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I principi applicabili alle sanzioni amministrative

Nel documento Le sanzioni amministrative non pecuniarie (pagine 73-153)

Proprio il carattere negativo soggettivo della sanzione amministrativa rende di estrema rilevanza l‟applicazione dei principi, sia sostanziali, sia procedurali, contenuti nel capo I della legge 689/1981, in gran parte mutuati dalla disciplina della responsabilità penale, creando una sorta di equivalenza tra sanzione amministrativa e pena. Si pensi iai principi di tassatività, di determinatezza e di irretroattività di cui all‟articolo 1, alla necessaria capacità di intendere e di volere espressa nell‟articolo 2, all‟elemento soggettivo di cui all‟articolo 3, alle cause di esclusione di cui all‟articolo 4, e al concorso di persone e di violazioni di cui agli articoli 5 e 8.

Vi sono, poi, altri caratteri generali del potere sanzionatorio che

possiamo mutuare dal sistema sanzionatorio amministrativo

comunitario: facciamo riferimento alle disposizioni del Regolamento del Consiglio, 18 dicembre 1995, n. 2988, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità. Il Regolamento individua proprio i caratteri delle sanzioni amministrative comunitarie nella necessarietà, effettività, proporzionalità e dissuasività. Il carattere della necessarietà implica l‟indispensabilità dell‟esercizio del potere sanzionatorio, indicando proprio un‟avversione per l‟impiego di provvedimenti che incidano negativamente nella sfera giuridica dei soggetti privati. La necessarietà ha, pertanto, la funzione di garantire l‟essenza della tutela dei diritti

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Maria Alesssandra Sandulli, Sanzione (Sanzioni amministrative), in Enc. giur. Treccani, Roma, 1992, 1 ss.

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fondamentali del soggetto privato, scongiurando che questi possano essere sacrificati da un esercizio di potere non motivato e arbitrario da parte di un‟amministrazione pubblica. L‟effettività, riferita al potere sanzionatorio, indica la sua incisività e quindi la capacità di realizzare concretamente lo scopo per il quale la sanzione è stata prevista, a seconda della tipologia di sanzione indicata nel caso specifico, che può essere appunto ripristinatoria o afflittiva, pecuniaria e interdittiva. La proporzionalità della sanzione amministrativa indica che un potere

sanzionatorio deve incidere negativamente nei confronti dell‟autore

dell‟illecito amministrativo nei limiti di quanto necessario per il raggiungimento dello scopo perseguito, attraverso un bilanciamento, da attuarsi in sede legislativa, tra l‟interesse da perseguire con l‟inflizione della sanzione amministrativa prevista e il pregiudizio, a seconda della tipologia di sanzione amministrativa, della sfera giuridica soggettiva del destinatario della sanzione. Infine, l‟esercizio di un potere sanzionatorio deve saper produrre l‟effetto di dissuadere l‟autore del comportamento antigiuridico dal compiere altri illeciti amministrativi.

La Legge 689/1981, come abbiamo ampiamente ricordato, rappresenta il primo tentativo di definire una regolazione generale ed organica in materia di sanzioni amministrative, dopo che la disciplina in materia di sanzioni amministrative è stata a lungo caratterizzata da un quadro normativo estremamente frammentato e disorganico, in cui hanno convissuto tipi di sanzioni molto diverse tra loro, quanto ad origine e specifiche finalità. Nel momento in cui il legislatore ha ritenuto di dettare una disciplina di carattere generale in materia di sanzioni amministrative, ed ha appunto realizzato il suo scopo attraverso l‟emanazione della Legge del 1981, lo ha fatto proprio nell‟ambito di una operazione normativa dotata di una propria specifica e diversa finalità, ovvero l‟introduzione di «Modifiche al sistema penale» mediante depenalizzazione di numerose fattispecie di reato e che si è tradotta, nei casi individuati dalla legge stessa, nella sostituzione della sanzione amministrativa pecuniaria alla multa o all‟ammenda precedentemente previste.

