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Le sanzioni amministrative non pecuniarie

Nel documento Le sanzioni amministrative non pecuniarie (pagine 188-198)

Come si è potuto fin qui considerare, la legge 689/1981 rappresenta una tappa fondamentale nella costruzione di un sistema dell‟illecito amministrativo, in quanto per la prima volta è stata delineata una normativa sul cosiddetto diritto amministrativo punitivo. L‟impostazione di fondo della legge è costituita, come abbiamo visto, dall‟adozione del modello penale, quale punto di riferimento, con alcuni correttivi; nella genesi della disposizione normativa, probabilmente ha pesato la circostanza che la legge del 1981 nasce come legge di depenalizzazione e non si è voluto determinare un eccessivo affievolimento delle garanzie previste per la normativa penale. Questa legge ha quindi introdotto un sistema organico di depenalizzazione e ha posto norme generali in materia di procedimento sanzionatorio amministrativo, e costituisce il riferimento normativo principale per l‟applicazione delle sanzioni amministrative. Come già si è accennato, l‟entrata in vigore della legge 24 novembre 1981, n° 689 ha portato un‟innovazione radicale nel campo delle sanzioni amministrative pecuniarie, poiché per la prima volta infatti si sono raccolti in maniera espressa e in un unico testo i principi generali regolanti la materia, fissandone con una certa precisione i confini.

L‟intero sistema delle sanzioni amministrative si fonda, come abbiamo visto, sul concetto giuridico-istituzionale di sanzione, la cui individuazione, tuttavia, non è di immediata percezione. La sanzione, secondo la dottrina maggioritaria221, si caratterizza e si differenzia rispetto ad ogni altro strumento a disposizione dell‟amministrazione sotto un profilo di tipo contenutistico, in quanto essa incide negativamente sulla sfera giuridica del destinatario, comportando un effetto negativo, correlato però alla commissione di un illecito. Il

221 A partire dall‟opera di Zanobini dal titolo Le sanzioni amministrative, arrivando poi a Aldo

Travi, voce Sanzioni Amministrative, in Enc. Dir. Volume XVI, Milano, 1989, pag. 350; Maria Alessandra Sandulli, voce sanzioni amministrative in Enc. Giur., Roma, 1989, pag.2

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provvedimento sanzionatorio ha quindi contenuto ablatorio e si pone come conseguenza della violazione di un precetto; il suo rapporto con l‟accertamento di un illecito è una caratteristica specifica dell‟istituto, e la sanzione quindi si differenzia dalle altre misure di coazione di cui

dispone l‟amminsitrazione 222

. La pluralità tipologica di relazioni suscettibile di originare da un‟infrazione, si riflette in modo determinante sui caratteri della funzione esercitata e sulla natura del potere spiegato dall‟amministrazione, che può essere rivolto, in alcuni casi, a punire una condotta illecita e, in altri casi, a ripristinare o

conservare interessi sostanziali devoluti all‟amministrazione,

prescindendo da ogni qualificazione della condotta tenuta dal soggetto; da tale varietà di poteri esercitabili dalla pubblica amministrazione, occorre valutare se il concetto di sanzione amministrativa possa essere ampliato a comprendere tanto le misure punitive, quanto quelle ripristinatorie o riparatorie. Secondo autorevole dottrina, sanzione amministrativa è qualsiasi forma di reazione della pubblica amministrazione alla violazione di un precetto, nel cui ambito sono annoverate sia le sanzioni pecuniarie, sia quelle ripristinatorie, che quelle risarcitorie, che avranno quindi il compito di assolvere ad una funzione riparatoria o ripristinatoria dello stato di diritto immediatamente precedente alla commissione dell‟illecito. Tali misure, al pari delle numerose altre con funzione di restitutio in integrum o in pristinum, non sono però comprese nella categoria delle sanzioni amministrative

stricto sensu, la cui caratteristica principale va ravvisata nella funzione

primariamente e fondamentalmente afflittiva che tale sanzione esplica nei confronti del trasgressore. La sanzione dunque, diversamente dalle altre misure di repressione, è essenzialmente rivolta a punire il responsabile dell‟illecito, attraverso l‟irrogazione di una punizione che non mira alla soddisfazione diretta dell‟interesse pregiudicato dal comportamento, ma che vuole invece comminare una conseguenza

222 Restano automaticamente escluse dall‟ambito delle sanzioni non solo tutte le misure di

ordine favorevole o incentivante per il destinatario ma anche quelle che, pur negative, hanno carattere preventivo, essendo dirette a evitare, attraverso l‟intevento autorittivo del pubblico potere, la consumazione di un illecito. Così in Tesauro, Le Sanzioni Amminsitrative Punitive, Tipografia Tocco, Napoli, 1925 pag. 86.

