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3.2. Sport e rituali

3.2.2 I rituali delle tifoserie

Nelle società contemporanee, l’evento che più ricorda i rituali collettivi delle tribù totemiche, potrebbe essere rappresentato da ciò che succede sugli spalti durante le partite, in Italia soprattutto quelle calcistiche. Nelle curve degli stadi vi è una messa in scena rituale che dura tutta la partita e anche prima dell’inizio di questa possiamo trovarne alcuni all’esterno. Ma è all’interno dello stadio che le dinamiche dei rituali durkheimiani risaltano maggiormente.

I novanta minuti calcistici vengono segnati da un’effervescenza collettiva straordinaria sugli spalti. Nelle curve, principalmente, troviamo dei gruppi organizzati che si definiscono in base alla squadra “tifata”. La squadra però non si limita ad essere un team sportivo per gli “ultras”, essa diventa un totem sotto il quale tutta la curva si riunisce e si identifica. Il simbolo totemico viene riprodotto su sciarpe, maglie, bandiere e striscioni; amuleti che vengono conservati gelosamente e

messi in mostra orgogliosamente nel luogo sacro della comunità: la curva. I tifosi entrano nello stadio addobbati di simboli che definiscono la loro appartenenza simbolica alla squadra, proprio come i simboli politici delle organizzazioni definivano l’identità dei membri associati160.

Durante la partita dalle curve si possono udire cori, canti e grida , eseguite sempre all’unisono dai membri del gruppo. La curva prende allora vita propria, non più un insieme di persone, ma un’entità coesa che grida la sua identità, difende il proprio totem sacro e cerca di denigrare tutti i rituali avversari. Per novanta minuti e più vi è all’interno dello stadio una battaglia simbolica, rituale, messa in scena dalle due curve, in cui la maggior parte delle volte, l’esito è già scritto: la curva dello stadio di casa vincerà e canterà più forte dell’altra.

La partita sportiva si inscrive allora nel mondo dello straordinario, che rompe con la quotidianità profana. Durante lo svolgimento di questa, sugli spalti troviamo un’effervescenza collettiva straordinaria, all’interno delle curve vengono praticati rituali, vi è un linguaggio non ordinario e regole definite che non hanno per niente a che fare con il mondo profano. Questa effervescenza, proprio come descritto da Durkheim, è data dall’azione comune in cui si perde l’identità sociale per mescolarsi alla nuova comunità che proprio in quel momento si crea, nella curva si va per gridare e cantare e unirsi ad una comunità:

‹‹to dance and shout and huddle and revel in the delirium of what Émile Durkheim (1912/2001) long ago identified as “collective effervescence,” those moments of intense social unity and reaffirmed group ideals that interrupt the prosaic goings-on of anonymous everyday life in a big city››.

161

160 Come descritto nel capitolo precedente l’appartenenza a un’organizzazione viene manifestata sempre in maniera simbolica.

161 Serazio, M., The elementary forms of sports fandom: A Durkheimian exploration of team

Nella curva si possono trovare impiegati, operai, gente che proviene da qualsiasi ceto sociale, che si spoglia di quell’identità per diventare tifoso e consacrare il proprio totem.

I meccanismi presentati ne Les Formes si possono ritrovare per un certo grado nelle partite calcistiche, soprattutto nei grandi campionati europei162.

La comunità che si trova sugli spalti viene creata durante lo svolgimento della partita. Cantare e muoversi all’unisono crea quel senso di coesione sociale che le tribù totemiche provavano nei grandi rituali collettivi. Le pratiche rituali che si svolgono all’interno della curva servono per definire l’identità del gruppo, e come in ogni gruppo l’identità viene manifestata simbolicamente:

‹‹I colori della propria squadra sono riportati su cappelli, sciarpe, nastri, braccialetti, magliette, ma anche dipinti sul viso. […] gli oggetti impugnati come simboli comprendono bandiere o striscioni, ma anche emblemi ritenuti offensivi per gli avversari››.163

Sono i simboli le rappresentazioni più sacre che entrano all’interno dello stadio. La bandiera con i colori della squadra, le sciarpe e gli striscioni, rappresentano la comunità, ed è una sconfitta terribile ogni volta che le tifoserie avversarie riescono ad impossessarsene; proprio come il churinga, quei simboli vengono venerati e difesi poiché sono il simbolo stesso della comunità. I simboli della tifoseria rappresentano il totem di questa: ovvero il club calcistico tifato. Durante la partita vi è la venerazione del totem sacro, espresso tramite una festa collettiva piena di canti e movimenti gioiosi, come saltelli o ondulamenti insieme alle sciarpe colorate. La squadra, e la partita, rappresentano la possibilità di ricreare

162 Abbiamo deciso di analizzare le partite di calcio perché sono più vicine alla nostra cultura. Queste meccaniche però possono essere studiate anche nel Baseball in America o nel Rugby in Australia, I tifosi delle squadre creeranno sempre una simbologia sacra e una coesione comunitaria tramite I rituali svolti sugli spalti.

163 Dal Lago, A., Descrizione di una battaglia. I rituali del calcio, il Mulino, Bologna, 1990, p. 120.

una comunità, di ricrearsi un’identità diversa da quella definita dai ruoli sociali, economici e profani. Creare un ambito del sacro, un mondo del sacro, è possibile nelle manifestazioni sportive poiché si sacralizza la propria squadra e si ha un totem sotto cui identificarsi. Senza i rituali la partita di pallone sarebbe un normale evento sportivo, ma così non è per le tifoserie che la domenica mettono in mostra la sacralità della loro identità.

Questa pratica è ricorrente soprattutto in Italia e in altri paesi europei. È ancora troppo giovane in America e in altri luoghi in cui però altri eventi sportivi ne prendono il posto: il Rugby in Australia e Nuova Zelanda, oppure il Baseball in America sono solo alcuni degli esempi che possono essere riportati.