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Le disposizioni contenute in questa legge, quindi, hanno assunto una valenza paradigmatica della disciplina in materia, sebbene non siano mancate, soprattutto nel periodo immediatamente successivo alla data della sua emanazione posizioni interpretative volte ad enfatizzarne la derivazione penalistica; ciò non ha impedito, tuttavia, l‟affermarsi di orientamenti dottrinali che hanno preferito valorizzare la portata generale dei principi in essa contenuti, al fine proprio di elaborare una teoria concettualmente autonoma dell‟illecito amministrativo e della relativa sanzione. Queste teorie hanno contribuito a consolidare orientamenti giurisprudenziali che, ancor oggi, riconoscono alla legge generale la natura di disciplina fondamentale della materia e la sua funzione di integrazione delle discipline settoriali, già vigenti o successive ad essa.

Tale operazione è stata tuttavia diversamente apprezzata nell‟analisi giuridica, in quanto i diversi autori che se ne sono occupati non hanno quasi mai tentato di definire l‟illecito amministrativo quale istituto giuridico autonomo. Lo studio dell‟illecito amministrativo e della relativa sanzione, in effetti, è stato lungamente condizionato da una tecnica d‟indagine che ha teso a privilegiare l‟individuazione dei suoi tratti essenziali in via deduttiva, desumendo gli stessi dalla disciplina dell‟illecito penale e da quella dell‟illecito civile, ovvero assumendo la prevalenza di caratteristiche in grado di ricondurre l‟illecito amministrativo all‟una piuttosto che all‟altra delle categorie richiamate, e tale approccio ha continuato a trovare applicazione anche dopo la Legge 689/1981.

A fronte di tale orientamento, però, si è venuto consolidando un diverso approccio, teso a valorizzare il ruolo assunto proprio da questa legge nella definizione dell‟illecito amministrativo e della relativa sanzione come autonoma categoria concettuale, dotata di una propria e specifica configurazione e di proprie puntuali caratteristiche64, rendendo quindi possibile individuare gli elementi costitutivi della fattispecie, i principi generali cui si ispira, gli obiettivi e finalità cui è preordinata.

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Confronta C.E. Paliero, A. Travi, voce Sanzioni amministrative, in Enc. dir., vol. XLI, Milano, 1989 pag. 346

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Questo tipo di approccio assume importanti risvolti pratici, in quanto consente di ricomporre il quadro normativo generale della materia in termini di coerenza ed omogeneità, in particolare laddove determinati vuoti normativi debbano essere colmati in via interpretativa. Caso esemplare è proprio la definizione in termini precisi dell‟ambito di applicazione della stessa legge, considerando, come vedremo, la non chiarissima formulazione del suo articolo 12, che riguarda appunto l‟”Ambito di applicazione”.

Non si può comunque disconoscere che la difficoltà di ricondurre la sanzione amministrativa a categoria concettualmente autonoma ed originale rispetto a quella della sanzione penale o di quella civile65 sia dovuta a diverse ragioni di ordine pratico, di tipo teorico e anche di tecnica normativa prescelta. Fino ad un certo momento storico, il tipo particolare di inquadramento riduttivo, e la scarsità di riferimenti normativi specifici in merito alle sanzioni amminsitrative erano legati soprattutto alla marginalità del fenomeno sanzionatorio amministrativo; quando invece detta tipologia di sanzione acquista maggiori ambiti di utilizzo e maggiore complessità, soprattutto in coincidenza con le successive e ripetute esperienze di depenalizzazione, lo sforzo di ricondurla ad un modello retributivo tipico della sanzione penale, o ad uno ripristinatorio tipico della sanzione civile, si rivela insoddisfacente oltre che limitativo, in quanto incapace di cogliere le peculiarità di un sistema divenuto oramai assai complicato.