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dannosa in un‟ottica finalistica di tutela dell‟ordine pubblico generale e di dissuasione al compimento di ulteriori azioni negative.

Fornita una descrizione, qui seppur riduttiva, di cosa deve essere inteso per sanzione amministrativa e di quali sono i principi che ne regolano l‟applicabilità e la comminazione, è opportuno porsi il problema di meglio comprendere quali tipi di sanzioni amministrative sono regolamentate dalla pluricitata Legge 689/81. A questo ci viene incontro appunto l‟articolo 12 della stessa legge che così recita: <<Le

disposizioni di questo Capo si osservano, in quanto applicabili e salvo che non sia diversamente stabilito, per tutte le violazioni per le quali è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro, anche quando questa sanzione non è prevista in sostituzione di una sanzione penale. Non si applicano alle violazioni disciplinari.>>.

Seppur da una prima lettura superficiale, questo articolo ci da la certezza che, salvo non sia diversamente stabilito e, salvo il caso delle violazioni disciplinari, tutte le sanzioni amministrative per le quali è espressamente previsto il pagamento di una somma di denaro, siano esse derivanti da una norma depenalizzata o ad origine amministrativa, sono regolamentate da questa legge. La disposizione normativa, però, non chiarisce se anche le sanzioni accessorie conseguenti alle sanzioni amministrative pecuniarie rientrino nell‟ambito di applicabilità del citato articolo 12.

Su questo punto la giurisprudenza e la dottrina hanno assunto posizioni differenti: in passato alcuni autori vedevano l‟applicazione di quanto stabilito da detto articolo, ristretta soltanto alla sanzione amministrativa pecuniaria. Questa posizione è oggi non più accettabile223, in quanto, già solo tenendo presente l‟intento iniziale del

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Una ricostruzione che propone un approccio parzialmente diverso da quello seguito generalmente dalla dottrina che si è occupata della materia, si deve a Pagliari, il quale intende le tre specie di sanzioni come espressione di un unico potere sanzionatorio e a ciascuna delle quali viene riconosciuta un‟autonoma valenza funzionale da intendersi come capacità «di attuare il diritto in maniera del tutto peculiare (autonomia) sia sotto il profilo giuridico complessivamente inteso sia sotto il profilo degli effetti, realizzando compiutamente lo scopo attuativo quando costituisce l‟unica espressione del potere sanzionatorio e contribuendo a realizzarlo, in concorso con le altre e in modo sinergico, allorché un fatto è rilevante sia sotto l‟aspetto civile sia sotto quello penale sia sotto quello amministrativo ovvero sotto due dei citati aspetti». G. Pagliari, Profili teorici della sanzione amministrativa, Padova, 1988, pag.172.

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Legislatore che, emanando la Legge 689/1981, ha inteso conglobare organicamente tutta la disciplina dell‟irrogazione delle sanzioni amministrative, è difficile non far ricomprendere anche le sanzioni amministrative accessorie, ovvero quelle non pecuniarie, intese come quelle sanzioni che non si esauriscono nel pagamento di una somma di denaro. Questa interpretazione è possibile tenendo conto anche del fatto che, come più volte sottolineato dalla giurisprudenza, la qualificazione di pena principale o pena accessoria, in mancanza di una espressa previsione di legge, deve essere dedotta non formalmente ma da una rigorosa valutazione del valore afflittivo della sanzione, che si evidenzierà come maggiore in quella principale, minore in quella accessoria. Altra problematica riguarda poi il problema dell‟incompatibilità intrinseca del sistema sanzionatorio con misure amministrative non pecuniarie che incidono sulla permanenza di condizioni di stato, capacità e facoltà; in altri termini non è inconsueto che il Legislatore definisca tali misure come espressione di una potestà amministrativa pubblica di contenuto discrezionale, dal che deriva la conseguenza della consistenza della posizione giuridica soggettiva del destinatario di interesse legittimo e, come ulteriore effetto, la sollecitazione della giurisdizione amministrativa per trovare tutela contro l‟esercizio di questo potere, con contestuale superamento della giurisdizione del giudice ordinario e trasfigurazione della stessa funzione esercitata dalla pubblica amministrazione, specie nel caso in cui l‟eventuale sanzione accessoria venga adottata con separato provvedimento rispetto all‟ordinanza-ingiunzione.

