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I provvedimenti «straordinari» di Pubblica Sicurezza del

Che il governo, dopo le elezioni del ‟74, fosse debole fu dimostrato una prima volta in modo tangibile nel giugno del 1875. Era allora giunta alla Camera la legge Pisanelli sul domicilio coatto: era un altro provvedimento eccezionale destinato a fronteggiare la situazione dell‟ordine pubblico in Sicilia.

Nell‟isola, dal 1868 al 1873, si era avuto il lungo «governatorato» del generale Giudici, che era andato incontro al progressivo malcontento della popolazione per le deluse aspettative di miglioramento delle condizioni economiche. Tale malessere, congiunto a

125 Nella Prefazione alla prima edizione della sua opera, Villari dichiarava il proprio sconforto dinnanzi alla

constatazione dello stato di miseria delle moltitudini pure in un «paese libero, il quale trae […] la sua ricchezza e la sua vita economica principalmente dai prodotti del suolo» (P. Villari, Le lettere meridionali, cit., p. 1).

126 Cfr. F. Barbagallo, Introduzione a P. Villari, Le lettere meridionali ed altri scritto sulla questione sociale in

Italia, Napoli, Guida Editori, 1979, p. 8.

127 P. Villari, La mafia in Le lettere meridionali, cit., p. 82.

128 Altra sarà la natura di quelle avanzate da Franchetti e Sonnino, «più precise e chiare

dell‟umanitarismo del Villari, tanto che […], se il merito di quest‟ultimo è stato quello di aver posto per primo il problema, Franchetti e Sonnino lo hanno sopravanzato per profondità scientifica» (M. Corselli,

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una sempre maggiore coscienza di classe, sembrava aver posto le condizioni per la rapida diffusione del pensiero socialistico, che aveva trovato, in effetti, un‟appassionata accoglienza tra i giovani intellettuali della media borghesia e presso la classe impiegatizia e dei professionisti. Tuttavia, l‟accesso nei ceti proletari – come del resto era nelle previsioni del generale Medici – non era stato facile, sia per l‟incapacità di comprenderne il valore che, soprattutto, per il timore di probabili ripercussioni – economiche soprattutto – da parte degli altolocati.

Se il socialismo andò diffondendosi comunque, ciò dipese dalla forte insofferenza che era montata in alcuni strati della popolazione e, soprattutto, fra i contadini che, in alcune zone, sembravano pronti a insorgere.

Gli interventi delle autorità amministrative relativi all‟ordine pubblico, da quel momento, ebbero sia lo scopo di indebolire il socialismo, che di tentare di abbattere la mafia la quale, sotto il governatorato del generale Medici, aveva conosciuto vasta diffusione e si era molto rafforzata.

Il successore del generale Medici, il conte Rasponi di Ravenna, era giunto nell‟isola con la ferma intenzione di fare rispettare la legalità, obiettivo perseguito attraverso il buon accordo raggiunto tra la magistratura e il potere politico e una vera caccia all‟uomo cui obiettivo era stato incutere timore nei malintenzionati e così scoraggiarli. Fra i perseguitati erano stati compresi gli internazionalisti, accusati di fomentare i disordini tra la popolazione e perciò spesso volutamente o strumentalmente confusi con malandrini o gente di malaffare.129

Di fronte alla recrudescenza del malandrinaggio, nell‟estate del 1874, il conte Rasponi aveva subito espresso al governo – che aveva chiesto il suo parere – la contrarietà sua e