Si deve comunque sempre tenere presente quali sono state le origini di detto sistema: la scelta stessa di dettare una disciplina di carattere generale all‟interno di un‟importante operazione di depenalizzazione ha determinato l‟elaborazione di un modello

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Sempre che non si intenda aderire a quella linea interpretativa che ricava in via residuale la categoria delle sanzioni amministrative identificandola in ciò che non è qualificabile né come sanzione penale né come sanzione civile, in assenza di elementi di differenziazione sulla base di criteri ontologici o sostanziali. Cfr. Elio Casetta, voce Sanzione amministrativa, in Dig. pubbl., vol. XII, Torino, 1997, 599, per il quale “sembra di poter definire sanzione amministrativa la misura afflittiva non consistente in una pena criminale o in una sanzione civile, irrogata nell‟esercizio di potestà amministrative come conseguenza di un comportamento assunto da un soggetto in violazione di una norma o di un provvedimento amministrativo”.

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fortemente caratterizzato in senso penalistico66, a cui tuttavia non devono essere disconosciuti quei tratti profondamente innovativi che costituiscono la base per l‟elaborazione di un‟autonoma categoria concettuale. Cosicché, pur muovendo dalla considerazione che la sanzione amministrativa si caratterizza in generale come forma di reazione della pubblica amministrazione alla violazione di un precetto e quindi per l‟incidenza sfavorevole rispetto ad un interesse del destinatario (nozione di sanzione in senso ampio)67 , il passo da compiere verso la costruzione di una categoria concettuale autonoma si sostanzia nell‟accordare preferenza ad una nozione che valorizzi la specificità della stessa rispetto a tutti gli altri strumenti di reazione di cui è dotata l‟amministrazione. Si tratta, peraltro, di passaggio necessario, ma non sufficiente, se è vero che in tale solco si colloca una delle più autorevoli e seguite teorizzazioni sull‟argomento, ovvero quella di Zanobini, all‟interno della quale, tuttavia, convivono sia l‟esigenza di tipizzare la sanzione amministrativa rispetto agli altri strumenti di reazione della Pubblica Amministrazione, sia la negazione di una sua distinzione concettuale rispetto alla sanzione penale68.

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C.E. Paliero, A. Travi, voce Sanzioni amministrative, cit., pag. 348, nella parte in cui gli autori rilevano che “l‟intervento dispiegato dal legislatore è stato, infatti, di ordine per così dire “ablativo”, nel senso che sono stati lasciati intatti la validità e il contenuto dei precetti ed è stata eliminata solo la valenza penale della sanzione. Il precetto, quindi, non è coordinato con l‟azione amministrativa nel settore, né il carattere amministrativo della sanzione risulta determinato da una relazione sostanziale con l‟azione amministrativa. Alla sanzione … la natura di “amministrativa” è stata assegnata ex lege non per ragioni riguardanti l‟esercizio dell‟azione amministrativa, ma solo per ragioni di decongestionamento e di maggiore qualificazione della giustizia penale”.

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In questo senso A. Tesauro, Le sanzioni amministrative punitive, Napoli, 1925 e, più di recente, A. De Roberto, Le sanzioni amministrative non pecuniarie, in AA.VV., Le sanzioni

amministrative, Atti del XXVI Convegno di Studi di Scienza dell‟Amministrazione (Varenna 18- 20 settembre 1980), Milano, 1982, 125 ss.

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Del resto, proprio il fatto che il volume di Zanobini abbia a lungo rappresentato la più completa e sistematica opera in materia, ha condizionato non poco la stessa disciplina, e la relativa applicazione pratica, sulle sanzioni amministrative. È così che l‟idea che “sanzioni specifiche, tipiche potremmo dire, dei rapporti di diritto pubblico sono soltanto le cosiddette “pene” … le quali hanno sempre lo scopo di imporre un male all‟autore della violazione, non quello di risarcire l‟amministrazione delle conseguenze della trasgressione» e che l‟elemento discretivo e differenziale venga individuato nell‟elemento soggettivo e procedimentale, nella misura in cui si riconosce che «sono pene amministrative e non sanzioni penali tutte quelle la cui applicazione è dalla legge riservata all‟autorità amministrativa”, ha portato a qualificare la sanzione amministrativa come “pena in senso tecnico”, con tutti i conseguenti condizionamenti in ordine alla configurazione normativa della fattispecie.