In buona sostanza, le leggi che prevedono sanzioni amministrative recano diverse ipotesi di misure sanzionatorie accessorie accanto alla principale sanzione pecuniaria; tuttavia esse sono configurate come conseguenze obbligatorie e vincolate della punizione, in modo da rimarcare la portata puramente affittiva della misura. Il Legislatore invece altre volte assegna una sorta di potere discrezionale all‟amministrazione, tale da rendere veramente dubbio se ci si trovi innanzi a sanzioni accessorie che ricadono nel genus di cui

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all‟articolo 20 legge 689/81, ovvero ci si trovi innanzi a misure amministrative di contenuto non sanzionatorio.

Sotto il profilo oggettivo, l‟articolo 12 della legge 689/81 individua due punti saldi, ovvero l‟applicabilità delle disposizioni del capo I della stessa legge alle violazioni amministrative punite con sanzione pecuniaria, anche non prevista in sostituzione di una sanzione penale, e l‟inapplicabilità delle stesse alle violazioni disciplinari. Notiamo però che questa bipartizione non esaurisce affatto la pluralità tipologica di sanzioni amministrative esistenti, pertanto si avrà la necessità di caratterizzare quelle situazioni sanzionatorie che non appartengono né alla sfera delle sanzioni pecuniarie, né a quella delle sanzioni disciplinari. Per far questo dobbiamo comunque partire dalla sanzione pecuniaria, che come abbiamo potuto ribadire, rappresenta la forma più tipica delle misure amministrative di carattere afflittivo, conseguenti alla commissione di un illecito. Come si è già avuto modo di rilevare, la sanzione afflittiva, diversamente dalle altre misure di repressione, è essenzialmente rivolta a punire il responsabile di un illecito attraverso l‟irrogazione di una pena che non mira alla soddisfazione diretta dell‟interesse pregiudicato dal comportamento negativo, bensì ad una situazione di svantaggio che deve derivare al trasgressore dal comportamento antigiuridico tenuto; essa è quindi l‟ipotesi classica di punizione per antonomasia, il prototipo di sanzione amministrativa in senso stretto. Il riferimento a tale tipologia di sanzione contenuto nell‟articolo 12, quindi, deve essere inteso non come volontà del Legislatore di escludere dalla normativa tutte le altre forme di sanzione amministrativa esistente, ma piuttosto come un exemplum, vale a dire come un modello esemplificativo e sintetico di tutte le possibili casistiche esistenti.

Questa interpretazione della norma trova conforto anche nei lavori preparatori all‟emanazione della legge 689/81, nei quali si trova proprio traccia dell‟intenzione di estendere le disposizioni normative

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anche al di la dell‟ambito delle sanzioni strettamente pecuniarie224 . Durante il lungo iter che ha condotto all‟approvazione della legge, si era infatti discusso sull‟opportunità di applicare i principi enunciati alla generalità delle sanzioni amministrative; la previsione è stata poi espunta dal testo definitivo per << … ragioni di ordine prudenziale nei

confronti di quelle che impropriamente venivano considerate come

sanzioni reintegrative e satisfattive225.>>. Ciò conferma ulteriormente la

generale applicabilità della legge 689/81 nei confronti di tutte le sanzioni amministrative afflittive.

È indubbio che l‟impostazione generale data al Capo I della legge 689/81 esprime l‟obiettivo di sistemazione della materia attraverso la definizione di una disciplina di carattere generale ed organico. Ciò anche tenendo conto del fatto che la legge si sarebbe collocata in un quadro divenuto oramai composito per la sopravvenienza, nell‟ordinamento positivo, di molteplici figure di illecito sanzionato in via amministrativa, sia ab origine, sia come risultato di numerose iniziative di depenalizzazione. In tal senso va intesa l‟elaborazione di una disciplina unitaria che definisce sia profili di carattere sostanziale dell‟illecito, sia profili di carattere procedimentale e processuale.