129 In Sicilia giungevano notizie di imminenti sollevazioni, che avrebbero seguito la scia di quelle che si

stavano preparando in Romagna, nelle Marche e in Toscana. Uno degli eventi più clamorosi – specie perché dimostrò quanto radicata fosse la convinzione di una sostanziale inciviltà e pericolosità dei siciliani – fu quello connesso ai cosiddetti fatti insurrezionali della Romagna e, più precisamente, quello di Villa Ruffi, in Emilia. Qui si erano riuniti i capi del Partito Repubblicano per decidere se presentare o meno liste comuni con la sinistra costituzionale e se si dovesse stipulare un accordo con gli internazionalisti. Il ministro dell‟Interno, Cantelli, e quello di Grazia e Giustizia, Vigliani, avendo il sospetto che in quel convegno si dovessero prendere disposizioni per una insurrezione antimonarchica, fecero arrestare tutti i convenuti senza attendere i mandati di cattura. Furono mosse le accuse più gravi, come la cospirazione contro la sicurezza dello Stato. Sarebbero stati rimessi in libertà e quindi prosciolti nel giro di pochi mesi. Se grave era stato quanto accaduto in Emilia, tanto più grave, oltre che prevaricatoria, fu la repressione in Sicilia, a Sciacca in particolare, dove il provvedimento veniva legittimato dal sospetto che si fosse stabilita un‟intesa con fini insurrezionali fra la stessa mafia, l‟opposizione democratica di sinistra e l‟Internazionale socialista. Qui, allora, gli internazionalisti venivano catturati e subito mandati al confino non perché ritenuti nemici pericolosi dell‟ordine costituito ma perché sospetti di appartenere alla mafia: mentre la colpa degli internazionalisti dell‟Emilia era di natura esclusivamente politica, qui era giudicata di natura criminale (Cfr. F. Renda, La «questione sociale» e i Fasci (1874-94), cit., p. 163 Id, Storia della mafia, cit., p. 102).

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dei prefetti di Trapani e Girgenti a eventuali azioni di forza per mezzo di provvedimenti straordinari, ritenendo sufficiente la legge del 6 luglio 1871 che conferiva alle autorità adeguati strumenti per l‟invio a domicilio coatto delle persone sospette.130 Aveva quindi

chiesto che provvedimenti eccezionali fossero quella volta risparmiati alla Sicilia. Quando i provvedimenti straordinari furono comunque adottati, egli, coerentemente, si dimise.

Il primo settembre del 1874 il governo aveva infatti emanato nuove disposizioni che prevedevano il conferimento di poteri eccezionali alle autorità militari in Sicilia; nell‟ottobre il Presidente del Consiglio Minghetti aveva annunciato che il governo intendeva varare una legge per avviare provvedimenti di pubblica sicurezza, resi necessari dalla grave situazione dell‟ordine pubblico e della criminalità in Sicilia, specie nelle province centro-occidentali.

Questi provvedimenti venivano in realtà presi anche per ragioni di politica internazionale: era molto forte in quegli anni il rapporto tra politica interna e politica estera come conseguenza del sempre maggiore avvicinamento – avvenuto sotto il ministero Minghetti – dell‟Italia agli imperi conservatori dell‟Europa centrale, la qual cosa aveva imposto di garantire una maggiore stabilità interna. Per garantire ciò, si riteneva imprescindibile l‟uso di una politica di forza, da applicare nel Mezzogiorno in generale e soprattutto in Sicilia: sarebbe stato così possibile assicurare all‟Italia un maggior prestigio di fronte agli altri Stati europei.131

Fu questo il momento in cui l‟opinione pubblica siciliana si allontanò quasi del tutto dalla Destra. Il malcontento si mutò in agitazione che sembrò preannunziare l‟insurrezione.

Dopo le elezioni del 1874, il ministro dell‟Interno Cantelli presentò l‟annunciato progetto di legge sui provvedimenti di pubblica sicurezza in Sicilia; tale progetto venne molto criticato da tutti i settori della Camera, mentre in Sicilia la protesta coinvolse Consigli comunali, privati cittadini, società ed enti che sottoscrivevano petizioni. Alla fine il progetto veniva bloccato perché respinto in sede di commissione parlamentare: non si accettava il fatto che conferisse poteri eccezionali alla polizia in tutta Italia. Il progetto fu quindi ritirato e si scelse di applicare la legge alla sola Sicilia e, per cercare di non alienare definitivamente i moderati isolani, si decise di effettuare un‟inchiesta

130 Cfr. G. Astuto, La Sicilia e il crispismo, cit., pp. 65-6.

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parlamentare sulle condizioni economiche e sociali dell‟isola.132 Tuttavia Minghetti

insisté sui provvedimenti eccezionali: venne così presentato un altro progetto di legge, nel giugno del 1875, che non si riferiva più esplicitamente alla Sicilia ma a tutte le province turbolente per le quali si dava la possibilità di istituire delle giunte presiedute da prefetti, perché proponessero il domicilio coatto per i sorvegliati della polizia e per gli ammoniti.133

La Sinistra si oppose compatta al progetto;134 a emergere era il giudizio severo

intorno ai metodi sempre adottati dalla Destra nell‟amministrazione del Meridione.135

Particolarmente importante fu il discorso tenuto da Crispi, anch‟egli contrario ai provvedimenti eccezionali voluti da Minghetti.