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Una ricostruzione che propone un approccio parzialmente diverso da quello seguito generalmente dalla dottrina che si è occupata della materia si deve a Pagliari69, il quale intende le tre specie di sanzioni come espressione di un unico potere sanzionatorio, anche se a ognuna delle tre viene riconosciuta un‟autonoma valenza funzionale, da intendersi come capacità “di attuare il diritto in maniera del tutto

peculiare (autonomia) sia sotto il profilo giuridico complessivamente inteso sia sotto il profilo degli effetti, realizzando compiutamente lo scopo attuativo quando costituisce l’unica espressione del potere sanzionatorio e contribuendo a realizzarlo, in concorso con le altre e in modo sinergico, allorché un fatto è rilevante sia sotto l’aspetto civile sia sotto quello penale sia sotto quello amministrativo ovvero sotto due dei citati aspetti70”.

La tesi, comunque, che sembra preferibile rimane quella che vede la Legge 689 del 1981 come risultato della volontà del Legislatore

di dettare una disciplina generale dell‟istituto della sanzione

amministrativa, nella quale siano ravvisabili gli elementi necessari per la tipizzazione di un‟autonoma fattispecie giuridica71. Attraverso l‟”esegesi

puntuale del diritto positivo” e l‟”utilizzazione del metodo teleologico che

consente di ricavare gli specifici caratteri della sanzione amministrativa

dagli scopi ad essa attribuiti dal legislatore72”, gli Autori che hanno

elaborato tale ricostruzione definiscono un modello di sanzione i cui caratteri costitutivi, quelli di tipicità, antigiuridicità, colpevolezza, si compendiano nella finalità di prevenzione generale e speciale della

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G. PAGLIARI, Profili teorici della sanzione amministrativa, Padova, 1988, pag. 172 e seguenti.

70 Ibidem 71

Resta il fatto che su tale aspetto la dottrina non è univoca, riaffermandosi ancor oggi posizioni per le quali la stessa legge andrebbe interpretata alla luce del modello penalistico cui, secondo tali ricostruzioni, essa aderirebbe senza decisivi tratti distintivi. Tuttavia la tesi preferibile sotto il profilo sistematico – e che del resto ha segnato l‟impostazione qui seguita – sembra essere quella che attribuisce alla Legge 689/1981 un ruolo centrale nell‟elaborazione della sanzione amministrativa come autonoma e specifica categoria giuridica. Sul punto cfr. R. Bertoni, G. Lattanzi, E. Lupo, L. Violante (coordinato da), Modifiche al sistema penale, vol. I,

Depenalizzazione e illecito amministrativo, Milano, 1982. 72

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stessa, valorizzando la specificità e autonomia del sistema sanzionatorio amministrativo come strumento di controllo sociale73.

Iniziando a trattare nello specifico proprio della Legge 689/1981, dobbiamo innanzitutto considerare che essa fissa in maniera espressa i confini delle sanzioni amministrative; l‟articolo 12, infatti, prevede che “Le disposizioni di questo capo si osservano, in quanto applicabili e

salvo che non sia diversamente stabilito, per tutte le violazioni per le quali è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro, anche quando questa sanzione non è prevista in sostituzione di una sanzione penale. Non si applicano alle violazioni

disciplinari”74. Come appare in tutta chiarezza, la legge non fa dunque

riferimento a nessuna forma di reazione che si sostanzi in una misura non afflittiva. Si tratta dunque di misure che molto hanno in comune con le sanzioni di stampo penalistico.