Come abbiamo già potuto vedere, la pluralità di reazioni possibili contro la commissione di un illecito, si riflette sui caratteri della funzione esercitata dalla pubblica amministrazione, e sulla natura del suo potere che può essere rivolto quindi sia a punire una condotta illecita, sia a ripristinare o a conservare alcuni interessi devoluti all‟amministrazione, indipendentemente dal comportamento tenuto dal soggetto. Da ciò dobbiamo iniziare a distinguere le varie funzioni

224

R. Bertoni, G. Lattanzi, E. Lupo e L. Violante, Modifiche al Sistema Penale. Legge 24

Novembre 1981 n. 689, Vol. I Depenalizzazione e illecito amministrativo, Milano, 1982, pag. 22. 225

Maria Alessandra Sandulli, op. cit., pag. 6: << La finale limitazione degli stessi alle sole pene

pecuniarie fu essenzialmente ispirata da ragioni di ordine prudenziale nei confronti, da una parte, di quelle che impropriamente venivano considerate come sanzioni reintegrative e satisfattive … e, dall’altra, di quelle sanzioni che possono, in certo senso, definirsi “obiettive” o “reali” per lo stretto indefettibile collegamento che presentano con la cosa oggetto o fonte della trasgressione, rivelando in questo modo l’evidente riferimento ad una disciplina più generalmente interessante l’intero genus delle c.d. sanzioni “punitive”, applicabile, per quanto compatibile con il loro precipuo carattere, anche nei confronti delle pene “reali”. >>.

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assunte dalla sanzione, e quindi diversificare misure ripristinatorie o riparatorie dell‟interesse violato, le quali, pur consistendo nell‟inflizione di un male in risposta alla violazione di un precetto giuridico, assolvono funzione direttamente e immediatamente riparatoria dell‟interesse violato o ripristinatoria dello stato di fatto precedente all‟illecito, e misure sanzionatorie in senso stretto, con funzione esclusivamente afflittiva. L‟ipotesi classica di misura ripristinatoria è la demolizione di opere edilizie abusive; in tale ipotesi l‟intervento dell‟amministrazione punta a ripristinare il violato ordine urbanistico, e ricostruire la situazione precedente all‟illecito; la sua azione, quindi, non sarà finalizzata all‟individuazione del responsabile del comportamento

negativo, ma piuttosto alla punizione dell‟autore dell‟abuso per

restaurare la situazione precedente ad esso. L‟interpretazione letterale dell‟articolo 12 escluderebbe anche le sanzioni interdittive dall‟applicazione della normativa della legge 689/81, ma tale interpretazione non è applicabile, in quanto la stessa legge già disciplina alcune sanzioni interdittive quali sanzioni accessorie alla pena pecuniaria, la cui inflazione è affidata alla discrezionalità

dell‟amministrazione procedente226

. Altro profilo che, data la non chiara formulazione della disposizione, si è posto all‟attenzione degli interpreti è quello che concerne la possibilità di ricondurre all‟ambito di applicazione definito dall‟articolo 12 anche le violazioni per le quali la legge prescriva, oltre all‟applicazione di una sanzione pecuniaria, anche una sanzione accessoria di altro tipo. Sul punto anticipiamo fin da ora che, rispetto ad isolate opinioni dottrinali, l‟orientamento prevalente è quello di ritenere la legge 689/81 applicabile in tutti i casi in cui la sanzione pecuniaria sia sanzione che viene irrogata in via

principale, non essendo preclusiva all‟applicazione della legge

generale la previsione di una sanzione accessoria a quella pecuniaria. Proseguendo con la trattazione, potremmo ipotizzare che l‟articolo 12 escluderebbe quindi la disciplina dettata a tutte le violazioni per le quali

226

S. Patané, Concorso apparente di norme, criteri selettivi. La legge 24 novembre 1981, n.

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la legge preveda una sanzione di diversa natura da quella pecuniaria, quali sono considerate, per esempio, la decadenza, la revoca, la sospensione, la riduzione in pristino, ovvero quelle particolari fattispecie nelle quali si ravvisa nella relazione tra Pubblica

Amministrazione e trasgressore un particolare rapporto, la

manifestazione di poteri di autotutela o altre particolari situazioni che mal si prestano alla classificazione unitaria tipica di una legge di carattere generale227. Ciò che, tuttavia, al di là di questo dato puramente formale, ha posto questioni di carattere interpretativo è la constatazione che il riferimento ad una determinata categoria di sanzioni, appunto quelle consistenti nel pagamento di una somma di denaro, non è di per sé concludente ai fini dell‟esatta individuazione delle fattispecie. Se è vero, infatti, che la voluntas legis sembra indirizzata a ricomprendere nell‟ambito di applicazione della legge 689/81 tutte le violazioni punite con sanzione pecuniaria, ovvero con quella che è considerata il prototipo di sanzione amministrativa in senso stretto, espressione più tipica delle misure amministrative di carattere afflittivo228, è comunque generalmente riconosciuto che tale