In generale si possono ritrovare alcune delle dinamiche descritte da Émile Durkheim, quelle che abbiamo cercato di scovare in ambiti diversi dai suoi rituali totemici. La gravità di una sconfitta rituale all’interno dello stadio non è certo paragonabile con la perdita del churinga delle tribù australiane, ma comunque sia le dinamiche sono spesso simili.

Abbiamo ritrovato principalmente la riaffermazione sociale e la coesione comunitaria che avviene durante i rituali svolti nelle curve degli stadi. I cori e i gesti compiuti riaffermano il gruppo come una cosa sola che mira a difendere e venerare il suo totem: la squadra. Come anche nella politica quest’appartenenza identitaria viene messa in scena tramite una simbologia. Nello stadio vi si entra pitturati e vestiti di determinati colori che rappresentano la propria squadra, quasi come disegni tribali che i membri si disegnavano sul corpo prima del rito.

I rituali calcistici hanno un luogo determinato in cui vengono messi in scena: lo Stadio. È all’interno di questo che le tifoserie organizzate delle squadre praticano i loro rituali: Cori, “sciarpate”, salti e festa finale in caso di vittoria. Lo stadio può essere definito allora il luogo sacro di questo sport. All’interno di esso poi, ci sono delle ripartizioni fisse, i gruppi delle tifoserie organizzate si sistemano nelle curve, ed è questo il luogo eminentemente sacro. Gli ultras difendono la propria curva, il luogo non può essere profanato, in quel luogo possono entrarvi solo i simboli della

propria squadra quando lo stadio è occupato dai tifosi. Lo stadio fa le veci di quel luogo che Goffman ha definito la ribalta:

‹‹Ma lo stadio non è solo lo scenario in cui viene rappresentata regolarmente la metafora amico/nemico. Da circa quindici-vent’anni – da quando cioè i tifosi hanno conquistato un loro territorio specifico, la curva – esso è una ribalta in cui essi rappresentano uno spettacolo nello spettacolo, un gioco nel gioco, i ‹‹rituali del tifo››.164

L’equipe di tifosi mette in scena il proprio rituale, “presenta” la propria identità e la difende in quanto sacra nel momento in cui difende e incita la propria squadra. Lontano dallo stadio sarà difficile trovare gruppi intonare cori della propria squadra ed esibirne i simboli (può succedere in trasferta alla stazione o dopo una vittoria del campionato in città), l’identità viene ridefinita all’interno della curva, e anche se non scompare, è all’interno di questa che viene manifestata e messa in scena.

La messa in scena rituale può avvenire anche all’esterno dello stadio, ma comunque sempre nei pressi di questo. Inoltre, anche sul piano temporale, troviamo una divisione tra sacro e profano. I gruppi di tifosi, anche se si ritengono sempre come tali, è solo durante le partite che possono dimostrare la loro coesione e la sacralità della loro squadra. Durante la settimana possono esserci incontri organizzativi ma è durante la partita che emerge il senso comunitario e l’identità sociale del gruppo ultras.

Alla fine di questa analisi sullo sport come oggetto d’indagine sulla ritualità contemporanea abbiamo ritrovato molte delle teorie precedentemente descritte. Da una parte il culto dell’individuo che, come abbiamo visto analizzando il pensiero di Erving Goffman, permea la ritualità quotidiana delle società contemporanee. Sempre più spesso l’individuo viene sacralizzato e, specialmente nello sport, divinizzato. Al giorno d’oggi i calciatori o altri sportivi di successo non sono più solamente atleti ma entrano a far parte di quel mondo mediatico che si stacca dal

mondo profano, per diventare vere divinità che incarnano i valori sociali che tutti vorrebbero. Il loro mondo è rituale in quanto è una messa in scena, una rappresentazione morale, proprio come quella che analizza Goffman nelle piccole interazioni quotidiane. La simbologia che esso incarna riprende anche le teorie durkheimiane del simbolo come mediatore sociale, inoltre il mondo dello sportivo diventa un mondo straordinario, un mondo per la maggior parte inaccessibile.

In quest’aspetto ritroviamo soprattutto la sacralità del self, la sua creazione sociale e la simbologia che una star può incarnare.

Dall’altra parte, studiando quello che succede nelle curve, all’interno dello stadio, torniamo ad avere care tutte le teorie che Émile Durkheim ha formulato studiando le società preletterate. Gli ultras sono una comunità a sé che prende forza e coesione durante la partita. Sugli spalti ritroviamo l’effervescenza collettiva, quel momento che si inserisce nello straordinario e eleva gli individui al di fuori del mondo individuale e profano. All’interno della curva si crea una nuova comunità, coesa e unita, che si identifica sotto un totem, che difende ed esalta il proprio totem e ne dimostra l’appartenenza esibendo i colori e simboli di esso. Vi è, nei rituali dei tifosi, uno spazio sacro, la curva che viene difesa gelosamente e un tempo che definisce il momento del rituale: la partita.

Lo sport è così un ambito in cui possiamo ritrovare quelle pratiche rituali che abbiamo studiato. Pratiche che riguardano l’ambito sociale e non religioso, poiché la religione stessa è cosa eminentemente sociale. Con le società contemporanee prende piede un concetto differente come il culto dell’individuo ma, nello sport, abbiamo analizzato delle pratiche che ricordano i rituali collettivi. Le tifoserie sono forse le comunità che più si avvicinano, nei loro rituali, a quelle totemiche, e anche se non sono le uniche, le abbiamo scelte proprio per questo come oggetto d’indagine. Cercheremo ora di portare avanti questo studio provando ad analizzare ancora un altro ambito: Lo shopping come pratica rituale.