Peraltro è bene notare che lo stesso articolo 12 non limita l‟applicazione di tali sanzioni alle sole fattispecie in qualche modo derivate da una pena, ma allarga l‟ambito di applicazione anche a provvedimenti che siano ab origine di natura amministrativa. Questo è un punto di grande importanza, in quanto le sanzioni amministrative così intese, ossia le sanzioni identificabili in una pena pecuniaria, sono sempre state legate a due diverse categorie di fattispecie: quelle penetranti nel diritto amministrativo in virtù di operazioni di

73 Uno strumento di controllo intrinsecamente collegato all‟amministrazione e alla sua funzione

costituzionalmente delimitata, in cui gli stessi parametri costituzionali di riferimento non sono quelli tipici della sanzione penale, bensì quelli dell‟organizzazione e dell‟attività amministrativa (artt. 23 e 97 Cost.). Di qui, coerentemente con l‟originalità del modello elaborato, gli aspetti caratterizzanti la disciplina, quali il particolare regime della solidarietà (art. 6), la responsabilità riconosciuta in capo alla persona giuridica (art. 6), l‟esclusione della continuazione (fatta salva la materia della previdenza ed assistenza obbligatorie) (art. 8), l‟estraneità del principio del favor

rei, ben lontano dal poter essere considerati come una “fuga” dal paradigma penalistico, non

sono altro che lineari componenti di una fattispecie autonoma e specifica. Tale impostazione, sotto il profilo che più direttamente ci riguarda, ovvero la delimitazione dell‟ambito di applicazione della Legge 689/1981, dovrebbe agevolare l‟interpretazione delle clausole contenute nell‟art. 12, ed in particolare la clausola di applicabilità e quella di salvezza delle discipline speciali, che, a prima impressione, sembrano contraddire l‟attitudine generalizzante e paradigmatica assunta dalla legge stessa. Ciò rileva non solo sotto l‟ovvio profilo di dover chiarire la reciproca interazione tra norma generale e norma speciale o di settore ai fini dell‟interpretazione dell‟art. 12, ma anche nella più complessa ricerca di un nucleo essenziale e qualificante di principi applicabili in ogni caso alla fattispecie sanzionatoria in sé considerata.

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depenalizzazione e quelle tout court amministrative. Il fatto di aver legato la disciplina di entrambe è stato un significativo passo in avanti verso una considerazione unitaria della materia che, come vedremo, risulta tutt‟oggi, a quasi vent‟anni di distanza, il problema più ostico da risolvere75.

Tale vocazione della legge 689/1981 risulta confermata anche da altri due fattori: innanzitutto dalla clausola di specialità contenuta nell‟articolo 9. Questa clausola, di cui si è già parlato in precedenza, col regolare il concorso apparente di norma penale e norma amministrativa, svolge anche il ruolo indiretto di qualificare la sanzione amministrativa come un fenomeno dello stesso tipo di quello penale. In secondo luogo unaz conferma deriva dall‟aver escluso dall‟ambito di applicazione della legge le violazioni disciplinari, che sono pur esse manifestazione della potestà punitiva della pubblica amministrazione.

Questa scelta rispecchia la considerazione della sanzione

amministrativa come misura preventiva o di tutela indiretta di interessi, e quindi come pena in senso tecnico.

Passando alla disamina dei principi generali dettati dalla legge 689/1981, va premesso che essi operano sul piano delle fonti (principio di legalità), della successione delle leggi nel tempo (principio di irretroattività), della interpretazione (principio di analogia). Deve essere altresì evidenziato che i principi sostanziali e processuali, fissati dalla legge e definiti dalla dottrina76 dell‟illecito amministrativo, trovano applicazione limitatamente al solo diritto penale amministrativo e, più precisamente, come recita l‟articolo 12 della legge n. 689/1981, in quanto applicabili e salvo che non sia diversamente stabilito, per tutte le violazioni per le quali è prevista la sanzione amministrativa del