Secondo Crispi, quanto stava accadendo, dimostrava un palese disprezzo verso una determinata provincia e, così facendo, nuoceva a quell‟unità nazionale che il governo sosteneva di volere difendere (veniva rimandata ai moderati l‟accusa da loro sempre mossa al Sud). Era piuttosto necessario avviare politiche che tendessero ad avvicinare Nord e Sud, ponendo finalmente fine alla campagna diffamatoria contro le province meridionali e contro la stessa Sinistra che tanto aveva contribuito al compimento del processo unitario. Come già in passato, Crispi individuava altrove le cause dei crimini in Sicilia (nella delusione procurata dal mancato miglioramento delle condizioni economiche o dall‟istituzione della tassa del macinato) e affermava che il governo aveva commesso l‟errore di aggiungere a quei già tanti malesseri le conseguenze di una politica aggressiva e prevaricatoria, lontana dall‟unica soluzione possibile, che sarebbe stata una buona legislazione.136

Ma, nonostante la ferrea opposizione della Sinistra tutta137 che aveva chiesto che alla

Sicilia venissero risparmiate nuove afflizioni e nonostante le stesse perplessità mosse da

132 Cfr. G. Astuto, La Sicilia e il crispismo, cit., pp. 66-7.

133 Cfr. A. Capone, Il completamento dell‟unità e la caduta della Destra, cit., p. 388.

134 Il deputato Diego Tajani, in particolare, denunciò l‟estrema gravità della politica dell‟ordine

pubblico adottata dalla Destra e denunciò le collusioni fra le forze dell‟ordine e la mafia; mosse anche una grave accusa contro l‟ex Presidente del Consiglio, Lanza, al quale attribuiva le responsabilità delle proprie dimissioni da procuratore, qualche anno prima, dopo l‟assoluzione per insufficienze di prove dell‟ex questore Albanese, che egli aveva incriminato quale mandante di un omicidio (cfr. F. Brancato, Dall‟unità

ai Fasci dei lavoratori, cit., p. 156 e A. Capone, Il completamento dell‟unità e la caduta della Destra, cit., p. 388).

135 Un resoconto sintetico del dibattito che suscitò la proposta di leggi eccezionali per la Sicilia si trova

nella Prefazione di Enea Cavalieri alla seconda edizione del 1925 de La Sicilia nel 1876 di Franchetti e Sonnino; ora in L. Franchetti e S. Sonnino, La Sicilia nel 1876, Firenze, Vallecchi, 1974.

136 Cfr. G. Astuto, La Sicilia e il crispismo, cit., pp. 69-70.

137 Guidata da Depretis, la deputazione di Sinistra denunciò il provvedimento legislativo, sotto il

profilo costituzionale, quale aperta violazione dello Statuto e, sotto l‟aspetto politico, come ennesimo atto discriminatorio nei confronti dell‟isola che si cercava di dimostrare essere priva di necessari requisiti civili (cfr. F. Renda, Storia della mafia, Palermo, Sigma Edizioni, 1998, p. 101).

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alcuni parlamentari sia di Centro che di Destra, il governo – in una clamorosa seduta parlamentare in cui tutte le Sinistre disertarono l‟aula di Montecitorio – riuscì comunque ad approvare la legge Pisanelli, che prevedeva l‟applicazione dei provvedimenti eccezionali e l‟avvio di un‟inchiesta parlamentare per lo studio delle condizioni – economiche e sociali – dell‟isola.

Il governo aveva resistito ma ne era uscito fortemente indebolito e questo era il vero e pressoché unico risultato ultimo della lunga polemica, tanto più che la legge non venne mai applicata dall‟esecutivo138 e falliva lo scopo per cui la Destra si era battuta fin

dall‟inizio per l‟applicazione dei provvedimenti eccezionali: non era stata eliminata la mafia, che si era ormai radicata ovunque, e non era stata neutralizzata l‟influenza che le correnti socialistiche esercitavano soprattutto presso contadini.139 Quanto al rapporto

con la popolazione siciliana,140 esso ne uscì ancor più provato per la reiterazione di

provvedimenti che avevano sempre condotto grande trambusto nell‟isola e gravi intralci negli affari e nel commercio.141