categoria si presenta come estremamente eterogenea229, tale da

ricomprendere fattispecie sanzionatorie anche molto diversificate tra loro230. Proprio in ragione di tale differenziazione, si è dunque posto il problema di capire se la disciplina dettata dalla legge 689/81 si applichi in tutti i casi di sanzione pecuniaria o soltanto a quelle cui può essere riconosciuto carattere prettamente afflittivo, escludendo dunque da tale applicazione quelle che, pur non avendo funzione riparatoria in senso stretto, presentano caratteri differenziali tali, rispetto alle sanzioni che assolvono un ruolo meramente afflittivo, da giustificare l‟enunciazione

227

R. Bertoni, G. Lattanzi, E. Lupo e L. Violante, op. cit. pag. 499 e seguenti

228

R. Giovagnoli, M. Fratini, op. cit. pag. 222

229

G. Colla, G. Manzo, Le sanzioni amministrative, Milano, 2001, pag. 104.

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Secondo N. Bobbio, voce Sanzione, in Nss. D.I., vol. XVI, Torino, 1969, pag. 534, << … le sanzioni amministrative possono essere distinte in due grandi categorie a seconda che si ispirino al principio della retribuzione «che consiste nel rendere male per male», ovvero al principio della riparazione «che consiste nell’eliminare o per lo meno nell’attenuare il male che la trasgressione della norma ha prodotto nella società.>>.

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di principi affatto diversi da quelli propri della sanzione punitiva. Possiamo quindi rilevare che l‟articolo 12 ha una forte capacità espansiva insita nella formulazione della norma, soprattutto con le parole in quanto applicabili e salvo che non sia diversamente stabilito. Si tratta di disposizioni non particolarmente chiare, di significato sfuggente, soprattutto in relazione alla loro reciproca delimitazione, ma che in particolare, a prima lettura, sembrano in netta contraddizione con la stessa ratio legislativa. Un dato acquisito, e peraltro mai contestato dallo stesso Legislatore e dagli interpreti, è l‟attitudine, non solo simbolica, ma sostanziale, della legge 689/81 a disciplinare in via generale ed organica la materia delle sanzioni amministrative fissando principi generali, regole procedimentali e norme di carattere processuale, al fine di porre rimedio ad una disordinata e frammentaria normativa sedimentata negli anni, nonché di predisporre un quadro di principi guida per il corretto esercizio del potere normativo in materia da parte delle Regioni. Proprio con questa finalità, quindi, è normale che il Legislatore si sia preoccupato di non incidere in modo troppo radicale su sistemi normativi preesistenti, sia sotto il profilo sostanziale che sotto il profilo procedimentale e processuale231, cercando si salvaguardarli e costringendo l‟interprete sempre ad una faticosa e

continua opera di ricostruzione dell‟intero sistema. La normativa

sull‟illecito amministrativo è quindi una disciplina elastica232

, che permette di adattarsi alle varie tipologie di sanzioni amministrative esistenti, anche se differenti tra loro. A tal fine possiamo anche considerare la struttura della legge e la divisione nelle varie sezioni; sotto il profilo sostanziale vanno inquadrate le disposizioni contenute nella sezione I intitolata appunto Principi generali, alla quale sembra ascrivibile una vera e propria funzione di parte generale dell‟illecito amministrativo, ove trovano spazio l‟affermazione del principio di legalità (articolo 1), imputabilità, elemento soggettivo e solidarietà (articoli 2, 3 e 6), concorso di persone e concorso formale di illeciti

231

R. Bertoni, G. Lattanzi, E. Lupo e L. Violante, op. cit. pag. 506

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(articoli 5 e 8), intrasmissibilità dell‟obbligazione da illecito (articolo 7), principio di specialità (articolo 9) e definizione dei limiti edittali della sanzione con individuazione dei criteri per l‟applicazione delle stesse (articoli 10 e 11). Con il titolo Applicazione, nella sezione II vengono invece delineate le procedure per l‟accertamento e l‟applicazione delle sanzioni amministrative (procedimento) e le disposizioni in materia processuale. Il Legislatore quindi, proprio in base al tenore della normativa di cui stiamo trattando, ha ritenuto di non affrontare il problema della definizione dell‟ambito di applicazione in termini risolutivi, lasciando con ciò al ruolo dell‟interprete, Giudice o commentatore, il compito di definire con esattezza la portata della norma.

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