TRA MERIDIONALISMO E VERISMO CAPUANA E IL BASSO POPOLO SICILIANO
II.5. Della “rassegnazione orientale” ovvero I contadini siciliani di tempo fa
Fra le virtù riconosciute al contadino di un tempo, Capuana insiste molto – in più luoghi e soprattutto negli scritti degli anni Novanta – sulla pazienza e sulla rassegnazione, essendo in particolar modo questo un «requisito invero indispensabile per il mantenimento e la perpetuazione indefinita degli assetti economici e delle gerarchie sociali esistenti».425 Un‟insistenza, quella dello scrittore verista, a cui è possibile
riconoscere un «significato apotropaico e propiziatorio»426 dati i tempi tanto agitati e
minacciosi per la “pace sociale”. 421 Ivi, p. 146. Corsivi nostri.
422 Ivi, p. 136.
423 L. Capuana, La Sicilia e il brigantaggio, in L‟isola del sole, cit., p. 51. 424 Evidente l‟attacco contro i socialisti.
425 D. Tanteri, Il «vero» di Capuana, in Le lagrime e le risate delle cose. Aspetti del verismo, Catania, Biblioteca
della Fondazione Verga, 1989, p. 45.
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Nella Sicilia e il brigantaggio, del ‟92, lo scrittore chiariva come il mondo contadino fosse stato posto al centro delle opere sue e di Verga perché in esse vivesse «felicemente, e per l‟eternità, la parte più umile del popolo siciliano, con le sue sofferenze, con la sua
rassegnazione orientale, con le sue forti passioni, con le sue ribellioni impetuose e coi suoi
rapidi eccessi».427 Tornava a parlare del contadino siciliano più avanti, e sempre in
connessione con la difesa delle opere dei veristi, che dalle «tiranniche necessità dell‟arte loro»428 ricavavano la loro legittimazione; ricordava quindi l‟opera di Zola, Terre, nella
quale lo scrittore francese si era «lasciato vincere dall‟umor nero o dall‟esagerata condensazione stimata necessaria all‟arte sua»429 nel descrivere personaggi «avidi, carnali,
quasi bestiali»,430 per tanti tratti simili, del resto, a quelle persone reali che il siciliano del
continente, alter ego di Capuana, vedeva attorno a sé, e per la cui corretta valutazione era sufficiente constatare la contemporanea esistenza, accanto a loro, anche di «gente buona, lavoratrice, paziente, rassegnata, onesta, disinteressata […]».431 E, ancora, Capuana ribadiva
le virtù dei contadini siciliani, ingiustamente calunniati dai «socialisti della cattedra», Franchetti e Sonnino, che non avevano compreso quanto quelli fossero «lavoratori, sobri, rassegnati alla propria sorte»,432 e quindi ben lontani da propositi di aperta
ribellione.
Dal ‟94 i toni dello scrittore sono di sempre crescente rimpianto per quelle virtù contadine andate ormai del tutto perdute: nel gennaio, in risposta a Boutet, aveva ricordato come lui e Verga, nelle loro opere, si fossero sempre interessati ai «contadini che soffrono, […] rassegnati talvolta, talvolta delinquenti per forza […]»;433 nell‟articolo
del febbraio, Dalla Sicilia, muoveva il canto nostalgico della «Sicilia tranquilla, laboriosa,
paziente»434 di cui serbava caro il ricordo, che contrastava con quello della attuale, agitatrice
e rivoltosa, con cui era stato costretto a fare i conti; nel maggio, nella Sicilia nei canti popolari
e nella novellistica contemporanea, il contrasto tra il contadino del passato e quello attuale –
427 L. Capuana, La Sicilia e il brigantaggio, in L‟isola del sole, cit., p. 43. Corsivo nostro. 428 Ivi, p. 74.
429 Ivi, p. 77.
430 Capuana avrebbe ricordato ancora quest‟opera nella recensione all‟opera di Salomone-Marino,
Costumi ed usanze dei contadini di Sicilia, pubblicata negli “Ismi” contemporanei, rilevando, dei suoi contadini
francesi, per tanti versi simili a quelli siciliani, «l‟avidità, e il poco scrupolo, e certa brutalità di modi, e certe scurrilità di linguaggio […]» (L. Capuana, I contadini siciliani, in Gli "ismi" contemporanei. Verismo, Simbolismo,
Idealismo, Cosmopolitismo ed altri saggi di critica letteraria ed artistica, Catania, Cav. Niccolò Giannotta Editore,
1898; ora idem, a c. di G. Luti, Milano, Fabbri, 1973, p. 178. A questa edizione più recente faremo, da qui innanzi, riferimento).
431 L. Capuana, La Sicilia e il brigantaggio, in L‟isola del sole, cit., pp. 77-8. Corsivo nostro. 432 Ivi, p. 84. Corsivo nostro
433 L. Capuana, Polemica, in Gli „ismi‟ contemporanei, cit., p. 203. Corsivo nostro. 434 L. Capuana, Dalla Sicilia, cit., p. 819. Corsivi nostri.
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capace di atti violenti un tempo impensabili – muoveva a indignazione lo scrittore, che ricordava come quello fosse «buono, ossequioso, paziente e parco lavoratore», mentre questo
«pappagallescamente libero pensatore, mitingaio, incendiario e assassino per riflessione».435
Le stesse espressioni ritroviamo ne I contadini siciliani, recensione al libro di Salomone- Marino, Costumi ed usanze dei contadini di Sicilia, del 1897. Un certo tono polemico e rammaricato riporta subito il lavoro di Capuana all‟amarezza che aveva contraddistinto
La Sicilia nei canti popolari (è lo stesso autore, del resto, a collegare le due opere,
ricordando come la questione fosse stata già affrontata con lo scritto nato dopo il suo viaggio in Sicilia).