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Nella relazione sulle responsabilità amminsitrative degli Enti, pubblicata sul sito di Confindustria (www.confindustria.it) a tal proposito si afferma:” … la tendenza più generale,

forse irreversibile, spinge ormai verso la progressiva assimilazione dei due modelli, che tendono a confluire in una sorta di diritto sanzionatorio unitario, soprattutto in materia economica. E non è un caso che la Commissione ministeriale per la riforma del codice penale, presieduta dal prof. Grosso, si sia orientata verso un paradigma simile a quello proposto nel presente schema di decreto legislativo, senza peraltro qualificarne espressamente la natura giuridica”.

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Bricola, La depenalizzazione nella legge 24 novembre 1981, n. 689: una svolta “reale” nella politica criminale, 1982, p. 360.

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pagamento di una somma di denaro, anche quando questa sanzione non è prevista in sostituzione di una sanzione penale, con esclusione delle violazioni disciplinari. Come rilevato dalla dottrina maggioritaria77, trattandosi di principi per lo più traslati dalla disciplina penalistica, devono fare i conti con i limiti connaturati alla diversità ontologica della struttura degli illeciti.

Volendo schematizzare si può affermare che:

– un primo gruppo di principi (articolo 2: capacità; articolo 3: elemento soggettivo; articolo 4: esimenti; articolo 5: concorso di persone; articolo 6: solidarietà; articolo 8: concorso formale di illeciti amministrativi) riguarda la condotta;

– un secondo gruppo (articolo 7: non trasmissibilità dell‟obbligazione; articolo 10: limiti quantitativi; articolo 11: criteri di determinazione; articolo 23: modificazione da parte del giudice dell‟entità della sanzione; articolo 28: prescrizione del diritto a riscuotere le somme; articolo 29: devoluzione dei proventi) attiene alle caratteristiche della sanzione amministrativa.

La disciplina sostanziale dell‟illecito depenalizzato, come abbiamo ampiamente rilevato, si ispira a principi di imputazione tipici del diritto penale, risultando sporadiche le disposizioni forgiate su principi di stampo civilistico o amministrativo. Non tutti i principi propri della disciplina penalistica sono stati immediatamente recepiti: sin dai primi commenti, ad esempio, si è lamentata la mancata previsione della disciplina della continuazione e della recidiva, limitandosi l‟articolo 8 della Legge 689/1981 a disciplinare unicamente il concorso formale di illeciti amministrativi (più violazioni della stessa disposizione o più

violazioni di diverse disposizioni che prevedano sanzioni

77 Fiorella, voce Reato in generale, in Enc. dir., XXXVIII, Milano, 1986, p. 814. Sostiene l‟autore

che, ad una prima analisi di natura prevalentemente descrittiva, il capo I della Legge 689/1981 edifica un sistema che in modo diretto o indiretto sembra, nei luoghi sistematici nevralgici, rinviare quasi integralmente al sistema dei principi penalistici; a meglio vedere, però, con riferimento alla struttura valutativa dell‟illecito, emerge con chiarezza come il detto accostamento ai principi penalistici sia soltanto parziale

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amministrative), sino alla riforma apportata dal decreto legislativo 507/1999, che ha in parte colmato tale lacuna78.

Il principio di legalità

Il nostro sistema sanzionatorio amministrativo è retto dal principio di legalità, ribadito dall‟articolo 1 della Legge 689/1981 per le sanzioni amministrative, ed in particolare dal principio di riserva di legge relativa, rinvenuto nell‟articolo 23 della Costituzione, a mente del quale “Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se

non in base alla legge”. Diversamente dalla riserva di legge assoluta, la

riserva di legge relativa consente una disciplina regolamentare delle sanzioni amministrative, purchè sia adeguatamente delimitata da una fonte primaria, che individui la sanzione amministrativa e descriva con sufficiente precisazione la fattispecie illecita.

Nel documento Le sanzioni amministrative non pecuniarie (pagine 73-153)