Decretisti si contraddistinguono per un approccio anche pratico e pongono le basi della Teoria del prezzo giusto. Tale tematica, che parte dall’analisi delle dinamiche delle contrattazioni, è strettamente connessa al problema dell’usura.

Nel Decretum Graziano si occupa, tra l’altro, di normare anche le attività economiche concesse alla Chiesa, cosa particolarmente importante in un epoca in cui la Chiesa possedeva gran parte delle proprietà (Baldwin, 1959). Secondo Graziano, non tutto ciò che è lecito per i laici è permesso al clero. Graziano affronta, in particolare, il tema dei limiti delle attività economiche in relazione alla lotta all’usura e, nel fare ciò, introduce una delle prime citazioni del termine prezzo giusto: Pro pecunia, quam clericus dedit, iusto pretio species accipere potest (Baldwin, 1959). Complessivamente, Graziano ritiene

      

11 Con questo termine si indica il gruppo di canonisti che, dalla metà del sec. XII e per circa un secolo attesero al commento dell'opera di Graziano e alla sua integrazione con le posteriori fonti del diritto canonico. Precedono temporalmente la scuola dei Decretalisti.

difficile svolgere attività commerciale (vendita o acquisto) senza commettere peccato, sia per i chierici che per i laici (Baldwin, 1959).

I Decretisti distinguono generalmente tra l’usura vera e propria, applicata ai prestiti e non tanto alle vendite (salvo eccezioni) ed i ricavi impropri ottenuti dalle vendite, che prendono il nome di turpe lucrum. Questi ultimi sono di solito condannati per i chierici ma generalmente concessi per i laici, come afferma Rufino (XII sec.) (Baldwin, 1959). Riprendendo una tendenza sempre presente in ambito cristiano, i Decretisti tendono a valutare distintamente le attività commerciali pure, con vendita e acquisto di beni, da quelle legate a lavoro manuale, manifattura e produzione primaria (es. agricoltura e artigianato). Prevalentemente, le prime sono viste con sospetto, se non condannate, mentre, le seconde vengono ritenute più appropriate per un buon cristiano. Proprio Rufino è il primo ad analizzare con maggiore dettaglio l’ambito delle attività commerciali, sostenendo che anche in esse vi può essere un prezzo più alto di quello di acquisto, in caso di necessitas o utilitas (necessità od opportunità). In particolare, nel secondo caso, il prezzo più alto può essere giustificato dalle spese e dal tempo (lavoro) impiegato nella contrattazione. I clerici possono, tuttavia, effettuare tale attività solo in caso di necessità (Baldwin, 1959). La Summa di Uguccione da Pisa (m.1210) viene, generalmente, considerata la vetta della produzione Decretista. In generale, anche Uguccione arriva a giustificare l’attività commerciale e, di conseguenza, rivendere un bene ad un prezzo più alto, se ciò è giustificato dal lavoro o dai servizi di cura e stoccaggio.

Nell’insieme, l’evoluzione del pensiero dei Canonisti segue, di fatto, l’evoluzione del commercio e della società. In generale, per il clero viene ritenuta possibile la vendita per necessità, mentre è vietata un’attività commerciale pura. Per i laici, invece, vendere a un prezzo più alto di quello d’acquisto, ovvero ottenere un profitto da attività commerciale, è giustificato dallo svolgimento di attività di valorizzazione del prodotto o dal lavoro, oltre che dalla necessità e se finalizzato a condurre una vita onesta (Baldwin, 1959).

La fine del XII e il XIII secolo sono caratterizzati da un grande attivismo nel diritto ecclesiastico, contraddistinto anche da un ampio uso di decretali papali, atti a risolvere controversie finanche di carattere meramente privatistico. Tale attività dà luogo alla nascita della scuola dei Decretalisti12.

Nei Decretalisti appare ancora più importante l’influenza del sistema legislativo romano. In questo periodo, si assiste anche ad un frequente uso della stessa laesio enormis, che inizia ad essere applicata sistematicamente a partire da Alessandro III (1100- 1181) (Baldwin, 1959). Inizialmente, tuttavia, viene utilizzata soprattutto a favore dei venditori, successivamente inizia a estendersi anche a tutela degli acquirenti. Anche in questa fase, resta vivo il dibattito intorno alla procedura giuridica da innescare in caso di controversia sul prezzo. La prima corrente, derivante dall’originale romano, prevedeva la pronuncia di un giudice e la restituitio in integrum, con la possibilità di richiederla entro i quattro anni, sostenuta da romanisti come Rogerio (XII sec.) e Piacentino. La seconda prevedeva che fosse stabilita per contratto con una durata perpetua o trentennale. Sotto

      

12 Nome col quale vengono definiti gli autori interpreti delle decretali posteriori al Decretum di Graziano. Generalmente l’inizio di questo periodo si fa coincidere con promulgazione del Liber extra, la compilazione ufficiale delle decretali extravagantes, ovvero gli atti non contenuti nelle raccolte ufficiali.

Innocenzo IV si mantengono entrambe le forme (Baldwin, 1959), inoltre, viene conservata generalmente la possibilità di rinunciare a questo istituto.

Nel XIII secolo si afferma la visione secondo la quale la remunerazione del rischio viene vista alla stregua di quella del lavoro (Baldwin, 1959). Ciononostante, viene posta l’attenzione sulla necessità di stabilire un giusto profitto. Proprio stabilire il livello del giusto profitto, rappresenta un’altra questione intricata. Secondo alcuni autori dovrebbe essere stabilito da un uomo probo (ad arbitrium boni viri), che molti identificano in un uomo di chiesa (es. un vescovo).

In conclusione, da quanto esposto si evince come sia per i Romanisti che per i Canonisti il prezzo giusto sia generalmente inteso come quello corrente o di mercato, ottenuto sia in mercati competitivi che regolamentati (Baldwin, 1959).