Il titolo dell‟opera del collega gli dà lo spunto per rilevare – in polemica con i tempi presenti – come, essendo ormai sparito il contadino di una volta, sarebbe stato più opportuno il ricorso a un titolo diverso, tipo I contadini siciliani di tempo fa, che mettesse subito in chiaro il fatto che si sarebbe trattato dei costumi e delle usanze del contadino di un‟epoca ormai definitivamente conclusasi. In effetti, lo stesso Salomone-Marino, nella prefazione al suo testo, aveva precisato di aver parlato «de‟ contadini del vecchio stampo, de‟ quali la generazione già declina e fra pochi anni sarà invano cercata»;436 ma
Capuana diceva insufficiente questa precauzione: andando avanti nella lettura, si aveva infatti la sensazione l‟autore si fosse dimenticato del mutamento avvenuto presso i contadini, «non ostante che egli riconosca, di quando in quando, che […] tra il contadino siciliano di ieri e quello di oggi la differenza sia enorme».437
Rimaneva comunque merito dell‟autore l‟aver descritto il vecchio contadino siciliano «con amore e con imparzialità»;438 Capuana riportava quindi un passo dell‟introduzione
alla sua opera di Salomone-Marino, nella quale questi spiegava quale fosse stato l‟intento alla base del proprio lavoro:
In un tempo di transazione come il nostro, […] è carità di patria e dovere di storico il raccogliere e conservare le ultime immagini di un popolo che fino a ieri ebbe una
435 L. Capuana, La Sicilia nei canti popolari e nella novellistica contemporanea, in Id., Verga e D‟Annunzio, cit.,
p. 146. Corsivi nostri.
436 S. Salomone-Marino, Costumi ed usanze dei contadini di Sicilia, cit., p. 1. L‟autore aveva anche precisato
il perché prediligesse i contadini: «formano essi la parte più eletta del popolo, la più ingenua, la più sana, la più laboriosa, la più onesta. Non giunti ancora, o sfiorati dall‟influsso modificatore della civiltà, sono rozzi, sono superstiziosi, gli è vero: ma, non intossicati peranco dall‟alito corruttore che logora oggi le viscere delle plebi cittadine […]».
437 L. Capuana, I contadini siciliani, in Gli "ismi" contemporanei, cit., p. 177. 438 Ivi, p. 180.
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spiccata individualità, della quale ha fatto ora spontaneo sacrificio ritraendo nell‟unità
della gran famiglia italiana.439
Capuana diceva di comprendere perfettamente la tristezza del folclorista – quella «impressione non giusta, ma inevitabile» – poiché lui per primo l‟aveva provata «tre anni addietro […], ritornato in Sicilia, dopo un lungo periodo d‟assenza, da cui venivano resi più evidenti i contrasti tra il passato e il presente».440 Ma aveva avuto poi modo di
rilevare «la persistenza di certe caratteristiche di razza […], persistenza che dimostra la
tenacità di un elemento originario, primitivo, ancora attivo, che assorbisce le più o meno
passeggere influenze»;441 da qui, discendeva la formulazione di un‟ipotesi – che era
probabilmente soprattutto un auspicio – secondo la quale proprio da questo elemento primitivo sarebbe derivata la salvezza del contadino siciliano. Conclusione, questa, che Capuana riteneva fosse stata già intravveduta dallo stesso Salomone-Marino, quando aveva scritto:
Non ostante il socialismo, il comunismo, l‟anarchismo che gli hanno importato in casa, il contadino siciliano è rimasto […] lavoratore attivo e diligente. Parco nei cibi,
paziente, rassegnato, onesto e religioso in maniera sua speciale, aspira solo a vivere con
meno disagio, possibilmente con agio, ma senza uscire dalla classe nella quale è nato. […] reagisce con violenza e cieca ferocia, se gli si fanno angherie, se qualcuno abusa della sua buona fede e della sua ignoranza.442
Parole, queste, con cui sembrava che le classi dirigenti tornassero a sperare che i disordini di un tempo fossero ormai solo un ricordo, una momentanea eccitazione morbosa – come l‟aveva definita Capuana – ma già rientrata; in quest‟ottica, era anche normale ribadire che quella classe sociale non aspirava realmente a un cambiamento del proprio stato: fenomeno come socialismo e comunismo erano stati quasi subiti a causa della buona fede del contadino.
439 S. Salomone-Marino, Costumi ed usanze dei contadini di Sicilia, cit., p. 2 e L. Capuana, I contadini siciliani,
in Gli "ismi" contemporanei, cit., p. 180. Corsivi nostri.
Chiara – in questo passo – l‟amarezza verso i troppi sacrifici che si riteneva la Sicilia avesse dovuto sopportare per il raggiungimento dell‟Unità.
440 L. Capuana, I contadini siciliani, in Gli "ismi" contemporanei, cit., p. 180. 441 Ibidem. Corsivo nostro.
442 S. Salomone-Marino, Costumi ed usanze dei contadini di Sicilia, cit., p. 355 e L. Capuana, I contadini
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Capuana concludeva la sua recensione riportando qualche testimonianza del permanere, nell‟isola, di usi e costumi che doveva essere compito di tutti gli studiosi salvare, prendendone nota e aggiungendo poi quanto osservato al libro di Salomone- Marino, cui maggior merito risultava essere stato allora quello di aver dato un contributo per salvare l‟identità più vera di un popolo.
II.6. Il contadino “verista”: dall’interesse folcloristico al racconto della verità